lunedì 4 maggio 2015

Annali dell’Omosessualità di André Raffalovich – Parte 4: L’Omosessualità nel dibattito scientifico di fine ’800

Prima di abbandonare gli scrittori inglesi devo parlare dell’Amore omogeneo e del suo posto in una società libera di Edward Carpenter (1), un opuscolo utile e interessante. L’autore è un noto discepolo dell’illustre americano Walt Whitman. È scoraggiante vedere un uomo coraggioso come Carpenter forzato a fare ricorso alla Germania per assicurarsi una pubblicità legittima e naturale. L’opuscolo di Carpenter potrebbe comunque essere messo in vendita in Inghilterra senza problemi; il suo punto di vista è virile e logico. Carpenter dice che l’istinto unisessuale è universale; a fianco degli immancabili esempi greci ne cita alcuni dei selvaggi che dimostrano che l’istinto, la tendenza universale, nella sua manifestazione più impressionante, quella dell’amore colpo di fulmine, si incontra presso i Polinesiani; ma in Polinesia come altrove, i pregiudizi europei (cioè l’ignoranza del viaggiatore e la sua paura del suo pubblico) hanno oscurato e trascurato cose molto importanti (2).
Una volta scoperta l’universalità dell’unisessualità, a quel punto bisogna istruire tutti gli uomini intelligenti. Carpenter è d’accordo con Næcke, con Ellis e con me nel negare la degenerazione necessaria degli invertiti. Grazie alla polizia, grazie alle osservazioni cliniche, grazie alla prostituzione maschile delle grandi città, ecc., siamo arrivati a confondere i criminali, i malati e i viziosi con l’invertito bene equilibrato e decente o che può esserlo, che può diventarlo. Sotto la calma esteriore della vita inglese, dice Carpenter, in tutte le classi, si scrivono lettere, si formano legami tra persone dello stesso sesso, che non differiscono in nulla dalla corrispondenze e dalle relazioni affettive degli eterosessuali. E comunque l’opinione pubblica resta così ignorante, così male informata, e la legge si svia, se ne va nella direzione opposta alla ragione e al progresso della scienza. Dato che la sodomia è un atto estremo e reprensibile (Ellis trova che la sodomia delle persone di una certa età non dovrebbe essere perseguita dalla legge) la legge inglese è arrivata dal 1885 a perseguire tutte le familiarità unisessuali, cosa impossibile perché l’universalità dell’istinto unisessuale non significa universalità di un istinto sessuale asessuale, senza base sessuale, senza manifestazioni sessuali, e la condanna legale è a sua volta colpevole perché genera il ricatto e lo diffonde. Giudicare l’uranismo dal processo o dai procedimenti giudiziari equivale a giudicare il matrimonio attraverso il tribunale del divorzio (3).
Ed è chiaro che la misura in cui il fisico ha il diritto di unirsi al morale dipende dalla responsabilità della persona morale e seria che sa che c’è una morale unisessuale, non dalla competenza di una legge cieca, impotente ma pericolosa. Si potrebbe plaudire al progetto di Krafft-Ebing di applicare norme più severamente repressive di quelle di oggi, quando si tratta di minori, di raggiungere gli uomini in un modo veramente efficace insegnando loro che l’unisessualità ha la sua decenza come l’eterosessualità ha la sua, e ha anche il suo libertinaggio. Carpenter presenta il ruolo sociale (4) dell’unisessualità e si rammarica che un fattore della massima importanza sia considerato, proprio per colpa della società, un pericolo o una ferita. Ci conferma ciò che si dice dell’unisessualità americana tra le donne. Per quanto riguarda unisessualità degli uomini americani, essa ha dato luogo a fenomeni interessanti dal punto di vista mondano e sociale.
Carpenter sottolinea, come faccio io, che i legami più ingenui tra giovani uomini sono esposti al ridicolo o all’odiosità del biasimo, mentre tra le ragazze ci si può amare teneramente, con carezze. Questo è importante, e qui è bene non essere troppo d’accordo con il dottor Laupts che non solo attribuisce le tenere amicizie adolescenziali all’inversione e al desiderio fisico, ma che non vuole nemmeno permettere agli adolescenti le più innocenti familiarità. Se, come riconosce, e come è sempre più riconosciuta, la base dell’inversione si trova nella maggior parte degli uomini, reprimere le manifestazioni innocenti di amicizia o di incoscienza, perché ce ne sono di colpevoli, è il colmo dell’errore pericoloso (5).
Si può desiderare, senza alcuna paura, che l’opuscolo di Carpenter si diffonda in Inghilterra, nell’attesa che la scienza abbia il diritto di fare il suo dovere sociale tra gli Inglesi.
Il dott. Howard di Baltimora nell’Alienist and Neurologist (gennaio 1896) cita dei casi terrificanti di perversione sessuale. Secondo lui, la prigione e il manicomio ricevono a torto dei pervertiti che hanno bisogno di un altro trattamento. Nel medesimo tempo è anche certo che questi squilibrati sessuali, prima di commettere dei delitti, ai quali sono spinti dal loro difetto di resistenza morale, sono mal compresi dalla società, dai loro amici, dai loro genitori. Il dott. Howard parla di un uomo che ora si trova nella prigione del Connecticut per sottrazione di fondi a danno della banca dove era onorevolmente impiegato da molto tempo. Si sapeva che era onanista boccale, ma non ci si era preoccupati di togliergli il suo posto di responsabilità. L’onanismo boccale gioca nello squilibrato, nell’immorale, un ruolo molto pericoloso. Il dott. Howard si è dovuto occupare recentemente di un musicista di una quarantina d’anni, colpito, dal suo ventesimo anno, da crisi nervose che si calmavano se ingurgitava sperma. Un corista era stato la sua prima vittima, ma poi sembra aver fatto ricorso a chiunque. Rubava se non aveva il denaro per pagarsi un prostituto compiacente. Sono del parere che si possa ammettere (anche senza l’angoscia di questo sfortunato, anche senza la sua ossessione, anche senza delle crisi come le sue, che lo portarono più di una volta in prigione), che ogni uomo il cui desiderio sessuale abituale è di avere questo atroce nutrimento, è gravemente malato. Non voglio dire che l’onanista boccale è malato, o che questo vizio, diffuso in tutto il mondo abitato, sia una malattia più di qualunque altro vizio, o che un uomo per nulla degenerato e per nulla stupido non possa sotto l’influenza di una passione nefasta, di una corruzione contagiosa, di un’ora di super-eccitazione colpevole, non possa aver finito per soccombere a questa velleità così reprensibile, perché molti casi ancora inediti verrebbero un giorno a contraddirmi brutalmente, ma io affermo che questo atto, abitualmente consumato, spinto fino a questo limite, considerato come lo scopo sessuale, indica una malattia seria e pericolosa. E non affiderei mai un ruolo importante a un tale onanista.
Il musicista del dott. Howard era figlio di una madre molto nevrotica, nevrotico anche lui, allevato in modo contrario al buon senso, molto sovreccitato dalla musica, – e in lui l’unisessualità non era assoluta (perché aveva avuto dei momenti di eterosessualità) ma congenita e acquista e acquista, intensificata dalle circostanze, non controllata da una volontà superiore. Nulla in lui, nel fisico e nel morale, opponeva resistenza. Un trattamento avviato da qualcuno al corrente avrebbe potuto sottrarre questo disgraziato a questa ossessione patologica.
Quando veniva arrestato dopo aver compiuto quello che cercava, grazie alla compiacenza o alla venalità di un uomo, la vergogna e la paura portavano di conseguenza una seconda crisi. Se lo arrestavano prima non riusciva a stare tranquillo se non dopo avere ottenuto da un altro prigioniero la pacificazione. Morì verso i quarant’anni di una tubercolosi ereditaria. Tutto aveva contribuito a mandarlo in rovina.
La storia della signora W… non è più rassicurante. Dopo essere stata lesbica si sposò a vent’anni con un uomo robusto. Dopo dieci anni di matrimonio, interruppe ogni rapporto normale con lui e si dedicarono all’onanismo reciproco. (Lei aveva già preso l’abitudine di masturbarsi dopo il coito). La sua perversione sessuale divenne così violenta che si mise a correre appresso a tutti gli uomini che vedeva per la prima volta, li intratteneva a casa sua, li forzava a spogliarsi, poi si chiudeva da sola. Questa monomania del sesso dell’uomo, così improvvidamente incoraggiata all’inizio da suo marito, ha fatto in modo che venisse arrestata parecchie volte, ma “l’intervento sconsiderato” dei suoi amici l’ha sempre fatta rilasciare. Il dott. Howard dice che è molto intelligente, ed è comunque una donna rispettabile se si mette da parte la sua folle perversione.
Tutti questi casi sono desolanti e forse meno semplici di quanto possa sembrare all’alienista [psichiatra]. C’è stata evidentemente in loro una progressione, una discesa incoraggiata sia da loro stessi che dal loro ambiente e dal loro vizio. Il vizio ha la sua logica.
Il sig. Dott. Hoche di Strasburgo ha dato nel Neurologisches Centralblatt (diretto dal prof. Mendel di Berlino) delle note sull’unisessualità molto decise e molto degne di attenzione. Si dichiara contrario a molti pregiudizi, trova che i medici, e prima di tutto Krafft-Ebing, hanno torto nel mettersi in guerra contro il paragrafo 175 del codice tedesco che punisce i delitti unisessuali. Si può condividere o meno la sua valutazione ma bisogna pure riconoscere la verità che lui vede chiaramente: che i sentimenti unisessuali, le passioni unisessuali si sviluppano in individui ben portanti, non degenerati fisicamente né psichicamente. Per sostenere la sua tesi cita degli argomenti molto interessanti. Per quanto mi riguarda, trovo molto più importante oggi fare conoscere questa verità che cambiare le leggi.
La psicologia deve dire grazie a Dott. Hoche anche se la filantropia lo trova severo. Io credo che gli invertiti seri, quelli che contano, non vogliano affatto essere trattati come malati e come irresponsabili. Si riconosca innanzitutto la sanità di molti individui e poi le leggi si cambieranno senza fretta. Il sig. Hoche cita dei casi tra i più impressionanti di giovani uomini grandi (di più di vent’anni) che avevano rapporti fisici con donne e che avevano con i oro condiscepoli più giovani dei legami appassionati, dei legami che Platone colloca così in altro, le cui soddisfazioni sono i baci, le carezze, dei sonni a due nel medesimo letto, senza onanismo, senza pederastia ma con tutte le manifestazioni sentimentali attribuite all’eterosessualità.
Questi documenti del dott. Hoche, ai quali del resto rinvio i miei lettori, sono una lezione per quelli che si immaginano in vano che i rapporti eterosessuali, incoraggiati e facilitati, possano mettere fine ai legami unisessuali.
Congratulandomi con sig. Hoche per il suo atteggiamento serio, vado più avanti di lui. Sì, come disse l’abate Maurice de Beats al congresso di Brouxellel, essere padroni di sé è più che diminuire i propri impulsi, – La dignità e il senso umano consiste prima di tutto nell’essere padroni di sé.
Ma se si invitano gli unisessuali ad essere dignitosi e forti, non si ha il diritto di parlare in un altro modo agli eterosessuali.
E sarà sempre rivoltante per coloro i cui occhi hanno superato il paravento delle convenzioni, vedere la licenza eterosessuale considerata una cosa a parte e protetta. Gli eterosessuali comincino a correggersi! Questo potrebbero dire gli uranisti per tutto il tempo in cui i costumi eterosessuali resteranno così apertamente cattivi.
Personalmente trovo lo studio dell’unisessualità più urgente della riforma della legge, e comunque non nego che, visto il livello molto basso della moralità pubblica, gli invertiti non sono stati poi molto maltrattati dal paragrafo 175 del codice tedesco, ma se il codice Napoleone fosse in vigore in tutta l’Europa, la condizione degli uranisti sarebbe molto migliore, gli uranisti diventerebbero più utili? La prostituzione maschile, già così diffusa, aumenterebbe ancora. E molti individui deboli non passerebbero forse da questi atti all’abitudine, dall’abitudine all’abitudine consolidata e da lì allo scandalo?
Coloro che danno o promettono il loro sostegno a Krafft-Ebing non si chiudano in un atteggiamento di rifiuto, ma aprano gli occhi e si rendono conto di quello che vogliono e che sperano. Quando avranno ottenuto questo cambiamento del codice, gli uranisti che oggi si astengono per paura dalla unisessualità venale o dai rapporti con le classi inferiori, saranno forse più felici, saranno migliori? Gli amanti degli operai sono così necessari al benessere sociale? Io devo al dott. H. Kurella un caso molto curioso di simulazione di psicopatia sessuale in un ladro (6).
O. M…, nato il 16 aprile 1865, in una comunità di Moravi, viene arrestato nel mese di maggio del 1892 a Dresda per avere rubato un cappotto in un ristorante, per non avere pagato il conto in un albergo e per avere scroccato da tre a dieci marchi a molti medici di Saxe ai quali raccontava la sua psicopatia sessuale facendosi passare per un malato, appartenente alla clinica di Halle, che aveva bisogno di denaro per ritornarci. A Dresda si diede credito alla sua follia, al suo feticismo. Perché era al feticismo delle scarpe da donna che dava la colpa dei suoi furti. Lo si credette addirittura incurabile e lo si mandò in un manicomio. Fu mandato in manicomio il 31 dicembre. Ma lì non manifestò sintomi di alienazione; non fu rilevata alcuna straccia di feticismo, di masturbazione, di eccitazione in presenza di belle scarpe. Kurella si persuase in pochi mesi di acute osservazioni che questo O. M… era un abile truffatore. A ventun anni la comunità morava lo aveva espulso per furto e allora non aveva cercato di giustificarsi sulla base di una psicopatia sessuale. Nel 1888 dovette di nuovo abbandonare un incarico di istitutore per avere rubato e non pensò neppure di discolparsi invocando questa psicopatia sessuale. Nel 1889 compaiono le ricerche di Krafft-Ebing su feticismo (7). Nel 1890, O. M… si dichiara colpito da feticismo delle scarpe femminili, malattia descritta da Krafft-Ebing.
Non si può affermare che abbia letto Krafft-Ebing ma quando ci si ricorda che i prostituti e le prostitute parlano molto di anomalie sessuali, – che le librerie mettono Krafft-Ebing sotto le rubriche di “erotica” o “curiosa”, tra il marchese de Sade, Restif de la Bretonne, Crébillon figlio e Gamiani, – che tutto quello che Krafft-Ebing ha scritto penetra molto rapidamente “nelle alcove dei prostituti e delle prostitute”, – quando si sa che O. M… ha frequentato molto il mondo dei vagabondi, mondo per eccellenza soggetto alle aberrazioni sessuali e alle conversazioni erotiche, quando ci si ricorda che Kurella non ha sottolineato alcuna emozione in lui in presenza delle scarpe femminili più eleganti della città, sia al piede della donne che nelle vetrine nei negozi davanti ai quali passa abitualmente, si finisce ben presto per essere dell’avviso di Kurella.
Quello che sto per dire della teoria biologica di Kurella sull’inversione non mi giustificherà agli occhi degli adoratori radicali della biologia ma è dovuto al simpatico e interessante autore.
Kurella si lamenta che la patologica anatomica occupi gli psichiatri più della biologia; e guidato dalla sua esperienza, dal libro di Havelock Ellis, da quello di Laurent sui bisessuati, dagli articoli di Meige e di Brero sulla iconografia della Salpêtrière [noto cento ospedaliero parigino] tratteggia una teoria sulle “differenze che separano gli organi destinati alla riproduzione , o in altri termini i caratteri sessuali primordiali”.
“Il dimorfismo si stabilisce progressivamente su tutto il corpo; … le differenze che ne risultano sono designate col nome di caratteri sessuali secondari… Questa evoluzione può essere arrestata o pervertita. Nello stesso individuo questi due modi possono qualche volta manifestarsi simultaneamente… da lì una varietà infinita di anomalie di sviluppo che si traduce nella mescolanza in proporzioni variabili dei caratteri maschili e femminili nello stesso individuo… Una categoria di individui di apparenza bisessuata si avvicina infinitamente agli ermafroditi dell’antichità. Sono quelli i cui attributi sessuali primordiali, esenti d’altra parte da malformazioni congenite ingannatrici o da eventuali mutilazioni, hanno subito un arresto di sviluppo, sia a partire dalla nascita che anche solo al tempo della pubertà. Nel primo caso il corpo conserva indefinitamente i caratteri esteriori dell’infanzia. Gli attributi secondari dell’uno e dell’altro sesso restano imprecisi.
L’essere è rimasto neutro. Nel secondo, quasi per un’inversione evolutiva si vedono svilupparti i caratteri secondari del sesso opposto. È alla prima di queste sindromi morfologiche che si conviene il nome di infantilismo, alla seconda quello di femminismo…”. Meige dice ancora: “Al femminismo, che appare nel ragazzo, corrisponde nella donna un’anomalia morfologica inversa, alla quale si dà qualche volta il nome di mascolinismo; Il termine di virilismo sarebbe forse preferibile.
Questa forma è caratterizzata dall’aggiungersi degli attributi sessuali secondari del maschio su un individuo di sesso femminile.”
Io non seguirei Kurella in tutte le sue considerazioni sull’influenza chimica dei testicoli, ma lo trovo giustificato quando nega un confine preciso tra ermafroditismo, femminismo e virilismo, cioè l’inversione dei caratteri secondari e dei caratteri terziari. C’è una catena ininterrotta (questo è quello che ho detto a proposito dell’inversione psicologica) tra l’ermafroditismo vero (con la presenza della ghiandole dei due sessi, i caratteri secondari non sono differenziati, i terziari sono mescolati), lo pseudo-ermafroditismo (i caratteri terziari e secondari si avvicinano a quelli dell’altro sesso) e la condizione degli individui i cui caratteri primordiali e secondari sono stati normali, ma le cui ghiandole, non sviluppandosi, al tempo della pubertà, hanno arrestato lo sviluppo dei caratteri sessuali terziari latenti propri dell’infanzia, mente non si è arrestato lo sviluppo dei caratteri appartenenti al sesso opposto.
Secondo Kurella. Laurent non ha insistito abbastanza su questo fatto al quale Kurella tiene particolarmente: cioè sul fatto che in tutti gli individui che hanno l’inversione dei caratteri secondari c’è anche di femminismo o di virilismo, cioè l’inversione dei caratteri terziari.
Come io vado ripetendo, dome dice Kurella, tra l’uomo meno femminile e la donna meno virile, la catena è ininterrotta, ci sono tutte le gradazioni. A forza di rimescolare queste teorie, a forza di continuare le relative osservazioni, si arriverà a non differenziare più l’uomo dalla donna in questo modo così assoluto che è stato prevalente per così tanto tempo e la scoperta dei caratteri terziari della sessualità opposta negli unisessuali sarà ben presto seguita dalla scoperta di questi stessi caratteri negli eterosessuali (8).
Mi manca il tempo pe poter fare più che una menzione dei recenti articoli del prof. von Krafft-Ebing sui delitti con i bambini, sulla pedofilia erotica, sulla zoofilia erotica, ecc.. Tutti quelli che si interessano di psichiatria si tengono al corrente delle numerose osservazioni di Krafft-Ebing.
Questo infaticabile collezionista si occupa ora in modo molto specialistico del feticismo eterosessuale, e tutte le osservazioni che gli si potrebbero fare a Vienna sarebbero certamente molto bene accolte da lui. Avrei voluto parlare di Næke e delle sue considerazioni generali sulla psichiatria generale. Næke appartiene al partito del buon senso e le sue osservazioni sulla degenerazione hanno certamente pesato al Congresso di Ginevra. Ha ben ragione di trovare che si parla di degenerazione in modo troppo assoluto. “È una questione che si conosce molto male. Le sue stigmate che si definiscono come atavistiche non sono spesso che particolari patologie. È dunque insensato tirare conclusioni da fatti che non abbiamo il diritto di considerare come certi.” Gli Archivi di psicopatia sessuale inaugurati il 15 gennaio 1896 dal dottor Pasquale Penta, professore all’Università di Napoli, meritano di essere conosciuti. I collaboratori italiani sono numerosi e, alcuni stranieri, Legludic, Næcke, Haveiock Eliis e io, si trovano congiunti a medici, avvocati, magistrati di Napoli, Torino, Como, Padova, Verona, Palermo, Messina, Roma, Milano. Pasquale Penta è autore di molte opere tra le quali un volume sulle perversioni sessuali (I pervertimenti sessuali nell’uomo: Vincenzo Verzeni)(9) pieno di osservazioni e di note storiche ed etnografiche. Se non si può essere sempre d’accordo con lui sulle basi e sulle conclusioni, possiamo solo congratularci con lui ancora di più per la sua umanità e per il servizio che rende a chi è suo ausiliario senza essere suo partigiano. E ci dobbiamo felicitare anche col prof. Penta per il fatto che si serve della letteratura come delle opere specialistiche. Gli archivi di psicopatia sessuale contengono articoli originali e rendiconti molto interessanti e anche delle osservazioni mediche. È ancora troppo presto per separare le osservazioni psicologiche dalle osservazioni patologiche, ma in Pasquale Penta la preoccupazione per i malati e per i degenerati non esclude affatto l’ammissione di considerazioni di interesse più psicologico e di applicazione generale.
Tra i collaboratori di Penta, vorrei citare in modo particolare Lino Ferriani (Procupatore del Re a Como) che ha esaminato in tredici anni più di 2.000 criminali minorenni. Cita il caso terrificante di un giovane ragazzo di tredici anni che rubava per farsi masturbare dagli uomini.
E non posso nemmeno passare sotto silenzio l’articolo di Pelandi sulle ernie e le perversioni sessuali. Una nuova edizione tedesca di questo bel libro di Lino Ferriani sui delinquenti precoci è appena apparsa.
C’è lì non solo il risultato dei suoi 2.000 casi, ma anche una cura estrema e appassionata del proprio compito sociale. Quello che dice dell’educazione e del suo tragico scompiglio è in completo accordo con quello che io ho osservato dal mio punto di vista. Se alza la voce un po’ di più di come è abituale per noi è perché ha percepito più chiaramente di molti di noi la campana a morto delle convenzioni. Ha visto e sondato, nelle classi inferiori come nelle classi agiate, la detestabile educazione moderna, questa educazione dalla quale ci era aspettati così tanto. I genitori, gli educatori e i magistrati leggano il libro d Lino Ferriani.
La solidarietà umana (simboleggiata nei fatti, come l’assassinio di un eccellente sacerdote dai figli di una famiglia numerosa animalizzata dalla povertà, dalla negligenza, dall’abbandono e dalla malattia) emerge vivamente davanti al lettore di Ferriani. Forse un giorno gli uomini sapranno di nuovo ciò che hanno dimenticato, cioè che noi siamo parti di un tutto, dall’inizio dell’umanità fino alla fine, e che l’individualismo di oggi è la negazione della salute morale.
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[1] Pubblicato a Manchester per la circolazione privata, cioè destinato a non essere messo in vendita, da parte di “the labour press society”, 59, Tib Street, 1894, e poi tradotto in Tedesco a Leipzig naturalmente, centro delle pubblicazioni ”omogenee”. Una rivista inglese femminista e riformatrice ha, io credo, parlato bene di questo opuscolo.
[2] A questo proposito un amico che si interessa delle armi dei selvaggi mi ha detto che i viaggiatori che descrivono correttamente gli archi e le frecce dei selvaggi non dubitano affatto della unisessualità degli indigeni. Non do troppa importanza a questa osservazione di un uomo di spirito infastidito dalla superficialità dei viaggiatori, ma essa ci ricorda ciò che non si deve dimenticare, che i viaggiatori osservano poco e male. Se così non fosse avremmo certamente dei documenti che ci mancano e di cui gli Steinmetz [scalpellini, metaforico] farebbero un così vivo uso.
[3] Anche coloro che hanno più rovinato Oscar Wilde o coloro che lo giudicherebbero con gravità pari a quella di cui io stesso ho dato prova, Krafft-Ebing, ad esempio, non possono trattenere un’ondata di indignazione nel pensare all’immunità di tutti quei piccoli infami che dopo essersi venduti e consegnati a lui, sogghignarono pubblicamente il giorno della sua condanna. Era uno spettacolo disgustoso, immorale, mi assicura un avvocato presente a questa scena e che di certo non voleva fare una perorazione a favore di Oscar Wilde. D’altra parte anche l’atteggiamento del giudice era scioccante e anti-sociale. Accusati, accusatori, giudice, giuria, pubblico, tutti avevano bisogno di essere istruiti, purificati, migliorati.
[4] Daremo meno spazio ai fraintendimenti sul ruolo sociale dell’inversione se ci ricorderemo che il matrimonio e la paternità sono per l’uomo il ruolo sociale dell’eterosessualità. Ruolo sociale non significa abuso, ma uso utile.
[5] Un argomento interessante che Carpenter tocca, ma sul quale non vorrei insistere è l’ “In Memoriam” di Tennyson, il suo grande poema di lutto in cui la sua anima vedova piange la morte del suo amico Hallam. A proposito di Tennyson e di Fitzgerald, un altro famoso poeta, verrà un giorno in cui si dovrà scrivere un capitolo di psicologia della gamma alta. Entrambi avevano, con grande nobiltà, il coraggio dei loro sentimenti estremi versi il loro stesso sesso. Di questi sentimenti che la pruderie inglese non avrebbe approvato in uomini inferiori. E chissà che questi due nobili poeti non abbiano dovuto soffrire di questa pruderie più di quanto sappiamo ufficialmente. Ci sono stati tra gli Inglesi dei grandi romantici, dei platonici cristiani o stoici, degli uomini casti notevolissimi e silenziosi.
[6] Nel libro di Kurella sul criminale si trova un riassunto di questo caso.
[7] Ci sarebbe un capitoletto molto piccante da scrivere a proposito della lettura del grosso libro di Krafft-Ebing , e Hoche, Kurella,e Rœmer fornirebbero argomenti certamente divertenti e qualche volta difficili da dimenticare. Pur senza concedere loro troppo, non si può allo stesso tempo che congratularsi con Krafft-Ebing per aver fatto molto.
[8] Interessante è il paradosso di Kurella sulla prostituzione; è, lui dice, una inversione incompleta della donna, parallela all’ermafroditismo psicosessuale dell’uomo. Le prostituite non hanno il sentimento dell’onore femminile, i rapporti sessuali ordinari causano loro poca voluttà. Non bisogna, ci dice con ragione, confondere le prostituite con le Don Giovanni donna. Mi ritrovo di più con lui quando nota il ruolo enorme che gioca presso le prostituite il parassitismo sociale. Mi distacco invece completamente da lui, quando dice che l’uranista è bigotto, vano, capriccioso, teatrale, che si veste come una donna, ecc.: è l’effeminato omosessuale o eterosessuale, è Monsieur, fratello di Luigi XIV, ma non è August von Platen, non è il virile.
Ma dei lavori come quello di Kurella non possono che suggerire, che spingere al lavoro, allo studio della psicopatia sessuale. E l’ultra virile troverebbe spazio nella sua classificazione, nel suo allineamento, lo troverebbe certamente
[9] Napoli
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