venerdì 27 aprile 2018

GAY E SESSO DISFUNZIONALE

Omosessualità ego-distonica
Nella classificazione dei disordini mentali e comportamentali contenuta nella decima formulazione del documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la classificazione della malattie (ICD-10), l’omosessualità non è più in alcun modo considerata una malattia e si riconosce l’esistenza di forme distoniche di tutti gli orientamenti sessuali. L’omosessualità eco-distonica è una omosessualità riconosciuta dal soggetto ma non accettata. Se un omosessuale, pienamente cosciente di essere omosessuale, entra in conflitto col suo orientamento sessuale per ragioni religiose, morali o sociali e desidera cambiare orientamento sessuale, si dice che la sua è una omosessualità ego-distonica. Questa categoria è ormai desueta e l’omosessualità ego-distonica non è più classificata come disturbo mentale, ma come semplice disagio dovuto a ragioni culturali o sociali. L’ICD-10 è stato approvato dalla 43esima Assemblea della OMS nel maggio del 1990 ed è entrato in uso negli Stati aderenti alla OMS dal 1994. È attesa la pubblicazione del l’ICD-11 entro il 2018, e si prevede che sia completamente eliminato qualsiasi riferimento alla omosessualità anche ego-distonica. Due punti devono essere sottolineati:
1) l’eccesso di psichiatrizzazione è arrivato a superare i limite del ridicolo (e veramente del patologico) con la descrizione, nell’800, di una presunta patologia, la drapetomania, un “disturbo degli schiavi che hanno la tendenza a scappare dal loro proprietario a causa di una propensione innata per la voglia di viaggiare”. La psichiatria, partendo dall’assunto che la schiavitù fosse una cosa normale è arrivata a considerare patologica la tendenza degli schiavi a scappare!
2) il mantenimento della categoria di “Omosessualità ego-distonica” ha alimentato il florido mercato delle terapie di conversione mirate al riportare gli omosessuali alla eterosessualità, perché queste pratiche aberranti erano considerate ufficialmente forme di cura per una “malattia” e quindi erano rimborsabili dalle assicurazioni sanitarie o dai servizi sanitari nazionali, ove presenti.
L’omosessualità era stata eliminata fin dal 1973 dal DSM (Diagnostic and Statistical Manual del American Psychiatric Association (APA)), dopo un percorso molto tortuoso in cui resistenze di tipo ideologico, opportunismi politici e interessi economici si intrecciavano in vario modo, in un territorio di confine in cui la scienza (psichiatria) rischiava di perdere anche l’apparenza dell’oggettività.  Rinvio a questo proposito a un bell’articolo di Jack Drescher: Out of DSM: Depathologizing Homosexuality (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4695779/) che illustra il percorso che ha portato alla depatologizzazione della omosessualità da parte dell’APA.
Lasciamo da parte, con tutte le riserve del caso, la categoria di omosessualità ego-distonica, che ormai ha fatto il suo tempo, e veniamo all’oggetto specifico di questo articolo, ossia alla sessualità gay disfunzionale che è qualcosa di profondamente diverso.
Gay e sesso disfunzionale
La tradizione culturale ci ha assuefatti all’associazione di sesso e piacere, avallando l’identificazione della sessualità con la gratificazione che ne può derivare, l’esperienza tuttavia insegna che non sono rari i casi in cui la sessualità, lungi dall’essere associata al piacere e alla gratificazione, diviene espressione e talvolta concausa non secondaria di stati depressivi poco appariscenti ma subdoli e addirittura pericolosi.
L’associazione di sessualità e senso di gratificazione non è una costante necessaria ma è indotta dall’imprinting sessuale e dai primi approcci alla sessualità adulta che agiscono in modo vario e complesso sulle componenti della personalità in formazione e la plasmano. Si può arrivare a vivere la sessualità come una vera e propria ossessione, cioè come una dipendenza invasiva e pervasiva che condiziona profondamente l’intera personalità, si può arrivare a vivere la sessualità come autopunizione, come forma autoimposta di degradazione morale o come costantemente accompagnata da sensi di colpa associati ad un irrefrenabile impulso a ripetere. In altri termini la sessualità può essere una risposta disfunzionale al disagio che non solo non lo allevia ma può appesantirlo in modo condizionante.
Quando si assiste ad un esercizio spasmodico della sessualità, in particolare quando la sessualità è disgiunta dalla componente affettiva, sorge il legittimo sospetto che si tratti di una sessualità disfunzionale.
Faccio un esempio molto semplice ma molto significativo: quando un ragazzo vive una sessualità molto attiva ma accompagnata da senso di soddisfazione e di gratificazione, non c’è ragione di sospettare qualche forma di disagio, se invece la sessualità iperattiva è accompagnata da sensazioni di tipo depressivo, da un calo dell’autostima o dalla percezione di un senso di dipendenza, è legittimo chiedersi se dietro non ci sia una forma di disagio.
La sessualità come manifestazione e componente del disagio si incontra più facilmente negli omosessuali e in particolare in quegli omosessuali che, per ragioni di conformismo sociale o per fatti legati alla storia individuale, vivono in condizioni di repressione o presentano forme di sessualità che non sono facilmente accettate nemmeno in contesti per altri aspetti accoglienti, come per esempio i rapporti intergenerazionali. Come è ovvio e come ho potuto riscontrare più volte, l’aver subito in età infantile o anche nella prima adolescenza forme di abuso sessuale predispone ad una sessualità disfunzionale ma non la determina in modo necessario.
Alla base della sessualità disfunzionale si trova frequentemente l’idea della trasgressione e del coinvolgere altri in comportamenti trasgressivi, il che spesso significa cercare di uscire dall’isolamento e poter condividere un aspetto intimo e allo stesso tempo ansiogeno della propria personalità. Vorrei precisare che la sessualità disfunzionale affonda spesso le sue radici in settori del vissuto individuale che non hanno nulla a che vedere con la sessualità ma che hanno forti riflessi sull’autostima e sono spesso legate al contesto familiare di origine.
Il patrimonio della intimità sessuale rappresenta una delle dimensioni più importanti e nello stesso tempo più fragili della personalità, una dimensione invisibile ma presente sulla quale ciascuno misura ai livelli più profondi la sua integrazione sociale. Ovviamente all’intimità sessuale sono riferibili molti sensi di colpa, legati alla tendenza a invadere l’intimità sessuale altrui o a dissipare la propria con comportamenti anomali o eccessivi.
Da quello che ho potuto vedere la dicotomia tra affettività e sessualità, che in certe persone sembra comunque originaria, è spesso fortemente accentuata dalle esperienze di rifiuto, cioè da storie a sfondo affettivo-sessuale cominciate con entusiasmo e terminate per manifesta incompatibilità. La ripetuta esperienza dell’incompatibilità affettiva porta allo spostamento dell’investimento emotivo verso la sessualità non affettiva. Gli archetipi emersi dall’imprinting sessuale diventano così dei modelli da ripetere in modo continuo e progressivamente sempre meno gratificante. L’idea della trasgressione comincia a pesare più di quella della condivisione, i comportamenti diventano rituali e stereotipati e si forma una specie di copione che si ripete più o meno identico indipendentemente dalla personalità del partner.
Questo meccanismo, che di fatto crea una dipendenza ossessiva, è vissuto inizialmente come un semplice disagio ma tende gradualmente a divenire compulsivo. Le componenti affettive si ritraggono dalla sessualità ma non spariscono dall’orizzonte individuale, restano solo in una dimensione separata dalla sessualità. I ragazzi che vivono condizioni di disfunzionalità sessuale hanno un’affettività spesso molto profonda che può manifestarsi come tale in tutte le sue potenzialità, che possono essere enormi, intendo dire che quei ragazzi possono vivere rapporti di amicizia importanti, possono avere, su aspetti che non toccano la sessualità, un codice morale rigidissimo, ma quando si tratta di sessualità finiranno per sentirsi dominati dalla coazione a ripetere sempre i medesimi comportamenti e a cercare di coinvolgere altri in comportamenti che essi ritengono trasgressivi e comunque a dissociare affettività e sessualità.
Devo osservare che molti dei comportamenti che qui ragazzi considerano trasgressivi, sono in realtà delle varianti abbastanza comuni del comportamento sessuale che, quando non sono accompagnate da senso di dipendenza e da compulsione a ripetere o dalla tendenza a focalizzarsi soltanto su di esse, non esprimono e non creano affatto disagio. Riporto un esempio significativo: i rapporti intergenerazionali  su base affettiva non sono espressioni di disagio ma quei rapporti, vissuti senza affettività e quasi autoimposti, manifestano un disagio che può essere profondo, lo stesso discorso vale per esempio per la penetrazione anale che non ha nulla a che vedere col disagio, quando è vissuta come gratificante e spontanea, ma che è invece segno di un disagio che può essere profondo quando è vissuta come autoimposizione da persone che nelle loro fantasie sessuali non hanno mai preso in considerazione quella particolare pratica sessuale. Lo stesso si potrebbe dire per l’uso di un linguaggio particolarmente provocatorio, volgare o aggressivo negli incontri sessuali e così via.
 Avviene in questi casi un po’ quello che avviene nel doc (disturbo ossessivo compulsivo), un comportamento che di per sé non avrebbe nulla di trasgressivo, se fosse vissuto in una dimensione affettiva, giocosa e comunque collaborativa e senza ruoli fissi, cioè con criteri di parità e in modo leggero, è invece ritenuto trasgressivo ed è vissuto come compulsivo, ma la ragione non sta nella oggettiva trasgressività di quel comportamento o nella sua intrinseca compulsività ma solo nella mente de soggetto che associa quei comportamenti ad una situazione di disagio.
Esistono alcuni criteri che tendono alla prevenzione, nei limiti del possibile, della sessualità disfunzionale:
1)  Rispetto assoluto della privacy del bambino o dell’adolescente in questioni legate alla sessualità
2) Cercare di prevenire in ogni modo gli abusi sessuali su minori, che incidono in maniera profondissima sulla vita adulta
3) Creare un ambiente che tenda a favorire l’autostima e a sviluppare un clima affettivo, in particolare fornendo esempi di associazione tra affettività e sessualità
Cerchiamo ora di analizzare sinteticamente ciascuno di questi punti.
Comprendo molto bene che nell’era di internet, in cui i bambini e gli adolescenti hanno facilmente accesso alla rete e a tutti suoi contenuti, un genitore possa essere preoccupato dell’accesso del figlio alla pornografia, che per certi versi è inevitabile; è tuttavia opportuno che questo accesso avvenga ad un’età in cui esiste già una sessualità sostanzialmente adulta (14-15 anni), in modo che non si sviluppino modelli di comportamento esclusivamente imitativo, perché un modello di sessualità esclusivamente imitativo è sostanzialmente privo di affettività. I genitori hanno spesso paura più che della pornografia, della amicizie particolari dei figli, che invece hanno il merito innegabile di favorire la crescita dell’affettività e l’integrazione di affettività e sessualità. Un genitore può e deve parlare di sessualità con il figlio ma non chiamandolo mai in causa in prima persona. Gli atteggiamenti di tipo inquisitorio o peggio di vero e proprio spionaggio, come cercare tra le carte private del figlio o manomettere il suo computer vengono percepiti come invasivi e violenti e spezzano il rapporto di fiducia genitori-figli.
La prevenzione degli abusi sui minori è un argomento molto delicato perché la stragrande maggioranza degli abusi vengono perpetrati proprio dalle persone cui il minore è affidato o comunque da persone di famiglia o che frequentano abitualmente la casa del minore. È ovvio che in queste condizioni l’intervento repressivo della legge penale rischia di essere del tutto eluso. La regola aurea per ridurre le possibilità di abuso consiste nel non “affidare” mai il minore ad altri e, in caso di necessità, nell’affidarlo ai nonni o ad altri familiari del cui comportamento si possa essere certi, e comunque mai in modo sistematico o per lunghi periodi.
Creare un ambiente che tenda a favorire l’autostima e lo sviluppo di un clima affettivo significa in pratica creare una vita familiare nel senso pieno del termine, passando molto tempo con i figli, giocando con loro fin dalla più tenera età, gratificandoli nel confronto con gli adulti e mostrando loro esempi concreti di affettività tra adulti. Non c’è nulla che possa favorire l’autostima e lo sviluppo dell’affettività del minore come il vedere i genitori vivere tra loro un clima affettivo e collaborativo. Intendo dire che il disagio del minore è molto spesso l’espressione di un disagio familiare.
Mi sono interrogato spesso su che cosa si possa fare quando una forma di sessualità disfunzionale è ormai radicata da anni e qui posso solo riportare le mie riflessioni che sono ben lungi dall’indicare un concreto modo di procedere. Naturalmente non mi sono posto il problema di che cosa possa fare uno psicologo, che assume un ruolo determinato che ha le sue regole, ma di che cosa possa fare un amico. Le variabili in gioco sono moltissime ed è difficilissimo arrivare ad una sintesi, mi limiterò quindi ad esporre i problemi più ricorrenti.
Indicherò con la lettera “A” il ragazzo che vive una condizione di disfunzione sessuale e son la lettera “B” l’amico.
Prima situazione: A ha un dialogo abbastanza franco con B e lentamente arriva a parlare con B della propria sessualità, manifestando anche gli aspetti ritenuti trasgressivi. In questo modo A intende valutare soprattutto la fedeltà di B e le sue reazioni.
Se B si mostrerà infastidito da quei discorsi o se ne andrà via per non farsi più vedere, A vivrà la cosa come l’ennesimo rifiuto nei suoi confronti e questo lo confermerà nella su idea di marginalità e di isolamento sociale.
Se B ascolterà i discorsi di A in modo paziente senza reazioni di stupore e cercherà di sottolineare che gli aspetti trasgressivi sono in realtà minimi, ammesso e non concesso che esistano, A passerà ad una fase successiva, cercherà cioè di coinvolgere B oltre il livello del dialogo, di provocarlo per convincerlo a provare un contatto sessuale, anche molto superficiale, anche solo telefonico, ma si tratterà di un contatto sessuale con quelle caratteristiche di trasgressività che B aveva ritenuto poco o per niente trasgressive e qui si porrà, per B, il problema di accettare o meno di fare questo passo avanti, perché se B accetterà, quasi certamente A proverà a fare un ulteriore passo avanti per coinvolgere sempre di più B, ma se B rifiuterà, A prenderà occasione dal rifiuto per deprimersi ulteriormente e per diminuire ulteriormente la sua autostima. Alla fine di questo processo, che può durare mesi, B si chiederà se sia il caso di cedere alle insistenze di A e qui la risposta non è affatto scontata, perché non si tratterebbe certamente di cominciare una storia d’amore con A, dato che A è coinvolto da B solo a livello sessuale ma non affettivo, mentre B potrebbe provare un coinvolgimento affettivo profondo per A. B, tuttavia, è ormai consapevole che il rapporto con A si gioca ad un altro livello e che, anche se A non è coinvolto a livello affettivo, cioè in termini di relazioni di coppia, la risposta di B può essere importantissima proprio per l’equilibrio personale di A, o meglio per la sua autostima e per il superamento degli atteggiamenti depressivi. B, d’altra parte sa molto bene che cedere ad A una volta vuol dire indurre A a ripetere quell’esperienza sessuale un numero infinito di volte ma sempre senza affettività di coppia. Tra le risposte a senso unico: accettare sempre e comunque le proposte di A, oppure dire chiaramente di no anche se nel modo meno aggressivo possibile, c’è una terza via, quella di una accondiscendenza limitata soprattutto ai periodi di massimo stress di A. La finalità di B non può consistere nel cercare di creare un legame di coppia con A, ma deve identificarsi  nel permettere che A raggiunga una maggiore serenità e una maggiore autostima e che quindi possa vivere, anche nei confronti di B una dimensione affettiva “non di coppia” ma comunque fortemente stabilizzante. Come è ovvio in questo percorso ci sono moltissime varianti possibili e le decisioni non spettano a B ma sono assunte insieme da A e da B come accade in ogni rapporto interpersonale importante.
Vorrei concludere il mio discorso sulla sessualità disfunzionale con una precisazione: la sessualità disfunzionale si trova spesso in persone per altri versi realizzate nonostante la loro bassa autostima e, aggiungerei, in persone che sono costrette a vivere vite diverse da quelle che avrebbero desiderato, anche se hanno ottenuto, in queste vite non scelte, notevoli successi a livello sociale ed economico. Con queste persone è certamente possibile costruire rapporti affettivi anche molto importanti, che la loro caratteristica non aggressività e la loro tendenza a mantenere rapporti stabili, anche se non stretti, rendono di fatto spesso molto gradevoli e gratificanti.
Se c’è una cosa dalla quale bisogna in ogni caso astenersi è il giudicare, perché questo farebbe ulteriormente diminuire l’autostima e porterebbe queste persone verso stati più nettamente depressivi. Parlando sia con persone con una sessualità disfunzionale che con i loro amici ho potuto notare che tra loro sussiste rispetto e affetto. Ho altresì rilevato che alcune situazioni problematiche tendono a risolversi quando, a livello generale e non specificamente sessuale, l’autostima sale e con essa il livello sostanziale di socializzazione. Il vero pericolo è lo stato di abbandono in cui l’individuo si trova assolutamente solo con la propria depressione perché allora vengono a mancare del tutto gli stimoli a rivalutarsi e a capire che si è realmente importanti, almeno per qualcuno.
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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=23&t=6511

venerdì 13 aprile 2018

RELAZIONI GAY NON STANDARD

Paolo scrive: Ciao Project! Finalmente ti trovo in chat! Non ci sei quasi mai.
Project scrive: Eh, beh, in effetti in chat entro poco
Paolo scrive: Sei impegnato?
Project scrive: No, a quest’ora non c’è più nessuno
Paolo scrive: Se vuoi andare a dormire ci sentiamo un altro giorno, veramente, non fare complimenti
Project scrive: No, nessun complimento, non ho nulla da fare e in genere vado a dormire ben oltre quest’ora, quindi non ho proprio nessun problema
Paolo scrive: Ok, perché volevo parlare un po’ con te
Project scrive: Io sono qui e non ho limiti di tempo
Paolo scrive: Allora, Project, noi abbiamo scambiato alcune mail qualche mese fa ma non ci siamo mai sentiti in chat. Ti ricordo brevemente i fatti: 36 anni, con una sola storia alle spalle e con esperienze sessuali con un solo ragazzo, quello della storia. In pratica è stato l’unico ragazzo di cui mi sono innamorato, quando è cominciata la nostra storia io avevo 26 anni e lui 20, adesso lui ne ha 30. Non stiamo più insieme da molto tempo, più di sei anni, ma siamo rimasti sempre in contatto. Lui ha avuto le sue storie e soprattutto le sue avventure sessuali, ma come ti avevo scritto in una mail, penso che per lui il sesso abbia un valore molto particolare, è una specie di dipendenza che alla fine mette in crisi e fa scappare i ragazzi coi quali lui cerca di costruire una storia. In genere i ragazzi non si rendono conto del senso che lui dà al sesso perché non lo conoscono a fondo. Lui non ha grossi problemi ad avere rapporti sessuali con persone che frequenta e di cui tutto sommato si fida, mentre è molto restio a parlare di sé. È successo così anche con me, prima di arrivare a parlare con me liberamente, cioè prima di fidarsi di me ci ha messo tre anni, poi quando mi ha parlato di tutta la sua vita passata mi si sono aperti gli occhi e ho cominciato a capire che per lui il sesso, a modo suo, cioè con le sue particolarità e le sue fisse aveva un significato speciale. Lui ha vissuto tante esperienze difficili, anche a livello sessuale, e il ricordo di tutte queste cose se lo porta dentro, per lui essere accettato significa essere accettato “com’è” con tutto il carico di problemi che si porta appresso, chi arriva veramente a volergli bene lo deve prendere com’è, mi spiego meglio, per esempio, quando lui sta con me è completamente sciolto, ma il quando lo deve decidere lui, quando cercavo di creare un programma per i nostri incontri, tutto andava a rotoli, se non lo assecondavo si arrabbiava con me e se ne andava, anche se dopo qualche giorno mi richiamava. Qualche volta potevo pure dirgli di no, non se la prendeva a male, ma non potevo sottrarmi sempre a quello che lui voleva. Per esempio quando sta con me, ancora adesso, mi ricorda più volte che lui è stato è sta tuttora anche con altri ragazzi, io gli rispondo che lo so benissimo ma che stare vicino a lui mi fa sempre un effetto positivo e che il fatto che lui possa stare anche con altri non mi turba.
Project scrive: però, scusami se mi intrometto, ma bisogna sempre stare attenti alla salute, perché se lui ha una vita sessuale molto sciolta può anche tenere comportamenti rischiosi
Paolo scrive: sì, questo è vero, ma quando stiamo insieme (ed è una cosa rara) la protezione è massima, la cosa gli dà fastidio ma alla fine l’accetta, perché sa che ho paura delle malattie e non mi vuole mettere in difficoltà.
Project scrive: sì, però magari i rapporti con altre persone possono non essere protetti o non essere protetti adeguatamente e i rischi più grossi può correrli proprio lui
Paolo scrive: Su questo ho cercato di insistere più volte, io penso che lui un certo senso di responsabilità ce l’abbia ma non vedo in concreto che cosa io possa fare per fargli fare “sempre e solo” sesso sicuro. Poi ormai da mesi noi non ci vediamo più di persona per fare sesso e lo facciamo solo per telefono, quindi a rischio zero. Anzi, io sono convinto che lui abbia accettato questa soluzione proprio per non mettere me nella paranoia del sesso a rischio
Project scrive: Beh, è una cosa notevole, è una forma di attenzione molto particolare
Paolo scrive: sì, lo so, l’ho pensato anche io. Adesso siamo a questo punto. Io gli voglio bene e credo che lui, con me, possa avere un dialogo che non può avere con altre persone, e penso che il nostro rapporto vada avanti proprio per questo, perché si vede accettato proprio senza riserve, e poi, io con lui non recito, non gli voglio solo bene, diciamo così come ad un fratello, ma ne sono innamorato, se dipendesse da me vivrei con lui e il fatto che può avere altri ragazzi mi preoccuperebbe solo per la sua salute e per niente altro. Lui di me si fida ed è questo che in qualche modo rende unico il nostro rapporto, con me non recita, non lo ha mai fatto, non è reticente, si scioglie del tutto. Tira fuori tutte le sue debolezze e tutti i suoi lati oscuri perché sa che tra noi non crollerà nulla in nessun caso, penso che sia questo il punto fondamentale.
Project scrive: Non so se posso farti una domanda indiscreta…
Paolo scrive: certo, ci mancherebbe altro!
Project scrive: Hai mai notato in questo ragazzo dei comportamenti che ti hanno messo in allarme, reazioni strane, aggressive, o forme di depressione, o tendenza a parlare senza fermarsi…
Paolo scrive: Vuoi dire se ho notato qualcosa di patologico?
Project scrive: Beh più o meno…
Paolo scrive: No, è un ragazzo intelligentissimo e poi è profondamente onesto, quando stava per mettersi con un altro ragazzo me lo ha detto prima perché non avrebbe sopportato l’idea di imbrogliarmi, e poi è profondamente buono, può fare la sua sfuriata, se gli gira male, ma non è mai aggressivo, se mai se la prende con se stesso e si colpevolizza, si ritiene non all’altezza della situazione. Non vuole che io gli dica che lui è importante per me, anche se lo sa benissimo, e poi ha una grande dignità, siccome è pure un bel ragazzo potrebbe stare facilmente con chi vuole, e magari fare pure la bella vita, ma anche se la parola può sembrare strana, è di una moralità specchiata: per lui l’affettività e il sesso non sono mai stati mescolati con altri interessi, in pratica non ho mai visto ragazzi più onesti di lui. Forse ad alcuni dei ragazzi con cui è stato non ha detto che era stato anche con altri, questo può darsi, ma se è successo è il segno che con qui ragazzi non aveva un rapporto molto profondo
Project scrive: Ma tu per questo ragazzo hai messo da parte l’idea di avere una vita affettiva tua?
Paolo scrive: Sì, ma non mi è costato molto. Cioè, mi spiego, io con lui sono stato bene il periodo che siamo stati insieme, per me esisteva solo lui, e ancora adesso esiste solo lui, perché quando ci sentiamo c’è proprio un clima particolarissimo, e, guarda, non ci sentiamo mica soltanto per fare sesso, anzi, direi che fare sesso succede molto di rado, la maggior parte delle volte ci sentiamo per parlare e io mi sento totalmente a mio agio e penso che succeda anche a lui. Mi viene in mente che qualche volta ha avuto momenti di depressione e di scoraggiamento molto forte, questo è successo e mi ha anche preoccupato, ma è successo soprattutto qualche anno fa, adesso lo vedo più tranquillo, più razionale e non sono stato più veramente in ansia per lui, perché sono convinto che saprebbe cavarsela in qualsiasi situazione e anche che alla fine riuscirebbe frenare quella certa tendenza alla depressione che comunque un po’ ha.
Project scrive: Gli sei mai stato vicino nei suoi momenti di depressione?
Paolo scrive: Sì, certo
Project scrive: E con te, in quei momenti c’era dialogo?
Paolo scrive: Sì, c’era, con me non ha mai avuto forme di chiusura totale, l’ho visto piangere tante volte, ma non mi ha mai rifiutato, nemmeno nei momenti peggiori, io lo abbracciavo e gli dicevo che gli volevo bene e che per me era una persona fondamentale e piano piano si sentiva riconfortato, guarda, Project, con me c’è stato sempre un buon rapporto, io non ho mai avuto paura di perderlo veramente. Per me questo tipo di vita potrebbe anche andare bene, anzi, direi che va bene, ma io credo che lui si senta ancora parecchio sbandato, non so se riuscirà mai a costruirsi una storia stabile, perché non credo che per lui l’idea stessa di monogamia sia alla fine possibile. Lui mi chiede spesso che cosa penserebbe la gente se sapesse quali sono i suoi comportamenti sessuali, me lo chiede perché è come se avesse bisogno di degradarsi, di sentirsi addosso il disprezzo della gente e di poterlo sfidare. Ha sempre avuto l’idea di fare sesso trasgressivo, che poi, capiamoci bene, in quello che fa c’è ben poco di trasgressivo, ma è come se avesse bisogno di dire che lui del giudizio degli altri se ne infischia, cosa che, però alla fine è vera solo fino ad un certo punto
Project scrive: Tu hai accennato ad un’infanzia difficile
Paolo scrive: Sì, però preferisco tenere i discorsi troppo personali tra me e lui
Project scrive: E fai benissimo! Anzi penso che questa sia la base di un rapporto serio, perché il vostro lo è, c’è ben poco di standard, ma è un rapporto che va avanti da dieci anni e che se ha perso qualcosa nel tempo è solo il suo carattere standard, adesso è il vostro rapporto, senza riferimento a nessuno schema, e effettivamente funziona
Paolo scrive: C’è una cosa, Project, che mi lascia molto indeciso, cioè dando per scontato che io per lui continuerò ad esserci, che cosa posso fare per farlo stare meglio? Non so se cercare di essere più presente oppure se continuare a rimanere sullo sfondo. Certe volte ho paura che lui possa cercare di fare un bilancio della sua vita e possa sentirsi alla fine del tutto irrealizzato: con me ha un dialogo serio e fa un po’ di sesso, con altri ragazzi ha certamente una vita sessuale ma non credo che abbia un dialogo vero, alla fine gli manca un punto di riferimento vero, e non credo francamente che potrei essere io, noi siamo stati insieme per anni, all’inizio, ma poi la cosa non è andata avanti perché io sessualmente non ero certamente al culmine dei suoi desideri, e lo posso capire benissimo. Il sesso che vive con me ha un altro senso, è una forma di accettazione, di comunicazione senza riserve ma è evidente che tutto questo comunque non è abbastanza per lui. Sia ben chiaro, Project, lui non andrebbe con chiunque, ha bisogno di sentirsi a suo agio, i ragazzi coi quali ha rapporti sessuali, in fondo sono pochi e sono sempre gli stessi, lui di loro si fida abbastanza ma con loro non ha un dialogo veramente aperto, ha paura che se fosse se stesso al 100% lo metterebbero da parte
Project scrive: Vedi, Paolo, se tra voi, con gli anni, si è creato questo rapporto, che è particolarissimo ma che non crolla, vuol dire che è quello possibile, così le cose procedono e tutto sommato stanno bene a te e a lui, pensare a qualcosa di diverso, che però non è nato da sé in dieci anni, vuol dire comunque forzare le cose, e poi io credo che tra voi ci sia un modo serio di capirvi, quando tu dici che lui si fida di te, dici in sostanza che ti considera come un compagno nel senso più profondo del termine. Se con te ha fatto discorsi difficili che non ha fatto con altri, vuol dire che per lui tu sei veramente importante, sesso o non sesso e il fatto che tra voi il sesso sia un modo di manifestare un’accettazione reciproca senza riserve indica che il legame tra voi è molto importante, sesso o non sesso. Tu dici di questo ragazzo cose molto positive e devo dire che anche a me sembra una persona veramente notevole, cioè una persona da non perdere, perché penso che molto difficilmente potresti trovare con altri ragazzi forme di coinvolgimento analoghe a quelle che provi con lui. L’evoluzione delle cose nel tempo è imprevedibile, tu almeno formalmente non sei il suo ragazzo, sei il suo ex, ma allo stesso tempo sei il suo migliore amico e probabilmente manterrai questo ruolo nel tempo. Non so se lui avrà mai un ragazzo nel senso pieno della parola, cioè un ragazzo del quale potrà fidarsi al 100% e col quale potrà avere un dialogo aperto al 100% come fa con te, è possibile, anzi è probabile che questo non accada e quindi la tua posizione potrebbe diventare stabile. Ormai non siete più ragazzi, siete adulti e anche per questo adesso accettate la relazione che c’è tra voi, che è una relazione d’amore tipicamente adulta e non standard
Paolo scrive: Sì, in effetti potresti avere ragione, ma io continuo a pensare a lui, non per rimettermi insieme con lui ma perché vorrei che stesse bene, che fosse felice. Una volta, quando si era messo con un ragazzo che anche io conoscevo, avevo pensato che fosse veramente felice e tutto lo faceva pensare, i rapporti con me erano diventati più rari, senza sesso, ma non meno autentici e vedevo che era felice, poi la storia è finita e quel ragazzo si è allontanato in via definitiva e io ho pensato che fosse successo proprio dopo un discorso chiaro. In pratica quel ragazzo aveva voluto un mondo di bene al mio ex quando non lo conosceva veramente, quando poi lo ha conosciuto più da vicino non se l’è sentita di andare oltre e ha preferito allontanarsi. Project, io gli voglio bene, voglio che lui stia bene perché è l’unico ragazzo che mi ha preso sul serio a quel livello, stare con lui è una cosa che mi mette in crisi ma è una cosa che non cambierei per nulla al mondo, io non cerco un ragazzo, io voglio lui e basta, e poi, lui c’è, non è mai sparito, insomma non mi sono innamorato di un fantasma ma di un ragazzo vero e veramente speciale.
Project scrive: Sì, lo penso anche io!
Paolo scrive: Project, io adesso devo proprio andare a dormire perché domani lavoro e esco di casa alla sei. Ti lascio la mia mail [omissis], e se ti va possiamo approfondire il discorso.
Project scrive: Posso chiederti una cosa?
Paolo scrive: Dimmi.
Project scrive: Mi autorizzi a pubblicare questa mail?
Paolo scrive: Beh, non ci sono elementi riconoscibili, mi pare, se ce ne trovi puoi toglierli, e poi pubblicala pure, se pensi che possa servire a qualcuno.
Project scrive: Penso proprio di sì. Allora grazi e Buonanotte. A presto!
Paolo scrive: Notte Project e a presto!
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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo posta, aperta sul forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=22&t=6467