giovedì 27 settembre 2007

ANDY 2-2 ROMANZO GAY - IL PRIMO INCONTRO

Per non appesantire il titolo, d’ora in poi numererò le parti del Romanzo come sopra. ANDY 2/2 significa secondo capitolo, seconda parte. Aggiungerò anche il sottotitolo per orientare il lettore circa il contenuto.
In questa parte leggerete del primo contatto tra Marco e Andy. Credo che molti di voi potranno ritrovarsi in questo racconto. Marco è ansioso e quasi angosciato di fronte a Andy, ma la prima parola di Andy è già una dichiarazione d’amore!
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Marco vide entrare nel salone più grande un ragazzo che era arrivato proprio allora, gli sembrò bellissimo, non ebbe in realtà la possibilità di osservarlo in volto, ma già la sua fisionomia e il suo portamento, agli occhi di Marco, lo distinguevano da tutti gli altri. Marco sentì crescere immediatamente un interesse fortissimo per quel ragazzo, poi il ragazzo nel parlare con altri ospiti casualmente si voltò e Marco poté vederlo per un solo istante di profilo, non era come il bellissimo che aveva preso il tram affollato ma addirittura più bello, un ragazzo che irradiava tutto intorno una speciale aura di dolcezza, o almeno a Marco sembrava che fosse così. Cercò di seguirlo con lo sguardo stando attento a non farsi notare ma in un primo momento lo perse di vista, provò un attimo di panico, qualche istante dopo lo rivide e da allora non gli staccò più gli occhi di dosso, ora l’osservazione era più attenta ma anche più esitante e timorosa, apparentemente Marco cercava di passare inosservato ma forse avrebbe voluto proprio farsi notare, farsi notare ma senza sembrare troppo insistente, questo avrebbe voluto più di ogni altra cosa, non sapeva come comportarsi, in genere preferiva una linea prudente di attesa ma ora sentiva dentro di sé la spinta di un desiderio fortissimo, il confine tra il desiderio e la prudenza in quel momento era impercettibile ma angoscioso. Notò subito che il ragazzo era solo, non era venuto in coppia, era vestito di chiaro e non di blu come tutti gli altri ragazzi presenti, Marco compreso. Sembrava uno fuori dal coro. Quel ragazzo era ormai l’unico polo di attrazione di tutte le facoltà sensoriali e mentali di Marco, lo osservava un po’ con lo sguardo del ricercatore che è a un passo dalla sua importantissima scoperta e un po’ con l’occhio dell’artista che contempla la sua immagine della perfezione, cercava di cogliere e di interpretare ogni gesto, ogni minima movenza, di capire chi fosse quel ragazzo e che rapporto avesse con tutto il resto, comunque il ragazzo era solo, e questo per Marco non era un dettaglio casuale, almeno non gli sembrava tale, non portava anelli o fedine né orecchino o cose del genere, era fine nel tratto, estremamente educato, sembrava uno nato per stare in società ma non sembrava nemmeno troppo interessato all’ambiente e alla conversazione, rispondeva cortesemente con una voce calda e piuttosto bassa, non aveva l’atteggiamento impacciato e un po’ teatrale di tanti altri, sorrideva molto, cosa che piacque tantissimo a Marco, e non accennava ad alcun gesto di familiarità con nessuno dei presenti, né uomo né donna, il suo modo di fare talvolta diveniva più formale, ma in quei momenti interveniva un sorriso di autoironia che dava ai suoi atteggiamenti una sottolineatura giocosa, la sua disinvoltura poteva sembrare sì una recita da attore di garbo e di provata esperienza ma con qual pizzico di distacco che agli occhi di Marco aveva un fascino enorme.
Inizialmente il ragazzo si trattenne nel salone più grande, stava piuttosto in disparte, non prendeva iniziative, non si fermava a parlare con altri ospiti se non quando era chiamato in causa, e anche allora si limitava all’indispensabile, non dimostrava toni particolarmente deferenti verso le ragazze come la maggior parte dei ragazzi presenti, né toni di particolare complicità con gli altri ragazzi, si teneva agli obblighi di cortesia come un professionista della vita sociale ma sembrava che lo conoscessero in pochi e, cosa che a Marco suonava stranissima, non suscitava nemmeno occhiate interessate da parte delle ragazze presenti.
La fantasia di Marco, correva ormai velocissima, quel ragazzo gli sembrava vicinissimo, avrebbe dovuto solo farsi avanti e il resto sarebbe venuto da sé, progettava di alzarsi dalla sua postazione ben mimetizzata e di avvicinarsi a lui, desiderava di poter suscitare in lui un interesse, si sarebbe contentato di risvegliare un interesse anche minimo, voleva parlare con lui, stargli vicino il più possibile, aveva bisogno di verifiche, di prove che trasformassero le sue ipotesi in certezze. Tutti i recettori sensoriali di Marco e tutte le sue capacità istintive di elaborazione erano in stato di massima allerta, il suo cervello rielaborava alla velocità della luce ogni minimo segnale per arrivare ad una conclusione, col passare dei minuti, lentamente ma inesorabilmente, l’ansia cresceva, le ipotesi si rafforzavano ma al tempo stesso la paura di sbagliare bloccava sul nascere ogni tentativo di passare all’azione, Marco non era abituato ad agire in circostanze simili. I minuti continuavano a scorrere e Marco rimaneva dannatamente ancorato alla sua maledetta poltrona, il ragazzo non dava il minimo segno di accorgersi di lui, a Marco era parso che un paio di volte avesse gettato qualche sguardo dalla sua parte ma l’impressione era stata alquanto vaga e comunque il ragazzo non si allontanava dalla sala principale, Marco era ormai invaso da una malinconia e da un senso di frustrazione terribile, si sentiva uno stupido: perché non avrebbe dovuto farsi avanti? Che cosa avrebbe potuto perdere? Ben poco, in rapporto a quello che sperava di trovare, eppure non aveva il coraggio di muoversi, era bloccato e amareggiato e ormai cominciava a pensare che avrebbe continuato solo ad osservare da lontano e che anche quella volta sarebbe finito tutto lì, eppure Marco aveva la certezza sostanziale che quel ragazzo lo avrebbe capito, che avrebbero avuto o forse avrebbero solo potuto avere un mondo in comune. Non accadde nulla per più di un’ora. L’amarezza ormai aveva preso il posto dell’entusiasmo nell’anima di Marco. Poi il ragazzo venne casualmente, almeno così parve a Marco, nella sala più piccola per accostarsi al buffet e Marco si sentì il cuore in gola, poi tornò nel salone più grande. Marco ebbe come l’impressione che il ragazzo lo avesse notato, forse non era successo ma a Marco parve di sì, era turbato e non riusciva più a distinguere i suoi desideri della percezione della realtà, per diverso tempo il ragazzo si trattenne nel salone grande ma non prese parte alle danze, poi, quasi casualmente, si mosse verso la parte della sala più piccola dove Marco aveva piazzato il suo centro di osservazione, Marco se ne sentì sconvolto e desiderò che il ragazzo non cambiasse direzione, nel vederlo venire più vicino Marco confermò la prima impressione, era proprio bellissimo, ma di una bellezza dolce, a tratti quasi infantile. Per un istante si scambiarono un’occhiata, fu una cosa fulminea, Marco si sentì spaccare il cuore, nello sguardo di quel ragazzo aveva l’impressione di avere colto l’anima, lo sguardo era diretto, profondo come una rivelazione, caldamente comunicativo, in un istante si era consumata una comunicazione globale, o almeno Marco ne era convinto, ne era disperatamente convinto, quel ragazzo non era solo bello, ma sembrava incarnare tutti, ma proprio tutti, i sogni di Marco.
Marco dentro di sé cominciava a recitare mentalmente le litanie della sua disperazione.
- Non te ne andare, per carità! Stai qua, non ti allontanare! Mannaggia, quanto sei bello, quanto sei dolce, come fai a essere tutto come nei miei sogni… come ti chiami? Mannaggia non lo so… non mi deludere, vieni qui, non mi lasciare solo… dove stai andando… ma possibile che non ti sei accorto di niente… vieni, avvicinati, ti prego, stai qui, stai vicino a me…
Marco sentì il ragazzo parlare con una ragazza che si era avvicinata al buffet, la ragazza sembrava interessata al bellissimo e Marco aveva la netta sensazione che fosse venuta per rovinargli la festa, il bellissimo era a pochi passi da lui, ma sembrava ora irraggiungibile, la sua voce, ascoltata così da vicino, gli pareva un prodigio, quasi la voce di un angelo con quella sfumatura impercettibile tra l’angelico e il sensuale che a Marco dava i brividi. Ma si trattava di una sfumatura di sensualità assolutamente naturale, adolescenziale, nessun atteggiamento studiato, se mai una forma di esitazione.
Marco continuava il suo delirio.
- Brutta stronza! Vattene via! Sparisci! Ma che aspetti! Io ti strozzerei, ma che sei venuta a fare qui! Ma porco …! Ma devi venire a civettare proprio davanti a me, e poi con lui no! Ma ce ne sono tanti di là! Mannaggia! E continua, questa puttana!
Poi la ragazza si allontanò, e in fondo aveva scambiato col bellissimo solo due parole di cortesia che però a Marco erano sembrate una forma di adescamento puttanesco in piena regola. Il bellissimo rimase vicino al buffet e Marco riprese a delirare.
- Allora non te ne importa niente! Allora ho ragione io! Vieni qua, vieni qua! Vieni! Restami vicino, almeno questo! Perché non vieni a parlare con me? Io ti sto aspettando… mannaggia, ma come fai a non accorgerti di niente!
Marco si sentiva pericolosamente attratto da sentimenti fortissimi verso quel ragazzo, anche se tra loro c’era stato solo uno sguardo di una frazione di secondo a Marco sembrava che si fosse consumata una intera storia d’amore. Decise di alzarsi dalla poltrona per tentare un approccio anche minimo, forse non avrebbe avuto il coraggio di parlare ma almeno gli sarebbe stato vicino, avrebbe percepito il calore del suo corpo, sarebbe stato un modo di scoprirsi ma Marco era ormai deciso a giocare il tutto per tutto, mentre meditava il suo piano il ragazzo gli passò davanti una seconda volta, quasi improvvisamente e di nuovo si guardarono negli occhi per un attimo, questa volta però l’attimo fu meno fuggevole, fu in qualche modo un cercarsi, Marco era sconvolto, non sapeva come interpretare la cosa, sentiva istintivamente che non era una cosa casuale ma aveva ancora paura di sbagliare, di aver capito male, in fondo fraintendere, in una situazione come quella, sarebbe stato facilissimo, ma Marco era portato a credere che quel secondo istante di incontro fosse stato desiderato da entrambi e fosse già un modo forte di comunicare. Marco, che si era appena alzato dalla poltrona, ritornò alla sua posizione e notò che il ragazzo prima si affacciò nel salone delle danze ma poi non vi entrò ma si appoggiò alla porta di divisione con apparente noncuranza e dopo un po’, sempre guardando o facendo segno di guardare nella sala dove si ballava, si mise a sedere su una sedia nel salone più piccolo, vicino alla porta scorrevole, da dove si poteva controllare sia la sala da ballo che la posizione di Marco e non se ne andò anche se il baricentro della festa era nell’altra sala, non si voltò verso Marco ma la sua presenza a Marco fece un effetto molto forte, il bellissimo non guardava dalla parte di Marco ma non sembrava avere alcun vero interesse né per il ballo né per nessun’altra delle cose che accadevano tra gli altri ospiti; quel ragazzo non ballava, se avesse voluto avrebbe trovato subito una ragazza, e anzi alcune ragazze lo avevano invitato ma lui aveva risposto di no in modo così garbato che non c’era stata nemmeno insistenza, Marco temeva che al ballo successivo il ragazzo si sarebbe lasciato trascinare ma questo sistematicamente non accadeva e i minuti passavano. Non lontano dalla poltrona defilata di Marco c’era un’altra poltrona dalla quale si poteva osservare direttamente la sua posizione, il ragazzo a un certo punto si allontanò dalla porta che divideva le due sale e andò a sedersi proprio lì in modo quasi casuale, continuava in linea di massima a guardare verso il centro della festa ma Marco, la cui fantasia viaggiava ormai verso altri pianeti, ebbe l’impressione che ora guardasse almeno qualche volta dalla sua parte, si trattava di sguardi casuali, come se stesse osservando l’arredamento, ma forse non si trattava solo di questo, a un certo punto i loro sguardi si incontrarono ancora una volta, poi il ragazzo si alzò e si avvicinò a Marco, che era in preda alla più totale confusione.
- Ma noi ci conosciamo?
Marco si sentì un po’ piccato per la banalità della domanda e pensò per una frazione di secondo che il ragazzo avesse colto i suoi sguardi, anche se aveva fatto di tutto per non farsi notare, ma poi li avesse interpretati come un cenno al fatto che si erano già conosciuti. Rispose comunque senza esitare.
- No, non credo.
Il ragazzo guardò Marco dritto negli occhi, sfoderò un sorriso luminosissimo e aggiunse una parola che scombussolò Marco.
- Peccato!

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