giovedì 13 settembre 2007

GAY O ETERO NON IMPORTA IO GLI VOGLIO BENE

A 27 anni che vado cercando? Ragazzino mi ci sento ancora... adesso lavoro, ma sto ancora a casa coi miei, brava gente per carità e mi dispiace pure che con loro non posso parlare chiaro, ma non posso e qualunque altra idea me la devo togliere dalla testa... insomma, come faccio a dirlo... mi sembra una cosa un po’ troppo stupida o un po’ troppo sconcia a seconda dei punti di vista... io non so a voi ma me i ragazzi dai 18 ai 21 anni mi attirano moltissimo, poi quelli più grandi sempre meno, ancora quelli della mia età li guardo, ma mi sembrano già più stagionati. I ragazzi giovani, chiamiamoli i giovani adulti, per me sono il massimo perché sono adulti ma hanno ancora qualcosa di adolescenziale, nel modo di fare, nella disponibilità affettiva, nella voglia di giocare, poi passa, è ovvio che poi passa, ma a quell’età ci sono dei ragazzi che sono proprio meravigliosi, è chiaro, non tutti, anzi, ce ne sono di quelli che non vorrei incontrare per nessuna ragione, ma quelli che dico io sono un’altra cosa. Adesso, non è che mi sento in colpa di cercare dei ragazzi più giovani di me, perché pure io non sono Matusalemme, però, che ne so, quando sto con certi di questi ragazzi mi sento in estasi. Purtroppo non ho occasione di conoscere molti ragazzi di quell’età, io ormai sono fuori dall’università, ho fatto tanto per studiare e per uscire il più presto possibile ma poi dell’università ho perso il meglio e adesso io faccio l’ingegnere e nella mia facoltà c’erano soprattutto ragazzi. Mi hanno detto che trenrt’anni fa le ragazze non c’erano proprio a ingegneria, studiare trent’anni fa mi sarebbe piaciuto moltissimo. Quando ormai stai fuori dall’università e vai a finire nel lavoro di bei ragazzi ne trovi pochi. Qui in ditta con me in pratica non c’è nessuno nemmeno passabile, nemmeno etero, tutta una mezza calzetta di vecchioni con pance enormi o di stecchini lunghi lunghi e fini fini come dei grissini torinesi, il mio capo è così. Quindi qui niente e dove posso andare a cercare qualche cosa di più gradevole? Ma come fa uno di 27 anni a mescolarsi con i ragazzi giovani? Le feste? Sì, ma quali? Da chi? Perché? E poi sarebbe tutto falso, le cose belle o nascono da sé o non esistono. Allora l’ho pensata bene, sembra una storiella pornografica ma qui di erotico non c’è gran che, un po’ di fantasia ma finisce tutto lì. Insomma ho pensato di iscrivermi a una federazione di atletica e di andarmene allo stadio a fare un po’ di sport. Adesso, che ci fosse stata una qualche intenzione malandrina di fondo non lo posso negare, perché a forza di fantasia non si conclude mai nulla e uno o le occasioni se le crea o resta solo con la fantasia, uno quando c’ha in testa una cosa del genere c’ha il cervello che cammina da sé e non si ferma più. Devo fare le visite sportive, anche qui tanto di fantasie non ci sono mancate... poi viene il giorno, entro dal medico, mi fa togliere solo la camicia e mi fa l’elettrocardiogramma, poi mi chiede se ho fatto delle analisi di recente, gli dico di no, poi mi metto in allarme e gli chiedo se c’è qualcosa che non va e lui mi dice che probabilmente sono fenomeni transitori ma sarebbe bene fare qualche accertamento, al che mi sono sentito crollare il mondo addosso, mi ha dato il tracciato e mi ha detto che dovevo andare in ospedale a fare altri accertamenti, me li ha scritti e mi ha mandato dal mio medico. Quando sono uscito ero sconvolto, non pensavo più al sesso ma a un’altra cosa che non nomino mai e che il mio unico tabù. Ho cercato di accelerare il più possibile la visita in ospedale e me l’hanno data per il lunedì successivo. Ho aspettato quattro giorni con un’ansia che mi mangiava il fegato, poi sono andato, c’era una grande sala d’attesa e parecchia gente in fila, ogni tanto passava l’infermiera a raccogliere i foglietti delle prenotazioni. A un certo punto è entrato un ragazzo di 18-19 anni, almeno così sembrava, ma era così bello che mi sono perfino dimenticato di quello che ero andato a fare lì, l’ho guardato da lontano cercando di non farmi notare, poi lui mi ha notato e mi sono sentito congelare ma lui mi ha fatto un accenno di sorriso una cosa tra il dolcissimo e il malinconico, era come se mi cadesse il mondo addosso. Il ragazzo era solo, un fatto anomalo per un ragazzo di quell’età. Ma che ci fa un ragazzo di quell’età nella sala d’aspetto del reparto di cardiologia di un ospedale? Aveva un fascio di carte e di analisi... ma forse non erano sue, potevano essere del padre... ma il padre non c’era... Mi ha preso un dubbio atroce... ma quel ragazzo stava male? Come poteva uno così stare male? Mi era presa un’angoscia quasi fisica, poi mi hanno chiamato per gli esami e sono entrato, mi hanno fatto l’ecocardio e poi la prova da sforzo, ho provato ha chiedere al dottore e mi ha detto che sembrava tutto normale e che mi avrebbero messo l’Holter per un monitoraggio delle 24 ore ma sicuramente non c’era niente di preoccupante. Sono uscito tranquillizzato, dovevo tornare l’indomani per l’Holter ma le preoccupazioni peggiori non le avevo più, poi sono ripassato per la sala d’aspetto e quel ragazzo stava ancora lì, mi sono seduto anch’io, ho letto i referti dei mie esami che non mi sembravano in realtà preoccupanti e sono rimasto lì perché volevo vedere con che faccia quella ragazzo sarebbe uscito dalla visita, era molto dopo di me e ho aspettato un sacco di tempo, quasi due ore, poi l’hanno chiamato ed è stato dentro moltissimo tempo, a me stava tornando l’angoscia, è uscito dopo quasi un’ora e gli ho chiesto: “Com’è andata?” Mi ha riposto: “Meno peggio di quello che pensavo”, gli ho chiesto: “Sei preoccupato?” e lui mi ha detto: “Se scendi giù con me ti dico”, in pratica è cominciata così, lui aveva voglia di parlare e io di ascoltarlo, lui i problemi li aveva, prendeva farmaci e doveva stare molto attento. Io dentro mi sentivo distrutto, ma perché devono succedere cose del genere? L’ho accompagnato a casa sua in macchina e siamo stati a parlare tantissimo tempo lo avrebbero operato prima o poi ma a breve scadenza forse un anno o due, poi ci siamo lasciati e mi ha dato il numero di telefono. Si chiama Dario, ha 23 anni adesso, studia come può giurisprudenza e soprattutto ha combattuto una difficilissima battaglia per sopravvivere. E’stato operato e ha superato l’operazione e se fossi finito io sotto i ferri non avrei provato un’angoscia più profonda, quando suo padre mi ha chiamato (perché poi ho fatto amicizia pure con i genitori) per dirmi che si era svegliato dopo l’operazione mi è sembrato di risorgere, la prima cosa che ho fatto è stata raccogliere tutti i quattrini che avevo in casa mandare un’offerta alle suore di Madre Teresa, un gesto che in un altro momento non avrei mai fatto, ma mi sentivo portato proprio in un’altra dimensione. Volevo ringraziare il Padre eterno perché Dario me l’aveva lasciato. Sono passati i primi giorni, i più difficili, in terapia intensiva, poi l’hanno riportato al reparto, era bello come un angelo ma bianco come un cencio, intorno a lui eravamo in tre: io, sua madre e suo padre e io mi sentivo al posto giusto, quando era più padrone di sé gli stringevo forte la mano e lui accennava un sorriso. La convalescenza è stata lunga, lunghissima, poi la ripresa è stata più decisa, adesso abbiamo cominciato a fare le prime passeggiate, un po’ si stanca ma sempre meno, i medici sono fiduciosi e anch’io. Se Dario sia gay o etero non lo so e in fondo non me ne importa niente, so solo che gli voglio bene come non ne ho mai voluto a nessuno e anche lui mi vuole bene e in fondo non c’è niente di più bello di questa reciprocità. Da lui ho imparato tante cose sulla sofferenza e sul modo di viverla, adesso mi sento molto meno stupido di prima e, in fondo, non ho nemmeno paura di quella cosa che non nomino, adesso più che avere paura della morte ho imparato ad amare la vita, e questo lo devo a Dario.

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