sabato 1 marzo 2008

PORNOGRAFIA E SESSUALITA’ GAY VERA

Io uso un nickname tipicamente gay senza però sottolineature marcatamente sessuali. Molto spesso, quando vengo chiamato in chat, dopo la classica domanda “da dove chiami?” segue pressoché immancabilmente la domanda “attivo o passivo?” Ma ci sono persone che mi chiedono “che cosa ti piace fare?” oppure mi sciorinano le cose che loro “fanno” e mi chiedono se voglio “provare” questo o quell’altro. Quasi sempre o prima o dopo queste domande segue la domanda “hai la cam?”, spesso segue la proposta “ti mando delle mie foto” oppure “vieni sul mio sito”, oppure “ecco il mio cellulare chiamami”.
Non mi soffermo qui sui rischi evidenti che si intravedono dietro queste proposte, rischi di entrare in contatto con giri di prostituzione, che non sono questioni di sessualità libera ma di criminalità allo scopo dello sfruttamento economico di quelli che ci finiscono in mezzo.
Ma mettiamo da una parte la dimensione rischio e ipotizziamo che dall’altra parte ci sia realmente e solo un ragazzo in cerca di sesso. Nella maggior parte dei casi, questo ragazzo si qualificherà come etero, non come gay, o al massimo come bisessuale, e dirà che gli piace fare sesso sia con gli uomini che con le donne. I discorsi di questi ragazzi circa il sesso non prendono mai in considerazione l’affettività ma vedono la sessualità solo come un divertimento spesso realmente compulsivo, del quale cioè non riescono a fare a meno tanto che cercano un partner qualunque in internet.
In casi molto rari, dopo un approccio brutalmente sessuale, i miei interlocutori si calmano e riescono, almeno per qualche minuto, a mantenere un dialogo di tipo meno ripetitivo, ma la stragrande maggioranza, quando non trova le risposte che si aspetta cerca di capire chi sono e perché il mio comportamento è anomalo. Alcuni credono che si un prete, qualcuno mi chiede se sono un poliziotto e subito dopo chiude la chat senza nemmeno attendere la risposta.
Da queste chat riporto in genere quasi sempre la medesima impressione, ossia quella di trovarmi davanti a ragazzi gay frustrati che non hanno mai avuto la fortuna di rendersi conto di che cosa sia la sessualità gay nel senso serio della parola. In sostanza questi ragazzi si sono formati alla scuola della pornografia e purtroppo ne hanno assimilato i modelli molto profondamente. Se questi ragazzi si troveranno a vivere un rapporto affettivo forte con un altro ragazzo gay, la loro interazione sessuale sarà pesantemente condizionata dai modelli che hanno assimilato, che in ogni caso spingeranno la sessualità verso una ritualità, verso una ripetitività imitativa di quel modelli, con la pregiudiziale svalutazione dei comportamenti sessuali non standard o di quelli di basso profilo che costituiscono invece la realtà più profonda della sessualità gay.
Conosco diverse coppie gay, anche se non moltissime, si tratta di vere coppie gay, cioè di ragazzi che si vogliono bene e che hanno fatto una scelta seria di sessualità esclusiva. Vivere in una coppia gay significa che la sessualità si vive soltanto con il proprio compagno e che la promiscuità è esclusa. A parte lo sostanziale eliminazione dei rischi di malattie sessualmente trasmesse che deriva dalla monogamia, cioè dall’avere un solo partner sessuale, la fedeltà nel rapporto di coppia indica che i due ragazzi hanno operato la scelta di costruire una vita realmente in comune, spesso a costo di pesantissimi sacrifici per vincere le difficoltà ambientali.
Quali modelli di sessualità hanno i ragazzi che vivono in coppie gay stabili? La risposta, che a parecchi potrà sembrare un’affermazione di principio e che è invece dedotta dall’esperienza, è una sola: quei ragazzi non hanno modelli di sessualità gay, non vivono una sessualità ritualizzata, centrata sull’idea del fare questo o quell’altro, non identificano la sessualità con una forma di divertimento quasi di tipo egoistico, ma come una forma di comunicazione rivolta all’altro, come una forma di ascolto, attento, prudente, affettuoso delle necessità dell’altro. Molto spesso tra questi ragazzi domina la dimensione delle coccole generiche, del contatto fisico non necessariamente genitale, della carezza, dell’abbraccio, del bacio di tenerezza. Parlando con questi ragazzi mi sono sentito dire che si trovano ancora (anche ragazzi di 40 anni) in imbarazzo nella ricerca di un momento di intimità sessuale, nel timore di urtare la suscettibilità del loro compagno. Uno, in particolare, un quarantenne innamorato in modo profondissimo del suo compagno, mi diceva che col suo ragazzo, che ha 37 anni, non sapeva mai come comportarsi e non diceva nulla, ma il suo compagno quando era il momento giusto andava a sedersi vicino a lui e gli appoggiava il capo sulla spalla.
All’interno delle coppie gay che si amano realmente, la sessualità più diretta è diluita nel tempo, è intervallata da momenti di tenerezza e di silenzio in cui domina la percezione fisica della presenza dell’altro, al di là di qualunque ritualità, in questo quadro non ci sono regole, non ci sono cose da fare perché la percezione profonda dell’unione di due vite è per se stessa appagante e la sessualità ne segue in modo spontaneo. In questa dimensione non ci sono limiti né regole perché c’è un amore reciproco che è l’unica guida sicura della vita sessuale. Io penso che se al posto della pornografia si offrissero ai ragazzi dei modelli di sessualità di questo tipo, questi ragazzi potrebbero capire in modo molto più serio che cosa significa essere gay e potrebbero provare veramente la soddisfazione di amare il loro ragazzo anche sessualmente, in modo totalmente reciproco e appagante.
Se volete, potere partecipare alla discussione su questo tema aperta sul FORUM PROGETTO GAY:
http://progettogay.forumfree.net/?t=25671331

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