Dopo tanti sfoghi torno a raccontare una storia. E’ una storia vera, la storia di un ragazzo gay di alta classe sociale, chiamiamolo Francesco. La scrivo in prima persona e cerco di riportarla nel modo più fedele possibile a come mi stata riferita e a come ho potuto quasi viverla in diretta leggendo i diari di Francesco e di Mirco.
Mi chiamo Francesco, adesso ho 35 anni, per quanto credo che sia inutile raccontare la propria vita agli altri, perché ognuno di vita vive la sua e basta, provo a raccontare la mia perché me l’ha chiesto un amico etero, uno al quale io voglio bene e se me lo chiede una ragione seria ci deve essere. Io, come tutti i ragazzini gay di questo mondo, da adolescente, ho vissuto di fantasia e di masturbazione, questa era praticamente tutta la mia vita, fino a i 16-17 anni, che ero gay lo sapevo benissimo, poi ho avuto la maledetta idea di dirlo ai miei, la sciocchezza del coming out! Ragazzi, se vi viene in mente, lasciate perdere, se non volete rischiare di finire come sono finito io. I miei sono una famiglia ricca, mio fratello è più grande di me ed è un imprenditore affermato, è sposato, c’ha figli, tutto regolare. Mio padre e mia madre sono tutto sommato brave persone e a loro modo hanno cercato sempre di “aiutarmi”, che è una parola che non sopporto, però l’hanno fatto a modo loro e questo è stato il disastro. Quelli che non hanno quattrini da buttare se vogliono dare una mano ai figli cercano di parlarci, i miei, invece, credono nella professionalità e nella specializzazione, che nel loro ambiente sono le parole di moda oggi, e io di tutto questo ho dovuto farne le spese. Il giorno che ho parlato con loro in modo esplicito ho avuto la netta impressione che non se lo aspettassero, ma siccome sono persone di classe non hanno fatto una piega, non mi hanno abbracciato, non mi hanno detto che mi volevano bene, mi hanno detto invece che mi avrebbero “aiutato”! La parola mi suonava sinistra già allora. Ma aiutato a fare che cosa? Io all’inizio pensavo per darmi un sostegno ad essere me stesso, e invece non è stato così, mi hanno fissato un appuntamento con “uno psicologo” specializzato in psicologia dell’adolescenza, una “persona” bravissima che mi avrebbe certamente aiutato. Francamente a me la cosa non piaceva gran che, ma almeno pensavo che con uno psicologo si potesse parlare in modo più libero. Naturalmente al primo appuntamento dovevo andare da solo, ma voi ve lo immaginate un ragazzo gay di 17 anni che deve andare al colloquio con uno psicologo perché deve essere “aiutato”? Insomma arrivo all’indirizzo che mi avevano dato, la c’è scritto Dott.ssa, non Dott. Tal dei Tali, e la cosa a me non andava assolutamente bene, io dovevo andare a raccontare i cavoli miei a una donna? No! Dice: ma è un medico! Lo so, ma a me non mi sta bene lo stesso. Andare ci sono andato, avrà avuto trentacinque anni e mi stava ancora meno bene, mi ha fatto sedere davanti alla sua scrivania e mi ha detto “la tua mamma mi da detto di te”... “La mia mamma!”, ma dì “tua madre!” Io non ho mica due anni, poi ci girava intorno e non veniva mai al punto perché voleva che fossi io a parlare. Io mi guardavo intorno, diplomi e diplomini appesi da tutte le parti, come se i pezzi di carata facessero una persona intelligente poi mi ha detto che mi dovevo sentire libero e alla pari con lei e che dovevo dire tutto quello che mi veniva in mente, siccome io la lasciavo parlare e non dicevo nulla, alla fine ha perso la pazienza e ha tirato fuori il rospo, anche se in modo generico, mi ha detto: “Senti, qui non ci sente nessuno, io so che tu hai tanti problemi, se voi ne possiamo parlare liberamente, qui, noi siamo alla pari” e io gliel’ho detta tutta come me la sentivo, le ho dato direttamente del tu e le ho detto, gurdandola fisso negli occhi: “Dai, dì la verità, io so che pure tu hai tanti problemi, se vuoi ne possiamo parlare...” ha fatto una faccia di disappunto e ha capito che aveva perso la gallina dalle uova d’oro, perché per lei tenermi in terapia significava fare un bel po’ di quattrini, poi mi ha licenziato e sono tornato a casa. Nel frattempo la dottoressa aveva telefonato a mia madre (io non direi mai a mamma, è una cosa troppo affettuosa e non mi viene spontaneo per niente). Mia madre ovviamente era delusa ma non poteva accusare il colpo, quindi ha recitato al meglio il suo ruolo, alla lettera “recitato”! Poi mi hanno mandato da un altro, questa volta era maschio, ma era un attrezzo... ma io dico: sono gay? mandami da uno psicologo gay che mi “aiuti” a essere gay, se proprio qualcuno mi deve aiutare, ma non da uno o da una che mi deve dire che non è vero che sono gay e che queste cose passano e che sono momenti adolescenziali, ma io avevo quasi 18 anni! Ma come cavolo è possibile che questi non ci arrivino? Ma c’hanno i loro interessi e tutto si spiega. Va be’, insomma, uno dopo l’alto li ho mandati tutti a quel paese, i miei hanno speso (buttato) un sacco di soldi, poi sono arrivati alla conclusione che tanto ero irriducibile e che non mi volevo fare “aiutare”. Ma in tutto questo casino io pensavo a sfottere gli psicologi e a cose del genere e non pensavo a studiare. Peggio di peggio! Alla fine dell’anno mi bocciano! Una cosa tragica, sembrava che fosse morto qualcuno, mia madre sono sapeva se si doveva vergognare di più per il fatto che ero gay e perché ero stato bocciato. Un figlio gay che deve ripetere l’anno! Una vergogna per tutta la famiglia! Ma siccome secondo loro le cose si possono sempre rimediare mi hanno mandato in una scuola privata, cosiddetta seria, dove io avrei potuto recuperare certamente, era una scuola di preti e una scuola anche importante. Quando ci sono entrato mi sono messo paura, sembrava un college inglese, tutto perfetto (tutti preti purtroppo, e almeno ce ne fosse stato qualcuno passabile) e, naturalmente scuola solo maschile! Mi mandavano in una scuola tutta maschile! Tanto loro facevano finta di non aver capito che ero gay! Insomma lì ho conosciuto Mirco, un ragazzo che mi è piaciuto subito e me ne sono innamorato, in sostanza è stata la prima volta che uno mi piaceva veramente, e mi piaceva in tutti i sensi. Gli ho proprio fatto la dichiarazione d’amore, gli ho mandato un bel biglietto con tanti cuoricini disegnati e gli ho detto chiaro chiaro che mi ero innamorato di lui e lui mi ha risposto in modo così affettuoso che io ho pensato che fosse gay, mi ha detto che non era così e perché io potessi capire il suo mondo mi ha fatto leggere un suo diario privatissimo in cui parlava di tutto ma anche di sesso e di ragazze in modo molto esplicito e c’è stata una cosa che mi ha colpito moltissimo, lui viveva con quale ragazze un rapporto che era proprio identico a quello che io avrei voluto vivere con lui. Siccome mi sembrava che avermi fatto leggere il suo diario privatissimo fosse un atto di fiducia totale nei miei confronti io mi sono sentito gratificato fino all’incredibile. Di Mirco adesso sapevo che era etero e in quel modo, ma ero innamorato di lui ancora più di prima, in fondo vedevamo l’amore nello stesso modo. Insomma, siamo diventati inseparabili, ci vedevamo tutti i giorni o quasi, andavamo in vacanza insieme, ogni tanto lui viveva le sue avventure con le ragazze e io pure con qualche ragazzo, perché poi è successo, ma alla fine quando stavamo insieme stavamo benissimo, non si è mai scordato di mandarmi un messaggino né per il mio onomastico né per il compleanno e io nemmeno nei suoi confronti. Di ragazzi gay ne ho cambiati tre, con due di loro ho proprio convissuto, ormai lavoravo a buon livello e me lo potevo permettere, ma non sono mai riuscito a creare un rapporto stabile con un ragazzo gay, di due di questi ragazzi sono ancora adesso innamorato in modo profondo e quando ho visto che con me non stavano bene li ho incoraggiati ad andare via e siamo anche rimasti amici, ma senza sesso e con un’amicizia che comunque non era paragonabile a quella con Mirco, ogni tanto c’erano piccole gelosie, piccole meschinità, onestamente anche da parte mia, ma con Mirco non è mai stato così, quando ci fermavamo a parlare in macchina era una cosa meravigliosa, era veramente un dirsi tutto e trovare dall’altra parta un rispetto e un amore vero. Io e Mirco non ci siamo mai toccati, io so che una cosa del genere gli avrebbe creato dei problemi e ho lasciato perdere, adesso io mi sono chiesto tante volte: ma è più amore quello con i ragazzi coi quali ho convissuto o quello con Mirco? Ma perché la parola amore deve essere così strettamente congiunta al sesso? Io amo Mirco nel senso che lo desidero anche, e lui mi ama, non mi desidera, questo lo so, ma mi ama veramente. Sono strane queste cose, non sai come classificarle eppure esistono e hanno una forza grandissima perché gli schemi non servono a niente.
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