lunedì 28 luglio 2008

GENITORI DI FIGLI OMOSESSUALI

In questo forum, il post “SCOPRIRE L’OMOSESSUALITA’ DI UN FIGLIO” è il secondo tra quelli assolutamente più cliccati ed è, tra l’altro, il più commentato dai ragazzi in assoluto, questo fatto non è casuale.

Le chiavi di ricerca che fanno pensare che ad accedere siano genitori (come “associazione genitori di figli gay”, “mio figlio è gay”, “accettare un figlio gay”) sono frequenti. Parlando con ragazzi di tutte le età, dai giovanissimi ai quarantenni, si avverte netta la sensazione che spesso l’omosessualità dei figli all’interno della famiglia è avvertita sia dai figli che dai genitori come un qualcosa di dirompente e di pericoloso, capace di mettere in crisi anche i rapporti affettivi più profondi. Questo timore, diffusissimo a tutte le età, genera sia da parte dei genitori che da parte dei ragazzi atteggiamenti di chiusura e di difesa.

I ragazzi, ma anche gli uomini adulti di 40 anni che vivono in famiglia o che sono comunque a stretto contatto con la famiglia, non solo evitano nel modo più assoluto qualunque comportamento che possa spingere i genitori a considerarli omosessuali ma, ciò che è peggio, finiscono talvolta per rinunciare del tutto alla loro sessualità, anche nelle forme più sublimate: non invitano amici a casa, non escono la sera, fanno una vita apparentemente irreprensibile ma del tutto innaturale e forzata. Il fatto che un ragazzo debba sistematicamente rinunciare alla propria sessualità per evitare problemi familiari comporta sensi di frustrazione profonda verso i genitori che sono sentiti come presenza condizionante e castrante. Ci sono ragazzi gay che arrivano a 40 anni non solo senza mai avere avuto un contatto sessuale con un ragazzo, ma senza mai aver vissuto nemmeno l’esperienza di un innamoramento serio. Una cosa del genere non può restare senza conseguenze a livello psichico profondo. I ragazzi gay che vivono così si sentono defraudati della loro stessa vita e della loro identità profonda dai loro più o meno inconsapevoli genitori. Cose del genere creano modi di convivenza solo formali che nascondono recriminazioni profonde.

I genitori, che spesso agiscono in buona fede, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno la più pallida idea di quello che l’omosessualità è realmente e sono del tutto inconsapevoli della loro ignoranza in materia, non si documentano, non cercano di capire ma di “correre ai ripari”, assumendo atteggiamenti anche “violentemente” condizionanti nei confronti dei figli, che si manifestano in due modalità principali:

1) La medicalizzazione del “problema”, volta a “risolvere la questione” con un trattamento psicologico se non addirittura psichiatrico. Uno psichiatra serio non accetterà mai di avere in cura un ragazzo solo perché è gay. Uno psicologo serio potrà anche occuparsi di un ragazzo gay ma per aiutarlo ad essere gay, non certo per tentare di modificare la sua sessualità. Un ragazzo gay costretto o benevolmente costretto ad andare da uno psicologo, quando non vuole, percepirà una cosa del genere come una violenza pesante contro la sua persona, perché in realtà di questo si tratta, cioè non di un’accettazione ma di un rifiuto da parte dei genitori di ciò che il ragazzo è realmente, e di un tentativo di trasformarlo. Aggiungo un’osservazione importantissima: la medicalizzazione dell’omosessualità dei figli da parte dei genitori è, di fatto, un totale scarico di responsabilità oltre che una esplicita rinuncia a cercare con i figli un dialogo sul piano affettivo.

2) La violazione della privacy di un ragazzo, al fine di capire se è gay (leggere un diario privato o la corrispondenza, entrare nel computer dei figli, pretendere di controllare le loro amicizie e soprattutto pretendere da loro la confessione della loro omosessualità come se fosse un obbligo morale nei confronti dei genitori. Per un ragazzo giovane, e a maggior ragione per un adulto, non c’è nulla di più privato della propria sfera sessuale. Un’invadenza in questo settore da parte dei genitori è giustamente vissuta come una violenza. Se un ragazzo vorrà o meno fare il suo coming out di fronte ai genitori, resta in ogni caso una sua scelta assolutamente libera e personale, non un obbligo, perché chi non lo fa, non lo fa perché ha paura. Parlo spesso con ragazzi di 25/30 anni che dicono esplicitamente che non faranno mai coming out in famiglia. Se uno dei questi ragazzi si sentisse in qualche modo costretto dai genitori a parlare della propria omosessualità vivrebbe la cosa come una terribile violazione della sua privacy.

Il cattivo rapporto di un ragazzo gay con i genitori, e peggio la disistima nei loro confronti, impedisce alla radice un rapporto educativo. Il modello di vita affettiva assimilato in famiglia attraverso l’osservazione dei comportamenti dei genitori si incide profondamente anche nella mente dei ragazzi gay. I ragazzi gay che hanno avuto in famiglia esempi di rapporti di rispetto e di affetto tra i genitori hanno sicuramente molti meno problemi relazionali nella vita affettiva. Purtroppo il ragionamento vale anche al negativo.

Io passo le mie giornate, e spessissimo le mie nottate, a parlare con ragazzi gay e molti di loro non hanno rapporti chiari con i genitori, il che non significa solo che non si sono dichiarati gay con i loro genitori ma che tra genitori e figlio non c’è dialogo, che i genitori non hanno e spesso non hanno mai avuto un contatto affettivo con il figlio: alcuni ragazzi hanno letteralmente paura dei genitori e del loro giudizio e altri preferiscono non mettere a rischio la pur fragile pace familiare affrontando discorsi pericolosi senza nessuna prospettiva utile. Questi ragazzi hanno avvertito spesso nella loro famiglia un clima omofobo, hanno sentito discorsi di scherno verso i gay e si rendono conto che i genitori sono troppo condizionati dai pregiudizi per potersi applicare a comprendere realmente che cosa significhi essere gay.

In alcuni casi i commenti dei genitori a trasmissioni televisive o a notizie giornalistiche concernenti i gay hanno definitivamente allontanato i figli dal proposito di parlare apertamente coi loro genitori, in altri casi la condanna morale a priori della omosessualità, sulla scorta dell’atteggiamento della chiesa, ha provocato reazioni analoghe. In queste situazioni un ragazzo avverte chiaramente che, per i genitori, quello che dice la gente o quello che dice la chiesa conta più del figlio e che quindi non c’è nessuno sforzo da parte del genitore per capire che cosa significhi veramente essere gay.

Spesso anche atteggiamenti che possono sembrare di accettazione, in realtà, possono ferire i ragazzi molto pesantemente, quando essi avvertono una discordanza tra le parole dei genitori e il loro reale comportamento, quando, in altre parole, essi avvertono l’ipocrisia del genitori e il loro recitare un ruolo senza farsi coinvolgere troppo. Una parola fuori posto (ti voglio bene “anche” così) manifesta comunque una profonda non accettazione, ma spesso è sufficiente il tono della voce o il fatto che l’argomento viene congelato in modo definitivo.

I ragazzi vorrebbero parlare in modo serio con i loro genitori, vorrebbero capire le loro difficoltà e aiutarli a risolverle. Le vere difficoltà emergono quando manca la fiducia reciproca, quando genitori e figli non si stimano reciprocamente come persone. In situazioni del genere, il fatto che il figlio sia gay non costituisce il vero problema ma fa risaltare le incomprensioni e le sottostanti patologie nel rapporto genitori-figli.

Che significato vorrebbe avere Progetto Gay nei confronti di un genitore che ha un figlio gay? Prima di tutto Progetto Gay non è un sito per genitori di ragazzi gay ma un sito gay e la differenza è enorme. Qui un genitore di un ragazzo gay non troverà nessuno disposto a compartirlo o permettergli di sentirsi vittima di una specie di maledizione biblica, perché queste cose sono solo ridicole e penose e sono il segno evidente di una immaturità da parte del genitore. Qui, su Progetto Gay, un genitore di un ragazzo gay troverà un’immagine reale della vita del figlio e avrà la possibilità di liberarsi dagli stereotipi sui gay diffusi dai mass media, qui avrà la possibilità di creare un dialogo con i ragazzi gay per capire in modo serio, non i problemi dei genitori, ma finalmente quelli dei figli! La mancanza di dialogo tra genitori e figli non si elimina facendo parlare i genitori tra loro, ma spingendoli a parlare con i ragazzi e a mettersi in gioco in prima persona, senza ipocrisie e senza assunzioni pregiudiziali di ruoli.

Cari genitori che leggete questo post, vi siete mai domandati perché, sulle centinaia di genitori che aprono la sezione di Progetto Gay dedicata ai genitori, nessun genitore abbia mai lasciato un commento? Io una risposta ce l’ho. È molto più facile farsi accogliere dalle braccia premurose di un sito “per genitori” di figli gay che in quelle molto più rudi di un sito gay. Chi scappa e non scrive qui, nonostante l’assoluto anonimato, non sta cercando onestamente di risolvere il problema del figlio ma solo il proprio!

Se volete un posto in cui discutere seriamente con dei ragazzi gay per capire il loro punto di vista, non cercate siti per genitori che vi facciano sentire vittime e vi coccolino, ma cercate di capire veramente il punto di vista dei ragazzi e cercate un dialogo serio.

Se volete, potete partecipare alla discussione su questo post aperta sul Forum di Progetto Gay:
http://progettogay.forumfree.net/?t=30394903

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