sabato 26 settembre 2009

ESSERE GAY E SENTIRSI BENE CON SE STESSI

Dedico questo post ad un tema che in questi ultimi giorni mi è capitato di affrontare più volte con ragazzi di età molto diversa ed è il tema dello stare bene con se stessi.

Quando non si sta bene con se stessi si prova un senso di inadeguatezza, di incapacità di far fronte ai problemi della vita ordinaria in modo efficace o una specie di progressivo disinteresse verso settori molto importanti della vita sociale ma anche della vita affettiva e sessuale.

Esistono alcuni elementi sintomatici dello stare male con se stessi, alcuni di questi elementi non hanno a prima vista nulla che vedere con la sessualità, altri invece sono esplicitamente di tipo affettivo/sessuale. Provo ad elencarne alcuni, sulla base di quello che emerge nelle chat:

1) Elementi legati alla propria fisicità non sessuale: “sono troppo grasso” espressione che si sente frequentemente; “sono troppo magro” espressione molto più rara; “sono flaccido, non ho muscoli”; “sono troppo basso”; “sono troppo alto”; “sono troppo peloso”; “sono proprio glabro”. Queste espressioni, che indicano di per sé solo la percezione di una inadeguatezza diventano sintomi di star male con se stessi quando assumono un carattere di idea fissa che interferisce in modo sensibile con la vita ordinaria. Quando ciò accade la percezione dell’inadeguatezza porta ad una più o meno coscientemente esasperata ricerca di soluzioni a quello che comincia a presentarsi come “un problema” e talvolta come “il problema”. Spesso i ragazzi che si definiscono troppo grassi o troppo flaccidi non lo sono affatto e la percezione dell’inadeguatezza è del tutto irrealistica, è il caso di ragazzi esilissimi che si sentono troppo grassi e si mettono a dieta ferrea e dei ragazzi che pur avendo un fisico scolpito dall’attività addirittura quotidiana in palestra, ricorrono agli anabolizzanti per aumentare la massa muscolare. Questi elementi indicano stati di disagio di una certa entità. La dimensione del disagio nella percezione dell’inadeguatezza si manifesta oltre che nella esasperazione di presunti problemi, nella ricerca di soluzioni che possono essere molto più pericolose dei mali cui dovrebbero porre rimedio.

2) Elementi legati alla propria fisicità sessuale. Un numero non piccolo di ragazzi gay finisce per mettere da parte l’idea di vivere una sessualità di coppia per motivi legati al senso di inadeguatezza della propria fisicità sessuale. Anche in queste situazioni, come nelle precedenti, la percezione della inadeguatezza può essere assolutamente non realistica e la ricerca di soluzioni a presunti problemi può creare inconvenienti anche seri e spesso, quando un ragazzo pensa che la soluzione al presunto problema non ci sia o sia irrealizzabile, la risposta è la rinuncia alla sessualità fisica. Questa rinuncia non è esplicita ma si manifesta attraverso continui rinvii oppure quando la situazione non è più rinviabile, attraverso il moltiplicarsi di esitazioni e di riserve che arrivano ad esasperare l’altro partner che non è a conoscenza della vera causa di quelle esitazioni e di quelle riserve. Talvolta la rinuncia alla sessualità comporta perfino il rifiuto della masturbazione, il cui esercizio, specialmente se condotto con riferimento alle immagini dedotte della pornografia, diventa causa importante di frustrazione sessuale. Non è raro il caso in cui i ragazzi finiscono inconsciamente per nascondere anche a se stessi la vera motivazione del senso di inadeguatezza e per coprirla con altre motivazioni in cui il riferimento alla fisicità sessuale è del tutto rimosso. Sul problema delle dimensioni del pene è fiorito un florido mercato di pseudo-rimedi di carattere medico e chirurgico che promettono soluzioni sicure del problema con prezzi che oscillano conformemente alla categoria sociale oggetto dei messaggi promozionali. Per stare bene con se stessi è necessario accettare la propria fisicità sessuale e cominciare a capire che la sessualità di coppia non è l’imitazione di un video porno ed ha una dimensione essenzialmente affettiva piuttosto che prestazionale.

3) Elementi di natura psicologica di tipo pessimistico e depressivo, che si manifestano in espressioni del tipo: “gli altri alla mia età hanno già realizzato tutto”, “tanto non combinerò mai niente”, “tanto so che prima o poi mollerò tutto”. Spesso gli elementi di natura psicologica che spingono allo scoraggiamento e alla visione di sé come “elemento debole” si incrociano con elementi di reale o presunta inadeguatezza fisica. L’idea del disimpegno o dell’inutilità dell’impegno occupa in molti casi la mente dei ragazzi che si sentono psicologicamente inadeguati, le scelte diventano problematiche e l’irresolutezza finisce per prevalere. Questi ragazzi in genere non entrano in storie d’amore proprio perché, per loro, prendere una decisione impegnativa è difficile ma si innamorano in modo serio e sostanzialmente unilaterale di ragazzi “impossibili” ossia quasi sempre di ragazzi etero o di ragazzi gay che non li corrispondono, con i quali una relazione di coppia risulta di fatto impossibile.

4) Elementi di natura psicologica tendenti a coinvolgere altri nella soluzione dei propri problemi, che si manifestano con espressioni del tipo: “però se conoscessi un ragazzo penso che le cose sarebbero molto diverse”, “con un ragazzo vicino non avrei paura di nulla”e simili. Vedo spesso ragazzi indecisi, dotati di scarsa autostima e facili allo scoraggiamento, mettersi alla spasmodica ricerca di un compagno, o di una compagnia, per cercare di trovare una risposta ai propri problemi. Si tratta di ragazzi che in genere da questa ricerca finiscono per ottenere ulteriori frustrazioni legate al fatto che in ragione della loro insicurezza, prestano scarsa attenzione alla scelta del proprio compagno e sono disposti a dare troppo rapidamente fiducia al primo ragazzo che mostri loro una qualche forma di disponibilità, con questi ragazzi cercano di creare rapporti molto stretti, che sono visti dall’altra parte come asfissianti e per ciò stesso non graditi. Un ragazzo insicuro che tende a coinvolgere altri nella soluzione dei suoi problemi, ha bisogno di continue rassicurazioni, le chiede, le pretende, reagisce male quando non le trova, tende, inconsciamente, a costringere il suo compagno ad ascoltarlo per ore, lo tempesta di sms e di mail pretendendo continue conferme e non offrendone alcuna. Una caratteristica di queste situazioni è il discorso unidirezionale, il ragazzo insicuro parla e il suo compagno deve ascoltare, se ciò non accade il ragazzo insicuro si sente vittima e lo dimostra in modo molto chiaro, nel tentativo di richiamare l’attenzione del suo compagno. Meccanismo, questo, che esaspera la situazione.

Mi capita spesso, nel parlare in chat con ragazzi che non hanno mai vissuto la realtà della vita di coppia, di osservare come per loro la vita di coppia sia una forma si simbiosi totale in cui tutto è e deve essere comune: si devono avere gli stessi amici, si deve andare sempre insieme agli stessi posti, e così via. Ma tutto questo ripropone il modello di coppia come subordinazione dell’altro, come un portare l’altro nel nostro mondo e tenerlo in una condizione di sostanziale dipendenza attraverso una serie di ricatti affettivi. In meccanismo è semplice ed è analogo a quello che si manifesta nel rapporto tra un bambino e il genitore: il bambino vuole una determinata cosa, il genitore dice di no, allora il bambino piange e il genitore dice di sì per non vederlo piangere, in bambino è gratificato più che per aver raggiunto quello che desiderava, per essersi reso conto di avere un potere sul genitore. Questi meccanismi però sono naturali solo quando agiscono tra soggetti che non si trovano su un piano di parità, e tra due ragazzi gay che dovrebbero volersi vene su ben altre basi, sono sostanzialmente il segno di una forte asimmetria e di una sofferenza di coppia.

Spesso chi non sta bene con se stesso ritiene che la sua spontaneità debba essere in qualche modo sostituta con comportamenti più adeguati o addirittura che i discorsi spontanei debbano essere sostituiti da discorsi che sembrano essere teoricamente più adeguati. Mi capita talvolta in chat di incontrare ragazzi che si sforzano di dire solo cose che a loro parere diano di loro un’immagine positiva e li facciano apparire come bravi ragazzi. L’elemento più tipico è la sublimazione della sessualità e la sua totale rimozione dal discorso. Con questo sistema si crea un dialogo che ha il sapore evidente della mancanza di spontaneità. Quando si riesce a superare il muro della sublimazione e i ragazzi riescono a parlare in modo libero della sessualità tendono a sottolineare la dimensione strana se non patologica di certi loro comportamenti, come la masturbazione e le fantasie sessuali sui loro amici, come se queste cose fossero il segno evidente della loro inadeguatezza. Dopo un discorso finalmente serio, frutto di una sincerità faticosa, noto lo stupore dei ragazzi che si aspettano chissà quali discorsi e si sentono solo dire: “Ok, ma dov’è il problema?” In sostanza questi ragazzi hanno una percezione del loro essere gay come cosa strana e della loro sessualità come cosa unica e assai lontana dalla sessualità altrui, e in particolare dalla sessualità degli altri ragazzi gay, che però loro non conoscono se non attraverso rappresentazioni decisamente poco realistiche.

Molte volte parlare serenamente della sessualità aiuta a ridimensionare e a vedere le cose in termini più oggettivi e fa capire che la sessualità è una dimensione ordinaria della vita di tutti e che essere gay significa essenzialmente innamorarsi di un ragazzo invece che di una ragazza.
Un’attenzione particolare in questa sede va dedicata al disagio derivante dall’idea stessa di essere o di poter essere gay. Mi è capitato più di qualche volta di essere contattato da ragazzi etero che avevano dubbi circa il loro orientamento sessuale, non cioè da ragazzi gay che avevano problemi di accettazione. Per alcuni di questi ragazzi parlare con me ha avuto realmente il senso di chiarirsi le idee per superare i dubbi. Con alcuni di questi ragazzi si sono mantenuti buoni rapporti anche a distanza di tempo. Per altri ragazzi etero, invece, superare i dubbi era molto più difficile. Pur avendo essi una sessualità che oggettivamente non aveva assolutamente nulla che si potesse considerare gay, questi ragazzi non riuscivano a tranquillizzarsi e mi contattavano più volte perché per loro l’idea di poter essere gay era un contenuto tendenzialmente ossessivo che, anche se oggettivamente del tutto infondato, turbava profondamente la loro sessualità. Un esempio per tutti, quello di un ragazzo etero che non ha mai avuto fantasie matsurbatorie gay, ma che non riesce a masturbarsi in modo soddisfacente pensando a una ragazza perché interviene l’idea di poter essere forse un gay che non si accetta, idea che rovina la sua vita sessuale, ma tutto questo in ragazzi che non hanno mai avuto interessi né affettivi né sessuali orientati verso altri ragazzi. Casi del genere, che si presentono come problemi di orientamento sessuale, di fatto, non hanno nulla a che vedere con la sessualità ma sono legati a stati di disagio legati spesso ai rapporti familiari, alla vita affettiva non sessuale, ai rapporti di lavoro, all’insicurezza economica e a molti altri fattori.

Anche per i ragazzi gay, cioè per i ragazzi con fantasie masturbatorie esclusivamente gay, il fatto di essere gay più costituire una fonte di disagio, anche grave. L’identità sessuale gay può essere inconsapevolmente respinta o, talvolta, diventa oggetto di consapevole e determinata auto-repressione. In questi casi la masturrbazione in chiave gay è vissuta con sensi di colpa anche profondi, come un cedimento al male o come uno scivolamento in una dimensione patologica e l’ipotesi di una corrispondenza affettive e sessuale con un altro ragazzo è allontanata in modo sistematico evitando a priori tutte le occasioni in cui potrebbe crearsi un minimo di intimità (viaggi con altri ragazzi, dormire a casa di amici). È il caso del “non voglio essere gay!” Queste situazioni di disagio sono segno di una dipendenza dal giudizio altrui e della necessità di essere accettati all’interno di un gruppo (famiglia, amici) alla quale si finisce per sacrificare anche la propria sessualità. La pressione della ricerca di omologazione può essere così forte di spingere un ragazzo a fare scelte cosiddette “secondo natura” (sessualità etero e matrimonio) che sono radicalmente “contro natura” per un gay. Spesso, specialmente per ragazzi non giovanissimi, si creano situazioni di disagio quando l’accettazione arriva dopo i 25 o i 30 anni (e anche ben oltre). I ragazzi che si trovano in queste situazioni sono in parecchi casi ossessionati dall’idea di riguadagnare il tempo perduto e vivono tardivamente le esperienze affettive e sessuali tipiche dell’adolescenza. In tali circostanze i primi contatti con la sessualità di coppia possono creare imbarazzi e condizionamenti non piccoli, perché i modelli “a priori” di sessualità gay interferiscono anche pesantemente con la ricerca della sessualità specifica di coppia. È il cosiddetto imbarazzo sessuale che viene dall’inesperienza. Ci sono ragazzi grandi che vanno in crisi per la mancata erezione in situazioni in cui “in teoria” ci dovrebbe essere, o perché hanno difficoltà nel raggiungere l’orgasmo anche nella masturbazione individuale praticata alla presenza del proprio compagno, quando invece l’orgasmo nella masturbazione privata lo raggiungono benissimo. In questi casi il vero timore è che l’imbarazzo e l’inesperienza possano condizionare o addirittura distruggere dei rapporti affettivi serissimi.

La sessualità non va d’accordo con l’ansia e parlare di sessualità aiuta a diminuire l’ansia legata alla sessualità.

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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post sul Forum di Progetto Gay:

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martedì 15 settembre 2009

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sabato 12 settembre 2009

GAY E STABILITA' DI COPPIA

Questo post intende analizzare la stabilità della vita di coppia dei ragazzi gay. La questione è complessa e non è assolutamente riducibile ai problemi di tipo sociale cui le coppie gay vanno incontro.

Intanto alcuni dati Istat. In Italia nel 2007 risultano complessivamente 81.359 separazioni (+1,2% rispetto al 2006) e 50.669 divorzi (+2,3% rispetto al 2006), pari rispettivamente a 273,7 separazioni e a 165,4 divorzi ogni 1.000 nuovi matrimoni, il che significa che per ogni 1.000 nuovi matrimoni che si celebrano 439.1 finiscono con separazione o divorzio. I figli coinvolti sono 100.252 nelle separazioni e 49.087 nei divorzi.

Questi dati sono assolutamente oggettivi e dimostrano come la vita di coppia, nonostante l’apologia che ne viene fatta da più parti, sia in realtà molto fragile anche per le coppie etero sposate, cioè per le coppie che, in teoria, non fosse altro in ragione dei figli, dovrebbero avere la massima stabilità.

In Spagna, secondo i dati pubblicati dall’Instituto Nacional de Estadística y del Ministerio de Justicia (fonte in quotidiano spagnolo La Razón, http://www.larazon.es/hemeroteca/mas-de-13-000-bodas-homosexuales-en-cuatro-anos), in quattro anni la legge sul matrimonio dei gay ha permesso la celebrazione di 13.116 unioni omosessuali, 8.898 matrimoni tra gay e 4.218 matrimoni tra lesbiche. In tutto si sono segnalati 159 divorzi e 6 separazioni tra persone omosessuali. La divorzialità tra le persone omosessuali in Spagna è pari all’1,26% mentre tra gli eterosessuali è intorno al 66%, cioè ogni tre matrimoni due coppie si separano o divorziano. I dati non sono tra loro paragonabili per moltissime ragioni ma col passare del tempo e col diffondersi del matrimonio gay c’è da aspettarsi che le percentuali tendano ad uniformarsi. Va sottolineato un concetto fondamentale: il cosiddetto matrimonio gay presenta, anche dopo 4 anni, delle incidenze percentuali assolutamente marginali perché di fatto è una istituzione che può essere utilizzata solo da una percentuale minima della popolazione omosessuale, cioè dagli omosessuali pubblicamente dichiarati, circa il 4% degli omosessuali, ossia approssimativamente lo 0,32% della popolazione generale. Per i gay non pubblicamente dichiarati, che costituiscono circa il 96% del totale degli omosessuali e circa il 7,7% della popolazione generale, l’introduzione del matrimonio omosessuale non ha di fatto cambiato nulla.

Prescindendo dai dati legali e dalle rilevazioni statistiche osservo che un ragazzo eterosessuale è indotto dalla famiglia e dall’ambiente sociale verso l’idea di formare coppia e di sposarsi. I genitori lo incoraggiano in questo senso. Il fatto di avere una ragazza è considerato come una patente di vita adulta, un fatto che non solo non deve essere nascosto ma che può essere esibito in tutti gli ambienti senza rischio alcuno. Almeno in linea teorica la sessualità etero è connessa con l’idea di avere figli e di comportarsi secondo natura. Questi fattori se non determinano gli eterosessuali al matrimonio certamente ne favoriscono il cammino verso il matrimonio, molto spesso anche quando le premesse per un matrimonio sono di fatto carenti. I risultati di questa pressione sociale verso il matrimonio si rilevano facilmente in sistemi giuridici piuttosto elastici in materia di separazione e di divorzio, come in Spagna, dove due matrimoni su tre si sfasciano e la presenza dei figli non è sufficiente ad impedirne la dissoluzione. C’è da chiedersi quante coppie etero si costituirebbero se le condizioni sociali fossero avverse come accade nel caso delle coppie omosessuali, cioè se non ci fosse l’incentivo rappresentato dal mettere al mondo figli, se le unioni eterosessuali fossero considerate inaccettabili a livello sociale e dovessero essere vissute molto spesso segretamente. La vita di coppia stabile, tra etero, sarebbe un’eccezione, così come lo è tra i gay. La popolazione della Spagna ammonta a 46,5 milioni di abitanti circa. Ammettendo una percentuale di omosessuali pari all’8% si arriva alla cifra di 3.720.000 e la percentuale di omosessuali sposati ammonta allo 0,70% della popolazione omosessuale, una percentuale minima. Ciò vuol dire che, al di là del pur fondamentale riconoscimento legale, in Spagna, la condizione dei gay, a livello sociale, non è realmente cambiata se non marginalmente con l’introduzione del matrimonio omosessuale.

Se dal mondo dai gay dichiarati che arrivano a sposarsi si passa al mondo dei gay non dichiarati la situazione comunque, a prima vista, non sembra cambiare di molto. In questo caso non si parlerà ovviamente di gay sposati ma di copie gay stabili. Il numero di coppie stabili appare comunque piuttosto basso, anche se qui le statistiche sono molto più difficili. Tra i gay non dichiarati è diffuso l’ideale della coppia gay stabile che rappresenta il sogno della grande maggioranza dei ragazzi gay non dichiarati, ma di coppie stabili se ne vedono comunque poche. Sottolineo che non ho detto “ce ne sono poche” ma “se ne vedono poche”. Anche sul fenomeno “coppia gay” influisce enormemente la non visibilità dei gay non dichiarati che sono circa il 96% del totale. Solo i gay dichiarati possono accedere al matrimonio e solo loro incidono sulle statistiche ufficiali, il resto è sommerso.

Sulla base di quanto emerge dalle chat con i ragazzi, rilevo che, dopo l’introduzione di internet la condizione dei gay non dichiarati si è notevolmente modificata. Fino all’inizio degli anni ’90, per un ragazzo non dichiarato, non esisteva nessuna possibilità di incontrare altri ragazzi non dichiarati. C’erano anche allora le associazioni gay ma erano frequentate esclusivamente da gay dichiarati. Per gli altri, la stragrande maggioranza, di fatto, l’associazionismo era del tutto impraticabile e l’isolamento era la regola. Negli ultimi anni le cose sono cambiate. Esiste oggi anche per un gay non dichiarato la possibilità di avviare un dialogo con un altro gay non dichiarato in condizioni di totale anonimato. Tenendo un comportamento di buon senso è comunque possibile, con rischi contenuti, per un ragazzo gay non dichiarato conoscere altri ragazzi gay non dichiarati ed è anche possibile, e addirittura non rarissimo, che due ragazzi gay non dichiarati di conoscano di persona, cosa che è la condizione di base perché si possa arrivare alla formazione di una coppia tra ragazzi gay non dichiarati.

Dall’osservatorio privilegiato di Progetto Gay si rilevano parecchi dati interessanti:

1) I ragazzi gay non pubblicamente dichiarati mettono al primo posto nella graduatoria dei valori della loro vita la possibilità di vivere in coppia con un altro ragazzo. Mi sono chiesto se questo sia solo per analogia con quanto avviene nel mondo etero. È chiaro che per una coppia gay non c’è l’incentivo dei figli e nemmeno quello della pressione sociale, che anzi è fortemente disincentivante. Può, allora, solo l’imitazione del mondo etero condurre i ragazzi gay a considerare il vivere in coppia il primo valore della vita? Francamente credo che per i ragazzi gay, e in particolare per quelli non dichiarati, la realizzazione di una vita di coppia non costituisca solo una risposta ad una spinta emotiva originaria verso un altro ragazzo ma abbia anche il senso di una rivincita sulla vita, rappresentata dal superamento di una solitudine spesso problematica se non angosciante, molto più radicale per un ragazzo gay, in particolare non dichiarato, che per un etero che non vive in coppia. In sostanza, per un gay non dichiarato, vivere in coppia significa anche superare una situazione di disagio.

2) Quando creare una coppia è possibile ma non facile e rappresenta una liberazione da uno stato di disagio, la vita di coppia, che nasce controcorrente rispetto al giudizio sociale, nasce comunque intrinsecamente forte, tanto forte da superare gli ostacoli di tipo sociale, anche tramite la non visibilità accettata come condizione normale. In queste condizioni la stabilità di coppia è alta. Se creare una coppia gay fosse oltre che possibile anche molto facile, la coppia gay nascerebbe intrinsecamente con le stesse fragilità di fondo della coppia etero, cioè nascerebbe non come realizzazione di una unica (o quasi) possibilità di creare coppia, ma come una scelta possibile tra le tante scelte possibili di coppia e l’idea del rivedere la scelta si affaccerebbe anche in campo gay, come si affaccia sempre più spesso in campo etero.

3) Il numero di coppie gay tra ragazzi non dichiarati tende progressivamente ad aumentare e soprattutto tra i ragazzi più giovani. Si formano più coppie stabili di ventenni che di trentenni o di quarantenni. I ragazzi gay più giovani partono con l’idea di una vita coppia possibile, i trentenni sono decisamente molto più scettici e i quarantenni considerano la vita di coppia gay quasi irrealizzabile. Esistono però coppie stabili che si sono formate tra ragazzi ben sopra i 30 anni ma si tratta in genere di ragazzi che hanno vissuto lunghi periodi di repressione sessuale, che non hanno avuto esperienze sessuali precedenti e hanno conservato anche ben oltre i 30 anni un’affettività e una sessualità tipica dei ventenni.

4) Le coppie gay stabili si formano molto più facilmente tra ragazzi che non siano stati condizionati dalla pornografia, che non abbiano provato esperienze sessuali con persone conosciute in chat o nei locali cosiddetti gay. Molte coppie stabili si formato tra ragazzi che vivono insieme la loro prima ed unica esperienza affettiva e sessuale.

5) La sessualità all’interno di una coppia gay di ragazzi non dichiarati, pur essendo importante, è inquadrata in una dimensione di coppia, per la quale se due ragazzi costituiscono una coppia hanno anche una vita sessuale comune, ma quei ragazzi non costituiscono una coppia essenzialmente fine di avere una vita sessuale comune.

6) La sessualità dei ragazzi gay che vivono stabilmente in coppia è molto meno mitica e teorica di quella dei ragazzi che non vivono in coppia. L’esperienza concreta della vita sessuale di coppia contribuisce a smitizzarla e a darle il senso della realtà, della non assolutezza, della necessaria commistione con mille altri aspetti della convivenza quotidiana.

7) I ragazzi gay che vivono in coppia stabile, in genere, non presentano disturbi d’ansia ed hanno una visione più positiva della vita. Si potrebbe pensare che quei ragazzi non avessero disturbi ansiosi neppure prima di vivere in coppia e che anzi quello fosse proprio un fattore predisponente alla vita di coppia, ma in realtà molti ragazzi che avevano vissuto stati ansiosi non trascurabili li hanno del tutto superati quando sono riusciti a realizzare una vita stabile di coppia. Osservo che in genere non si tratta di coppie visibili. In sostanza non è il fatto di essere copia all’esterno che produce una stabilizzazione affettiva ma il fatto di essere coppia in due, di avere di fatto superato la solitudine.

8) La vita di coppia frena i protagonismi individuali, abitua alla mediazione, al venire a patti con l’altro e a trovare soluzioni condivise dei problemi, induce a non drammatizzare le situazioni potenzialmente di rottura e a sentirsi felici di poter gratificare l’altro cedendo nel momento del confronto.

9) La vita di coppia non è veramente tale finché non ha affrontato e superato le difficoltà di adattamento reciproco, cioè i momenti di rischio per la stabilità della coppia che si manifestano quando si supera la fase iniziale dell’innamoramento, che è ancora unilaterale, per passare ad una logica di coppia.

Quali fattori mettono in crisi la stabilità di una coppia? Anche qui le risposte vengono dall’esperienza di Progetto Gay.

1) In assoluto la prima causa di instabilità di coppia è la cosiddetta instabilità originaria che si verifica quando una coppia si costituisce per motivi che hanno poco a che fere con un rapporto affettivo profondo e reciproco. Classico è il caso della coppia che si è costituita perché uno dei due ragazzi intendeva “sperimentare” la vita coppia mettendo se stesso alla prova. Si tratta di una estensione del concetto di esperimento sessuale alla dimensione più globale delle vita di coppia. Così come gli esperimenti sessuali hanno poco a che vedere con la sessualità e sono molto legati alla volontà di trovare conferme sperimentali del proprio orientamento sessuale, così la vita di coppia avviata “per provare” ha poco a che vedere con le motivazioni affettive profonde e risponde ad una logica esplorativa sostanzialmente immatura. Chi intende “provare” la vita di coppia mira alla sessualità e alla coppia in sé prescindendo in buona parte dalla persona dell’altro ragazzo, trascurando cioè del tutto la base della vita di coppia che è l’amore autentico e corrisposto per un altro ragazzo. In sostanza su questa base si forma non una coppia ma un’immagine di coppia che manca della forza di coesione che una coppia gay nata su un rapporto d’amore ha realmente.

2) Le coppie gay costituitesi con presupporti deboli possono durare nonostante la fragilità perché può non concretizzarsi l’occasione che ne determini la dissoluzione. Una coppia fragile, senza urti esterni, resiste ma al minimo urto si frantuma. Spesso l’elemento di frattura è costituto dal presentarsi di alternative. Se la ragione che ha determinato la fragilità è proprio questa, alla dissoluzione della coppia segue, almeno da parte di uno dei ragazzi, la costituzione quasi immediata di una nuova coppia, la cosiddetta coppia alternativa. Alcuni anni or sono, quando le coppie gay tra ragazzi non dichiarati erano rarissime erano anche stabilissime, ora sono molto meno rare e cominciano a presentare aspetti di fragilità, c’è da ritenere che con l’aumentare del numero di coppie gay di ragazzi non dichiarati, aumenti anche la loro fragilità. Se per un ragazzo non dichiarato è più difficile costituire un rapporto di coppia di quanto non lo sia per un ragazzo pubblicamente dichiarato, il rapporto tra due ragazzi non dichiarati risulta alla fine più stabile proprio perché la realizzazione di un’alternativa è effettivamente molto più improbabile.

3) Esistono alcune situazioni in cui alla rottura generalmente non traumatica di un rapporto di coppia tra gay non dichiarati non segue la costituzione di un nuovo rapporto di coppia. Spesso rotture non traumatiche di questo tipo si presentano tra uomini non più giovani, anche ben oltre i 40 anni, che hanno alle spalle un rapporto di convivenza di parecchi anni. In questi casi non è la volontà di creare una coppia alternativa che porta alla dissoluzione della prima coppia, ma una lenta e progressiva desessualizzazione del rapporto che può anche essere imputabile a fattori esterni legati al lavoro o ad altre situazioni contingenti. In questi casi il rapporto di coppia si trasforma in un rapporto di amicizia via via meno stretta che finisce per dissolversi nel giro di qualche anno. Si torna in questo modo a una situazione di single.

4) Nell’ambito della vita gay di coppia la sessualità è un elemento fondamentale e la compatibilità sessuale di coppia (della quale ho parlato in uno specifico post) è solo un elemento, anche se molto delicato e spesso critico, che contribuisce alla stabilità di coppia, ma va sottolineato che la vita di coppia non deve essere considerata un obiettivo individuale ma, appunto, un obiettivo di coppia e non deve essere intesa come un completamento del sé ma come un completamento del “noi”.

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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay:

http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=22&t=428

sabato 5 settembre 2009

FANTASIE SESSAULI GAY E SESSUALITA’ MECCANICA

Dedico questo post ad alcune riflessioni su un problema che mi è capitato di recente di affrontare più volte in chat con i ragazzi, si tratta della sessualità meccanica cioè dell’assenza di un’autentica pulsione sessuale in termini di coinvolgimento emotivo profondo che accompagni l’esercizio della sessualità fisica.

Per puntualizzare il concetto riporto (col permesso del mio interlocutore) un brano di una chat di pochi giorni fa.

Marco scrive: Ciao Project, ho letto la tua e-mail e te ne ringrazio, ma penso che tu non abbia potuto capire esattamente quello che volevo dire perché mi sa che ho fatto un discorso troppo generico, magari se hai un po’ di tempo ti posso spiegare meglio e tu poi mi dici quello che pensi …

Project scrive: Abbiamo tutto il tempo che vuoi, sono quasi le due e ormai penso che non si farà vivo più nessuno.

Marco scrive: Ma se sei stanco non fa niente, magari facciamo un’altra volta però magari adesso ho rotto il ghiaccio, dimmi tu …

Project scrive: Nessun problema, facciamo così, tu scrivi e io non ti interrompo salvo che non ci siano cose che non capisco però ti prego di essere sempre esplicito perché non ti conosco se non dalla tua mail e potrei non essere in grado di capire chiaramente. Ok?

Marco scrive: Sì, ok, ma posso parlare proprio in modo libero?

Project scrive: Certo! Ci mancherebbe.

Marco scrive: Allora, che ho 25 anni lo sai. Gay da sempre. Diciamo che la mia adolescenza non ha avuto nessun episodio notevole. Ho cominciato a masturbarmi verso i 12 anni, credo, comunque in seconda media. Al tempo del liceo, a partire dai 16 anni, mi ero completamente innamorato di un ragazzo etero che però mi piaceva moltissimo, proprio come modo di fare, ma anche e soprattutto fisicamente, Non era della mia classe e aveva un anno più di me ma mi attirava moltissimo. Facevo di tutto per poterlo vedere, per stargli vicino senza dare troppo nell’occhio. Ero proprio ammattito per lui, lo pedinavo, lo spiavo, lo fotografavo tutte le volte che me ne capitava la possibilità, allora vivevo in pratica tra l’amore non dichiarato per questo ragazzo e la masturbazione che era diventata proprio una fissa, ci passavo almeno un paio d’ore ogni notte e poi quando avevo la possibilità di stare un po’ per conto mio mi veniva automatica, ho pure pensato che fosse una cosa eccessiva perché forse lo era. Ovviamente io facevo fantasie sessuali sempre e solo su quel ragazzo, non riuscivo proprio a pensare ad altro però allora, Project, io mi sentivo felice, cioè era come se facessi l’amore con lui, come se potessi masturbarlo e fare con lui giochi sessuali e mi ricordo benissimo che la masturbazione era veramente una cosa bellissima, ma in tutti i sensi, fisico e psicologico. L’ultimo anno quel ragazzo non c’era più perché aveva un anno più di me e si era maturato l’anno prima. I primi temi senza di lui mi sembrava di non riuscire ad andare avanti, poi mi sono innamorato di un mio compagno di classe anche lui etero e a livello di sesso succedeva con lui come succedeva con l’altro ragazzo, in pratica era una fissa, spiavo anche lui, lo pedinavo proprio come l’altro, ma dato che era un mio compagno di classe con lui potevo parlare. Più gli stavo vicino più me ne innamoravo anche se pure lui era etero, alla fine gli ho detto che mi ero innamorato di lui, mi sembrava che non avesse capito e allora gli ho detto chiaramente che mi masturbavo pure due volte al girono pensando a lui. Mi ha risposto che non lo aveva capito ma che come lui poteva masturbarsi pensando a una ragazza io potevo farlo pensando a lui. Dopo la mia ammissione non solo non è cambiato nulla tra noi ma in un certo senso tra noi è nato un rapporto di complicità molto bello. Mi sono sentito quasi amato. In pratica ero in estasi, perché non credo si possa amare un etero più di come l’ho amato io. Dopo la maturità le cose sono cambiate, il mio compagno non c’era più. All’inizio l’ho cercato ma poi lui è andato a vivere in un’altra regione. Mi ci sono proprio disperato, volevo cambiare città per andare nella sua, ma poi il realismo ha finito per prevalere. E qui, purtroppo, c’è stata una svolta nella mia vita sessuale: ho conosciuto internet. Praticamente ho avuto il mio primo computer come regalo per la maturità. È inutile girarci intorno, diciamo che se in teoria il computer mi doveva servire per le cose dell’università in pratica mi serviva solo per cercare siti porno gay. Avevo messo la password sul computer e l’antivirus può completo che avevo trovato. In pratica la notte, dopo mezzanotte, quando i miei erano andati a dormire, mi chiudevo a chiave nella mia stanza e stavo ore e ore sui siti porno. Ma questa cosa la desideravo profondamente durante tutta la giornata e quando poi mi chiudevo dentro mi sembrava di avere trovato un meraviglioso paradiso privato. Le prime volte mi veniva il batticuore anche solo a vedere le foto dei ragazzi nudi. Non ne avevo mai viste prima, almeno mai così, diciamo del tutto liberamente e poi i video, all’inizio erano cortissimi, poi piano piano duravano sempre di più. I video porno mi eccitavano molto. Era diventata una specie di dipendenza, avevo scaricato film interi. Chiaramente facevo le mie scelte e anche parecchio selettive però quello era il mio giardino segreto. Dopo i primi mesi di questa storia però, allora avevo appena compiuto 20 anni, ho cominciato a notare anche tante cose strane e una mi impensieriva parecchio. Facevo una facoltà dove sono quasi tutti ragazzi e con me c’erano ragazzi non solo bellissimi ma anche gentili, affabili, insomma ragazzi di cui anche solo un anno prima penso mi sarei innamorato senza nessun dubbio, ma non succedeva. Con alcuni di loro si sono creati anche dei momenti molto belli di intimità, voglio dire che siamo stati a parlare in due per nottate intere. Io cominciavo a chiedermi che cosa mi stesse succedendo. Cioè per quei ragazzi io non provavo niente, cioè proprio niente a livello sessuale. Al liceo mi masturbavo fino all’incredibile pensando ai due ragazzi di cui mi ero innamorato, ma all’università avevo come la sensazione che qualcosa fosse cambiato, quasi come se non fossi più gay, perché sono arrivato a pensare anche quello. In situazioni come quelle che mi capitavano penso che qualunque ragazzo gay sarebbe andato in erezione come succedeva a me fino a poco tempo prima, ma ormai non mi succedeva più. In pratica arrivavo alla sera, mi chiudevo in stanza e lì mi scatenavo. Davanti al video porno la reazione sessuale c’era e proprio forte e questo mi faceva capire che non avevo problemi di impotenza o roba simile, altrimenti, penso, non avrei avuto reazioni nemmeno davanti ai video. Però, col passare del tempo ho provato proprio delle sensazioni di disagio. Ho letto il tuo post dove parli di esperimenti sessuali, tu ne parli in relazione all’orientamento sessuale, ma io ho fatto quelle cose per capire se avevo ancora una sessualità perché i ragazzi non mi eccitavano più. Ho provato a masturbarmi facendo fantasie su un ragazzo che mi piaceva molto, ma è stata una delusione terribile. Sono proprio entrato nel circolo vizioso degli esperimenti sessuali, cioè masturbarsi solo per vedere come sarebbe andata a finire. Adesso ho capito che non ha senso ma allora non lo capivo e l’ansia cresceva. In pratica i primi due anni di università non ho fatto niente, i miei se ne sono accori e si sono preoccupati e sono finito da una psicologa, una signora giovane alla quale non me la sarei mai sentita di raccontare le cose che sto dicendo a te. Pure con la psicologa nessun risultato, ma lo davo per scontato fin dall’inizio. Le ho provate tutte, i mesi passavano, piano piano ho ricominciato a studiare almeno un po’ e ho fatto i primi esami con due anni di ritardo e dai 22 anni in poi mi sono messo a studiare più seriamente anche per non pensare alla mia sessualità. Le mie nottate di masturbazione al computer continuavano regolarmente anche se mi sentivo sempre peggio. Ho provato la fortissima tentazione delle chat erotiche ma ho avuto paura e da quelle cose mi sono sempre tenuto lontanissimo. Quindi alla mia età io non ho nessuna esperienza sessuale, non sono mai stato con un ragazzo e quello che è peggio non riesco nemmeno ad eccitarmi, non dico pensando ad un ragazzo che mi piace, ma nemmeno quando sto vicino a un ragazzo in una maniera che in altri tempi mi avrebbe eccitato moltissimo. Cioè, adesso per me masturbarmi è solo un fatto meccanico. Accendo il computer è via, ma sempre in maniera meno soddisfacente, per non dire di tutto insoddisfacente. Mi mancano o mi sono venute meno le fantasie sessuali. Mentre mi masturbo penso ad altre cose, è quasi una cosa solo meccanica e, credimi, ci sto a disagio in modo terribile. Qualche anno fa mi sentivi innamorato di qualche ragazzo, adesso è come se la sessualità l’avessi persa del tutto. Mi sento smarrito e non so che fare perché così non mi sento nemmeno gay, non mi sento più niente, è come se non avessi una sessualità, o meglio ce l’ho ma meccanica e senza porno non parto proprio, il che alla mia età penso non dovrebbe succedere”.

Questo tratto di conversazione identifica un problema concreto che può creare e di fatto crea situazioni di disagio anche grave. È opportuno soffermarsi su alcune considerazioni che aiutano ad in quadrare la questione e a sviluppare una strategia di uscita dal disagio connesso.

In primo luogo bisogna capire il significato psicologico della masturbazione che non è affatto una cosa secondaria. La masturbazione unisce due aspetti diversi, il primo di eccitazione fisica dall’erezione fino all’eiaculazione e il secondo legato alle cosiddette fantasie masturbatorie. Il senso di fondo della masturbazione sta nell’associare l’eccitazione fisica con le fantasie sessuali e nel costruire quindi il mondo dei desideri sessuali di un ragazzo. Quando si dice che la masturbazione struttura la sessualità di un ragazzo si intende proprio questo. Ovviamente la masturbazione è antica quanto il mondo, ma i meccanismi tipici di creazione della fantasie sessuali, negli ultimi decenni sono stati in gran parte stravolti dalla pornografia.

Ma fermiamoci a riflettere sui classici meccanismi che creavano le fantasie sessuali per capire la funzione che queste fantasie avevano originariamente.
In assenza di fenomeni perturbatori esterni le fantasie si generavano in sostanza sulla base di tre distinti meccanismi:

1) I racconti di altri ragazzi relativi a situazioni di forte impatto sessuale.
2) Il partecipare in modo diretto o l’assistere a situazioni di forte impatto sessuale.
3) L’innamoramento.

I primi due meccanismi sono eminentemente sessuali mentre il terzo comporta un coinvolgimento assai più profondo e personale a livello emotivo. In tutti i casi, ovviamente molto più marcatamente nel terzo, si tratta di coinvolgimenti basati su fatti reali, sulla base di veri rapporti interpersonali. In altri termini, le fantasie masturbatorie tradizionali, che si creavano indipendentemente dalla pornografia, erano fantasie che tendevano a coinvolgere persone reali. Ci si masturbava pensando non ad “un ragazzo” in senso generico ma ad un preciso ragazzo conosciuto nella vita reale. Quando poi ci si innamorava le fantasie sessuali erano concentrare sul proprio ragazzo o su quello che si sarebbe desiderato come proprio ragazzo, ma su un ragazzo vero, non su un’immagine.

Con l’avvento della pornografia accessibile a chiunque senza nessun problema, le fantasie masturbatorie hanno perso la loro dimensione realistica per assumerne una solo simbolica in cui “il ragazzo”, che di fatto non si identifica con nessun ragazzo, non ha alcuna caratteristica reale ma è creato dal mercato della pornografia sulla base della richiesta dell’utenza. Quando le fantasie sessuali “reali”, cioè costruite su persone e su situazioni reali, vengono sostitute da fantasie sessuali derivate dalla pornografia, la masturbazione perde contatto col mondo reale per restare circoscritta ad un mondo virtuale, perde cioè il suo significato di palestra per la formazione di una sessualità adulta, realmente interpersonale, e si irrigidisce in schemi che non sono quelli della vera sessualità di coppia. In altri termini, la sessualità sulla base della pornografia perde la spinta al confronto con un ragazzo reale e diventa una tipica fuga dalla realtà e spesso una specie di meccanismo alternativo di gratificazione sessuale per ragazzi che hanno difficoltà nel costruire rapporti affettivi, prima ancora che sessuali con altri ragazzi. Tra la masturbazione che un ragazzo innamorato dedica in modo spontaneo e partecipato al suo ragazzo e la masturbazione del ragazzo represso condotta guardando un porno c’è una differenza enorme. Nel primo caso si tratta di un atto d’amore verso un altro ragazzo, cioè di un modo per rinsaldare legami affettivi reali, nel secondo si tratta di una fuga dalla realtà condotta con la pornografia che ha quasi la funzione di una droga.

Non mi stancherò mai di ripetere che la sessualità realmente gratificante è la sessualità affettiva e che, quando l’affettività viene messa da parte, come nel caso dell’uso della pornografia, la sessualità non può essere realmente soddisfacente. Il problema non esiste neppure quando l’uso della pornografia è episodico ma può essere veramente pesantissimo quando l’uso della pornografia finisce per sostituire sistematicamente la sessualità reale e interpersonale con una sessualità virtuale che finisce per essere esclusivamente meccanica. Esiste poi un ulteriore rischio nell’uso della pornografia e cioè che si finisca per cercare sempre e comunque una sessualità conforme ai modelli della pornografia, cioè una sessualità prevalentemente di prestazione. Tra il dire ad un ragazzo: “Mi sono innamorato di te!” e il fargli una proposta sessuale premettendo: “però non sono innamorato di te” c’è una differenza abissale. Il primo modo è quello spontaneo dei ragazzi gay non condizionati dalla pornografia, il secondo è quello tipico dei ragazzi che hanno assimilato profondamente e in modo esclusivo i modelli della pornografia.

Il ragazzo al quale si riferisce la testimonianza di apertura di questo post è stato certamente pesantemente condizionato dai modelli della pornografia anche per un’altra ragione: perché è stato per anni un ragazzo fortemente represso. Non deve stupire che, proprio perché la pornografia favorisce la fuga galla realtà, siano soprattutto i ragazzi più repressi a rimanerne affascinati.

Quando un ragazzo non ha paura dei rapporti interpersonali e cerca ci costruirne di autentici non ha neppure bisogno della pornografia e comunque non ne finisce succube. Però il ragazzo della testimonianza di apertura di questo post ha una capacità notevolissima di leggere dentro di sé e, magari con la copertura dell’anonimato, ha la capacità di non mentire a se stesso, in sostanza si tratta di un ragazzo che ha delle capacità di reazione veramente notevoli e che con ogni probabilità riuscirà a spezzare la dipendenza dalla pornografia e a riconquistare una sessualità affettiva. Che cosa può essere utile in situazioni simili? Provo a schematizzare una risposta.

1) Avere amici veri, che sono fondamentali in ogni caso per mantenere un equilibrio emotivo e per avere un confronto autentico.
2) Farsi passare dalla mente l’idea di avere comunque e subito un ragazzo, magari per non sfigurare all’interno del gruppo.
3) Farsi passare dalla mente l’idea che si debba realizzare prima di tutto una vita sessuale o che si possa realizzare una vita sessuale seria senza una vita affettiva seria.
4) Aprirsi nel modo più sincero ai veri amici e a coloro con i quali ipoteticamente si potrebbero creare legami più profondi. Parlare, condividere, vivere insieme situazioni di coinvolgimento emotivo non sessuale come lavorare per gli stessi ideali e cercare di costruire qualcosa insieme.
5) Capire che anche solo stringere la mano ad un ragazzo vero comunica una sensazione di contatto umano e affettivo incomparabilmente più profonda e duratura di quella provocata da qualsiasi video porno.
6) Vivere la masturbazione solo quando se ne sente realmente il bisogno sulla base di un coinvolgimento emotivo forte e non cercare di provocare quel bisogno se non è spontaneo.
7) Non ha molto senso cercare, sforzandosi, di staccarsi subito e del tutto dalla pornografia perché un distacco stabile e autentico da quelle cose significa non sentirne più il desiderio e questo è possibile solo quando la vita sessuale di un ragazzo assume dimensioni affettive autentiche e non superficiali.

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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay:

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