mercoledì 25 febbraio 2015

UN AMORE GAY CHE CAMBIA FORMA

Ciao Project,
come ti avevo promesso giorni fa ti mando il post da mettere nel forum. Mi ha fatto veramente piacere parlare con te.
Luca
Ho vissuto fino all’età di 40 anni nella piena convinzione che nella mia vita non ci sarebbe mai stato l’amore, poi, in un modo del tutto inatteso, ho capito che non ero più solo e che un ragazzo si era innamorato di me. Aveva vent’anni, esattamente la metà dei miei, a me piaceva ma non avrei mai pensato che potesse innamorarsi di me, perché io non ho proprio nulla di speciale, invece è accaduto. Era molto timido, molto dolce e mi faceva una immensa tenerezza ma tendevo a non dargli molto peso, poi lui si è fatto insistente, sempre in modo molto dolce, molto affettuoso, ma anche molto deciso. Mi ha corteggiato per un po’ e la cosa non mi era affatto indifferente. Dopo qualche mese abbiamo cominciato una relazione, una relazione clandestina perché nel mondo dei suoi amici sarei stato un po’ come i cavoli a merenda. Circa un anno dopo mi ha detto che anche se capiva che ci sarei rimasto male non poteva nascondermi il fatto che si era innamorato di un suo coetaneo. Anche se quello che sto per dire è difficile da credere, il fato che si fosse innamorato di un coetaneo mi ha fatto immensamente piacere. Ha vissuto le sue storie, alcune belle, altre meno ma non ha mai perso i contatti con me. Niente sesso, in certi periodi ci si sentiva anche solo una volta in 15 giorni, ma ci si sentiva. Non è mai sparito. Quando lo sentivo al telefono, anche solo per 5 minuti, la mia giornata era serena fino alla sera, nonostante tanti guai di vario genere. Certe volte abbiamo discusso molto animatamente, specialmente quando temevo che si buttasse via e che si facesse portare da una corrente di negatività e di pessimismo. Con alcuni dei ragazzi che ha avuto ha passato momenti non facili, non perché non fossero bravi ragazzi, ma perché non riceveva da loro quell’attenzione che avrebbe volto. C’è una cosa in lui che mi affascina più di ogni altra e cioè il fatto che capisce in modo intuitivo se uno gli vuole bene veramente e risponde in modo adeguato. Non è una questione di sesso, ma di disponibilità umana, di partecipazione affettiva profonda. Dal nostro primo incontro sono passati ormai otto anni, io sono un tranquillo signore di mezza età e lui è ancora un bellissimo ragazzo e ci sentiamo ancora. Lui ha una sua storia e ormai sta con un ragazzo da quattro anni e mi sembra che ne sia anche contento. Dopo averlo conosciuto io non ho più cercato un ragazzo perché mi sono sentito felice, non di una vita di coppia, che c’è stata un po’solo all’inizio, ma proprio felice di lui, di vederlo sereno, mentre anni fa non lo era affatto. La mia presenza non è un problema né per lui né per il suo ragazzo, che sa tutto di noi e che ho avuto modo di conoscere di persona e mi sembra che gli voglia bene veramente anche se a modo suo, cioè in un modo un po’ rude, diciamo drastico, ma autentico e senza recitazione. Mi sento sereno, oggettivamente non mi manca nulla, mentre se lui non ci fosse la sua assenza la sentirei pesantissima, ma lui c’è. Ovviamente cerco di tenermi da parte e di non invadere la sua privacy ma questo non mi costa nessuna fatica, non solo non mi sento l’amane abbandonato ma sto vivendo ormai da anni una dimensione sostanzialmente familiare. Mi colpisce molto il clima di rispetto che c’è tra noi tre. Una cosa che ho notato subito è che il suo ragazzo non è possessivo, non lo considera mai come una sua proprietà, ma come una persona che deve avere la sua autonomia e lo tratta alla pari e soprattutto ha con lui un dialogo e anche uno scontro, diciamo un confronto animato utile ad entrambi. Qualche volta hanno discusso animatamente anche davanti a me e sono rimasto stupito del livello della discussione che era la sintesi di riflessioni e di esperienze anche molto diverse e non c’era la minima aggressività ma solo la voglia di farsi capire. Onestamente io a ragazzi come questi mi affiderei totalmente perché sono profondamente onesti. Di una cosa poi mi sento orgoglioso e cioè del fatto che tra loro si preoccupino veramente uno dell’altro. Dico che me ne sento orgoglioso perché mi hanno detto che lo hanno imparato da me! Siamo un po’ una famiglia, mi sento un po’ suocero e un po’ papà, ma mi sento felice. Non so se il nostro rapporto si possa definire un triangolo, francamente non lo credo. Non avrei mai pensato che la mia vita potesse prendere questa piega. Prima avevo in mente la vita in due, il classico due cuori e una capanna ma ho imparato tante cose, una tra le altre: il sesso deve essere una forma d’amore ma esiste eccome anche l’amore gay senza sesso e non è una rinuncia. Quando ti innamori di un ragazzo e ti rendi conto che quel ragazzo ti vuole bene, non pensi più a te ma solo a lui ed effettivamente io sono riuscito a dare un senso alla mia vita solo dopo che l’ho incontrato. Gli anni sono passati ma il volersi bene no! Sono cambiati i modi, ma la sostanza del volersi bene è sempre quella ed è saldissima. Alcuni amici gay mi compatiscono perché pensano che io sia triste o frustrato ma io sono felice così e non vorrei cambiare per nulla al mondo!
__________
Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=22&t=4978

lunedì 16 febbraio 2015

UN GAY CHE VUOLE TORNARE SINGLE

Ciao Project,
Ho scoperto da poco il forum e mi è piaciuto, mi sembra fatto bene e quello che dici lo riscontro molte volte in me stesso, però c’è una cosa sulla quale mi sento parecchio lontano. Non che non mi piaccia quello che scrivi, solo che non mi sembra affatto realistico. Provo a spiegarmi meglio. Tu parli di amore gay, anzi di Amore Gay, e mi sta bene, solo che sono concetti astratti che ho finito per mettere fa parte. Non sono più giovanissimo, ho passato i 35 e ho fatto le mie esperienze, alcune serie altre meno, ma sono tutte finite e non le rimpiango, almeno non le rimpiango per come sono state veramente, magari potrei rimpiangerle per come avrebbero potuto essere, ma anche qui siamo sempre nel regno della fantasia. Mi innamorerò ancora? Penso proprio di no! Esco da una storia “seria” perché lo era, una storia durata 5 anni. Anni di ansia, di attese, di illusioni e disillusioni e poi di sostanziali delusioni. Non ce l’ho col mio ex, che era, tutto sommato, un bravo ragazzo, forse troppo diverso da me, o forse non eravamo una coppia bene assortita. A lui il sesso non interessava più di tanto, a me forse interessava di più, ma il punto non è nemmeno questo. Io avrei voluto che si andasse a vivere insieme, e si poteva farlo, ma lui non ha voluto perché “sarebbe stato come mettersi in piazza”, così diceva. Ma a un certo punto, se sei gay, se stai non dico bene ma passabilmente col tuo ragazzo, bisognerà pure farlo un passo avanti! Ci si vedeva sempre di nascosto, a casa sua non ha voluto mai portarmi. Lui non aveva programmi sul nostro futuro, per lui poteva andare avanti così all’infinito, ma io avrei voluto altro, avrei voluto costruire qualcosa che fosse un po’ come una famiglia, noi due soli, ma in un posto nostro, insomma uno ha le sue esigenze anche di privacy, anche di intimità. Io sarei stato disposto a mettermi a rischio, lui non ha voluto perché diceva che sul lavoro si sarebbe messo nei guai. Ha un lavoro importante ed è anche un personaggio abbastanza in vista. Beh, lui si è fatto i calcoli, su un piatto della bilancia c’ero io e sull’altro c’era il lavoro e tutto il resto, e ha deciso che doveva sacrificare me. Per lui doveva continuare tutto come prima, io potevo essere il contorno serale del suo piatto forte che era quello del lavoro. Come contorno potevo andare bene, come piatto unico no! E quindi, senza troppi complimenti mi ha presentato l’alternativa: o così o la finiamo qui. Negli ultimi tempi avevo capito che sarebbe andata a finire così e non ho fatto troppa fatica a dirgli: “Ok, allora vado, ciao!” Le storie precedenti, se devo dire la verità, mi hanno lasciato molto poco, sia nel bene che nel male. A distanza di anni non c’è rimasto più nulla. Con un solo ragazzo mi è rimasto qualche rimpianto. Con lui sono stato io a tagliare i ponti e penso di aver fatto male sia per lui che per me, perché forse era veramente diverso dagli altri. In pratica è l’unico ragazzo che ho rivisto qualche volta anche dopo. Adesso ha una storia sua da anni ma non ne so praticamente più niente. Ma ha un senso cercarsi un ragazzo? A parte il fatto che i gay sono pochi, anche tra quei pochi è difficilissimo trovarne uno che vada bene. Ho qualche amico, ma solo amico, anzi i miei amici sono ragazzi che non mi piacciono fisicamente, quindi nessuna paura di innamoramenti impossibili. Loro mi dicono: ma per il sesso come fai? Ma ci sono i porno, che almeno non mettono illusioni per la testa e rispetto alle avventure tipo “una botta e via” almeno non sono pericolosi per la salute. E poi a quasi 36 anni… beh che dovrei fare? Dovrei perdere la testa appresso a qualcuno? Per poi rompermela contro un muro di egoismo e di stupidità? No! Ne faccio volentieri a meno. Non chiudo le porte a nulla, se qualcosa mi dovesse capitare, ben venga, ma certo non mi metterò a caccia di ragazzi. Quella fase è finita. La pornografia è un’alternativa alla vita reale, una cosa non impegnativa, più leggera, in cui stai solo con te stesso, il che, dopo che uno ha provato tante altre cose, alla fine si dimostra niente affatto una cosa stupida. Io mi sono abituato, da ragazzo, a pensare che un gay dovesse solo nascondersi, e ho evitato quelli che volavano uscire allo scoperto, poi, piano piano ho cominciato a pensare anche io che prima o poi un gay, o una coppia gay devono uscire allo scoperto, almeno andando a convivere e allora ho finito per evitare quelli che pensavano come io pensavo prima. In pratica, questi problemi hanno pesato tantissimo per me. La vita è uno schifo, Project, un continuo essere presi e anche prendere gli altri per i fondelli, manca proprio un momento di dialogo vero. Ognuno ha in mente il suo progetto da realizzare e dell’altro non gliene frega niente, mi sono comportato così anche io, ma adesso sono stufo di andare avanti così. Voglio tornare ad essere solo, almeno senza un compagno più o meno stabile. Non andrei a cercare partner per un’avventura di una sera, queste cose non mi interessano, forse mi interesserebbero, ma ho troppa paura dell’aids per buttarmi in cose del genere, molto meglio la vecchia, sana pornografia, presa pure a piccole dosi. Ieri un mio amico mi ha chiesto che cosa penso delle coppie gay e io gli ho risposto con un sorriso scettico, lui mi ha guardato e mi ha detto: “Ah! Ho capito!” Voleva essere incoraggiato da me! Non mi stava facendo la dichiarazione, voleva solo essere incoraggiato a buttarsi con tutte le scarpe in una nuova avventura della quale però non mi sembrava essere troppo entusiasta. E poi non è nemmeno un problema gay, per gli etero è pure peggio. Non capisco proprio il senso del voler stare insieme per forza. Capisco per mettere al mondo i figli e, al limite, per crescerli, ma se non ci sono figli, perché questa mania di mettersi insieme? Ognuno a casa sua, anche casa da single, ma niente di più, così quando poi ci si vede c’è un po’ più di entusiasmo, ma la parodia gay della famiglia del mulino bianco no! Proprio no!
__________
Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post, aperta sul Forum di Progetto gay:

giovedì 12 febbraio 2015

GAY, ARMONIA DI COPPIA E CONDIZIONAMENTI SOCIALI

Ciao project,
ti scrivo perché sto passando un momento difficile. Forse tu le considererai cazzate ma per me sono cose importanti e soprattutto condizionanti. Ho 27 anni e da alcuni mesi ho conosciuto un ragazzo (lo chiamerò Davide) e me ne sono innamorato, ma non solo, anche Davide si è innamorato di me e sotto tanti punti di vista la cosa non potrebbe essere meglio di com’è, perché lui rappresenta il ragazzo dei miei sogni, proprio come l’ho sempre desiderato, però adesso comincio a sentirmi in ansia quando lo sento al telefono. Mi fa piacere sentirlo e mi fa piacere anche che lui mi desideri sessualmente, ma certe volte esco male dopo aver parlato con lui al telefono. Lui è molto diverso da me sotto tanti punti di vista, è un ragazzo intelligentissimo, oltre che bellissimo, ma è anche molto autonomo, moto indipendente dalla famiglia, tratta i genitori in modo molto brusco e loro non reagiscono ma se io trattassi così i miei genitori mi cadrebbe la casa addosso. Mi dice che sono succube, che mi faccio mettere i piedi in testa, che ho paura dei miei genitori e che ancora dipendo psicologicamente da loro anche se sono economicamente indipendente. Noi non abbiamo un posto dove incontrarci, e allora ce ne andiamo in macchina da qualche parte. Questo ci condiziona parecchio perché se avessimo un posto tutto per noi avremmo modo di stare molto più tranquilli, ma non è così, comunque ci adattiamo. Sessualmente stiamo bene insieme, lui è esuberante e io resto incantato dal fatto che è un’esplosione di vitalità, lui mi desidera e certe volte me lo dice con un sms anche a notte alta. Insomma, tra noi non ci sono mai stati problemi sessuali. Certe volte riusciamo a vederci con un po’ più di calma ed è una cosa bellissima, voluta da tutti e due e spontanea e allora sto proprio benissimo, ma qualche volta mi mette in grossissimo imbarazzo. Per esempio, mi chiama nei momenti più incredibili e mi dice che ha bisogno di me, che ha bisogno di me per fare sesso, che lo desidera e non ne può fare a meno, ma io in certi momenti non posso uscire di casa perché ci sono i miei o magari anche altri parenti e non posso lasciare tutto alle ore più incredibili per andare da lui e non perché non vorrei stare con lui ma perché proprio non posso e allora cerco di fargli capire che non posso ma lui non lo capisce e insiste, me lo chiede quasi supplicando e siccome io insisto nel dire che non posso mi risponde che allora io non lo considero e che è assurdo che uno non possa lasciare i genitori per un’ora se il suo ragazzo gli dice che vuole fare sesso con lui. Qualche volta mi mette proprio in estrema difficoltà. Lui non è dichiarato pubblicamente, come me, ma i suoi genitori e suo fratello sanno di lui, mentre i miei non sanno niente di me. All’inizio mi voleva convincere a dirlo ai miei genitori e non si rendeva assolutamente conto che le cose a casa mia funzionano in un modo che lui non può capire. I miei non hanno capito nulla di me e anche se io cercassi di spiegare loro come stanno le cose non capirebbero nulla lo stesso e la prenderebbero malissimo. Lui mi dice: scendi per un’ora, poi ti riposto a casa, solo per un’ora, anche meno, ti prego, te lo chiedo per favore, io ho bisogno di te! E allora tra noi si creano tensioni perché lui non riesce a capire il mio mondo. Voglio sottolineare che alla fine anche quando io gli dico di no, dopo che lui ha insistito tanto, non se la prende mai con me e mi saluta in modo comunque tranquillo, ma io so benissimo che ci rimane male e che la prende come un rifiuto. Certe volte mi sottopone quasi ad un interrogatorio per capire perché non lascio la mia famiglia per andare da lui quando ne ha bisogno. Tra noi non c’è mai stata gelosia, cioè nessuno di noi pensa che l’altro possa andarsene con altri ragazzi, i problemi vengono perché lui si sente al secondo posto dopo la mia famiglia e da un certo punto di vista potrebbe anche avere ragione. Io penso che lui abbia paura che io non mi affrancherò mai dai miei e che quindi noi non potremo mai avere una vita nostra. In effetti lavoriamo tutti e due e una nostra vita in comune potremmo anche averla. Lui non ha mai fatto questo discorso perché sa che per me è un problema vero, ma certamente si sente a disagio a pensare che il nostro rapporto debba essere così condizionato, anche se ci sarebbero tutte le possibilità di fare di testa nostra. Solo che se facessi di testa mia dovrei rompere con la mia famiglia e lui non capisce perché io non voglia fare un passo decisivo per uscire fuori di casa. Oggi mi ha chiamato per parlare con me di cose sessuali e per convincermi a scendere in strada, perché sarebbe passato a prendermi, perché aveva bisogno di me e io invece ho fatto solo ragionamenti stupidi per prendere tempo e dire di no. E poi non riesco a capire perché proprio stasera, perché non si può rinviare a domani, io domani riuscirei ad organizzarmi, ma no! Per lui doveva essere stasera e basta, aveva in mente che sarebbe riuscito a convincermi e invece non ci è successo e io sono rimasto a casa ma mi sento dentro un vuoto terribile. Dovrei affrancarmi da tante cose non perché se non lo facessi rischierei di perderlo, ma perché se non lo facessi gli farei male e questo lo so benissimo perché è quello che sta già succedendo, ma per me non è facile fare dei passi senza ritorno. Sogno tante volte una casa nostra, lontano dalla mia famiglia, però bisognerebbe cambiare città e noi lavoriamo tutti e due qui e cambiare è praticamente impossibile. Convivere con lui, qui, nella mia città è impossibile perché qui c’è la mia famiglia. Project, che devo fare? Non ce la faccio ad andare avanti così. So che sto martirizzando il mio ragazzo, ma non ho il coraggio di fare una scelta definitiva e di tagliare i ponti con la mia famiglia, perché è quello che succederebbe se facessi a casa un discorso chiaro. Ma perché devo essere così succube di questi condizionamenti? Rovinare il rapporto col mio ragazzo mi farebbe stare malissimo e lo sto sperimentando già adesso. Come sono diversi i sogni dalla realtà!
__________
Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post, aperta sul Forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=20&t=4970

GAY CHE VEDONO GLI AMICI ETERO COME AMANTI GAY

Ciao Project,
mi ha fatto piacere parlare con te in chat ieri sera, è stata una cosa inattesa ma per me molto positiva. In pratica la prima volta in cui ho potuto parlare liberamente di me e della mia sessualità. Mi hanno colpito le tue risposte, sempre molto tranquille, cioè delle risposte che tendevano a sdrammatizzare e a farmi notare la normalità di tante cose che a me sembravano strane.
Ho deciso di mandarti questa mail per andare ancora di più nello specifico. Ho cambiato i riferimenti dei posti e i nomi delle persone, ma i fatti sono esattamente quelli che mi sono accaduti, quindi, se vuoi puoi pubblicare la mail nel forum. Vado per ordine cronologico.
Sono sempre stato gay in modo esclusivo, cioè ho desiderato per anni, da quando avevo undici o dodici anni, di stare in intimità sessuale con maschi, con ragazzi coetanei o un po’ più grandi. Le fantasie della masturbazione sono state sempre ed esclusivamente gay, però ho avuto anche una ragazza, ho anche fatto sesso con questa ragazza, ci masturbavamo a vicenda e una decina di volte abbiamo anche avuto rapporti completi, però non mi sono mai sentito etero.
Potevo anche fare sesso con una ragazza, ma non era quello che volevo. Se avessi potuto scegliere se farlo con una ragazza o con un ragazzo non avrei avuto il minimo dubbio, però le ragazze mi puntavano e fi facevano una corte spietata, in pratica me la offrivano su un piatto di argento, mentre di ragazzi non se ne vedeva nemmeno l’ombra.
Anche quando stavo con la mia ragazza la mia masturbazione è stata sempre e solo con fantasie gay, ho provato a forzarmi ad usare fantasie etero ma era proprio un modo per violentarmi, e poi onestamente non ero innamorato della mia ragazza, mi dava fastidio quando di mandava i messaggini o quando mi telefonava e attaccava a chiacchierare e non la finiva più. Quando stavo con la mia ragazza avevo 18-19 anni e la cosa era cominciata perché non ero riuscito a dire di no e, lo devo dire, la cosa, un po’ (ma veramente poco) mi incuriosiva.
Le prime volte che abbiamo fatto sesso, solo masturbazione, io mi sono studiato su internet che cosa fare (so che è assurdo ma è così), poi quando si è trattato di avere rapporti completi, il mio . . . si rifiutava proprio, alla fine ci sono riuscito, ma, sai proprio una cosa molto relativa. Io penso che per un ragazzo etero che penetra una ragazza, specie le prime volte, l’eiaculazione arrivi presto e sia potente, almeno è quello che ho sempre sentito raccontare, per me non era così, non mi veniva spontaneo e arrivavo all’orgasmo solo dopo quando mi masturbava.
E devo dire che tante volte mi sono chiesto che cosa stavo a fare lì, anche se poi succedeva di nuovo. E una decina di volte è successo. Il bello è che lei era contenta e proprio non si rendeva conto che la cosa non mi diceva quasi nulla, adesso ho 27 anni, mi sono laureato e ho trovato lavoro.
Allora, verso quella ragazza non provavo repulsione ma sentivo che era una cosa non mia, comunque con un’altra ragazza non ci sarei mai andato nemmeno allora, con quella si era creata l’occasione ed era stato comunque sgradevole dovere rompere i rapporti, perché ci furono risentimenti, ma ero già allora molto deciso a fare di tutto per non trovarmi mai più in una situazione simile. Comunque adesso è finita da otto anni. E poi, una volta chiusa la storia con quella ragazza, non ho più voluto saperne di nessun’altra ragazza proprio perché io volevo un ragazzo.
Passavo le nottate in chat a caccia del ragazzo giusto, ma, francamente non c’era nessuno che mi sembrasse il ragazzo giusto. Quella era la mia vita notturna, la vita diurna era quella del classico ragazzo etero o meglio del classico ragazzo senza interessi sessuali almeno in apparenza, dedito solo allo studio e agli amici. E qui comincio ad entrare nel vivo della faccenda.
All’università ho avuto modo di conoscere parecchi ragazzi. Prima si parla un po’ solo dell’università, poi si comincia a studiare insieme, poi ci si conosce meglio, c’è la pizza insieme, lo sport, che per noi è stato fondamentale, poi si comincia ad andare in vacanza insieme, o almeno ad uscire insieme la domenica, insomma si diventa amici e, diciamo così, le amicizie si selezionano da sé, si fa un gruppetto sempre più piccolo e sempre più legato. Diciamo che quando avevo vent’anni avevo tanti amici, ma amici un po’ per modo di dire, mentre a 23 o 24 anni ne avevo molti di meno ma tra noi i rapporti erano molto più stretti. Diciamo che intorno ai 25 anni si è formato un gruppo di 4 ragazzi che ormai sembrava indistruttibile.
Un giorno stavamo a pranzo a casa dei genitori di uno e un altro giorno a casa dei genitori di un altro. La nostra amicizia era un fatto pubblico e accettato dalle nostre famiglie. Ci eravamo conosciuti per motivi di studio e avremmo potuto darci una mano anche finita l’università.
Un giorno venne in mente a Lorenzo (nome ovviamente cambiato) che saremmo potuti andare in palestra insieme, in un gruppo dilettantistico di pallavolo, era uno sport che piaceva a tutti e quattro e ci iscrivemmo alla polisportiva locale. Qui bisogna aprire una parentesi. Noi quattro stavamo bene insieme, nessuno di noi quattro aveva al momento una ragazza, ma tutti e quattro (me compreso) avevamo avuto una ragazza, ma nessuno di noi quattro parlava di ragazze o di discoteca.
Fu proprio allora che cominciai a chiedermi che cosa ci fosse di comune tra noi che ci faceva stare tanto bene insieme e mi cominciò a venire l’idea che fosse proprio il fatto che non si parlasse di ragazze e che si stesse spessissimo tra noi. Ma tra noi l’atmosfera era molto sciolta, non eravamo quattro tipi arcigni ma quattro simpaticoni che “tra loto” si divertivano a fare i buffoni e a dire cazzate. Con gli altri, o se c’erano altri, non lo facevamo mai, ma tra noi sì. Ogni tanto ci scappava (sempre tra noi) la battuta a sfondo sessuale, ma non sulle ragazze ma sulla masturbazione.
Cominciamo a frequentare la palestra, per me un vero trauma, non ero mai stato in una palestra e vedere tutti quei ragazzi nudi che giravano così disinvolti, come se niente fosse, mi portava il cuore a 120, e poi c’erano i miei tra amici e potevo vederli nudi, anche se per ovvie ragioni dovevo stare attendo a controllarmi molto. Ci furono anche battute sui nostri attributi, ma proprio battute per ridere e basta. Con l’andare del tempo, andare agli allenamenti era diventata una cosa abituale anche per me, o quasi abituale, perché certe volte arrivavano ragazzi nuovi che erano proprio bellissimi e io dovevo sforzarmi di non guardarli.
Un giorno che venne un ragazzo nuovo particolarmente bello, vidi uno dei miei amici che lo osservava e pure io mi feci sorprendere dai miei amici mentre lo guardavo. E lì cominciarono le battute, ma anche questa volta, cose molto semplici, senza cattiveria, un vero e proprio gioco. Ora, il mio amico Marco (nome falso), che si era girato a guardare il bellissimo, era anche quello dei tre che a me piaceva di più: alto, biondo, con un sorriso intelligente. Allora cominciai a mettere insieme le tessere del mosaico: non parla di ragazze, fa battute sulla masturbazione e non sulle ragazze e si gira a guardare un ragazzo bellissimo nudo . . . che vuol dire? Basta tirate le somme: Marco è gay! Mi sembrava che averlo visto sbirciare il ragazzo bellissimo nello spogliatoio equivalesse ad un coming out in piena regola. E fu così che cominciai a perdere la testa appresso a Marco.
Cercai di mettere insieme tutto quello che si potevo sapere di lui (non lo avevo mai fatto prima) esplorai il suo facebook, quello che suoi amici, feci tutte le ricerche possibili ma di ragazze nemmeno l’ombra. L’idea che fosse gay diventava sempre più una certezza e nello stesso tempo cresceva in me l’idea di provarci con lui, di dirgli che mi ero innamorato di lui e che era diventato la mia idea fissa. Fare un discorso del genere, comunque, non era facile, anzi era praticamente impossibile.
In una breve vacanza di noi quattro amici in montagna, io e Marco siamo capitati (non casualmente) nella stessa stanza, io ero carico all’inverosimile ma non sapevo decidermi. Un giorno che si doveva uscire per un’escursione ci siamo svegliati tardi e abbiamo fatto la doccia insieme, con tanto di toccatine reciproche, io stavo andando in erezione di brutto ma lui mia ha detto che dovevamo prepararci con la massima fretta e ha aggiunto con un sorriso malizioso: “ne riparliamo stasera!” Quella frase mi ha martellato il cervello per tutta la giornata. Mi ripetevo che ci avevo visto giusto e che era gay e che non potevo sbagliare, perché io un gay lo identifico anche solo a guardarlo.
Insomma . . . finisce l’escursione, la sera si va a cena e io non vedo l’ora che finisca per potermene andare in camera con Marco, ma un altro degli amici propone la discoteca e Marco accetta entusiasta. Ci sono rimasto malissimo.
Evidentemente non si ricordava nemmeno quello che era successo la mattina.
Si va in disco, gli altri due si mettono a ballare come forsennati ma non in coppia, semplicemente in gruppo, Marco invece resta vicino a me, è il solito Marco: intelligente, simpatico, forse gay, d’altra parte come si può pensare che sia etero un ragazzo che va in disco e non balla nemmeno con una ragazza.
A un certo punto mi guarda negli occhi e mi dice: “Che c’è?” Qualche cosa che non va?” Io gli dico di no e lui mi risponde: “Vuoi che torniamo in albergo?” Ovviamente gli dico di no, ma mi guarda di nuovo e mi dice: “Non mi sono mica dimenticato!” Quella frase mi rimette in moto il cervello. Dopo venti minuti eravamo di nuovo in albergo. Saliamo in camera, chiudiamo la porta a chiave e mi butta sul letto e comincia a farmi il solletico. Abbiamo giocato come due ragazzini: solletico, cuscinate, fare la lotta, ovviamente tutto per gioco, poi mi rendo conto che è eccitato. Lo butto sul letto e comincio a toccarlo e lui lascia fare.
Adesso non voglio scendere in dettagli da film a luci rosse ma in breve arriviamo a masturbarci reciprocamente e non penso affatto che a lui la cosa creasse problemi. Io lo avrei baciato ma non ho preso l’iniziativa e non l’ha presa nemmeno lui. Dopo siamo rimasti a parlare ma non di sesso, ma di quando eravamo bambini e di come passavamo le feste. Io ero felice, è stato uno dei momento più esaltanti della mia vita, eppure, già nei giorni successivi mi sono reso conto che per lui il senso di quello che avevamo fatto era molto relativo. Non è più tornato sull’argomento, ma non perché fosse stato rimosso, semplicemente perché era stato un momento, e quel momento era passato. Siamo rimasti amici, anzi amicissimi, ma sono passati due anni e quell’episodio non si è mai più ripetuto.
Ancora adesso lui non ha una ragazza e nemmeno un ragazzo e nemmeno io. Il coraggio di chiedergli se è gay non ce l’ho avuto allora e meno che mai ce lo avrei adesso e d’altra parte lui non fa fatto domande a me. Perché è così dannatamente difficile parlare chiaro. Se fosse stato gay ci avrebbe riprovato? Io penso proprio di sì, ma lui non lo ha fatto e adesso mi sento comunque attratto da lui in modo fortissimo, è il ragazzo più sexy che io abbia mai conosciuto, è il mio ragazzo ideale, ma questo non basta a renderlo affettivamente il mio ragazzo. Molte delle mie illusioni si sono perse del tutto o si stanno perdendo per la strada, insomma è un bravo ragazzo, gli voglio bene, ma non credo proprio che sia gay, e per arrivare a questa conclusione ci ho messo anni. Oggi come oggi credo e temo che il nostro strano rapporto a metà andrà avanti e ci impedirà di vivere la nostra vita come avremmo voluto.
_______________
Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post, aperta sul Forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=23&t=4966

mercoledì 4 febbraio 2015

GAY E ANSIA

L’ansia è una forma di timore connesso a qualcosa di indefinito e indeterminato che è avvertito come un pericolo dal quale però è impossibile tenersi lontani. L’ansia ha manifestazioni fisiche di vario livello, dall’irrequietezza, all’insonnia, alla tachicardia, alla extrasistolia, all’ipertensione e sconvolge talora i ritmi della vita ordinaria rendendo difficile se non impossibile la realizzazione di azioni quotidiane che prima dell’insorgere dello stato ansioso erano considerate banali.
Ci sono forme di ansia del tutto prive di cause oggettive individuabili e ci sono forme di ansia in cui si individua una causa oggettiva ma la reazione ansiosa va ben al di là di quanto ci si potrebbe razionalmente aspettare. L’ansia è connessa ad una errata valutazione del pericolo e alla prevalenza della reazione emotiva su quella razionale. Si possono rilevare manifestazioni ansiose di intensità molto variabile in molte patologie anche gravi ma se ne possono riscontrare, quantunque di grado più lieve, anche in situazioni che hanno oggettivamente ben poco di patologico.
Oggi l’ansia comincia ad essere studiata non solo a livello descrittivo ma anche a livello biochimico, si tratta di studi affascinanti ma siamo agli inizi di una biochimica dei fenomeni psichici che resta comunque materia per alti specialisti. Le terapie farmacologiche dell’ansia possono andare ben oltre i classici ansiolitici minori ma devono essere gestite sotto stretto controllo specialistico. Intendo dire che le competenze biochimiche e farmacologiche per gestire i moderni psicofarmaci vanno oltre le competenze del medico di base e richiedono intervento di specialisti.
In questo post prenderò in considerazione il peso dell’ansia in particolare in relazione all’accettazione della omosessualità e agli aspetti della vita ordinaria di un omosessuale. Preciso che non mi occuperò di ansia patologica, che, come detto, ha bisogno di un approccio specialistico, ma di ansia “normale”. Per quanto possa sembrare paradossale, l’ansia, entro certi limiti, è una componente normale della vita di tutti ed è addirittura necessaria per mantenere, quando se ne presenta la necessità, i dovuti livelli di attenzione e di allarme.
C’è una nozione sulla quale vorrei fermarmi in particolare: l’ansia, o meglio la predisposizione all’ansia, in molti casi si trasmette per via educativa. Ogni forma di educazione che tenda ad accentuare il clima di incertezza e di paura, ogni forma di educazione che trascuri di valorizzare adeguatamente un approccio razionale è di per sé ansiogena. Al contrario ogni forma che educazione che fornisce al bambino spiegazioni di tipo razionale lo abitua a pensare con categorie razionali e lo immunizza nel confronti degli eccessi di emotività. Non c’è bisogno di dire che la migliore profilassi dell’ansia dell’adulto sta in una educazione rassicurante e gratificante, che non induca mai timori irrazionali.
L’ansia è alimentata nel bambino dal mancato rapporto con gli adulti e coi genitori in particolare. È la tipica ansia di rifiuto. Talvolta il rapporto con l’adulto c’è ma è ansiogeno perché punitivo, distaccato e formale. Al di là della volontà educativa, resta il fatto che un adulto ansioso induce ansia nel minore e lo porta per imitazione ad assimilare i meccanismi ansiogeni (dubbi ricorrenti, sensi di insicurezza assecondati, eloquio frenetico e ripetitivo e simili, innalzamento del tono della voce, tono allarmato, o nell’altro senso, mutismo, ansia depressiva, passività ecc. ecc.). Un sano ambiente familiare è la migliore profilassi dell’ansia anche a lunga scadenza, cioè a distanza di anni.
Va tenuto per presente che influiscono sulla genesi dell’ansia molte altre componenti al di fuori della stretta cerchia familiare, tra le altre sono fondamentali l’educazione religiosa e la sessualità. Non è la religione in sé ad essere ansiogena ma è innegabile che un rapporto distorto con la religione può portare ad alti livelli d’ansia. La religione può essere vista in modo positivo e tranquillizzante, come una spinta all’impegno personale e alla disponibilità verso il prossimo, ma può anche essere vista in modo ansioso può cioè ingenerare timore, smarrimento e sensi di colpa del tutto immotivati, in questi termini si trasforma in una causa di preoccupazione, il timore di essere giudicati e di non essere all’altezza delle attese porta al crollo dell’autostima e a stati d’ansia che possono essere anche molto profondi.
Per quanto riguarda la sessualità il discorso si fa particolarmente complesso, perché tornano in campo le dinamiche familiari, quelle legate alla religione e tutta la sfera relazionale, dalle amicizie al clima sociale in cui si vive. La reazione davanti alla scoperta della sessualità fisica e della masturbazione è fortemente dipendente dall’ansia. Per molti ragazzi i primi contatti con la sessualità sono assolutamente tranquilli perché per loro la sessualità non è mai stata un tabù ma un argomento del quale era possibile parlare seriamente con gli adulti. Per altri ragazzi i primi contatti con la sessualità sono invece causa di ansia profonda, accentuano la solitudine in ambito familiare, sono percepiti come qualcosa di sporco o comunque di strano, come un elemento di eccezionalità che per ciò stesso marginalizza la persona, la isola dall’ambiente familiare e sociale e la chiude nella sua solitudine a viversi i suoi sensi di colpa.
È ovvio che l’educazione sessuale ha un peso determinante sull’insorgere dell’ansia sessuale. Nulla più dell’atteggiamento verso la sessualità è assimilato dall’ambiente. La logica dei tabù è ansiogena come quella dei divieti e degli obblighi. Tutte le forme di educazione restrittive della libertà, soprattutto restrittive della libertà “senza motivazioni razionali e autentiche”, induce sensi di ribellione e conseguentemente anche sensi di colpa, come tutte le reazioni vissute in clima di ansia.
Per quanto riguarda i ragazzi gay è tipica l’ansia legata al fatto di poter essere individuati come gay in famiglia, a scuola o dagli amici, ma è altrettanto tipica l’ansia legata all’uso della pornografia e all’idea di lasciare traccia dell’uso della pornografa, peggio ancora se si tratta di pornografia gay, nel computer usato da altre persone di famiglia. Non è raro vedere insorgere stati di ansia legati all’idea del tutto irrealistica di essere immorali, sesso-dipendenti o di essere in situazioni oggettivamente patologiche. Mi è capitato più volte di vedere ragazzi che si sentivano in colpa perché secondo loro erano troppo interessati al sesso. Quando si accorgevano che il mio discorso in proposito aveva come unica preoccupazione la prevenzione della malattie sessualmente trasmesse, in genere rimanevano perplessi e ancora più rimanevano disorientati di fronte all’idea che la sessualità non ha schemi e che ciascuno deve viverla liberamente, ovviamente nel rispetto degli altri. L’ansia porta ad espandere a dismisura il limite del patologico ed a sentirsi in una dimensione patologica che oggettivamente è immotivata. Se si potesse parlare della propria sessualità in modo libero, trovando risposte serie e non battute o reazioni scandalizzate, l’ansia sessuale sarebbe enormemente più contenuta.
Tra i ragazzi più grandi, poi, per quanto questo possa sembrare strano nel XXI secolo, esistono ancora molte reazioni ansiose legate ala sessualità di coppia, sia che si tratti di coppie etero sia che si tratti di coppie gay. Direi anzi che la sessualità di coppia è spesso tra le cause più profonde dell’ansia: ansia legata alla propria costituzione fisica più o meno muscolosa, alla propria statura, al fatto di sentirsi brutti, poco attraenti o ormai troppo grandi di età, o di avere pochi capelli, motivi tutti che sono visti come causa a priori di una quasi insuperabile impossibilità di vivere una vita di coppia felice. Altra cosa ansiogena e frustrante è il dovere chiedere il sesso al proprio compagno che non è ben disposto e che tende a defilarsi.
Evito di soffermarmi sulle sull’ansia da prestazione che può arrivare a comportare la perdita dell’erezione e le frustrazioni che ne conseguono, e mi soffermo invece sulla fine di un rapporto di coppia, quando uno dei due partner si ritrova solo, a leccarsi le ferite e a chiedersi che cosa ha sbagliato. Un’esperienza negativa, se non adeguatamente rielaborata, costituisce un condizionamento negativo per il futuro e porta a imitazioni della spontaneità e a comportamento più stereotipati.
Per i ragazzi che non hanno un compagno stabile esiste un’altra forma di ansia legata proprio alla necessità o alla presunta necessità di trovarsi subito un ragazzo per sentirsi come gli altri (in questo si evidenzia una percezione errata della realtà degli altri e una necessità di integrarsi realizzando quello che si ipotizza gli altri realizzino), quest’ansia è per molti aspetti simile all’ansia della fase frenetica attraversata dai ragazzi che si accettano come gay in età ormai adulta e che pensano che sia assolutamente necessario mettersi immediatamente alla ricerca di un ragazzo per recuperare il tempo perduto o per non perdere definitivamente il treno.
Tutti gli stati ansiosi cui ho fatto riferimento non sono inerenti alla omosessualità in sé ma alla sua dimensione sociale, cioè al fatto che “gli altri” possono non accettarla e vederla come una ragione per emarginare l’omosessuale, o almeno l’omosessuale pensa che questo possa accadere. Un problema tipico dei gay è il coming out, che può provocare ansie molto profonde, specialmente quando il timore di perdere l’affetto dei familiari o degli amici è oggettivamente fondato. La questione del coming out è un po’ la cartina di tornasole dell’ansia e della adeguatezza della dimensione educativa e sociale in cui si è vissuti e si vive. Per alcuni ragazzi il coming out familiare è relativamente poco traumatico, per altri è una cosa assolutamente inconcepibile perché oggettivamente pericolosa.
È possibile porre rimedio agli errori educativi e ridurre l’ansia legata a tabù di vario tipo? La risposta è sì. Ogni forma di socializzazione vera, ogni autentico rapporto di amicizia, ogni forma di confronto che stimoli un atteggiamento più critico e meno emotivo è di per sé una terapia dell’ansia. Se l’ansia, come spesso accade, è legata a relazioni problematiche tra l’individuo e il suo ambiente familiare o sociale, un cambiamento di ambiente può portare ad una drastica riduzione degli stati ansiosi. Classico è il caso del ragazzo che reagisce ansiosamente in casa, dove si sente giudicato e non libero, mentre recupera la sua spontaneità quando va a vivere in un’altra città per ragioni di studio o di lavoro. Alzare i livelli di autostima e di libertà individuale significa ridurre proporzionalmente i livelli di ansia.
__________
Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post, aperta sul Forum di Progetto gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=20&t=4960