sabato 23 agosto 2008

ACCETTARE DI ESSERE GAY DOPO I 35 ANNI

Per i ragazzi gay due momenti/processi sono particolarmente significativi:

1) Il riconoscimento della propria omosessualità, cioè il rendersi conto di essere gay, il prenderne piena consapevolezza.

2) L’accettazione della propria omosessualità, cioè l’integrazione della propria identità gay all’interno della personalità, in altri termini un ragazzo accetta la propria omosessualità quando cessa di contrastarla.

Si tratta di momenti/processi distinti e successivi.

RICONOSCERSI GAY

Moltissimi ragazzi gay, tre su quattro, all’incirca, si sono sempre considerati gay, dal primo sorgere cosciente della loro sessualità. Per loro, in rapporto a loro stessi, la sessualità è sempre e solo omosessualità.

Circa un quarto dei ragazzi che si riconosco gay ha vissuto in precedenza una fase etero. In altri post ho cercato di tratteggiare il percorso che porta questi ragazzi dalla presunzione della loro eterosessualità alla coscienza della loro omosessualità. Ho sottolineato che le fantasie sessuali che accompagnano la masturbazione sono in realtà, proprio perché espressione della sessualità libera individuale, assai più indicative rispetto ai comportamenti sessuali di coppia per l’individuazione dell’orientamento sessuale; in altri termini se un ragazzo ha rapporti eterosessuali ma quando si masturba pensa ai ragazzi, quel ragazzo non è realmente eterosessuale.

Nel processo di emersione dell’orientamento sessuale profondo un’importanza particolare deve essere riconosciuta al fattore tempo. I ragazzi gay provenienti dalla eterosessualità si riconoscono gay ad età diverse, ma in genere entro i 24/25 anni il processo è concluso e l’identità gay è solidamente acquisita. Le eccezioni ci sono ma sono rare.

ACCETTARSI COME GAY

Quando un ragazzo diventa consapevole della propria omosessualità, sia che ciò avvenga all’inizio dell’adolescenza, come accade per i ragazzi che sono stati sempre e solo gay, o anche molto tempo dopo, come avviene per ragazzi provenienti da esperienze etero, si rende conto anche, inevitabilmente, che la sua omosessualità non sarà accettata. Non imposta che ciò accada per motivi religiosi, per profonde convinzioni o per semplice conformismo Un ragazzo avverte nettamente lo stigma sociale che circonda i comportamenti gay, ma quali saranno le sue reazioni?

1) Se l’identità gay è consolidata il ragazzo avverte il pericolo come sterno, identifica se stesso come gay e gli altri in genere come persone che non capiranno. In questo caso il conflitto è esterno, ha una dimensione sociale o familiare, può creare notevoli problemi ma non ha nessun potere lacerante nei confronti della personalità del ragazzo. Se l’identità gay è acquisita consapevolmente alla fine dell’adolescenza, come accade ai ragazzi gay che provengono dalla eterosessualità, l’accettazione è, salvo casi eccezionali, poco più di un corollario del riconoscersi gay e i due processi tendono a unificarsi e a risolversi insieme entro i 24/25 anni.

2) Se il problema dell’accettazione subentra all’inizio dell’adolescenza, come accade ai ragazzi che non hanno vissuto una fase etero, le cose si possono presentare in modo molto complesso in relazione all’ambiente familiare e sociale e al relativo livello di repressione della omosessualità. Nelle situazioni più semplici il processo di accettazione della omosessualità si presenta in modo analogo a quello tipico dei ragazzi che lo affrontano al termine dell’adolescenza, ossia dei ragazzi gay provenienti dalla eterosessualità, si manifesta cioè sotto forma di conflitto familiare o sociale ma non crea lacerazioni interne alla personalità del ragazzo. Tuttavia in una percentuale non trascurabile di casi le istanze di tipo moralistico esterno sono invece interiorizzate e il ragazzo avverte una profonda spaccatura all’interno della sua personalità, che per un verso lo conferma nell’identità gay e per l’altro contrasta questa identità. Questo conflitto interno che non trova nessuna possibilità di essere manifestato all’eterno e di essere ridimensionato e razionalizzato, spinge un ragazzo a negare la propria identità gay contro ogni evidenza che l’altra parte della sua coscienza gli propone e a considerala una realtà negativa e pericolosa che deve essere repressa ad ogni costo.

L’elemento più caratteristico sintomatico di questo tipo di situazione è la svalutazione dei gay in termini morali e il loro svilimento: i gay sono personaggi squallidi, io non voglio avere nulla a che vedere con loro. L’educazione religiosa rigida e l’educazione familiare rigida contribuiscono alla cronicizzazione di questi conflitti che possono essere così profondamente radicati da portare un ragazzo a vivere la sua sessualità solo in termini di trasgressione e di sensi di colpa. Quando queste situazioni bloccano radicalmente ogni manifestazione esterna della sessualità non resta che la masturbazione che però è vissuta male e finisce per aprire la strada ad una depressione dell’umore. L’accettazione della propria omosessualità viene così rinviata di anno in anno e qualche volta non si realizza mai. In altri casi si realizza ma dopo una lunghissima fase di gestazione e ad un’età parecchio superiore alla normale età in cui si conclude il processo di accettazione. E’ proprio di questo che intendo parlare sei seguito.

Se un ragazzo, ormai pienamente adulto, di 30/35 anni e oltre, arriva ad accettare la propria omosessualità, prova in un primo momento una sensazione di liberazione, ha l’impressione che l’accettazione sia ormai piena e irreversibile e di questo si sente felice, comincia a sognare e il mondo gay, che non conosce e che gli pare di avere finalmente conquistato, gli si presenta con tinte molto più vivaci, come una specie di patria ideale. Ma mentre per un gay che viene della eterosessualità e che è oggettivamente giovane 21/22 anni alla scoperta e all’accettazione della sessualità gay segue la cosiddetta “fase frenetica” di ricerca di un compagno, caratterizzata da una esplicita dimensione sessuale, per il 35enne che si è finalmente accettato, subentra rapidamente l’idea del tempo irrimediabilmente perduto, alcune frasi sono caratteristiche a questo proposito: “Ormai ho perso il treno, loro sono ragazzi, io ormai sono vecchio (35 anni!), io l’amore non lo trovero mai”. Compare poi nel 35enne un discorso opposto a quello del 22/23enne in “fase frenetica” del tipo del seguente: “Io vorrei l’amore, il sesso non mi interessa”, le visioni del sesso accreditate dal 35enne che si è appena accettato come gay tendono ad essere fortemente sublimate, ciò che indica una paura della sessualità e un tentativo di trasformare la sessualità in altro. Spesso la sessualità riconquistata è vista più come un obbligo di costruire una storia d’amore in breve tempo che come un’autentica possibilità di realizzazione umana e affettiva. Il 35enne è incerto, si sente depresso, è portato a pensare di avere ormai perso il treno. Il tono depressivo emerge e la sessualità ne risulta frustrata.

Che cosa si può fare di concreto in situazioni del genere? Esiste una valore che non è né etero né gay ed è l’amicizia. Un 35enne che si è appena accettato come gay può essere una persona profondamente in crisi e soprattutto può essere portato alla supervalutazione degli elementi di pericolo e può trovarsi sostanzialmente paralizzato nella costruzione di una vita affettiva della quale non è esperto e che gli appare per molti aspetti incomprensibile. Una dimensione affettiva compressa per molti anni, quando viene accattata e non trova la possibilità di trasfondersi in una dimensione amorosa, si manifesta almeno in termini di amicizia, e si tratta di cose particolarmente serie. Un 35enne gay vuole capire, sapere, confrontarsi, ha bisogno di punti di riferimento per la sua vita gay e può trovarli esclusivamente negli amici.

Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta dul Forum di Proeggtto Gay:

http://progettogay.forumfree.net/?t=31285749

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