sabato 15 settembre 2007

AMORE GAY A SCUOLA

La storia che voglio raccontare è una storia che è cominciata l’anno scorso, era l’ultimo anno che stavo insieme coi miei compagni, che brutta cosa! La scuola mia non era male, proprio da nessun punto di vista e andare a scuola mi piaceva pure, i professori non erano stupidi e qualcuno lo stavo pure a sentire volentieri... molto volentieri! Anzi, la questione sta proprio tutta lì, diciamo così, uno mi piaceva proprio ma non per come faceva lezione ma proprio fisicamente, era un professore che non c’avrà avuto manco 25 anni, dove l’avevano trovato non lo so, lui ci stava perché la nostra prof. di filosofia aspettava un bambino e lui doveva restare per 5 mesi ma poi è rimasto tutto l’anno. Con la professoressa io non ci stavo male, ma con lui era un’altra cosa e non era questione di filosofia, è che era proprio bello, proprio un fotomodello. In genere, specie quelli di filosofia, sono vecchi, c’hanno la gobba, ma lui no, e per fortuna che l’avevano mandato alla classe mia se no mi toccava di cambiare sezione, perché mica potevo stare senza. Voi sapete come sono i professori nuovi, c’hanno tutto quell’entusiasmo, e lui era così, ma non l’entusiasmo stupido delle filosofia ma quello di stare con noi e ci si stava bene, pure gli altri ragazzi stavano bene con lui, io di più, è ovvio, ma pure gli altri ci stavano bene. E poi era un pozzo di scienza, ne sapeva di storia dell’arte molto più della professoressa nostra, ma il punto centrale non è questo, si chiamava Andrea F. di lui non sapevo niente ma mi piaceva sentirlo palare, ovviamente mi sono messo al primo banco e con la scusa di stare a sentire la lezione lo guardavo fisso negli occhi. Non so s’è v’è mai capitato di prendere una cotta per un professore ma non c’è niente di strano, perché Andrea era un bel ragazzo che aveva sei anni più di me e allora io lo guardavo e non mi sembrava strano nemmeno un po’. La filosofia è una materia strana, sembra una cosa astratta ma non lo è e Andrea si lasciava andare a tante digressioni che con il programma non c’entravano niente, certe volte raccontava storielle carine, certe volte scherzava, si vedeva che stava bene con noi, ma un gay come me, specialmente quando ha un bel ragazzo come Andrea davanti per tante ore alla settimana e lo può guardare dritto negli occhi per tanto tempo, mette in moto il cervello e rielabora tutte le informazioni a sua disposizione. Andrea non portava la fede, va bene che oggi non la porta quasi nessuno ma lui non la portava, dello stato civile non potevo sapere nulla ma non aveva mai parlato di mogli o di figli e quando parlava di donne e di storie d’amore era piuttosto dissacrante: da quello che diceva doveva avere un rapporto con la religione molto teorico, i discorsi che faceva su queste cose erano positivi ma secondo me poco sentiti. Ovviamente la parola gay non l’aveva mai usata né un sinonimo, a nessun livello, nemmeno per allusioni lontanissime, tutti i discorsi su sesso e famiglia erano etero, ma di un etero astratto che mi metteva in mente una marea di dubbi. Insomma sono passati i mesi e io cominciavo ad avere l’idea che Andrea fosse dei nostri, ma che fai? Tu sei uno studente, lui è il professore, che fai? Magari quando lui diceva: “Avere domande da farmi?” gli chiedi: “Scusi professore, lei è gay?” ma io sul fatto che fosse gay mi ci sarei giocato un terno. Questa però è un’idea che è venuta in testa solo a me, agli altri sicuramente una cosa del genere non passava nemmeno per l’anticamera del cervello. Il bello è venuto quando abbiamo fatto la gita scolastica, se ne leggono di storielle sulle gite scolastiche ma come quella mia non credo proprio. Insomma ci dovevano accompagnare due professoresse stagionate e io avevo detto che non ci sarei andato, non avevo proprio pagato la quota e i termini erano scaduti. Poi una delle due professoresse si è ammalata un po’ seriamente e ha dovuto rinunciare alla gita e al posto di quella c’hanno messo Andrea. Io mi sono andato a raccomandare col preside supplicandolo che mi ci mandasse lo stesso, lui non ne voleva sapere perché le cose erano fatte, mentre stavo parlando col preside entra Andrea, sente il discorso e si mette in mezzo e dice al preside che con l’agenzia c’avrebbe parlato lui e che avrebbe sistemato la cosa perché io ero un bravo ragazzo e avevo diritto a fare una gita l’ultimo anno coi miei compagni di scuola dato che negli anni predenti gite non ne avevamo fatte mai, il preside ha mollato e io sono uscito e l’ho aspettato fuori dalla presidenza, gli sarei saltato al collo per quanto ero contento ma lui m’ha risposto: “Buono! Cerca di stare buono!” e m’ha guardato negli occhi, lì, per me, era fatta, era ovvio che era gay e che per lui non era indifferente che io al viaggio ci fossi oppure no. Due giorni dopo siamo partiti. Viaggio in Italia, cosa economica, noi non siamo ricchi: Padova, Mantova, Ravenna e Ferrara, quindi solo pullman. C’era un solo intoppo, una delle due prof. vecchie era nostra accompagnatrice e stava sempre seduta vicino ad Andrea, quindi io vicino a lui non mi ci potevo sedere e non potevo provare un approccio nemmeno verbale, però mi sono messo nel posto dietro quello di Andrea e ho fatto finta di dormire. Almeno potevo sentire la sua voce, anche se in discorsi assurdi. La sera si stava in camera in quattro e dal mio punto di vista lo spettacolo avrebbe potuto essere piuttosto interessante, ma io avevo in mente Andrea e dei miei compagni di scuola (solo 4 maschi contro 18 femmine), tutti etero, in sostanza non mi importava proprio nulla, io avevo in mente ben altro. Quando tutti se ne sono andati a dormire io sono uscito dalla stanza e me ne sono andato sulla terrazza dell’albergo che era davanti alle stanze... e chi ti trovo lì? Andrea stava lì da solo sul dondolo, io mi sono avvicinato e gli ho chiesto se potevo sedermi accanto a lui, ovviamente mi ha detto di sì. Praticamente quella notte non abbiamo dormito, siamo rimasti a parlare tutta la notte delle cose più strane, dalla pittura agli inni nazionali latino-americani, dai viaggi che aveva fatto alle sua prospettive per il futuro. Si stava bene insieme, cioè si stava benissimo, pure lui stava benissimo, io lo sentivo in modo chiarissimo. Naturalmente nessun riferimento al sesso e meno che mai ad argomenti gay. La mattina alle 5.00 mi ha detto che aveva bisogno di dormire almeno un’ora perché non si reggeva in piedi e se ne è andato nella sua stanza. Io non sono tornato in camera perché mi avrebbero fatto troppe domande, mi sono sciacquato alla fontana esterna e ho aspettato fino alle sette per poter fare colazione. Lui c’era, m’ha salutato in un altro modo, in un modo più caldo, quando m’ha visto lì si vedeva che era contento. I miei compagni che avevano notato che io ero stato fuori stanza tutta la notte volevano sapere che cosa avevo combinato, ma ovviamente da me non lo hanno saputo e hanno pensato a chissà che cosa. Insomma, tornando al punto, io e Andrea ci siamo fermati a parlare anche le sere successive, non così a lungo come la prima sera ma le tre le abbiamo fatte e questa volta abbiamo anche parlato d’amore, non di sesso, che in una situazione simile era fuori luogo, quando parlava d’amore non diceva mai “una ragazza” ma “una persona” e la cosa era molto significativa, in sostanza noi stavano facendo già un discorso gay serio, ci stavamo scambiando i nostri punti di vista, ma travestiti da questioni culturali teoriche, lui lo sapeva e io lo sapevo, ma ufficialmente non lo sapeva nessuno di noi due. Poi il viaggio è finito e siamo tornati. Con lui non ho mai fatto un discorso esplicito, nemmeno a metà, nemmeno minimo. Di questo fatto mi sentivo molto dispiaciuto, mi sarebbe piaciuto moltissimo almeno parlare un po’ in modo chiaro, e credo che sarebbe piaciuto moltissimo anche a lui e penso che lo abbia desiderato in modo forte nonostante tutte le esitazioni proprio come ho fatto io. Ma che ci si può fare? Quando metti insieme un professore imbranato con uno studente imbranato la situazione può essere solo questa, e poi non lo potevo mettere in crisi più di tanto, già penso di avere tirato troppo la corda, andare oltre poteva significare metterlo in difficoltà e una cosa del genere non l’avrei mai fatta. Dopo la gita mi ha tenuto sempre a distanza, cose se avesse paura di me, forse pensava che lo potessi mettere in qualche pasticcio, non lo so, ma questa è l’impressine che ho avuto, In sostanza il momento è svanito e la storia è finita così. Peccato, perché di tutto questo mi è rimasta una certa amarezza di fondo, come delle cose che potevano essere e non sono state e non capisci nemmeno perché è finita così.

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