martedì 18 ottobre 2016

ISOLAMENTO E SEDUZIONE OMOSESSUALE – BIRIBI

“Biribi”, ossia il titolo dato da Raddalovich al capitoletto di “Uranismo e Unisessualità” che Vi presento oggi, richiede qualche chiarimento: è il titolo del secondo romanzo di Geoges Darien (1862-1921), un libro sostanzialmente autobiografico.
Darien perde la madre da bambino ed è educato da una matrigna rigidamente cattolica che gli ispirerà, per reazione, l’anticlericalismo radicale dell’età adulta.
Entra nell’esercito il 16 marzo del 1881, pochi giorni prima di compiere 19 anni, ma il 23 maggio del 1883, da poco ventunenne, è accusato di insubordinazione ed è condannato a trascorrere 33 mesi in un campo militare di disciplina nel sud della Tunisia, questo campo era detto “Biribi” nel gergo dei soldati.
L’esperienza di quei 33 mesi porterà Darien 26enne, nel 1888, a scrivere un romanzo (“Biribi”, appunato), sulla base dei suoi ricordi personali, ma l’editore lo pubblicherà solo nel ’90, perché il libro, a parte l’omosessualità, metteva in evidenza i modi di procedere violenti e arbitrari dell’esercito francese, sostanzialmente sconosciuti all’opinione pubblica e quindi era potenzialmente in grado di suscitare uno scandalo e il conseguente sequestro del libro stesso.
La finalità del campo di punizione era in teoria quella di ricondurre comunque il soldato alla disciplina militare, ma nella realtà i militari subivano abusi e violenza sia fisica che psicologica di tutti i generi.
Ovviamente l’omosessualità dei soldati francesi rinchiusi nel campo di disciplina non si poteva ridurre solo ad uno sfogo fisico ma rappresentava qualche volta una vera ricerca d’amore e di attenzione in una condizione in cui l’omosessualità poteva rappresentare l’unico barlume di umanità per ragazzi richiusi per lunghi periodi in condizioni di brutalità e di totale privazione affettiva.
Il dott. Saint-Paul (“Dr. Laupts”), come chirurgo dell’esercito che ha servito a lungo in Africa testimonia (come anche Rebierre nel suo Joyeux et demifous) la frequenza dell’omosessualità tra i battaglioni africani dell’esercito francese (Dr. Laupts, L’Homosexualité, 1910, pp. 413, 420.). Havelock Ellis, nel suo trattato “Inversione sessuale”, riporta un’ampia testimonianza sulla omosessualità tra i militari, alla quale faccio rinvio (“Inversione sessuale” Edizione online della Biblioteca di Progetto Gay, pp. 29-31: http://gayproject.altervista.org/inversione_sessuale.pdf)
I gay della mia generazione, nel leggere i brani del libro da Darien, citatati da Raffalovich, si ricorderanno probabilmente di brani per parecchi aspetti analoghi che hanno letto nei romanzi Jean Genet. Non voglio qui aprire un discorso su Jaen Genet, che richiederebbe approfondimenti seri e spazio adeguato, mi limito a sottolineare l’aspetto epico e anche romantico dell’omosessualità presente sia in Genet che in Darien.
Invito il lettore a leggere anche le note, man mano che procede nella lettura del testo, che non è sempre immediatamente comprensibile.
Ma lasciamo la parola a Raffalovich.
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A Biribi – Isolamento e Seduzione
La seduzione di un eterosessuale per noia, isolamento, lussuria, è violentemente descritta in Biribi, un Romanzo di Geroges Darien.
Quello che è notevole in questo romanzo è la contraddizione tra la rivolta che precede l’unisessualità e la passione d’amore che la segue. A priori ci si aspetterebbe piuttosto il contrario.
“Ah! Sì, vorrei che si nascondessero, gli infami che, vicino a me, si prestano alla soddisfazione dei desideri che la mancanza di donne ha sovreccitato. Vorrei che si nascondessero perché è già da molto tempo che il mio sangue ribolle in loro presenza, e sono stato colto, troppe volte, dal desiderio terribile di ucciderli o di amarli. Non vedo più loro, non è più la loro fisionomia che guardo con sdegno; sono le intonazioni femminili che io vado cercando nella loro voce, sono i tratti femminili che spio in modo febbricitante – e che scopro – sui loro volti; sono facce di donne appassionate, profili di innamorate che io ricavo da queste figure la cui ignominia viene meno.”
“Questa cristallizzazione [concentrazione della passione amorosa] infame mi riempie di una gioia acre che mi distrugge.”
“Oh! I sogni che faccio, sonnambulo lubrico, in queste interminabili giornate in cui il mio corpo si infiacchisce a poco a poco sotto l’azione dell’idea che mi turba! Oh! Le allucinazioni che mi stringono in queste notti senza sonno …, queste notti piene di accessi frenetici, di speranze ardenti, di convulsioni dolorose, di attese insensate e di ansie angosciose, in cui il mio cuore cessa di battere improvvisamente a un minimo soffio di vento come se fosse un sussurro d’amore, in cui mi sorprendo, trasalendo di vergogna, a tendere le mie mani tremanti di desiderio verso i pagliericci dove i pallidi raggi della luna, penetrando la tela, mi facevano intravedere nei copri distesi dei dormenti della libidinose escrescenze.”
“Ah! Non voglio proprio cedere alla tentazione! Qualsiasi cosa, piuttosto… In fede mia, sì, qualsiasi cosa! Sono sceso al burrone dove passano gli asini che il mio vicino chiama suoi marmocchi, e ho fatto la corte anche io a mademoiselle Pelle d’Asino[1] … Sarebbe stato lo stesso fermare la mia sete con l’aceto.”
“Adesso è finita … sono preda del sogno malsano … Vedo una cosa sola, … qualcosa di mostruoso, di vago, di innominabile, il brutto risultato della fantasia infame: due cosce aperte e nell’allargarsi attraente del compasso di carne, il vuoto senza forma, senza nome, la cosa qualsiasi, ma vivente, intelligente, umana, consolante, la sola che può dare soddisfazione … Chi mi strapperà davanti agli occhi questa immagine che mi esaspera, questa i greca di carne…”
“Non ho un uomo di fatica, me ne serve uno. – Sergente, non ho un uomo di fatica. – Te ne scelgo uno, il primo che uscirà dalla sua tenda. Gabriele. Vieni qui…”
“Resto incollato al mio posto, Gabriele, Lui! Lei! … e all’improvviso sento le mie mani che si gelano, tutto il sangue che mi ritorna al cuore. Lui mi ha appena guardato sorridendo …”

“Lo adoro…”
“Ah! Se potessi passarli qui in questo modo i nove mesi che mi restano da fare…!”
Quest’uomo, evidentemente, non reclamava solamente lo spasmo dell’onanismo, della masturbazione, della bestialità, della sodomia, ma qualcosa di umano, di appassionato, di amoroso. Tra tutti quelli che in circostanze simili non si sono accontentati né di se stessi, né di Pelle d’Asino, alcuni di questi appassionati che non lo sono solo fisicamente, che hanno resistito e lottato, che cosa sono diventati dopo, hanno potuto tornare completamente alla donna? Mi sembrerebbe che quelli che hanno preso il maschio semplicemente, senza dare alla cosa troppo significato, solo per rimpiazzare la donna assente, hanno avuto meno difficoltà a dimenticarsi di questi intermezzi sessuali; ma quelli nei quali una cristallizzazione amorosa si è formata intorno al maschio, che cosa diventeranno? Lo si indovinerebbe se non lo si sapesse già. Acquisteranno un certo grado di inversione, dopo il massimo, l’uranismo acquisito, l’inversione acquisita, fino ad un minimo: delle velleità unisessuali persisteranno malgrado la loro eterosessualità riconquistata.
Si piange ancora nel sonno,
a Biribi.
A Birbi si respira affannosamente,
si respira così quando si è eccitati.
La notte si sente il maschio urlare,
il maschio che non avrebbe creduto
che un giorno sarebbe stato forzato a conoscere
la signorina Bibi,[2]
perché prima o poi bisogna stare
a Biribi [3]
Dopo tutto, non bisogna forse fare un po’ di spazio anche per l’ideale, in quelli che non si accontentano come gli altri della masturbazione e dell’onanismo? Non cercano forse un affetto, una consolazione più che un piacere? Non cercano forse la devozione e la sincerità? E la trovano, si sa.
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[1] Il testo usa il termine “mômes” (marmocchi) tipico del gergo familiare. Dire che “gli asini sono i miei marmocchi” indica che chi lo dice ha avuto rapporti sessuali con un’asina. Peau-d’Âne è il titolo di una fiaba francese, una versione della quale si deve a Perrault. Peau-d’Âne è un bellissima principessa che, per sfuggire ad un possibile incesto, fugge dal regno di suo padre coperta soltanto di una pelle di asino. La fiaba ha molte analogie con la storia di Cenerentola, ma l’espressione Peau-d’Âne, qui usata, indica che nei rapporti con l’asina ci si poteva immaginare, paradossalmente, che sotto la pelle dell’asino ci fosse una bellissima principessa.
[2] “Conoscere mam’zelle Bibi” è espressione gergale che significa essere omosessuale.
[3] Bruant. [Canzone di Aristide Bruant, 1891 dedicata a Biribi.]
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