mercoledì 26 gennaio 2011

GAY ITALIANI IN USA TRA BISOGNI AFFETTIVI E DISINIBIZIONE

Ciao Project,
Sono un ragazzo di 20 anni, nato negli Stati Uniti ma ho vissuto praticamente sempre in Italia. Parlo bene l’Inglese perché i miei sono americani, ma in pratica fino all’anno scorso ero stato negli Stati Uniti solo per brevi periodi, diciamo che mi sento italiano al 90%, ora vivo negli USA, costa occidentale, sto in un residence per studenti di una grossa università della costa occidentale. Avevo cominciato a seguire progetto gay parecchio tempo fa e ho continuato anche negli USA. Che sono gay non c’è nemmeno bisogno di dirlo. Sono arrivato qui per l’inizio dell’anno accademico. Prima disillusione: pensavo di conoscere bene l’inglese, quello scritto ok, quello parlato mi ha messo in grosse difficoltà. A lezione capisco tutto, ma i ragazzi quando parlano tra loro usano tutta una serie di sottintesi che sto cominciando a capre solo adesso. Quando sono arrivato qui sognavo la vita del college, l’autonomia, il fare quello che ti piace ma, seconda disillusione, non ho trovato quello che speravo e certe volte rimpiango amaramente i miei amici italiani, anche quelli etero. Qui di gay ne vedi tanti, nessuno si meraviglia ma sono molto standardizzati, ci sono addirittura i circoli gay ufficiali del college, però al di là del ritualismo ci vedo ben poco. Essere gay è a metà tra trasgressivo e snob sembra più un atteggiamento che altro. Sono stato a una festa del circolo gay del college ma è stato deprimente, intanto tra i gay c’è tutto un linguaggio particolare che faticavo a capire, poi birra e alcolici a non finire, tutti ubriachi e la festa si riduceva a questo e a qualche performance di imitazione sessuale da parte di qualcuno dei presenti. Due o tre ragazzi mi hanno anche abbordato, uno molto bello ma talmente fuori di testa per l’alcol che pensavo avrebbe vomitato anche l’anima. Al circolo gay, a parte la festa, sono stato una sola volta e non ci ho più rimesso piede, non è posto per me, sono troppo italiano e troppo di mentalità tipo progetto gay per poter apprezzare quelle cose. La cosa che invece più mi ha sconvolto è l’atteggiamento dei ragazzi etero e la loro assoluta disinibizione, e non parlo solo di disinibizione con le ragazze ma anche tra loro. Certe volte mi sono sentito terribilmente in imbarazzo e un paio di volte stavo per fare delle figuracce terribili perché erano così sciolti che io non avevo alcun dubbio che fossero gay mentre non lo erano affatto. Siamo alloggiati in un grande edificio di 8 piani, con enormi corridoi sui quali si affacciano le stanze, abbiamo tutti un bagno singolo con la doccia ma non è raro che qualche doccia non funzioni e allora si va nella stanza di un amico. Una volta viene da me un ragazzo e mi chiede di usare la doccia, gli dico di sì, si spoglia nudo davanti a me e poi se ne va in bagno, non si spoglia in bagno come si fa in Italia, ma in camera davanti a me, ma non solo, finita la doccia torna nudo in camera, si asciuga e si riveste chiacchierando con me, siamo amici e sa che sono gay, lo sa! Ma non è raro vedere ragazzi che camminano nudi per i corridoi la mattina presto dopo avere fatto la doccia nella stanza di un altro. Ho raccontato ai miei amici del college che in Italia certe cose sarebbero impensabili e loro mi hanno risposto che non c’è nessun problema perché siamo tutti ragazzi (tipica risposta etero). Sono andato con un gruppetto di amici a una festa normale, cioè non a una festa gay, hanno ballato, e forse non solo, si sono appartati con le ragazze magari solo a limonare ma c’erano pure quelli che più o meno limonavano tra loro, stavano abbracciati uno sull’altro, si accarezzavano, mimavano forme sessuali presunte gay e soprattutto non avevano assolutamente paura di passare per gay. Che non lo fossero affatto ne sono certo, perché li ho visti con le loro ragazze e qualche volta ho ceduto la mia stanza e sono rimasto ad aspettare fuori, però quegli stessi ragazzi li ho visti, un po’ brilli per la verità, a farsi coccole non proprio neutre con altri ragazzi, non parlo di cose sessuali, ma di tenerezze che almeno in Italia tra due ragazzi non vedresti mai. Sto nella squadra di pallavolo e gli allenamenti (tre volte alla settimana) sono proprio il massimo della disinibizione, il nudo è ovvio che ci sia, c’è pure in Italia, ma qui arrivano a farsi una sega in pubblico sotto la doccia e ridono tutti. Quanto a me, dopo un primo periodo di sbandamento , ho cominciato a fare l’abitudine a queste cose che mi richiedono un certo autocontrollo ma alla fine sono sessualmente interessanti ma non sconvolgenti. I miei amici sanno che sono gay e ho notato una cosa, cioé che gli atteggiamenti estremamente disinvolti che hanno tra loro non li hanno con me, però non credo che questo derivi dal fatto che sanno che sono gay perché con un altro mio compagno gay dichiarato si comportano in modo totalmente libero. Quello che mi stupisce è che qui i gay non tentano di creare tra loro un rapporto affettivo forte come succede in Italia, qui l’approccio è molto più legato alle strutture gay ufficiali. Sanno che sono gay, e credo di essere un bel ragazzo ma a parte gli approcci decisamente diretti che hanno tentato con me alla festa, diciamo che con me, in termini seri, non ci ha provato nessuno. Qui usano dire che “ti devi mettere sul mercato” altrimenti nessuno ti cerca. In pratica per i ragazzi gay che ho conosciuto qui essere gay significa partecipare a una vita sociale gay che poi ti permette anche dei contatti sessuali. Fuori da quei canali ufficiali sembra che i gay non esistano. L’innamorarsi di un ragazzo, il volergli bene da ragazzo a ragazzo, senza nessuna mediazione qui sembra una cosa inesistente e probabilmente la considererebbero strana. Cioè se io approcciassi uno dei miei compagni gay (e ce ne sono) e tentassi di fargli capire che gli voglio bene e che voglio stargli vicino ma senza passare per la trafila gay ufficiale probabilmente lo considererebbero un’assurdità. Lo sento che qui è un altro mondo. Ho provato a fare leggere a uno dei miei amici gay di qui qualche post del forum di progetto gay, o meglio, dato che non sanno l’Italiano io traducevo per loro, ma la reazione era piuttosto perplessa, mi dicevano: ”Ma perché vi fate tutti questi problemi?” e non riuscivano a capire e allora li invidiavo, ma poi restavano stupiti che in Italia si fa la corte a un ragazzo come la si fa a una ragazza, che si parla di amore, qui libertà sessuale ne hai quanta ne vuoi però i ragazzi non sono portati affatto ad una visione affettiva della omosessualità. Ho trovato solo un ragazzo che mi ha detto che in fondo in Italia siamo fortunati perché c’è una visione più seria della omosessualità, ma lui si basava su progetto gay che penso, purtroppo, che non rappresenti affatto il punto di vista medio dei gay italiani. Con questo ragazzo ho anche provato a instaurare un minimo di rapporto: serate da soli a chiacchierare sulla spiaggia nei fine settimana, una certa intimità (non sessuale) insomma a me sembrava una cosa molto tenera, ma poi ho capito che a lui non piaceva affatto e mi ha gelato quando mi ha detto che invece di fare tutta quella manfrina, se volevo fare sesso con lui bastava dirlo che per lui andava bene, ma gli ho detto che non cercavo sesso e mi ha guardato come se io fossi del tutto fuori di testa e così la storia è finita. Qui mi manca l’intimità affettiva coi miei amici gay e la possibilità di costruire un rapporto d’amore basato sulla tenerezza reciproca e sul volersi bene. Ho anche pensato che il mio disadattamento possa derivare da altre ragioni e cioè dal fatto che i miei compagni di università sono tutti di livello sociale piuttosto alto, direi nettamente più alto del mio, forse tra ragazzi diciamo così più della classe media le cose potrebbero essere molto più simili a quelle che vedevo in Italia. Adesso metto punto al mio sfogo, la realtà è che mi sento un pesce fuor d’acqua e che mi manca tanto l’Italia. Sono gay, ma sono un gay all’italiana, non un gay a stelle e strisce. Un abbraccio.
M.K.
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