giovedì 11 maggio 2017

UNA DIFFICILE RELAZIONE GAY

Ciao Project,
ho 18 anni e ti vorrei parlare di una cosa che mi è capitata e che mi fa stare malissimo. È una storia complicata, ma ti prego di avere pazienza e di dirmi che cosa ne pensi.
Ai primi di gennaio di quest’anno stavo malissimo, perché stavo solo e non avevo un ragazzo. Io non riesco a stare solo e un ragazzo mi mancava tantissimo, mi ero preso un paio di volte delle cotte tremende, ma poi avevo visto il ragazzo in questione con una ragazza e la cosa mi aveva fatto a pezzi, ma sapevo che non c’era molto da fare. Passavo le giornate a fantasticare su come potesse essere bello avere un ragazzo che mi capisce, che ci potessi parlare, che ragionasse come me e che mi volesse bene, lo volevo anche bello, cioè non bello, ma come piace a me, un ragazzo dolce, affettuoso. A scuola, a un’assemblea vedo un ragazzo che mi piace un casino, diciamo che prima non lo avevo notato, ma all’assemblea mi è sembrato bellissimo. Dopo i due di picche che avevo preso con gli altri, non mi illudevo molto, anche perché io non sono bello come lui. Però lui mi si è avvicinato e ha cominciato a parlare con me, io non sapevo che dire, non mi volevo illudere però mi piaceva. A febbraio, dopo le pagelle, siamo andati in gita scolastica, siamo finiti in camera insieme, noi due soli. Ti giuro che non è stata una cosa programmata, ma è successo. Insomma, quando ce ne siamo andati a letto, dopo un po’ lui si è alzato dal letto e mi si è avvicinato e mi ha chiesto se poteva entrare nel mio letto. Io non sapevo che fare, lo volevo, ma non sapevo che cosa sarebbe successo, però gli ho detto di sì e subito dopo gli ho chiesto se era gay e lui ha detto di sì. È stato bellissimo, ci siamo toccati e ci siamo masturbati reciprocamente, io ero in orbita e pure lui era molto preso. Siamo stati attenti a non fare cose pericolose perché lui mi ha confessato che l’aveva fatto con altri ragazzi. Ero felice, come non sono mai stato in vita mia. L’indomani l’abbiamo rifatto e lui ha insistito per andare oltre, ma io non volevo, alla fine ha fatto sesso orale lui a me ma non io a lui, anche se la voglia era tanta, però l’ho masturbato. Poi la gita è finita e siamo tornati a Milano e lì è cominciata la mia angoscia. Non mi chiamava, non rispondeva ai miei messaggi, però voleva che io andassi a casa sua quando non c’erano i suoi (lavorano il pomeriggio) a fare sesso, per qualche giorno ci sono andato ma, dopo il sesso, la cosa finiva lì. Io avrei voluto anche un po’ di tenerezza, ma se gli facevo una carezza mi guardava strano e mi diceva che quelle cose non gli piacevano. Quando gli mandavo qualche sms si arrabbiava perché mi diceva che lo potevano trovare i suoi, però quando i suoi genitori non stavano a casa pretendeva che io mi fiondassi da lui. Una volta non potevo proprio, perché avevo nonna a casa e non ci sono andato e lui si è arrabbiato nero, ha alzato la voce, poi è passata. Beh, adesso da qualche giorno non ce la faccio più a stargli appresso, mi chiede se mi è piaciuto quello che abbiamo fatto e cose simili, io provo a dirgli che mi piacerebbe qualcosa con un po’ più di sentimento e lui mi risponde che a me ci tiene moltissimo ma io ho l’impressione che non sia per niente così. Insomma, io penso che per lui conto solo perché corro a casa sua a fare sesso quando vuole lui, e il nostro rapporto in pratica finisce qui. Project, adesso sono al punto che comincio a non sopportarlo più. I primi tempi mi masturbavo pensando a lui, adesso non lo faccio più e quando sto a casa sua mi chiedo: Ma che cavolo ci faccio qui? Ci sto a fare un po‘ di sesso è vero, ma fatto così mi sembra proprio una cosa meccanica. Io penso che dovrei staccarmi da lui, ieri ci ho provato, ma si è arrabbiato, ha alzato la voce, ha cominciato a dire che lo strumentalizzo che lo uso quando mi fa comodo e poi penso di poterlo buttare via come un cencio, mi ha detto che se gli dico di no, tra noi è finita per sempre e che non lo merito, ma si vedeva che stava a disagio. Io non sapevo come reagire perché non volevo fargli male e alla fine ho ceduto e abbiamo fatto sesso come le altre volte, ma io avevo proprio il cervello da un’altra parte. Penso onestamente che sentirsi dire di no gli faccia un effetto terribile e non gli voglio fare male nel senso pesante, perché dopo tutto gli voglio bene e non so proprio che cosa fare.
Ti mando il mio contatto skype (omissis), perché mi piacerebbe parlarne un po’, dato che non posso parlarne con nessuno.
Sandro
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martedì 9 maggio 2017

TRENTENNI GAY RINUNCIATARI

Sono stanco, certe volte mi sento proprio fuori posto, mi sento agitato, confuso, senza une direzione precisa, cambio parere ogni quarto d’ora, cerco conforto nel giudizio altrui, quasi me ne sento dipendente, se quel giudizio mi è favorevole ne sono contento e lo sopravvaluto, se non è secondo quello che penso io me ne sento depresso. Mi sento un individuo gretto, senza prospettive ideali, molto calcolatore, piccolo di cervello e tutto chiuso su se stesso. Sono incapace di fare cose serie, cose vere, cose che hanno un valore morale. Non sto parlando del lavoro che va più o meno bene sempre con la solita navigazione in acqua bassa. Sopravvivo nel piccolo cabotaggio, rintanato in pensieri e in dubbi gretti, sono incapace di guardare lontano, sono avaro, invidioso, sembra un paradosso ma la lussuria è il minore dei miei vizi, perché del sesso non solo posso fare benissimo a meno, ma di fatto l’ho archiviato, neanche per scelta, solo per debolezza, per fatica, perché ci vorrebbe una partecipazione che non c’è più e forse non c’è mai stata. Quella che invece c’è sempre di più è la paura di lasciarsi andare a cose che possono creare problemi, aspettative, illusioni di vario tipo: la mia regola è: “stando fuori, almeno non si hanno problemi.” E quindi tutto è vissuto dal di fuori, quel poco che è vissuto. Vivo all’insegna del precario, e dire vivo è già esagerare, perché in realtà sopravvivo. Non ho molta stima di me stesso, l’ho avuta in altri tempi ma piano piano la sto perdendo, non parlo di autostima come effetto del successo sociale, perché la gente non mi conosce ma di autostima proprio come valutazione di sé, indipendentemente da altri parametri. Non mi sento un brav’uomo, sono una persona onesta per abitudine, perché non essere onesti è faticoso, la mia onestà ha la lettera minuscola, perché l’Onestà con la lettera maiuscola richiede volontà e impegno. Sono onesto per paura dell’autorità, per evitare guai, non per vocazione. Che effetto mi fanno oggi i ragazzi? Se c’è qualche bel ragazzo mi colpisce, a qualche ragazzo ho voluto e voglio ancora bene (ovviamente tutto e solo nella mia testa), ma sono pochissimi, la stragrande maggioranza dei ragazzi mi è totalmente indifferente, mi hanno detto che non mi concentro sui ragazzi ma su quello che potrei fare con loro, ma la cosa mi sembra proprio grottesca, in realtà di quello che in teoria si potrebbe fare con un ragazzo non mi interessa assolutamente nulla e certe volte mi chiedo perché al sesso fisico si attribuisce tanta importanza. Ho ancora i miei sogni, non cerco più di realizzarli, me li tengo come sogni, come fantasia che non si concretizzerà. Mi dicono che ormai sono vecchio, anche se non ho ancora 30 anni, o che ragiono da vecchio, che sono vecchio dentro, e forse è vero. Mi dicono che sono un po’ depresso, ma in realtà mi sento solo stanco, non stanco di vivere, ma stanco fisicamente e di conseguenza anche mentalmente. La scorsa estate mi hanno proposto di fare le vacanze insieme con gli amici (tutti etero), io sono rimasto a casa, non sono andato con loro ma nemmeno con i miei amici gay (una coppia), me ne sono rimasto a casa, praticamente da solo. Certe volte penso che mi piacerebbe farmi coinvolgere in qualcosa di serio, di moralmente impegnato, ma ogni volta che se ne presenta l’occasione (alcuni amici fanno volontariato) faccio di tutto per schivarla con la massima cura. Sogno un ragazzo, ma oggettivamente non lo desidero, mi basta l’idea, perché so che non funzionerebbe, quando ci ho provato è durata pochissimo ed è finita male. E poi i motivi di incomprensione, che alla fine distruggevano tutto, erano i più incredibili, praticamente sempre legati alla privacy, cioè al fatto che non tolleravano che io volessi tenere almeno un po’ del mio privato solo per me. Mettersi insieme, ok, lo capisco, ma mettere insieme proprio tutto no! Ci sono cose più private perfino del sesso, che non voglio condividere con nessuno, in fondo, coppia o non coppia, ognuno resta se stesso e il mondo suo più intimo se lo tiene ben stretto. Per esempio non sopportavano che io non parlassi mai dei miei ex, se così li posso chiamare, ma tra me e i miei cosiddetti ex c’era un mondo privato in comune che non apparteneva agli altri ragazzi. Gli ex sono ex, e va bene, ma almeno hanno lasciato un ricordo che è solo mio e loro, tutti gli altri non c’entrano. Mi sento debole e lo sono, sia fisicamente che moralmente, e mi piacciono i ragazzi deboli, sogno di abbracciarli e di addormentarmi nel loro calore. Ovviamente non succede niente di tutto questo, ma è meglio il sogno di una brutta realtà piena di condizionamenti assai poco nobili. In fondo ognuno cerca di realizzare il suo sogno, di trasportarlo nella realtà ma questo significa che la coppia non esiste e che ciascuno vuole solo cercare un altro protagonista per la “sua” storia, un secondo protagonista che va bene nella misura in cui recita il suo ruolo in commedia, non conta quello che è, ma come recita la sua parte, solo che anche lui ha i suoi sogni e vuole tirarti dentro il suo sogno e vuole che anche tu reciti la parte che lui ha in testa per te, questa sarebbe la vita di coppia! Meglio sognare, è molto meno impegnativo e poi i sogni non si devono necessariamente condividere con qualcuno.
Project, mi rendo conto che questa mia mail stride parecchio col clima tutto positivo (o quasi) del forum, comunque fanne quello che vuoi. Non ti nascondo che un po’ mi piacerebbe sapere che ne pensano gli altri.
Uno Qualunque
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http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=20&t=6053

sabato 6 maggio 2017

PROGETTOGAYFORUM QUINTO IN ITALIA TRA I TOP SITES GAY

Alexa, sito notissimo di statistiche sul web, nel suo elenco di “top sites by category”, nella categoria “Gay, Lesbiche e Bisessuali”, classifica al quinto posto, a livello nazionale, il forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/index.php
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La classifica è stabilita da Alexa sulla base del rank di traffico mensile, calcolato usando una combinazione del numero medio di visitatori giornalieri e di pagine visitate per visitatore nel mese precedente.
Come si vede, il Forum di Progetto Gay ha delle caratteristiche assolutamente peculiari, i nuovi visitatori che accedono tramite i motori di ricerca sono appena lo 0.50%, il 99,5% delle visite viene da utenti fidelizzati che tornano sistematicamente a leggere il forum e si trattengono a leggerlo, in media, per più di mezz’ora al giorno (!), visitando in media 20 pagine a testa al giorno, questi due indici dimostrano che il Forum di Progetto Gay non è un sito mordi e fuggi, ma è il centro aggregatore di una comunità stabile. Questa era in fondo la finalità del Progetto partito ormai dieci anni fa.
Nel comunicarvi questi dati, di cui sono orgoglioso, ringrazio di cuore tutti quelli che hanno collaborato e collaborano tuttora al buon funzionamento del Progetto!

venerdì 5 maggio 2017

DUBBI DI UN GAY DICHIARATO

Ciao Project,
ho pensato molto prima di scriverti e ti spiego perché. Conosco Progetto Gay da anni ormai, quando ci entrai le prime volte, diversi anni fa, intorno al 2010, io ero invaso dal sacro fuoco dell’omosessualità, avevo vent’anni, e un ambiente come quello del forum mi sembrava vecchio, asfittico, l’ambiente tipico di gente senza palle che si rintana nell’anonimato perché non ha la faccia di essere quello che è, parlando molto diretto, mi facevate pena, ti avevo mandato una mail, ma mi avevi risposto raccomandando prudenza e al tempo per me la prudenza era il peggiore dei vizi. Quindi me ne sono andato per la mia strada, una strada molto diversa da quella di progetto gay, ero già dichiarato pubblicamente e non avevo particolari problemi ad andare in un locale gay, insomma, tra internet e locali ho cominciato la vita del gay dichiarato. Ho frequentato anche circoli gay famosi, ma l’aria era troppo ideologica e me ne sono andato anche da lì. La sera del sabato andavo a ballare col ragazzo di turno, con il seguito ovvio di sesso (protetto! Qui la prudenza non l’ho messa da parte!) I primi tempi era tutto molto sciolto, conoscevo tanti ragazzi, fare sesso era facile, ci si divertiva e in buona pare ci si illudeva, poi si cambiava ragazzo, si continuava ad andare a ballare, si aveva una comitiva tutta gay, e anche un bel po’ atteggiata, solo per andare a ballare. Comunque, in mezzo a tutto questo, non ha mondato all’aria le cose importanti, ho continuato a studiare e mi sono laureato. Ho trovato lavoro in un settore molto specialistico e ho cominciato a lavorare, tutto sommato con una certa soddisfazione, perché sul lavoro mi stimavano. Nel frattempo solite cose: comitive gay, gite, andare a ballare il sabato, sesso facile, ecc. ecc., ma col tempo tutte queste cose perdevano progressivamente il loro fascino e mi trovavo ad andare a ballare praticamente senza nessuna voglia di farlo, e lo stesso valeva anche per il sesso, si poteva fare ed era pure facile, ma alla fine era diventata una cosa banale come qualsiasi altra. Un paio d’anni fa ero proprio arrivato alla frutta, totalmente demotivato. Allora è capitato che del tutto casualmente sono finito di nuovo sul forum di Progetto Gay e mi sono messo a leggere una storia, e mi è piaciuta, direi che mi è piaciuta molto, anche se mi dicevo che quelle sono tutte favole, e che quelle cose capitano a uno su un milione, perché il mondo non funziona così. Da allora, però, ho ripreso a leggere il forum con una certa regolarità e devo dire che mi aiutato molto a non cadere nella malinconia. E qui comincia la seconda parte della mia storia. Nella mia ditta io lavoravo come tecnico laureato, quindi a buon livello, ma c’erano anche tanti ragazzi che facevano lavori meno qualificati e oggettivamente più pericolosi. In ditta c’è molta attenzione all’antiinfortunistica ma i rischi ci sono come in tutti i settori industriali. Sei ragazzi erano addetti ai magazzini, io li conoscevo di vista e poco più, mi davano del lei e mi chiamavano dottore, cosa che mi faceva una certa impressione. Uno di questi, un giorno cade da una scaffalatura e lo portano in ospedale, ha delle fratture ma dicono che se la caverà. Io il giorno che è successo non ero al lavoro e l’ho saputo il giorni appresso, ho chiesto a che ospedale lo avevo portato e nel pomeriggio sono andato a trovarlo. Era piuttosto mal concio, ma mi ha riconosciuto subito e mi ha sorriso, gli ho chiesto di darmi del tu e gli ho chiesto anche se erano venuti a trovarlo, ha detto che erano passati due suoi colleghi, gli ho chiesto della sua famiglia e mi ha detto che della famiglia non si era visto nessuno, perché lui non è in buoni rapporti con la famiglia e dell’incidente non aveva detto nulla a casa. La cosa mi è sembrata strana, perché è un ragazzo molto giovane, ma non ho fatto altre domande. Mi sono seduto accanto al letto, abbiamo parlato di quello che dicevano i medici, dei tempi di ripresa, di rientro al lavoro. Era preoccupato dei rapporti con l’azienda, dei certificati di ricovero e di malattia, dell’INAIL e di altre cose del genere, gli ho detto che ci avrei pensato io e che doveva pensare solo a rimettersi in salute presto e bene. Sono rimasto lì finché l’infermiera non ha cacciato via i visitatori perché era ora della cena. Andare a trovare questo ragazzo mi ha fatto un effetto fortissimo, perché era sostanzialmente solo e aveva preferito non avvisare la famiglia, con la quale evidentemente non aveva più rapporti. Lui con me era stato molto gentile e si vedeva che era contento che fossi andato a trovarlo. L’indomani mattina, mi informai in amministrazione delle pratiche da fare e dei documenti e nel pomeriggio tornai in ospedale, questa volta portando anche due dolcetti presi in pasticceria. Lui stava abbastanza bene ma mi disse che avrebbe dovuto subire un intervento per ricomporre una frattura e mi disse che sarebbe stato dopo due giorni. Il tempo della visita passò molto velocemente e questa volta nell’andare via gli strinsi la mano, il giorno prima non lo avevo fatto. Il giorno appresso mi dice che sarà operato l’indomani alle 8.00 del mattino, mentre sono lì passa il chirurgo per il consenso informato e lui dice al chirurgo di considerarmi uno di famiglia a tutti gli effetti. Il dottore non fa una grinza e mi dice: “Guardi, l’intervento non sarà brevissimo perché la frattura è scomposta, ma il ragazzo è giovane e non ci dovrebbero essere problemi particolari, se vuole può venire in chirurgia così può stargli vicino al risveglio che in genere non è un momento facilissimo” Poi il dottore dice all’infermiera di farmi un “passi” per il reparto chirurgia. Quando il dottore se ne va arriva l’infermiera che mi manda via. Il ragazzo (chiamiamolo Enzo) mi dice che non c’è bisogno che io venga l’indomani. Ci salutiamo stringendoci la mano. Esco, telefono in amministrazione e chiedo un giorno di ferie per l’indomani, fanno un po’ di storie ma poi mi danno il giorno. L’indomani alle 7.00 sono in chirurgia, alle 7.15 mi fanno entrare a salutare il paziente per un minuto e lo portano in sala operatoria per la preanestesia. Io vado a sedermi nell’atrio e comincia la mia attesa. Per fortuna c’è un’infermiera, che mi dice che il chirurgo è bravo e mi rassicura, a mi dice che ci vorrà tempo, circa due ore e poi riporteranno Enzo al reparto e lì potrò stargli vicino durante il risveglio.
Io aspetto, sono tranquillo, ci sono dei giornali, leggo, vado avanti e indietro. Alle 10.00 Enzo non è ancora uscito, comincio ad essere ansioso, l’infermiera mi calma, alle 11.00 non è ancora uscito. Supplico l’infermiera di informarsi e di dirmi che succede, lei entra e dopo 5 minuti esce e mi dice: “Hanno finito, stanno suturando, è andato tutto bene, tra venti minuti esce, stia tranquillo!” Effettivamente dopo venti minuti lo portano fuori e lo rimandano in reparto, io aspetto il chirurgo, che esce dopo poco e mi conferma che è andato tutto bene e che la cosa è stata solo un po’ più complicata del previsto, mi dice di andare da Enzo e aggiunge che per il risveglio ci sarebbe voluta un’ora e mezzo o due.
Mi precipito in reparto accanto a Enzo, respira tranquillo, ha le flebo attaccate ma ha un buon colorito e sembra molto tranquillo. Mi sento rassicurato. Lo posso osservare da vicino e molto in dettaglio, è proprio un bel ragazzo, ha un viso dolce, quasi adolescenziale con un po’ di barba chiara. Ha la mascherina dell’ossigeno ma è staccata. Chiedo all’infermiera se deve prendere l’ossigeno, ma mi dice che non ce n’è bisogno e che Enzo respira bene, che, se mai, potrà avere dei dolori al risveglio col venire meno dell’anestesia, mi dice che potrei dargli l’acqua con la cannuccia o bagnargli le labbra. Io mi risiedo vicino a lui, ormai è mezzogiorno. Dopo l’una e mezza comincia a muoversi e dà segno di avere dolori, poi si assopisce di nuovo. Viene l’infermiera, misura la pressione e la saturazione, poi mette una seconda flebo e dice che è l’antidolorifico e aggiunge che va tutto bene. Alle due e mezza Enzo apre gli occhi, mi riconosce e mi dice: “Ciao!” io gli tocco la spalla, non la mano perché ha le flebo da entrambe le parti, ha anche il catetere e c’è la borsa sotto il letto. Gli chiedo come si sente e fa una mossa col viso, gli dico che ho parlato col chirurgo e ha detto che è andato tutto bene e anche l’infermiera dice che il decorso post-operatorio è normale. Mi sorride e mi dice “Io dormo un po’.” Gli rispondo: “Certo! Oramai il peggio è passato.” Resto lì fino alla sera. Quando arriva l’orario di visita c’è un po’ più confusione e Enzo si risveglia, è molto più lucido, mi dice di andare a casa che ormai lui sta meglio, ma gli rispondo che ho il permesso per stare lì tutta la notte e che andrò via l’indomani alle 7.00 per andare al lavoro.
Sono stato a trovare Enzo ogni giorno finché non è stato dimesso e ho notato che a trovarlo ci sono andato solo io. Nel frattempo i miei amici, coi quali andavo in giro per locali gay, mi chiamavo ogni giorno ma io avevo altro per la testa. Enzo era diventato per me una persona importante. Dopo le dimissioni dall’ospedale abbiamo continuato a sentirci praticamente tutti i giorni e anche ad uscire insieme e ad andare insieme a prendere una pizza. Enzo non parlava di ragazze, e l’idea che potesse essere gay cominciava a prendere stabilmente possesso del mio cervello, ma non c’era nulla nel suo comportamento che mi potesse dare un’indicazione precisa. Della famiglia non parlava affatto e meno che mai dei motivi per cui non aveva rapporti coi genitori. A un certo punto gli ho fatto una domanda diretta: “Hai una ragazza?” Ha solo detto che era una questione complicata e che non gli andava di parlarne, al che ho fatto macchina indietro e mi sono tenuto i miei dubbi. Dopo quella domanda con me è più formale, ma le spiegazioni di questo fatto possono essere opposte, può avermi preso per un etero che gli faceva una domanda ovvia per un etero, ma potrebbe anche avermi preso per un gay che esplora il terreno. In ogni caso, adesso la conversazione è più ingessata. E qui vengono i dubbi. Che faresti Project?
Tieni presente che noi lavoriamo nello stesso posto e che in azienda ufficialmente non ci sono gay, non mi sono dichiarato nemmeno io, figuriamoci se potrebbe dichiararsi un ragazzo timido come Enzo, ammesso e non concesso che sia gay.
Dovrei dirgli esattamente come stanno le cose, cioè fare io coming out con lui per costringerlo a fare lui lo stesso con me? E se poi non è gay? Perché la possibilità c’è eccome. Insomma, io non lo vorrei perdere per nessuna ragione, gay o etero che sia, e non vorrei che se ne scappasse per paura di chissà che cosa. Non ho mai avuto tutti questi dubbi per la testa. Tu conosci tanti non dichiarati e forse capisci meglio di me come ragionano.
Ti ringrazio anticipatamente. Ovviamente, se vuoi pubblica pure questa mail, chissà che non la possa leggere anche lui!
Italo (non mi chiamo così, ma mi piace)
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mercoledì 3 maggio 2017

UN MASSAGGIATORE GAY

Ciao Project,
sono un tuo fan ormai da anni e in pratica non passa giorno che io non guardi che c’è di nuovo nel forum, per un po’ sembrava che ci fosse poca gente e che le novità fossero pochine, ma ho visto che l’attività è ripresa e mi fa veramente piacere, e allora penso pure io di poter dare un contributo raccontando la mia storia. Premetto che non è una storia legata a forme di disagio o a problemi seri, direi che il mio contributo è leggerino, ma penso possa essere interessante.
Io sono un fisioterapista, un fisioterapista vero, laureato con una laurea quinquennale e ho fatto diversi corsi professionali di riabilitazione e di fisioterapia sportiva, ho 28 anni. Dopo i primi tempi, in cui nessuno mi conosceva, ho cominciato a lavorare con persone anziane e pazienti traumatizzati o con malattie invalidanti, ho avuto le mie soddisfazioni, ma, lo devo dire, provo anche tanta malinconia quando vedo persone molto mal ridotte, e siccome sono tutti anziani mal messi, capita che ogni tanto qualcuno venga a mancare e la cosa mi fa un effetto terribile perché sono persone che ho conosciuto molto da vicino. Diciamo che questo tipo di attività non è esattamente quello che avrei voluto fare. Di recente ho fatto un corso di qualificazione per l’uso del DAE (defibrillatore semi automatico) e un altro corso sul primo soccorso cardiologico e ho mandato il mio curriculum ad alcune società sportive. Pensavo che nessuno mi avrebbe risposto, ma non è stato così. Una società semiprofessionistica della mia zona mi ha contattato per un colloquio, io ci sono andato e ho portato i miei titoli. C’era un medico, il presidente della società e altre due persone. Sui titoli non hanno avuto niente da dire, e mi hanno detto subito che loro avrebbero potuto farmi un contratto, ma con compensi molto limitati perché il loro bilancio è proprio ridotto all’osso. Ho chiesto quali sarebbero state le condizioni e gli orari e mi hanno detto che avrei lavorato quasi sempre due mattinate alla settimana, giovedì e domenica per 4 ore ogni volta, quindi circa 30 ore al mese in 9 mattinate. Ho chiesto quale sarebbe stato il mio compenso netto e mi hanno risposto poco più di 600 euro, però con l’obbligo di seguire la squadra una domenica sì e una no, quando va in trasferta, in quel caso le spese di spostamento, vitto e alloggio sarebbero state a carico della società. Non ci ho pensato due volte e ho accettato. Ho firmato un contrattino, dopo avergli dato una rapida letta, ma era un modello standard dell’AIC (associazione Italiana calciatori) e quindi mi potevo fidare. Mi ci è voluta una settimana per riordinare gli appuntamenti coi miei pazienti poi, finalmente il giovedì successivo ho fatto primo ingresso in società. L’appuntamento era per le 8.00, sono arrivato alle 7.30 e non c’era ancora nessuno. Sono andato al bar a prendere un cappuccino e c’erano diversi ragazzi con la borsa da calciatore, mi sono fatto coraggio e ho chiesto se erano lì per l’allenamento e poi ho detto che ero il nuovo massaggiatore. Mi hanno risposto che non ne avevano mai avuto uno, comunque sono stati simpatici e il cappuccino me lo hanno offerto loro. Poco prima delle 8.00 siamo entrati, ma il mister non era ancora arrivato, alle 8.05 i ragazzi della squadra c’erano tutti, il mister è arrivato alle 8.30 con una super-macchina, in pratica non staccava dal telefonino, in uno dei rari momenti di pausa mi sono presentato ma lui ha detto solo “bene” ed tornato a fare i cavoli suoi; ha mandato i ragazzi a cambiarsi e poi in campo a fare “un po’ di riscaldamento”, in pratica facevano tutto i ragazzi e il mister continuava a pensare solo agli affari suoi. Io restavo a bordo campo e non sapevo che cosa dire, poi il mister, quando non erano nemmeno le 9.00, mi ha detto: “fagli fare tu qualche cosa, io devo scappare, quando hai finito ti tiri la porta.” E se ne è andato. Quando i ragazzi hanno visto che il mister se ne era andato, se ne volavano andare pure loro, ma io, per contratto dovevo stare lì altre tre ore e non sapevo come fermarli e lì mi è venuta l’idea: li ho chiamati tutti nella palestra, e ho detto che dovevano imparare a usare il defibrillatore, che era una cosa che poteva salvare loro la pelle. Ho chiesto dove stesse il defibrillatore, sapevano che da qualche parte c’era, ma non sapevano dove, poi lo abbiamo trovato in un armadio, ma scarico, abbiamo trovato il posto dove doveva stare e lo abbiamo messo dove doveva stare e ha cominciato a caricarsi, ma ci vuole tempo. Era un defibrillatore che avevo già usato al corso e sapevo farlo funzionare. Ho fatto sedere i ragazzi per terra e ho parlato loro del defibrillatore, di che cosa è, di come funziona e di come si adopera, del massaggio cardiaco, del primo soccorso cardiologico e di tante altre cose molto concrete e molto utili. Mi stavano a sentire, ho detto che non dovevamo perdere tempo e che potevamo fare delle simulazioni. Per rompere il ghiaccio ho fatto io da cavia e ho assunto il ruolo di uno che ha bisogno di soccorso cardiologico e ho chiesto a loro come si sarebbero comportati, si sono avvicinati, hanno fatto alcune manovre, ma non erano quelle giuste e allora ho spiegato loro che cosa dovevano fare, come disporre il paziente, come prendere il polso, come facilitare la respirazione e tutto con l’aiuto di uno che si è prestato a fare lui l’infortunato, poi si è sentito il beep del defibrillatore, segno che era carico, ho fatto vedere loro le spie, il pulsante e i segnali e ho detto che il defibrillatore verifica se c’è bisogno di defibrillazione e guida passo passo l’operatore. Ho chiesto a uno dei ragazzi to togliersi la maglietta perché volevo fare vedere loro dove vanno posti esattamente glie elettrodi, quello si è steso, ho applicato gli elettrodi e il ragazzo si è spaventato e li ha allontanati, pensava che gli potessi fare arrivare una scossa pericolosa, allora mi sono steso, ho messo gli elettrodi su di me e ho detto al ragazzo di avviare il defibrillatore, lui aveva paura di farlo, allora l’ho fatto io al suo posto e il defibrillatore ha risposto che non occorreva defibrillazione. Ho spiegato che l’apparecchio fa una rapida diagnosi e decide se è il caso di dare la scossa e la dà solo se è il caso, e dopo dà le istruzioni per le manovre di rianimazione e di massaggio cardiaco. I ragazzi sono rimasti molto colpiti, e mi hanno detto che era come nei film americani di pronto soccorso. Ho chiesto se c’era una sala medica e una per i massaggi, mi hanno portato in una stanzetta, con un tavolo e due sedie e hanno detto che era tutto lì, ho chiesto del lettino e si sono messi a ridere come per dire che non avevo ancora capito dove stavo. Chiedo ai ragazzi perché non hanno fatto la doccia dopo l’allenamento, mi fanno segno di seguirli, aprono una porta, c’è il locale docce con otto box ma è evidente che non funzionano da anni, oltre una seconda porta ci sono anche quattro gabinetti ma ne funziona solo uno. Mi dicono che la società non ha soldi, e allora lancio la proposta: “Chiediamo il permesso e mettiamo tutto a posto noi, ci sarà un po’ da lavorare ma siamo in tanti.” Erano perplessi, dicevano che bisognava chiedere il permesso al mister, io ho risposto che non era cosa del mister ma del presidente e ho detto che avrei provato a parlarci, mi guardavano come se fossi un animale raro caduto lì dentro per sbaglio. Erano passate da dopo le 11.00 e ho fatto andare via i ragazzi, ma non senza prendermi tutti i loro numeri di cellulare e senza dare a loro il mio. Dopo che se ne sono andati ho fatto un rapido giro dell’edificio che, se rimesso a posto, non sarebbe stato niente male, ho preso le misure della sala medica e degli altri locali e mi sono disegnato una piantina con tutti i dati. Poi ho chiamato la segretaria del presidente e le ho detto che avrei voluto parlare col presidente. Mi ha chiesto: “Ci sono problemi?” Ho risposto “No!” in modo deciso e dopo qualche secondo me lo ha passato. Gli ho detto che ero stato all’allenamento e che mi ero trovato molto bene e poi ho lanciato la mia proposta: “Se io mi mettessi al lavoro per rimettere un po’ in funzione le docce, i bagni e cose del genere lei mi lascerebbe fare?”, mi ha risposto: “Può fare quello che vuole, ma non si aspetti quattrini né per lei né per pagare altre spese, perché quattrini non ce ne sono.” Gli ho risposto: “Presidente, io non le sto chiedendo soldi ma solo il permesso di fare.” Lui mi ha detto che non aveva niente in contrario ma che aveva parlato chiaro e soldi non ne avrei avuti in nessun caso.
Ho comprato stracci, scope, spazzoloni, anticalcare, detersivi. Il mister mi aveva dato le chiavi e ho passato tutte le mie ore libere a pulire la sala docce, l’acqua c’era e gli scarichi funzionavano, era solo tutto sporco e incrostato. La domenica era giorno di partita, sono stato coi ragazzi prima dell’inizio, ma non si potevano fare massaggi perché non c’era nemmeno il lettino, nell’intervallo ho fatto stendere a terra uno che aveva ricevuto un calcio su un piede e ho lavorato sodo su quel piede e mi ha detto che stava meglio ed è tornato a giocare, alla fine della partita (purtroppo andata male) ho detto ai ragazzi che potevano fare la doccia, hanno aperto la porta del locale docce ed era tutto pulito, hanno fatto la doccia per la prima volta con l’acqua calda, io sono rimasto fuori, quando sono usciti mi hanno chiesto dove stavano stracci e detersivi perché non potevano lasciare tutto sporco. Hanno ripulito tutto e io ho chiesto che mi dessero una mano a portare un lettino per i massaggi e un armadietto che avevo a casa e che non avevo mai adoperato. Uno ha detto che poteva prendere per un’ora un furgone ma che bisognava farlo subito perché gli altri giorni lo usavano per il lavoro. Siamo andati a prendere il furgone, poi a casa mia, abbiamo caricato il lettino e l’armadietto e siamo andati di nuovo allo stadio e sistemare le cose. Ho chiesto perché il mister non fosse andato alla partita e mi hanno risposto alzando le braccia. Io però ho detto subito: “Ma tante cose possono cambiare!” Uno mi ha detto: “Il mister no!” io ho detto che anche restando lui formalmente il mister tante cose potevano cambiare, poi li ho salutati dicendo: ci vediamo giovedì e cerchiamo di fare un po’ di lavoro vero.
Il giovedì hanno trovato la sala medica perfettamente pulita, c’erano anche l’apparecchio per la pressione, il pulsossimetro e un po’ pomate per gli strappi muscolari. Il mister mi aveva avvertito che non sarebbe venuto. Ho proposto ai ragazzi un minimo di preparazione prima dell’allenamento, abbiamo portato il lettino nella palestra e si sono messi tutti intorno, ho chiesto un volontario e Marcello si è steso sul lettino. Ho detto loro che sono calciatori e che la preparazione deve riguardare soprattutto i muscoli delle gambe, ho fatto vedere alcune manovre per la distensione muscolare e per lo scioglimento delle articolazioni, io facevo il movimento su Marcello e loro lo rifacevano divisi a coppie, siamo stati quasi 40 minuti a fare esercizi, poi siamo andati a fare allenamento (senza il mister). Mi ero preparato tutta una serie di esercizi presi da un libro sull’allenamento di calcio. I ragazzi mi guardavano stupiti: mi chiedevano se ero stato un calciatore, ma io rispondevo che ero solo un fisioterapista. Abbiamo fatto più di un’ora di preparazione atletica e poi una partitella tutta giocata sulla tecnica più che sulla forza. Alla fine hanno fatto la doccia e hanno ripulito tutto. Uno mi ha detto che aveva tanti libri tecnici sul calcio e ha detto che poteva portarli e che forse potevano essere utili.
Insomma, Project, col tempo, con questi ragazzi si sono creati rapporti bellissimi, siamo diventati proprio amici. Io avevo la possibilità di massaggiarli, ma l’ho fatto sempre molto professionalmente e coi ragazzi che indossavano comunque gli slip. Ogni tanto qualcuno usciva nudo dalle docce ma la cosa era normalissima pure per me, quello che mi piaceva era l’atmosfera assolutamente magica che si respirava allo stadio, il fatto che in pratica eravamo come fratelli e che se c’era qualche problema ci davamo una mano uno con l’altro per risolverlo. Io sono gay e lo sono sempre stato, per me stare tra questi ragazzi è la felicità! Mi sono chiesto più volte se tra loro ci fosse qualche ragazzo gay, ma credo proprio che non ce ne siano. Se ce ne fossero stati, sarei stato molto meno disinvolto, perché un gay in certe situazioni si potrebbe sentire a disagio e questo proprio non deve succedere.
Ecco la storia è questa, non c’è niente di porno, c’è solo il fatto che con questi ragazzi, che sono quasi certamente tutti etero, si sta benissimo, Non mi sento un gay represso che si accontenta di amici etero. Io non mi sono innamorato di nessuno di questi ragazzi, quella sarebbe proprio un’altra storia, questi ragazzi, per me sono amici, ma sono così importanti che io sto bene così, al momento almeno. Le mie fantasie ce le faccio, beh, questo è umano, ma restano cose mie privatissime. Quando mi innamorerò le cose saranno diverse.
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