non c’è bisogno di dire che questo nostro dialogo a distanza per me è molto gratificate, quando apro il computer vado subito a vedere se c’è qualcosa di tuo e non resto mai deluso. Dalle cose che dici, dai l’impressione di aver passato brutti momenti e di avere qualche preoccupazione per il futuro ma dai anche l’impressione molto netta di sentirti realizzato nel presente e, credimi, non è assolutamente una cosa comune. In genere il senso di frustrazione domina ma questo non è il tuo caso e, dal mio punto di vista, la cosa è consolante perché vuol dire che il teorema della “felicità possibile” può essere applicato alla realtà (non solo alla mia) e non è un teorema che vale solo nel mondo a quattro dimensioni. Nell’ultimo commento dici che tua madre sa ma fa finta di non sapere, ma sei proprio sicuro che sappia? Te lo dico perché mi è capitato di conoscere un ragazzo gay che, parlando con me, era praticamente sicuro che i genitori avessero capito tutto, ma parlando con i genitori, che conosco anche se non benissimo, ho avuto esattamente l’impressione opposta. Se c’è stato un discorso esplicito allora si può dire che i genitori sanno, in caso contrario è molto difficile che arrivino a conclusioni simili per via induttiva perché quando non si vuole arrivare a una conclusione gli indizi vengono letti in modo differente. Aggiungo poi un’altra cosa, che spesso i rapporti con le madri sono più espliciti di quelli con i padri. I padri in genere sono molto più temuti dai figli sotto questo profilo. Il linea teorica si potrebbe pensare che quando la madre sa sappia anche il padre, perché sembra difficile che una madre con comunichi al padre una notizia del genere, ma più di qualche volta non è così ed un solo genitore sa, cosa piuttosto rischiosa perché può essere causa di futuri dissapori tra i genitori, uno dei quali può accusare l’altro di averlo tenuto all’oscuro, magari sostenendo che se invece avesse saputo si sarebbe potuto fare chissà che cosa. Aggiungo ancora che oggi il problema del coming out nei confronti dei genitori si pone in termini reali, qualche decennio fa il problema non si poneva proprio, perché una cosa del genere avrebbe portato inevitabilmente un cambiamento nei rapporti tra genitori e figlio e poi perché l’avere un figlio gay era considerato una tale mazzata per i genitori che i figli semplicemente evitavano il discorso, cosa che ho fatto anch’io e di cui, francamente, non mi sono pentito, perché credo che i rapporti familiari avrebbero preso una strada differente, non tanto di non accettazione quando di sottile e affettuoso compatimento. Che i miei possano aver capito, anche senza un discorso esplicito, in linea teorica, potrebbe anche essere possibile, ma i discorsi che venivano fuori sui gay non sembravano proprio discorsi di genitori consapevoli e comunque erano altri tempi e allora avere consapevolezza di che cosa significasse essere gay, per dei genitori, non era affatto facile. In un caso concreto che ho visto di recente, un ragazzo molto giovane ha fatto un coming out pubblico, senza mezze misure, con tutte le persone che conosceva, compresi i genitori, ma dopo si è reso conto di avere fatto un grosso errore, perché non si può presupporre che i genitori abbiano la capacità di capire e di accettare, perché potrebbero essere del tutto impreparati e condizionati da pregiudizi dovuti alla non conoscenza del vero mondo gay.
Se il fare finta di non sapere è veramente un “fare finta” e non un semplice “non sapere” vuol dire che si sta attuando la politica dello struzzo, cosa tra l’altro molto comune in questi casi, con il rischio di possibili recriminazioni future, come: “io non lo sapevo”, “tu non me lo hai detto chiaramente”, ecc. ecc.. Vorrei aggiungere un’altra considerazione che certamente non si può applicare a te: quando leggo i blog di ragazzi gay non dichiarati pubblicamente li trovo pieni di commenti di ragazze che li considerano ottimi partiti. A parte le possibili tremende complicazioni concrete derivanti dal gioco dell’implicito e del non detto, non posso non rilevare la tendenza dei ragazzi gay (almeno quelli che ho conosciuto io, che non sono poi pochissimi) a fare sempre discorsi fumosi e comunque non espliciti (per molti quarantenni si tratta proprio di un rifiuto radicale perfino ad usare la parola gay o la parola omosessuale). Se una tendenza simile è comprensibile perché deriva da ragioni prudenziali, è comunque spesso defatigante. Se si chiamassero le cose semplicemente col loro nome e si parlasse chiaro, si eviterebbe di cominciare a giocare alla caccia al tesoro, sprecando tempo ed energie ed alimentando una marea di fraintendimenti e di incomprensioni. Le persone che ho conosciuto tramite questo blog, ovviamente, non giocano con me alla caccia al tesoro perché questo è un blog gay e del mantenere toni assolutamente espliciti mi sono fatto una regola e questo ha selezionato fortemente l’utenza di questo blog, cosa peraltro necessaria per realizzare un progetto che ha dei destinatari specifici, cioè i lettori gay, senza disperdersi in mille rivoli. Tuttavia le persone gay che ho incontrato al di fuori di questo blog hanno giocato con me alla caccia al tesoro praticamente sempre. Tra cercare un dialogo qualsiasi e cercare un dialogo gay, cioè sui temi tipici della vita dei gay e ammettendo di essere gay, c’è una differenza enorme che consiste nel “capire esattamente di che cosa si sta parlando” e volere parlare proprio di quello. Quando leggo i tuoi commenti e ti rispondo, il fatto che tu sia gay è fondamentale, perché tra noi è possibile un dialogo esplicito e senza fraintendimenti, senza fumosità e soprattutto esiste veramente un mondo comune nel senso profondo del termine. Tutto questo è assolutamente essenziale e, ti posso garantire, dà a questo dialogo a distanza un significato che lo stacca nettamente da tanti altri tipi di dialogo in cui l’essere gay è stato messo tra parentesi o addirittura è stato omesso del tutto. In sostanza non amo giocare a rimpiattino e alla caccia al tesoro e quando mi trovo in un dialogo come questo, mediato e limitato quanto vuoi, ma esplicito, mi sembra di essere finalmente coi piedi per terra. Ciao! Un abbraccio!
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