mercoledì 28 settembre 2016

CASANOVA E L'OMOSESSUALITA'

Proseguendo nella pubblicazione della mia traduzione di “Uranismo e Unisessualità” di Raffalovich, sono lieto di presentare oggi l’analisi della sessualità di Giacomo Casanova offerta dallo stesso Raffalovich. Nessuno ha mai messo in dubbio l’eterosessualità di Casanova, ma nei Mémoires di Casanova non troverete mai alcuna forma di disprezzo o di strillata repulsione nei confronti dell’omosessualità, della quale Casanova ha avuto qualche piccola esperienza in seminario all’età di 17 anni. Il racconto dei fatti, operato da lui stesso, manifesta l’intelligenza dell’uomo e la sua indipendenza di giudizio. Nella narrazione di Casanova i fatti contano più delle parole, l’aggettivazione è scarna e l’intelligenza si manifesta anche nella prosa.
Nella seconda parte del post si tratta di un argomento molto particolare e ben noto nel ‘700 e cioè dei castrati, chiamati a recitare in teatro e anche a cantare nell’opera lirica le parti femminili, perché alle donne era proibito comparire sulla scena. È ben noto che Parini, un prete serio e un illuminista serio, fece sentire la sua voce su questo punto nella famosa ode alla Musica, in cui, per smuovere lo sdegno civile per pratiche tanto immorali, descrive un castrato, ingrassato e svirilizzato per effetto della castrazione, che canta con un fil di voce una parte femminile in un’opera lirica:
“Aborro in su la scena
Un canoro elefante,
Che si strascina a pena
Su le adipose piante,
E manda per gran foce
Di bocca un fil di voce…”
Casanova si trova coinvolto nella questione dei castrati per un motivo molto particolare. Nel ‘700, poteva anche accadere che una donna, facendosi passare per castrato, nella vita e sulle scene, potesse conquistare le platee, perché nessuno poteva interpretare i ruoli femminili meglio di una vera donna nei panni di un falso castrato. Casanova si imbatté in “Bellino”, una donna nei panni di un falso castrato, capì che si trattava di una donna e perse la testa per lei. Cercò di sedurre Bellino con tutte le sue arti. Avrebbe voluto a tutti i costi avere la prova certa della femminilità di Bellino, ma Bellino non cedeva, d’altra parte se lo avesse fatto la sua figura di (falso) castrato sarebbe crollata con conseguenze economiche e penali molto pesanti. Bellino aveva un fratello, Petronio (il nome è tutto un programma), che Casanova considera un vero gitone (prostituto, anche qui il nome non è casuale). Petronio prova a sedurre Casanova, ma Petronio è un uomo e Casanova gli fa capire che la cosa non incontra i suoi gusti, ma lo fa col tatto del gran signore.
Ma lasciamo la parola a Raffalovich. Le aggiunte tra parentesi quadra sono mie.
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IV. – Casanova. – Eterosessualità congenita malgrado atti unisessuali commessi dopo la pubertà.
Dopo il masturbatore omosessuale [Rousseau], ecco Casanova, libertino eterosessuale famoso; all’età di 17 anni passati (dopo essere stato l’amante di due sorelle che deflorò) lo misero in seminario, ma fu ben presto cacciato dal seminario per atti di unisesualità: ecco il suo racconto:
“Uno dei miei compagni di dormitorio, dell’età di quindici anni e che oggi, se è ancora vivo, è vescovo, mi colpì per la sua figura e per le sue doti. Mi ispirò una viva amicizia, e nelle ore di ricreazione, invece di giocare ai birilli con gli altri, passeggiavo regolarmente con lui. Parlavamo di poesia e le più belle odi di Orazio facevano le nostre delizie. Preferivamo l’Ariosto al Tasso e Petrarca catturava tutta la nostra ammirazione, perché Tassoni e Muratori, che lo avevano criticato, erano l’oggetto del nostro disprezzo. In quattro giorni divenimmo così buoni amici che eravamo tanto gelosi l’uno dell’altro che, quando uno di noi lasciava l’altro per andare a passeggio con un terzo, ci tenevamo il broncio come amanti. Un monaco laico [il prefetto] sorvegliava il nostro dormitorio e le sue funzioni erano di mantenere lì dentro l’ordine … Quando il prefetto vedeva che tutti gli allievi erano coricati, entrava nel suo letto. Una grande lanterna illuminava questo luogo che era un parallelogrammo di ottanta passi per dieci. I letti erano posti a distanze uguali, all’altezza di ogni letto c’era un inginocchiatoio, una sedia e il baule del seminarista. Ad un estremo c’era il lavabo e all’altro il letto del prefetto. Il letto del mio amico era di fronte al mio e noi avevamo la lanterna tra noi. L’occupazione principale del prefetto era di sorvegliare perché nessun allievo andasse a coricarsi con un altro, perché non si sarebbe mai supposta innocente una tale visita. Il fatto era considerato un crimine capitale: il letto non serviva che per dormire e non per intrattenersi con un compagno, c’era la convinzione che un seminarista non potesse dormire fuori del suo letto se non con propositi immorali. Del resto, libero e tranquillo nel suo letto, ci poteva fare quello che voleva; peggio per lui se avesse abusato di questa libertà. È stato sottolineato in Germania che gli agglomerati di giovani in cui i direttori si danno da fare per prevenire l’onanismo sono quelli in cui questo vizio regna più largamente. Gli autori di questi regolamenti erano degli stupidi ignoranti che non conoscevano né la natura né la morale. La natura ha dei bisogni che devono essere soddisfatti, e Tissot ha ragione soltanto in rapporto ai giovani che abusano di questa facoltà, ma questo abuso sarebbe estremamente raro se i direttori fossero prudenti e saggi, perché i giovani sono spinti ad eccessi pericolosi solo dal piacere della disobbedienza, ecc. .. Nella notte del nono o del decimo giorno del mio soggiorno in seminario, sentii qualcuno venire a coricarsi vicino a me. Mi prese subito la mano che la strinse dicendomi il suo nome, io feci fatica ad impedirmi di ridere. Era il mio amico che si era svegliato e vedendo la lanterna spenta aveva avuto il desiderio di venire a farmi una visita. Qualche istante dopo lo pregai di andarsene, per paura che il prefetto potesse svegliarsi, perché allora ci saremmo trovati in forte imbarazzo e forse saremmo stati accusati di cose abominevoli. Nel momento stesso in cui gli davo questo buon consiglio, sentimmo dei passi e l’abate [il mio compagno] se ne scappò; ma in quel momento sentii che qualcuno cadeva a terra e nello stesso momento sentii il prefetto gridare con una voce rauca: “Ah! Scellerato! A domani, a domani!”
“il rettore, accompagnato dal prefetto entrò nel dormitorio e ci disse: “Ascoltatemi tutti. Voi non ignorate la confusione di questa notte. Due di voi devono essere colpevoli, ma voglio perdonarli; e per il loro bene, prometto che manterrò la cosa segreta. Verrete tutti a confessarvi con me prima dell’ora della ricreazione…” Conformemente ai suoi ordini, andammo tutti a confessarci da lui, e poi ce ne andammo in giardino, dove l’abate [il mio compagno] mi raccontò che avendo avuto la disgrazia di urtare il prefetto aveva pensato bene di doverlo fare cadere terra e questo gli aveva dato il tempo di tornarsene nel suo letto senza essere riconosciuto. “
(L’abate [il compagno] gli raccontò anche di aver fatto al rettore una falsa confessione di non avergli confessato la sua disobbedienza [cioè la sostanza del fatto].)
[Quella riportata tra parentesi tonde, nelle righe precedenti è la sintesi operata da Raffaolovich, ma vale la pena di citare l’intero brano di Casanova:
“E ora, gli dico:
- tu sei sicuro di essere stato perdonato perché molto saggiamente hai confessato la tua colpa.
- Stai scherzando? Mi rispose il mio amico, il buon rettore non avrebbe comunque saputo più di quello che sapeva già nemmeno se la visita che ti ho fatto fosse stata criminale.
- Dunque hai fatto una falsa confessione perché eri colpevole di disobbedienza?
- Può essere, ma non se la può prendere che con se stesso, perché ci ha forzato.
- Caro amico, tu ragioni a meraviglia e ora il reverendissimo deve sapere che la nostra camerata ne sa più di lui!”]
“La storia sarebbe finita lì se, qualche notte dopo, io non avessi avuto il capriccio di restituire a mia volta al mio amico la visita che gli dovevo. Verso l’una di notte, avendo avuto il bisogno di alzarmi, e sentendo russare il prefetto, spensi in fretta il lucignolo e andai a mettermi vicino al mio amico. Lui mi riconobbe e condivise la mia gioia, ma stavamo attenti entrambi al russamento del nostro guardiano, appena smise di russare, vedendo il pericolo, mi alzo e raggiungo il mio letto senza perdere un istante; ma appena ci arrivo, ecco due sorprese invece che una. La prima è che mi trovo vicino a qualcuno, la seconda è che vedo il prefetto in camicia, con la bugia in mano, che andava lentamente guardando i seminaristi a destra e a manca. Pensai che il prefetto avrebbe potuto accendere una bugia in un stante; ma come spiegare quello che vedevo: uno dei miei compagni, con la schiena girata verso di me che dormiva profondamente? Prendo la decisione poco meditata di fare finta di dormire anche io. Alla seconda o terza scossa del prefetto faccio finta di svegliarmi e l’altro si sveglia anche lui. Stupito di trovarsi nel mio letto, mi chiede scusa: “Mi sono sbagliato, mi dice, ritornando da qualche parte all’oscuro e trovando il tuo letto libero l’ho scambiato per il mio.
“Può essere, gli risposi, perché anche io ho avuto bisogno di alzarmi.
“Non è verosimile, riprese l’Argo [il cane da guardia, cioè il prefetto],
“E dicendo così si dirige verso la lampada e trova lo stoppino schiacciato. Lo stoppino è affogato nella lampada, signori, la lampada non si è spenta da sé: è opera di uno di voi. Lo vedremo domani.”
L’indomani i due accusati ricevettero sette o otto colpi di corda o di bastone; e il quarto giorno Casanova lasciò il seminario.
L’episodio di Bellino, di suo fratello Petronio e delle sue due sorelle, dimostra (cosa d’altra parte ben nota) che Casanova restò eterosessuale. Bellino (sotto questo nome la bella Teresa recitava in teatro e nella vita il ruolo di castrato) lo affascina, lo strega con la sua bellezza, che lui capisce essere quella di una donna. Come avrebbero potuto il petto deforme di un castrato o gli occhi di un uomo emozionare Giacomo Casanova? In vano le due sorelle (una di dodici e l’altra di 11 anni) vanno da lui, in vano Petronio, fratello di Bellino e prima ballerina, più maschio di Bellino, va a portagli il caffè: “Questo Petronio era un vero gitone [prostituto] e anche di professione. Non è una cosa rara in Italia, dove l’intolleranza su queste cose non è né irragionevole come in Inghilterra, né selvaggia e crudele come in Spagna. Gli avevo dato uno zecchino per pagare il caffè, facendogli dono del resto, e lui me ne mostrò riconoscenza applicandomi sulle labbra un bacio voluttuoso a bocca semi-aperta, supponendo che io avessi gusti che ero lontano dall’avere. Io lo disillusi senza che lui ne rimanesse umiliato. Gli comandai di ordinare la cena per sei persone ma mi disse che l’avrebbe ordinata solo per quattro perché bisognava che tenesse compagnia alla sua cara madre, che cenava sempre nel suo letto. Ciascuno deve fare come vuole; e lo lasciai fare.”
Bellino continua a preoccupare Casanova, persuaso di avere indovinato il suo sesso incantatore e nascosto ma senza poterne comunque ottenere la confessione. Bellino, una signorina de Maupin più voluttuosamente mascherata, lo portò alla collera, alla disperazione (la disperazione infantile di cui è capace), gli fece sorgere dubbi, rifiutò di rimuoverli o di soddisfarli. Senza paura di infilare qui troppa frivolezza, cito una conversazione che ha il suo valore per l’osservatore dei costumi:
“Con un po’ di compiacenza, disse Casanova, voi avreste potuto guarire la mia passione.
“Non ne sareste guarito, disse Bellino, sia che io sia una ragazza sia che io sia un ragazzo, perché vi siete innamorato di me, indipendentemente dal mio sesso; e la certezza che avreste ottenuto vi avrebbe reso furioso…”
Ma Casanova vuole la certezza, promette la sua amicizia se Bellino non fosse una donna. Chiede solo di toccare una cosa fatta per disgustarlo.
“Ah! Disgustare, disse Bellino, sono certo del contrario… La vostra natura ardente avrebbe la meglio sulla vostra ragione, e la vostra stessa ragione diventerebbe dipendente dai vostri sensi e sarebbe l’altra metà della vostra natura… Cercando quello che voi non potreste trovare, vorrete soddisfarvi con quello che trovereste. Come, con tutto il vostro spirito, potete illudervi che, trovandomi uomo, potreste smettere di amarmi da un momento all’altro? Il fascino che voi trovate in me cesserebbe di esistere? Probabilmente diventerebbe ancora più vigoroso e allora una volta che il vostro fuoco sarà diventato brutale, adotterete tutti i mezzi che la vostra immaginazione vi suggerirà per soddisfarlo. Arriverete a persuadervi di potermi trasformare in donna, o peggio ancora di divenire donna voi stesso. La vostra passione genererà mille sofismi per giustificare il vostro amore che voi adornerete del bel nome di amicizia; e per giustificare la vostra condotta non mancherete di citare mille esempi di simili turpitudini…”
“Non succederà niente di tutto questo, rispose lui, – comunque vi devo dire che se tutto questo succedesse , mi sembra che sarebbe meglio perdonare alla natura un deragliamento che a rigore può essere considerato solo un accesso di follia che agire in modo da rendere incurabile una malattia dello spirito che la ragione renderebbe solo passeggera”.
“Per ragionare bene, aggiunge, bisogna non essere né innamorati né in collera.”
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lunedì 26 settembre 2016

J. J. ROUSSEAU E L’OMOSESSUALITA’

Nel brano che segue, che rappresenta il terzo caso di eterosessualità analizzato da Raffalovich, nel suo Uranismo e Unisessualità, è del tutto assente ogni commento di Raffalovich, il testo è unicamente costituto da citazioni delle Confessioni di J. J. Rousseau, relative a tre episodi della sua vita, in due di essi (il primo e il terzo) il filosofo fu oggetto di attenzioni da parte di due omosessuali che cercarono di avere con lui dei rapporti sodomitici, nel secondo episodio Rousseau si trova ad essere oggetto di una richiesta di masturbazione “uno accanto all’altro, ma ciascuno per proprio conto”. In tutti è tre i casi la reazione del filosofo è di violento rigetto. In effetti, salvo la richiesta di masturbarsi insieme, negli altri due casi l’autore si è trovato di fronte a forme classiche di adescamento molto comuni nel ‘700 verso ragazzi in precarie condizioni economiche. Non stupisce che Rousseau manifesti tutta la sua repulsione in una situazione simile, penso che anche un ragazzo omosessuale avrebbe provato un senso di repulsione sostanzialmente analogo. Qualche perplessità desta invece la reazione, anche qui molto netta, verso la proposta di masturbazione fianco a fianco ma ciascuno per proprio conto. Rousseau dice chiaramente di esserne rimasto talmente sconvolto da essersi poi astenuto dalla masturbazione per un lungo periodo. Questi brani mostrano un’immagine nettamente eterosessuale di Rousseau. Il filosofo ci dice anche che l’aver visto lo scatenamento e la violenza dell’uomo nel suo eccitamento sessuale ha fatto maturare il lui l’idea che le donne dovessero essere risarcite della violenza che ricevono dagli uomini tramite i servigi dei loro amanti. Da questi discorsi emerge la figura di un Rousseau non solo nettamente eterosessuale ma animato da violento rigetto verso l’omosessualità, anche se Rousseau confonde l’omosessualità con l’adescamento omosessuale e con la prostituzione. Sembra che il filosofo, paladino dell’amore per le donne, sia animato da un vero sdegno morale verso gli omosessuali, in particolare verso gli adescatori e i violenti, ma ci sono da tenere presenti alcuni dati di fatto.
Nel 1732 Claudio Anet, cameriere e giardiniere di Madame Warens, detta da Rousseau maman e considerata da lui come una seconda madre, diviene per Jean Jacques una “specie di precettore”, iniziandolo allo studio della botanica. Ma il rapporto tra Anet e Rousseau aveva un significato molto più complesso, almeno per Anet.
Nel 1733 Rousseau diventa l’amante di Madame de Warens (lei ha 34 anni, lui 21): «mi sentivo come se avessi commesso un incesto» – commenta lui stesso. Si forma un ménage a tre fra Jean Jacques, maman e Anet, il quale «mi mostrava quanto l’amava, affinché io lo amassi ugualmente». La prematura scomparsa di Anet (muore di pleurite nel ‘34) provoca la rovina degli affari della Warens in quanto Rousseau è incapace di sostituirlo.
Nel 1757 nasce un nuovo ménage a tre che vede protagonisti Rousseau, Sophie d’Houdetot e Saint-Lambert (l’amante di quest’ultima), da intendersi secondo la spiegazione dello scrittore ginevrino: «Eravamo ebbri d’amore l’uno per l’altro, lei per il suo amante, io per lei; i nostri sospiri, le nostre lacrime deliziose si confondevano… I nostri sentimenti erano così simili che non era possibile che in qualcosa non si unissero…»
I rapporti a tre di Rousseau sono da lui presentati come forme d’amore sublime vissute in una luce molto paradisiaca ma per molti aspetti poco credibile. A Rousseau non si addicono certo i panni del moralista sconvolto dalla masturbazione, e dagli adescamenti per fini sessuali, i suoi ménage a tre, l’essersi approfittato di una ragazzina appena adolescente, e soprattutto l’abbandono di tutti e cinque i figli all’orfanotrofio, rendono parecchio stonato il suo piglio di maestro eterosessuale di morale capace di insegnare agli altri i segreti dell’amore sublime e dell’educazione dei fanciulli e degli adolescenti. Ma gli uomini sono pieni di contraddizioni e la stessa tormentatissima biografia di Rousseau ne rende comprensibile il carattere.
III. – J. J. Rousseau. – Eterosessualità malgrado la masturbazione e il masochismo.
“ Non esiste anima così vile o cuore così barbaro che non siano suscettibili di qualche forma di attaccamento. Uno di questi due banditi, che si dicevano Mori, si affezionò a me. Mi si avvicinava volentieri, discuteva con me nel suo parlare diretto, faceva per me dei piccoli servizi, qualche volta, a tavola, mi dava una parte della sua porzione e soprattutto mi dava baci frequenti con un ardore che mi era molto sgradevole. Per quanta paura avessi naturalmente di questa faccia di panpepato ornata da una lunga cicatrice e di questo sguardo acceso che sembrava più furioso che tenero, sopportavo i suoi baci, dicendo dentro me stesso: Il pover’uomo ha concepito per me un’amicizia molto viva, avrei torto a respingerlo. Passava per gradi a comportamenti più liberi e qualche volta mi faceva dei discorsi così strani che pensavo che gli avesse dato di volta il cervello. Una sera volle venire a coricarsi con me; io mi opposi dicendo che il mio letto era troppo piccolo. E lui mi fece pressioni perché andassi a coricarmi io nel suo; io rifiutai ancora; perché questo miserabile era così sporco e così puzzolente di tabacco masticato che mi faceva venire la nausea.
L’indomani, molto di buon mattino stavamo tutti e due soli nella sala dell’assemblea; ricominciò con le sue carezze, ma con dei movimenti così violenti che lo facevano sembrare spaventoso. Infine volle passare per gradi alle intimità più scioccanti, e volle forzarmi, disponendo della mia mano, a fare altrettanto. Io mi liberai d’impeto lanciando un grido a facendo un salto all’indietro; e, senza mostrare né indignazione né collera, perché non avevo la più pallida idea di che cosa stesse succedendo, espressi la mia sorpresa e il mio disgusto con una tale energia che lui mi lasciò stare. Ma mentre stava finendo di dimenarsi, vidi partire verso il caminetto e cadere a terra un non so che di colloso e di biancastro che mi dava il voltastomaco. Mi lanciai sul balcone … Non potevo capire che cosa avesse questo disgraziato; pensai che avesse un attacco di epilessia o di qualche altra frenesia ancora più terribile, e in realtà non conosco nulla di più orribile da vedere, per uno che abbia sangue freddo, di questo osceno e sporco contegno e di questa faccia spaventosa infiammata dalla più brutale concupiscenza. Non ho mai visto nessun altro uomo in uno stato simile; ma se noi vicino alla donne siamo così, bisogna che loro abbiano gli occhi molto affascinati per non avere orrore di noi.
Io chiacchierai tanto che l’indomani venne di buon mattino uno degli amministratori a somministrarmi un pistolotto molto vivace, accusandomi di mettere a rischio l’onore di una casa santa e di fare tanto chiasso per un po’ di dolore. Prolungò il suo rimprovero spiegandomi molte cose che io ignoravo, ma che lui pensava che io sapessi già, convinto che io mi fossi difeso sapendo che cosa si voleva da me perché non volevo dare il mio consenso. Mi disse solennemente che era una cosa proibita come la lussuria, ma cercare di realizzarla non era poi così offensivo per la persona che ne era l’oggetto e che non c’era proprio nessuna ragione di irritarsi tanto per il fatto di essere stati trovati amabili fa qualcuno. Mi disse senza troppi giri di parole che pure lui, in giovinezza, aveva avuto il medesimo onore e che essendo stato colto in una situazione in cui non poteva fare resistenza, non ci aveva trovato niente di così crudele. Spinse l’impudenza fino a servirsi dei termini appropriati e, immaginandosi che la causa della mia resistenza fosse la paura del dolore, mi assicurò che questa paura era del tutto immotivata e che non c’era bisogno di allarmarsi di nulla. Ascoltavo questo infame con stupore ancora più grande per il fatto che non parlava per se stesso; sembrava istruirmi soltanto per l mio bene. Il suo discorso gli sembrava così semplice che non aveva nemmeno cercato il segreto del tête-à-tête, e noi avevamo come terzo un ecclesiastico che non era affatto turbato da questa cosa più di quanto non lo fosse lui. Quest’aria naturale mi impressionò talmente che arrivai a credere che fosse senza dubbio un uso ammesso nel mondo, del quale io non avevo avuto alcun modo di essere istruito prima. Questo mi spinse ad ascoltare senza collera, ma non senza disgusto. Il ricordo di quello che mi era successo, ma soprattutto di quello che avevo visto restava tanto profondamente impresso nella mia memoria che quando ci pensavo mi tornava ancora il disgusto. Senza che io ne sapessi di più, il senso di repulsione per la cosa si estese a colui che ne faceva l’apologia … Questa avventura mi mise al riparo per l’avvenire dalle imprese di questi pederasti; e la vista delle persone che si credeva lo fossero, ricordandomi l’aria e i gesti del mio spaventoso Moro, mi ha sempre ispirato un orrore così grande che riuscivo appena a nasconderlo. Invece le donne, a paragone, guadagnarono molto nel mio spirito: mi sembrava che io dovessi loro, con la tenerezza di sentimenti e con l’omaggio della mia persona, una riparazione per le offese del mio sesso, ecc.”
“Nel 1732 ero seduto una sera a Bellecour, dopo una ben misera cena, sognando di tirarmi fuori dai guai, quando un uomo col berretto venne a sedersi vicino a me. Quest’uomo aveva l’aria di uni di quegli operai della seta che a Lione si chiamano taffetatiers. Mi rivolse la parola, io gli risposi. Avevamo parlato a stento per un quarto d’ora, quando sempre col medesimo sangue freddo e senza cambiare tono mi propose di divertirci in compagnia. Aspettavo che mi spiegasse quale sarebbe stato questo divertimento; ma senza aggiungere nulla si ritenne in dovere di darmene un esempio. Noi quasi ci toccavamo e la notte non era così oscura da impedirmi di vedere a quale esercizio si preparava. Non voleva la mia persona, o almeno niente lo lasciava pensare, e il posto non avrebbe favorito la cosa: voleva solo divertirsi, come mi aveva detto e voleva che mi divertissi anche io, ognuno per proprio conto; e questo gli sembrava così semplice che non aveva nemmeno supposto che io potessi non pensarla come lui. Fui tanto sconvolto da questa impudenza che, senza rispondergli, mi alzai precipitosamente e mi misi a correre a più non posso credendo di avere questo miserabile alle calcagna. Ero così turbato che invece di raggiungere il mio alloggio attraverso la via di san Domenico, corsi lungo la riva e mi fermai al di là del ponte di legno, tremante come se avessi appena commesso un crimine. Ero soggetto allo stesso vizio: ma questo ricordo me ne guarì per molto tempo.”
“In questo viaggio ebbi un’avventura più o meno dello stesso genere, ma che mi espose a un rischio molto più grave. Sentendo che i miei soldi stavano per finire, cercai di trattare con cura quel po’ che mi rimaneva. Pranzavo e cenavo meno spesso al mio albergo e poi ben presto non vi mangiai più, potendomi ristorare un po’ alla taverna per cinque o sei soldi … Non mangiandoci più, non sapevo come andarci a dormire. Una sera che faceva molto caldo, decisi di passare la notte in piazza; e già mi ero sistemato su una panca, quando un prete che passava, vedendomi così coricato si avvicinò e mi chiese se io avessi un alloggio. Gli confessai la mia situazione e lui ne sembrò toccato. Si sedette accanto a me e parlammo. Sembrava gentile, tutto quello che mi disse mi trasmise di lui la migliore impressone possibile. Quando mi vide ben disposto, mi disse che alloggiava poco lontano, che non aveva che una sola camera, ma che certamente non mi avrebbe lasciato dormire così nella piazza, che era tardi per cercare un alloggio e che mi offriva per quella notte la metà del suo letto. Io accettai l’offerta sperando di farmi un amico che avrebbe potuto essermi utile … La sua camera mi sembrò pulita nella sua piccolezza; fece gli onori di casa molto educatamente. Prese da una recipiente di vetro delle ciliegie all’acquavite, me mangiammo due per ciascuno e poi fummo sul punto di coricarci.
Quest’uomo aveva gli stessi gusti del mio Ebreo dell’ospizio, ma non li manifestava brutalmente. Forse pensando che io potessi capire di che si trattava, aveva paura di costringermi a difendermi, o forse perché forse non si sentiva confortato nei suoi propositi, non osava propormene apertamente l’esecuzione e cercava di smuovermi senza inquietarmi. Più istruito della pima volta, compresi ben presto il suo scopo, e cominciai a tremarne non sapendo né in che casa né nelle mani di chi io fossi finito, avevo paura, se avessi fatto baccano, di pagarlo con la mia vita. Finsi di ignorare quello che lui voleva da me, ma sembrando molto infastidito dalla sue carezze e molto deciso a non sopportare che andasse oltre, feci in modo che fosse costretto a contenersi. Allora gli parlai con tutta la dolcezza e con tutta la fermezza di cui ero capace e, senza sembrare affatto sospettoso, mi scusai dell’inquietudine che gli avevo mostrato citando la mia vecchia avventura, che feci in modo di raccontargli in termini pieni di disgusto e di orrore al punto che penso di aver fatto venire il disgusto anche a lui e così rinunciò completamente al suo sporco disegno. Passammo tranquillamente il resto della notte; mi disse anche molte cose buone e sensate; non era certamente un uomo privo di meriti, anche se si era comportato come un gran villano. Il mattino, l’abate, che non voleva avere l’aria scontenta, parlò di colazione e pregò una delle figlie della sua ostessa, che era molto carina, di fare portare qualcosa. Quella gli rispose che non aveva tempo. Lui si rivolse alla sorella che non si degnò nemmeno di rispondere. Aspettammo entrambi, non ci fu nessuna colazione. Alla fine entrammo nella stanza della ragazze. Loro accolsero il signor abate con un aria molto poco gentile. Io fui ancora meno contento dell’abate per come accolsero me. Vidi nei loro sguardi insultanti e beffardi un furore nascosto.”
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sabato 24 settembre 2016

ETEROSESUSALITA’ SECONDO RAFFALOVICH – ALFIERI E BABER

Nella parte della traduzione del libro di Raffalovich “Uranismo e Unisessualità” che potete leggere qui di seguito, l’autore prende in considerazione l’eterosessualità e lo fa con categorie logiche analoghe a quelle con le quali aveva affrontato l’unisessualità (omosessualità). Traspaiono delle note di carattere moralistico per le quali alcune cose appaiono non positive agli occhi dell’autore, in particolare la sodomia, anche e soprattutto con le donne, la pederastia, il fatto di potersi innamorare contemporaneamente di uomini e di donne e, ovviamente, l’eccessivo indulgere alla sessualità fisica, anche eterosessuale.
Le classificazioni delle sessualità presentate da Raffalovich potrebbero apparire troppo schematiche e astratte, l’autore, per evitare questo rischio procede ad una esemplificazione dell’applicazione dei concetti enunciati a casi reali e preferisce presentare casi storici, nei quali, la conoscenza dei personaggi è certamente maggiore e la comprensione dei fatti può risultare più immediata. Prende in esame in particolare cinque personaggi ben noti. Nel testo che segue potrete leggere le note che riguardano la classificazione della sessualità di Vittorio Alfieri e di quella di Ẓahīr ud-Dīn Muḥammad, più comunemente noto come Bābur, fondatore della dinastia Mogol in India, a capo ci uno degli imperi più importanti e potenti nella storia dell’India. Sia in un caso che nell’altro Raffalovich non lavora di fantasia ma si serve delle memorie lasciate dai due personaggi. Si tratta di contenuti veramente interessanti che aiutano ad inquadrare meglio i due personaggi al di là delle biografie tradizionali. Ma lasciamo la parola a Raffalovich.
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C. ETEROSESSUALITA’ CONGENITA
Che non esclude gli istinti unisessuali presenti prima della pubertà o a partire da essa, prima dello sviluppo della vita sessuale, che soffoca questi istinti, che si allea con essi o cede ad essi.
6). – Che soffoca gli istinti unisessuali (a) prima della pubertà, (b) al tempo della pubertà, (c) dopo lo sviluppo della vita sessuale.
Se (c) si presenta presto, non si saprebbe distinguere questa sezione dall’eterosessualità congenita senza istinti unisessuali.
7). – Che persiste insieme con gli istinti unisessuali durante l’intera vita, simultaneamente o con periodicità. Sarebbe molto difficile in pratica separare gli individui di questa sezione da quelli della sezione (9) della categoria (C) dell’uranismo: uranismo persistente insieme con gli istinti eterosessuali per tutta la durata della vita, simultaneamente o con periodicità.
8). – Che conduce all’inversione sessuale senza ritorno e senza periodicità.
Queste due enormi categorie comprendono forse la maggior parte dell’umanità. Vi sono compresi degli eterosessuali, degli unisessuali e dei misti. Essi subiscono tutto lo scontro delle sessualità. Così gli eterosessuali hanno tutti più o meno avuto tendenze verso l’unisessualità morale, intellettuale, sentimentale, fisica, metafisica, istintiva o riflessiva, ignorata o cosciente. Quelli che sono risultati definitivamente uranisti hanno passato stadi analoghi.
Qui siamo in presenza di tutti gli uomini nei quali le due sessualità si presentano senza vizio, senza lussuria, senza dissolutezza. Non dico che sono più casti, più continenti oppure meno, ma che in loro si manifestano tutte le variazioni psicosessuali, tutti i trasalimenti oscuri sono trattenuti, e così tutti gli atti che possono stupire; in loro lo slancio unisessuale o eterosessuale è nello stesso tempo semplice e complicato, su base sessuale ma con manifestazioni non sessuali, su base cerebrale, intellettuale, sentimentale si dimostra con sensualità.
Sono questi uranisti, questi eterosessuali che sorprendono per un sentimento isolato, per un atto isolato, apparentemente contrario alla loro sessualità abituale.
Classificherei tra di loro anche gli uomini che si lasciano affascinare da un “tipo”, qualunque sia il sesso dell’individuo che incarna o ricorda quel tipo; e anche quelli che sono trascinati per una volta nella vita da un essere appartenente a un sesso che normalmente li lascia indifferenti.
Gli studiosi tedeschi hanno sottolineato che una volta nella vita ogni uranista è capace di un attaccamento verso una donna; si verificherà spesso l’esattezza di questa sottolineatura. Però è molto difficile interpretarne il significato.
Non è semplicemente un desiderio fisico, o l’idea che una certa donna potrebbe rendere l’uranista felice, sia lusingandolo con la sua bellezza, la sua tenerezza, la sua obbedienza, lusingando la sua vanità o diventando la madre dei suoi figli, la sua compagna. Sono la virtù o la vanità o l’intenerimento o la noia che avvicinano l’uranista alla donna; non è la sessualità. E spesso l’uranista si ferma lì (Platen, Johannes von Muller, ecc.) a meno che non ci si mescolino l’interesse o della cause esterne alla quali è impossibile resistere. Il fatto è che nei veri uranisti la sessualità fisica è assolutamente unisessuale, mentre la sessualità psichica può essere sia unisessuale che eterosessuale.
Eccettuate certe convinzioni, certi ideali, certe esaltazioni spirituali che solo il sesso maschile può ispirare all’uranista, gli affetti psico-eterosessuali e psico-unisessuali potrebbero somigliarsi fino a confondersi. Un uomo molto continente o un entusiasta potrà fraintenderli e la massa li confonderà sempre. Non colloco quindi qui quegli invertiti: essi appartengono alla categoria A dell’uranismo congenito incoercibile, senza rapporti eterosessuali o malgrado dei rapporti eterosessuali. Li ho citati qui per fare risaltare la differenza psicologica tra loro e questi invertiti qui, questi eterosessuali il cui ermafroditismo non è così illusorio, così voluto, così al di fuori della sessualità. Nei veri uranisti, in quelli della categoria A, ci vorrà più di una struttura di idee e di sentimenti o di emozioni per arrivare ad una localizzazione sessuale, cioè all’eccitazione genitale; ci vorrà più della presenza stessa della donna. Negli uranisti le cui tendenze non escludono le tendenze eterosessuali, negli eterosessuali con tendenze unisessuali basterà invece molto poco per ottenere questa localizzazione sessuale, questa eccitazione genitale, questo richiamo della virilità fallica.
L’uomo che ha bisogno di tutta la sua volontà, di tutta la sua decisione e di tutte le qualità di una donna ben scelta per desiderarla, e che d’altra parte ha bisogno di tutta la sua volontà per non mostrare il desiderio unisessuale che lo frusta così facilmente, così spesso, appartiene alla categoria A dell’uranismo.
Colui che malgrado le sue tendenze o i suoi atti unisessuali, desidera, senza un atto di volontà precedente, senza alcuna decisione precedente, una donna, appartiene alla categoria C dell’uranismo o alla categoria C dell’eterosessualità.
Non vorrei definire ermafroditi psichici i tanti individui che non lo sono quasi completamente.
Chiamerei ermafrodita morale o psichico l’individuo in cui due istinti (unisessuale e eterosessuale) si trovino in equilibrio, uno contro l’altro; l’individuo che fino a un certo livello può decidere, oppure che subisce successivamente il desiderio di un sesso e poi dell’altro, che amando un maschio non pensa alle donne e viceversa.
L’ermafrodita morale non è un esitante, un tentennante, che non sa dove indirizzare il suo desiderio e da dove allontanarlo, è un essere presso il quale le due sessualità sono sviluppate, se non addirittura equilibrate, e presso il quale possono talvolta bilanciarsi.
L’eterosessualità con tendenze uraniste e l’uranismo con tendenze eterosessuali mi sembrano corrispondere di più allo pseudo-ermafroditismo, mentre l’ermafroditismo completo, hermaphrodismus verus, che si riscontra così eccezionalmente fisicamente, è meno raro psichicamente. È difficile decidere se l’ermafroditismo morale possa divenire ermafroditismo vero, è probabile che non accada, nella maggior parte dei casi. Un solo episodio o anche molti non eliminerebbero i dubbi sulla risposta al problema: Quest’uomo è un vero ermafrodita morale o è un uranista con delle tendenze eterosessuali, o un eterosessuale con delle tendenze unisessuali? Lo stesso atto sessuale non chiarirebbe in nulla l’incertezza mentre la questione è importante da tutti i punti di vista, praticamente e psicologicamente. Un brav’uomo potrebbe dare la figlia in moglie a un eterosessuale con tendenze unisessuali più facilmente che a un ermafrodita morale o a un uranista con delle tendenze eterosessuali, a meno di sapere che questo invertito è superiore alle sue tendenze e degno di fiducia.
La psicologia sessuale dovrà essere molto avanzata per risolvere il problema seguente: l’ermafroditismo morale è “soprattutto” il risultato di circostanze che agiscono sull’uranista con tendenze eterosessuali o sull’eterosessuale con tendenze unisessuali, o è soprattutto una cosa congenita?
Al momento la risposta è troppo incerta. La barriera tra lo pseudo-ermafroditismo e l’ermafroditismo vero sembra immensa. Di norma una delle due sessualità prepondera fortemente sull’altra, forse perché il peso delle due sessualità insieme è eccessivo, e bisogna essere troppo forti, troppo vanitosi e troppo corrotti per un tale fardello. In effetti, di norma, quello che è non sessuale in un uomo lo aiuta a sopportare quello che è sessuale in lui, e reciprocamente. Tutto quello che allarga la sfera della sessualità oltre una determinata proporzione, squilibra troppo l’individuo. Ci sono complicazioni sopportabili solo se si è molto forti, molto grandi o molto insignificanti.
D’altra parte ci si immagina facilmente che un individuo si guarderebbe bene dall’acquisire l’ermafroditismo vero, e che, per introdurre più ordine nella sua vita e nei suoi sentimenti propenderebbe più volentieri per una sessualità piuttosto che per l’altra.
D’altra parte un uranista con delle tendenze eterosessuali non contrastate, potrebbe svilupparle con la prudenza, con la vanità, per credersi molto complicato, molto fine, molto forte: l’idea di essere capace di tutti i sentimenti e di tutte le sensazioni è molto attraente per molti.(1)
E un eterosessuale con tendenze unisessuali potrebbe coltivarle al fine di non danneggiare troppo la sua eterosessualità: perché la soppressione o l’opposizione contro gli istinti unisessuali potrebbero renderlo più mansueto riguardo all’eterosessualità.
Il sacrificio di una tendenza meno gradita ad una tendenza più gradita ha due esiti possibili: il rafforzamento della tendenza vittoriosa o il suo affievolimento.
Una cosa è verosimile come l’altra.
Mi sembra che la psicologia non possa che rimanere ancora esitante e oscillante. C’è ancora molto da studiare su queste cose; ci devono pure essere al mondo persone che detengono o raccolgono documenti, e uomini he hanno studiato questi problemi. Vorrei ascoltarli.
A. – Eterosessualità congenita, incoercibile per tutta la vita, senza o malgrado rapporti unisessuali, comprende:
1) Quelli che non solo non hanno mai avuto relazioni sessuali o sensuali con un maschio, ma che non hanno mai, nemmeno in modo passeggero e in nessun momento della loro vita impubere o pubere, in collegio, in caserma, in prigione, in Africa, in Asia, come in Europa, considerato la possibilità di atti, di tendenze di sentimenti unisessuali sensuali e che troverebbero più naturale e immaginabile un qualsiasi atto sessuale o sensuale con una qualsiasi donna, o la masturbazione, di qualsiasi atto sessuale con qualsiasi maschio.
Questa classe è quella dell’eterosessualità non solo congenita ma anche acquisita. Essa deve tanto all’educazione quanto alla natura. Probabilmente essa non comprende un solo artista, non un poeta, non uno scrittore di genio, non un attore, non un santo. Essa comprende i fanatici della donna sessuale e della rispettabilità. Saranno casti piuttosto che giusti e si castrerebbero prima di ammettere che gli unisessuali non sono criminali, o vili o folli. È a questa categoria cui appartiene più di qualcuno di quelli che hanno voluto occuparsi di inversione sessuale, sia come giuristi, sia come psicologi che come moralisti. Quello che stupisce è che questi eterosessuali osano mandare i loro figli nella grandi public schools inglesi, nelle grandi fucine dell’unisessualità. Secondo loro l’unisessualità quando si va ad Oxford o a Cambridge è un pericolo inevitabile , una disgrazia necessaria, qualcosa che si dimentica. Molto ragazzetti restano puri, molti vengono sporcati, alcuni sono irrimediabilmente rovinati e molti diventano ipocriti, alcuni platonici. E nonostante tutto, questi eterosessuali con eterosessualità congenita e acquista non sembrano affatto diminuire. È stato uno di loro che nell’occasione di uno scandalo unisessuale aristocratico (un processo che ha visto una donna contro suo marito) ha detto a suo figlio (che il marito aveva fatto dipingere come Apollon Anadyomenos) che lo avrebbe perdonato se si fosse fatto vedere in giro per tutta la città con una famosa cocotte. Il figlio rifiutò, forse disgustato dalla farsa, forse perché riteneva la cosa inutile… Se si cominciassero a raccontare le cose che questi personaggi fanno in presenza di una situazione tragica o inattesa si arriverebbe a essere troppo “cinici” o troppo “scettici”.
A bis). Quelli che pur conservando questo punto di vista e questa attitudine, si lasciano andare a conoscere la sodomia attiva in certi paesi, in certe condizioni, a certe età, e la praticano sia con donne che con ragazzi femminili. Questa è la sodomia degli eterosessuali che hanno appreso questo vizio per deviazione dal coito vaginale, o per mancanza di donne. Essi non sono né invertiti né omosessuali. Cercano uno spasimo più prezioso. Hanno per scopo sessuale la penetrazione del corpo che è al loro servizio.(2)
2). – Gli effeminati che hanno rapporti sessuali esclusivamente con le donne, che restano indifferenti di fronte ai maschi, ma spesso sono invertiti di fronte alle donne, che amano le donne mascoline, le tribadi, le lesbiche. Si trovano tra loro molti feticisti, saffici e masochisti.
3). – Quelli che hanno rapporti unisessuali per necessità, paura, povertà, giovinezza, inesperienza, assenza di donne, cattivi esempi, letture, curiosità, affezione, trascinamento, obbedienza, vanità, cupidigia, desiderio di impadronirsi di qualcuno più potente, per isolamento sociale o sentimentale, orgoglio, rivolta ubriachezza, occasione, promiscuità, ecc., ma senza modificazione della loro eterosessualità.
B). – ETEROSESSUALITA’ CONGENITA
Sotto l’influenza delle circostanze, della volontà, dell’ambiente, dell’abitudine, del vizio, o sotto l’influenza di un invertito superiore, che si unisce, dopo la pubertà, dopo lo sviluppo della vita sessuale, con l’inversione acquista o le cede.
4). – Che si unisce con l’inversione sessuale acquisita, sia simultaneamente che con periodicità.
5). – Che conduce all’inversione sessuale acquisita senza ritorno e senza periodicità.
CINQUE CASI SESSUALI
Preferisco citare de i casi storici piuttosto che dei casi clinici. Se non si conosce l’insieme di una vita umana non si può, nemmeno se si è il più smaliziato, il più sottile dei dottori, trovare una formula definitiva (salvo che non si tratti di un ultra-virile, ma non ci si indirizzerebbe mai ad un medico per quanto riguarda la sua vita sessuale, perché un medico non potrebbe insegnargli la morale o la psicologia; o quando si tratta di un passivo congenito e incurabile). Molti uomini passano da una sezione all’altra, dopo essere stati descritti nelle opere che trattano di psicopatia. È spesso una crisi passeggera che manda dal medico il suo uomo sessuale inquieto.
Per ogni caso storico mi preoccupo di avere almeno un caso di osservazione clinica, per non espormi alla possibilità di essere confutato sulla base di nuovi testi; ma attribuisco più importanza ai casi storici e non cito gli altri se non alla fine.
Comincio col caso di Vittorio Alfieri, illustre Italiano, un uomo di carattere energico, impaziente e nobile e un poeta. La storia della sua vita è nota, le sue passioni per le donne, il suo rispetto per le cose dello spirito e dell’intelligenza, il suo amore per la libertà, gli sforzi che poteva fare per dominare i suoi momenti di collera, di indolenza e di debolezza. Si faceva legare a una sedia per non andare a raggiungere una sua amante indegna e per lavorare.
Il brano seguente della sua autobiografia ci mostra che Vittorio Alfieri apparteneva alla categoria C dell’eterosessualità, e alla sezione (6) (a o b) di questa categoria, cioè che:
Vittorio Alfieri è un eterosessuale la cui eterosessualità congenita non esclude delle tendenze uraniste soffocate prima della pubertà o al tempo della pubertà.
I. – Alfieri. – Eterosessualità che soffoca le tendenze uraniste prima della pubertà.
Primi sintomi di un carattere appassionato, Capitolo terzo della Vita di Vittorio Alfieri: [citato nel testo originale di Alfieri e non ritradotto dal Francese].
“In capo a piú mesi non pensava piú tanto alla sorella, ed in capo a piú altri, non ci pensava quasi piú niente, e non desiderava altro che di esser condotto mattina e giorno al Carmine. Ed eccone la ragione. Dal viso di mia sorella in poi, la quale aveva circa nov’anni quando uscí di casa, non avea piú veduto altro viso di ragazza, né di giovane, fuorché certi fraticelli novizi del Carmine, che poteano avere tra i quattordici e sedici anni all’incirca, i quali coi loro roccetti assistevano alle diverse funzioni di chiesa; questi loro visi giovanili, e non dissimili da’ visi donneschi, aveano lasciato nel mio tenero ed inesperto cuore a un di presso quella stessa traccia e quel desiderio di loro, che mi vi avea già impresso il viso della sorella. E questo insomma, sotto tanti e sí diversi aspetti, era amore; come poi pienamente conobbi, e me ne accertai parecchi anni dopo, riflettendovi su; perché di quanto io allora sentissi o facessi nulla affatto sapeva, ed obbediva al puro istinto animale. Ma questo mio innocente amore per quei novizi giunse tant’oltre, che io sempre pensava ad essi ed alle loro diverse funzioni; ora mi si rappresentavano nella fantasia coi loro devoti ceri in mano, servienti la messa con viso compunto ed angelico, ora coi turiboli incensando l’altare; e tutto assorto in codeste immagini, trascurava i miei studi, ed ogni occupazione, o compagnia, mi noiava.”
“Fra i sette ed ott’anni, trovandomi un giorno in queste disposizioni malinconiche, occasionate forse anche dalla salute che era gracile anzi che no, visto uscire il maestro, e il servitore, corsi fuori dal mio salotto che posto a terreno riusciva in un secondo cortile, dove eravi intorno intorno molt’erba. E tosto mi misi a strapparne colle mani quanta ne veniva, e ponendomela in bocca a masticarne e ingoiarne quanta piú ne poteva, malgrado il sapore ostico ed amarissimo. Io avea sentito dire non so da chi, né come, né quando, che v’era un’erba detta cicuta che avvelenava e faceva morire; io non avea mai fatto pensiero di voler morire, e poco sapea quel che il morire si fosse; eppure, seguendo cosí un non so quale istinto naturale misto di un dolore di cui m’era ignota la fonte, mi spinsi avidissimamente a mangiar di quell’erba, figurandomi che in essa vi dovesse anco essere della cicuta.” [Epoca prima, Capitolo terzo] (Leggere anche il capitolo seguente)
Nel 1760, all’Accademia di Torino, (almeno due anni dopo quello che precede)
“In tutto quell’anno dell’Umanità, i miei costumi si conservarono ancora innocenti e purissimi; se non in quanto la natura da sé stessa senza ch’io nulla sapessi, me li andava pure sturbando.”[Epoca seconda, Capitolo secondo]
Queste confessioni di Alfieri hanno anche la loro importanza del punto di vista dell’educazione. Un osservatore attento che avesse visto la sensibilità, la salute delicata del bambino e avesse indovinato il suo amore per questi Carmelitani, avrebbe facilmente e segretamente creduto al suo uranismo.
II. – Baber. – Uranismo con tolleranza sessuale.
L’imperatore Baber,(3) nato verso il 1482, divenne re di Fergana all’età di 12 anni(4). A 18 si sposò con Aisha Sultan Begum, figlia del sultano Ahmed Mirza.
“Nei primi tempi del mio matrimonio – scrive l’imperatore nelle sue memorie – benché non avessi certo poco affetto nei suoi confronti, per pudore e per timidezza, non andavo da lei se non ogni dieci, quindici o anche venti giorni. Poi il mio affetto diminuì e la mia timidezza aumentò al punto che mia madre mi perseguitava con la sua collera furiosa, spedendomi come un criminale a vederla una volta al mese, o ogni quaranta giorni.
A quell’epoca un giovane uomo che si chiamava Baberi era distaccato al campo. Una curiosa coincidenza faceva in modo che i nostri nomi si somigliassero. Arrivai ad amarlo in modo meraviglioso; per dire la verità, divenni pazzo e uscii fuori di me a causa sua.
Era la prima volta che concepivo una passione per qualcuno. Non avevo mai sentito parole d’amore, non ero mai stato presente a conversazioni d’amore. In questa nuova situazione dello spirito composi dei versi in persiano: Mai un amante è stato triste, innamorato e male accolto come me; che mai il bell’amato sia così crudele, così sdegnoso come te! Qualche volta capitava che Baberi venisse a trovarmi; e allora con vergogna e imbarazzo, mi sembrava impossibile guardarlo in faccia. Come potevo dunque divertirlo con la mia conversazione o con la confessione della mia passione? Io lo vedevo mentre mi trovavo in una tale ebbrezza e in una tale confusione che non riuscivo a ringraziarlo di essermi venuto a trovare. E non potevo nemmeno rimproverarlo quando mi lasciava. Non avevo nemmeno tanta capacità di controllarmi da riceverlo nei modi usuali della cortesia. Un giorno, nel periodo di questa affezione e di questo attaccamento, capitò, passando attraverso uno stretto cammino con pochi servitori, che mi trovai di fronte a Baberi che veniva verso di me. Questo incontro mi sconvolse al punto che sembrò che io cadessi a terra a pezzi. Non avevo nemmeno la forza di guardare i suoi occhi né di dire una sola parola. Molto confuso e vergognandomi molto continuai la mia strada, lo lasciai lì, ricordandomi i versi di Muhammed Salikh: Provo vergogna quando incontro colui che amo, i miei compagni si girano verso di me e io distolgo lo sguardo. Questi versi dipingono chiaramente la mia situazione. La violenza della mia passione, il delirio della mia giovinezza e della mia follia mi trascinavano a testa e piedi nudi per sentieri e strade, per giardini e frutteti; trascuravo le attenzioni dovute agli stranieri e agli amici, il rispetto dovuto a me stesso e agli altri. Qualche volta, come un folle, cercavo la solitudine delle montagne, qualche volta giravo di strada in strada, cercando abitazioni e giardini. Non potevo né restare seduto né andarmene, non potevo né stare in piedi né camminare.”
L’amore–passione di Stendhal o di Saffo aveva messo al tappeto il giovane imperatore, per la prima e forse per l’ultima volta. Non conosco descrizioni più toccanti di questo amore appassionato, rispettoso, vittorioso, che fa abbassare gli occhi all’imperatore in presenza di Baberi, che lo rende balbuziente e esitante. La vergogna, il pudore dell’imperatore venivano dall’anima, dal cuore, non era la paura del pregiudizio o il pregiudizio. Baber racconta solo di questa unica passione; la sua vita agitata, pericolosa, piena di scossoni politici e militari, non gli concesse probabilmente la gioia di un secondo amore come il primo. Un uomo occupato può, se lo vuole, uccidere l’amore al suo inizio; e Baber ha dovuto in seguito evitare di avere un padrone così imperioso come l’amore. Questa passione violenta (passione dell’anima al più alto grado, e Baber ha il pudore di non raccontarne lo snudamento), senza recidive conosciute, deve chiarire la tendenza morale di Baber contro la pederastia e la sessualità eterosessuale. Egli traccia il ritratto di tutti i contemporanei, sultani, guerrieri, poeti e dice della maggior parte di loro che erano tropo dediti alla pederastia o alle donne. Se Baber ha conosciuto soprattutto l’uranismo-passione ha pienamente il diritto di criticare la pederastia; forse senza la sua passione per Baberi, sarebbe stato più indulgente verso gli altri o più licenzioso. Per un uomo degno di essere un uomo (come Baber) non c’è rapporto logico tra l’amore passione (amore dell’intelligenza e dei sensi) e il vizio, tra la condotta di Casanova e quella di Desgrieux, tra la condotta di Manon Lescaut e quella di Giulietta e Romeo, tra la condotta di Eliogabalo quella dell’imperatore Adriano o di Mlle de Lespinasse.
Baber lasciò sette figli. Non fu felice con molte delle sue donne. Era un uomo cavalleresco, magnanimo, buon figlio, buon fratello, buon padre, buon amico, senza la furberia e la crudezza dell’Asia. Era molto forte e vigoroso. Amava le arti e scrivere versi. È uno dei più grandi uomini dell’Asia e un grand’uomo alla maniera degli eroi di Plutarco. È stato paragonato a un eroe di Froissart. I medioevo è meno ingenuo di quanto lo si sia creduto, e al di fuori della vita religiosa, poco delicato. L’eroismo di Baber conserva sempre qualcosa della sensibilità orientale. Dopo questi due uomini, Alfieri e Baber, la discesa che si fa per arrivare a Jaen-Jacques Rousseau è rapida.
Jaen-jacques fu un eterosessuale nonostante la sua masturbazione e il suo masochismo, malgrado gli esempi unisessuali, malgrado le stesse tentazioni, perché quando parla di “pericolo” a proposito della sua notte con l’abate, non può che parlare di un pericolo morale.
La tendenza di questo masturbatore (che si abbandonava alla sua abitudine sulla strada principale mentre attendeva Mme d’Houdetot) di fronte all’inversione, stona curiosamente a fianco di quella di Diderot. Strindberg nelle sue memorie si è ricordato dell’indignazione morale di Rousseau.
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(1) M. Maurice Barrès, scritto per questa classe.
(2) Non è forse contro di loro che Mosé e san Paolo hanno lanciato anatemi?
(3) Ẓahīr ud-Dīn Muḥammad, più comunemente noto come Bābur, (Andijan, 14 febbraio 1483 – Agra, 26 dicembre 1530), fu il fondatore della dinastia Mogol in India. Discendente diretto di Tamerlano, riuscì con una lunga serie di successi militari a fondare uno degli imperi più importanti e potenti nella storia dell’India. [Nota del traduttore]
(4) L’anno della spedizione di Carlo VIII a Napoli.
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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=16&t=5678

giovedì 22 settembre 2016

EVOLUZIONE DEI RAPPORTI ETERO-GAY

Rapporti etero-gay e femminilizzazione del gay
I rapporti etero-gay, così come erano vissuti nel XIX secolo e all’inizio del XX, proprio perché in essi il gay appariva al maschio dominante etero come il “sostituto di una donna” inducevano anche il gay, che con ogni probabilità avrebbe preferito un rapporto paritario, ad assumere un ruolo più marcatamente femminile, reprimendo i suoi istinti che lo avrebbero portato a reclamare la parità almeno sul piano sessuale.
L’interesse dell’etero per il pene del gay era di norma inesistente e l’idea che il gay potesse provare una forma di piacere non riducibile al solo ruolo passivo non era minimamente presa in considerazione, l’eiaculazione era appannaggio solo del partner etero, il gay doveva limitarsi a procurarsi l’orgasmo tramite la masturbazione, ma separatamente e fuori dalla vista del suo compagno, al quale non piaceva doversi ricordare di avere avuto un rapporto sessuale con un ragazzo e non con una ragazza. Per ciò stesso le caratteristiche maschili del ragazzo gay dovevano essere minimizzate o dovevano sparire, si arrivava ad incoraggiare il gay a non tagliarsi i capelli e ad acconciarli in fogge vagamente femminili, ad usare profumi o biancheria intima femminile, ma si arrivava anche a chiedergli di nascondere il pene tra le cosce per non mostrarlo al suo compagno e a depilarsi; nell’intimità lo si chiamava con nomignoli femminili analoghi a quelli che si sarebbero usati per una prostituta.
Il ragazzo gay finiva per convincersi che per non perdere il suo compagno fosse indispensabile compiacerlo per quanto possibile ed era spinto per questo ad assumere atteggiamenti languidi, a nascondere i suoi desideri e, in buona sostanza a “recitare consapevolmente” un ruolo femminile.
La seduzione nel rapporto etero-gay
Per avere un’idea concreta delle tecniche di seduzione tramite le quali un etero facoltoso arrivava ad ottenere la disponibilità di un ragazzo gay di bassa condizione sociale, possiamo riferirci ai modi di fare di Oscar Wilde. Non entro minimamente nella questione concernente l’omosessualità di Wilde, che comunque era sposato e aveva due figli, i suoi rapporti con i ragazzi hanno però parecchie caratteristiche dei classici rapporti etero-gay. Come risultò durante il processo, Wilde ebbe un’amicizia intima con un certo Wood, un maestro cantore diciottenne, che Wilde invitò a cena e al quale prestò denaro, ebbe un legame con un giovane commesso di libreria al quale regalò 200 franchi, una cifra enorme, fece fare abiti eleganti per un giovane vagabondo, un certo Alfonso Conwell, e alloggiò con lui una notte a Brighton. Wilde era amico di un certo Taylor, procacciatore di ragazzi, noto alla polizia, aveva coabitato a Parigi col giovane Atkins, aveva cenato in un hotel di lusso col domestico Scott e gli aveva regalato un portasigarette. L’elenco potrebbe continuare, mi limito a fare rinvio a “Gay e Storia”, Biblioteca di Progetto Gay: “Il processo a Oscar Wilde”, in cui il lettore potrà trovare molti dettagli utili ad illustrare la situazione.
Mi si potrebbe obiettare, e non senza ragione, che le storie omosessuali di Wilde sono molto più vicine a semplici vicende di prostituzione che ai classici rapporti etero-gay e che l’unica storia veramente importante di Wilde fu quella con lord Alfred Douglas, che non può essere interpretata alla luce del modello etero-gay, non fosse altro, per il rango sociale di Douglas, certo non inferiore a quello di Wilde, ma il riferimento a Wilde serve almeno ad avere un’idea dei mezzi di seduzione tipici dei rapporti etero-gay, in cui mancava il corrispettivo in denaro della prestazione sessuale, tipico della prostituzione, e tutto era basato sul fatto che il giovane che si accompagna a Wilde poteva assaggiare la vita dell’alta società, che gli sarebbe stata altrimenti preclusa. I viaggi su treni di lusso, le cene in alberghi importanti, e gli ingressi in ambienti esclusivi erano i veri strumenti di seduzione di questo tipo di rapporti. Nel caso di Wilde erano rapporti senza alcuna componente affettiva, con l’unica eccezione, forse, di Alfred Douglas, ed erano troppo numerosi e superficiali per avere una minimo di continuità.
Raffalovich negli Annali dell’Unisessualità accusa più volte e in modo molto accesso John Addigton Symonds di avere usato il suo prestigio e il suo denaro per sedurre alcuni giovani ma dalla lettura dei diari di Symonds risulta tutt’altro. Symonds, anche se era sposato anche lui, come Wilde, e aveva due figlie, era tuttavia profondamente omosessuale, subiva certamente il fascino dei ragazzi delle classi popolari, non solo gay ma anche etero, ma costruiva con loro dei rapporti tendenzialmente paritari, cosa tipica dei gay, non rinnegava affatto l’identità maschile di quei ragazzi, che era anzi la causa prima del suo interesse e non rinnegava nemmeno la loro eterosessualità, quando erano eterosessuali, e soprattutto se ne innamorava veramente, scriveva poesie struggenti per loro e costruiva con loro rapporti di amicizia destinati a durare. Con buona pace di Raffalovich, le storie d’amore di Symonds furono classiche storie di innamoramento gay, non sempre indirizzate verso ragazzi gay e con una componente affettiva fortissima.
Evoluzione dei rapporti etero-gay
I rapporti etero-gay, così come li abbiamo ricostruiti rappresentano una realtà ormai superata. Nel secolo XIX e all’inizio del XX, per un etero frustrato nei suoi rapporti eterosessuali, non era certamente facile trovare un ragazzo gay disponibile, e quando questo accadeva, il rapporto aveva, proprio per questa ragione, una sua intrinseca stabilità. Il caso di Wilde è poco significativo perché il suo comportamento era fortemente eccentrico e poco allineato al comportamento dell’uomo sposato medio in cerca di ragazzi.
Con la liberazione sessuale post ’68 e soprattutto con l’arrivo di Internet, la situazione è rapidamente cambiata e l’assenza di rapporti affettivi forti, unita alla facilità di trovare partner disponibili ha portato alla sostanziale instabilità dei rapporti etero-gay, che tuttavia non sono scivolati verso la prostituzione, perché la maggior parte dei rapporti costruiti tramite internet non prevede alcun mercimonio, i mezzi di seduzione tipici dei rapporti etero-gay sono rimasti comunque i medesimi, perché l’offerta di fare una crociera insieme o di trascorre una settimana in un grande albergo all’estero non è in genere intesa come un corrispettivo per delle prestazioni sessuali. In buona sostanza le relazioni etero-gay di lunga durata sono diventate una rarità e la facilità di cambiamento del partner domina ormai la scena.
Per dare alcuni esempi dell’evoluzione dei rapporti etero-gay, che vedono coinvolti uomini sposati, nel XXI secolo, mi riferirò ad un interessante articolo comparso in “LGBTQ Nation” del 20 Marzo 2016, intitolato “‘Straight’ men discuss their secret sexual relationships with other men”. L’articolo presenta tre intervistare ad eterosessuali-bisessuali ottenute sotto garanzia di anonimato. Riporto qui di seguito quelle interviste. Premetto tuttavia che, come appare ovvio dal contesto, i termini eterosessuale e bisessuale sono usati con accezioni lievemente diverse da quelle adottate in Progetto Gay.
1) Rob
Rob (nome fittizio) 46 anni, vive a San Jose, California, ed è sposato con sua moglie da 12 anni. Si identifica come “etero con tendenze bisessuali”, ha avuto relazioni segrete con ragazzi da quando aveva 19 anni.
“Agganciare altri uomini, per me, è un modo non complicato per rilassare i miei ardori sessuali. È solo un rilassarsi fisicamente, senza obblighi.”
Rob preferisce incontrare altri uomini sposati, in segreto, piuttosto che single o gay dichiarati. Trova la maggior parte dei ragazzi su internet tramite i siti di incontri.
“Vado cercando altri uomini sposati per la semplice ragione che siamo nella stessa barca, e spero possano essere interessati a quello che sto cercando io. Non voglio mettere a repentaglio il mio matrimonio. Un altro uomo sposato lo può capire. Gli uomini sposati non vogliono assumersi troppi rischi.”
Secondo Rob, il primo rischio è: “provare forti emozioni o innamorarsi. Io non vorrei proprio diventare un oggetto di desiderio per un altro uomo. Trovo attraenti alcuni uomini, ma per me è solo una questione di sesso. Non mi sento assolutamente attratto verso un uomo come un innamorato.”
Rob vede adesso regolarmente due uomini. “Uno è divorziato, l’altro è vedovo e quasi in pensione. Vivono entrambi soli e quindi ci possiamo vedere a casa loro”, ma sta bene attento ad aggiungere subito. “l’amore non c’entra niente.”
“Mia moglie non sa nulla” ammette Rob, “Non mi sento colpevole quando faccio quello che faccio. Comunque starei a disagio se lei lo venisse a sapere. Ne sarebbe sconvolta e lo considererebbe un tradimento. La cosa mi preoccupa molto, perché non voglio divorziare.”
2) Tony
Tony (nome fittizio) ha 32 anni, è divorziato, vive a New York e solo di recente ha cominciato a considerarsi bisessuale anche se lo ha detto soltanto a pochissime persone. Ha delle ragazze quando capita, e anche pochi compagni che occasionalmente incontra per fare sesso.
“La prima volta che ho fatto qualcosa con un ragazzo avevo 21 anni. Lui era un ragazzo più grande, sposato, l’ho conosciuto in un sito gay.
Il mio problema è che New York è una città molto adatta ai gay femminili, e quello non è il mio tipo. Mi piacciono solo i ragazzi che non sono identificabili come gay. Questa è la mia regola. Quando trovo qualcuno così me lo tengo come compagno regolare.”
Anche Tony incontra la maggior parte dei ragazzi tramite internet e, dopo, cerca spesso di stabilire amicizie strette con loro. Dice di non avere paranoie circa il fatto che le gente sappia quello che lui fa ma comunque non si sente del tutto a suo agio.
“Mi preoccuperebbe il fatto di dire a qualcuno che ho avuto una relazione con un uomo, forse un giorno la penserò diversamente. Comunque, devo essere sicuro che il tipo soddisfi i miei criteri.“
“La mia ex-moglie non sapeva quello che facevo” dice Tony. “Le donne con cui ho avuto incontri dopo, però, lo sapevano. Loro sanno come sono e ancora penso di essere interessante e attraente, al di là di tutto questo. A questo punto della mia vita, non me la sento più di vivere di menzogne.”
3) Andrew
Andrew (nome fittizio), 33 anni di New Orleans, si considera totalmente etero ed è sposato con sua moglie dall’età di 21 anni. Ha avuto la sua prima esperienza gay circa dieci anni fa.
“Dopo solo due anni di matrimonio cominciai a capire che volevo provare qualcosa di diverso, da allora ho avuto rapporti con una dozzina di ragazzi. Non è molto, normalmente succede quando mi sembra che il mio matrimonio stia per andare a rotoli e stia diventando noioso, e alla fine mi rinvigorisce.”
Come Rob e Tony, anche Andrew trova la maggior parte dei ragazzi che incontra tramite internet e tende a orientarsi verso persone che sono in incognito.
“Preferisco uomini di questo tipo, trovo che con loro ho più cose in comune ed è più facile creare un rapporto.”
“Se mia moglie lo venisse a sapere mi lascerebbe” dice Andrew. “lei è molto tradizionalista e religiosa e non crede nell’omosessualità. Io la amo e vorrei avere con lei una specie di relazione libera, ma lei non sarebbe mai d’accordo.”
“Il fatto di incontrarmi con altri uomini non è qualcosa di cui io sono orgoglioso. Vorrei non sentire la necessità o la voglia di farlo, ma c’è qualcosa nello stare con un altro ragazzo che mi riaccende. Dopo che sono stato con un altro ragazzo mi sento molto più amabile e più felice quando sto in casa, e questo mi dà nuova vita.”
Comportamenti sessuali e percezione dell’orientamento sessuale
Jane Ward è Professore associato e vice direttore del Dipartimento di studi sul Genere e sulla Sessualità, e direttore del Programma di studi LGBIT dell’Università della California Riverside, e anche autrice del libro di successo: “Non Gay: Sesso tra uomini bianchi eterosessuali”.
“Possiamo imparare molto sulla fluidità sessuale e la diversità dagli uomini che vivono di nascosto. – dice la Ward – Alcuni uomini si identificano come bisessuali ma non dichiarano in pubblico i loro rapporti con gli uomini. Altri si identificano come totalmente eterosessuali e considerano il fatto di fare sesso con gli uomini come un hobby erotico, per così dire. Per loro è solo un mezzo occasionale per scaricarsi, ma non è certo una cosa sufficientemente significativa per influenzare il loro modo di intendere il loro orientamento sessuale.
La questione fondamentale è che la gente può farsi coinvolgere nelle stesse attività sessuali ma può dare a quelle cose i significati più diversi.
È questo processo di attribuzione di senso che alla fine conta quando di tratta di come le persone si identificano dal punto di vista sessuale.
Diversamente dagli animali, noi umani abbiamo la capacità di riflettere sulle nostre pratiche sessuali e su quello che esse significano nel determinare chi siamo e chi vogliamo essere.”
Condivido totalmente il giudizio di Jane Ward.
Un altro esempio significativo del valore del giudizio soggettivo sui comportamenti, al di là della loro oggettività, si può ritrovare nell’analisi del rapporto sesso gay-gioco sessuale etero, nel capitolo dedicato ala sessualità gay.
Fermiamoci ora ad analizzare le tre interviste. Uomini sposati (o che sono stati sposati e hanno comunque delle compagne) hanno rapporti sessuali con altri uomini. L’elemento comune è la non consapevolezza delle mogli o delle compagne, con l’eccezione di Andrew, che dice di non voler più vivere nelle menzogne. In tutti e tre i casi gli intervistati non considerano la relazione omosessuale un’alternativa al matrimonio, che essi non vogliono mettere in crisi, ma solo un diversivo sessuale, magari favorito dall’amicizia con persone anch’esse sposate che “sono sulla stessa barca”, o addirittura uno stimolo per riaccendere l’interesse eterosessuale quando questo tende a venire meno. Emerge chiaramente che la vita matrimoniale di questi uomini non è gratificante, che il dialogo con le mogli è di fatto inesistente ma che nonostante tutto il rapporto etero ha una sua stabilità dovuta soprattutto all’ambiente sociale, come si deduce dal fatto che questi uomini tendono a mantenere segrete le loro frequentazioni omosessuali e a conservare un rapporto matrimoniale formale anche quando all’interno della coppia manca la comunicazione anche su aspetti fondamentali della sessualità. Appare evidente che questi uomini sono legati al matrimonio e all’eterosessualità, tendono a sottolineare che non intendono in nessun modo diventare oggetto del desiderio sessuale di altri uomini e che non vedono i loro incontri sessuali con altri uomini come incontri d’amore, e addirittura considerano l’ipotesi di innamorarsi di un uomo come il maggiore dei rischi delle loro relazioni omosessuali, rischio che va evitato accuratamente. Questi uomini, nonostante i loro rapporti omosessuali, non si percepiscono affatto come gay, anzi tendono a non creare rapporti con singoli gay o con gay dichiarati e a stare con altri uomini sposati, ammettono al massimo una loro tendenza bisessuale, ma solo a livello sessuale. Nel capitolo dedicato alla sessualità gay avremo modo di parlare ampiamente degli etero curiosi, categoria nella quale gli uomini sposati che si percepiscono come etero e hanno rapporti omosessuali possono essere ricompresi. Come vedremo si tratta di un gruppo molto numeroso.
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domenica 18 settembre 2016

MODELLI DI COMPORTAMENTO OMOSESSUALE E PORNOGRAFIA

Partiamo dalla definizione di eterosessuale maschio (etero) come di persona di sesso maschile che si innamora sia a livello affettivo che sessuale di donne o di ragazze, e di omosessuale maschio (o gay) come persona, sempre di sesso maschile, che si innamora sia a livello affettivo che sessuale di uomini o di ragazzi.
Secondo la nozione comune, un rapporto affettivo o sessuale “omosessuale maschile” o, brevemente, “omosessuale” è un rapporto “tra due persone di sesso maschile”, ma è evidente che, di fatto, le situazioni che possono verificarsi sono due e sono nettamente diverse tra loro. Se il rapporto si crea tra due gay si parlerà di rapporto gay-gay, se si crea tra un etero e un gay si parlerà di rapporto etero-gay. Non deve stupire che esistano i rapporti etero-gay, perché un etero pur potendosi “innamorare” affettivamente e sessualmente solo di donne o di ragazze, può certamente, per vari motivi, trovarsi ad avere rapporti, in genere privi di una vera componente affettiva, con ragazzi gay, il fenomeno, anzi, è piuttosto comune, come avremo modo di vedere nella sezione dedicata alla sessualità gay.
Storicamente i rapporti etero-gay e quelli gay-gay sono nati in epoche molto diverse e si sono strutturati secondo modelli molti diversi.
Rapporti etero-gay 
In tempi passati, uomini eterosessuali di classe sociale alta, fortemente frustrati nella loro sessualità etero a causa dei matrimoni combinati, erano portati a trovare uno sfogo per la loro sessualità in avventure sessuali con prostitute, o in veri amori ancillari, socialmente negati ma sostanzialmente tollerati perché apparentemente non mettevano in crisi l’istituzione matrimoniale.
L’eterosessualità dei giovani di alto rango sociale era spesso frustrata da matrimoni in cui la moglie era oggettivamente di classe sociale superiore al marito, che finiva per orbitare nella famiglia di lei e per dipendere dai suoi redditi e dalle sue proprietà. In sostanza un uomo eterosessuale poteva sentirsi un oggetto comprato dalla famiglia della moglie. La tendenza a fuggire alla morsa del matrimonio era talvolta notevole ma c’erano certamente freni inibitori rappresentati dalla religione e dai sensi di colpa in materia sessuale da essa ispirati, come pure dal fatto che la crisi di un matrimonio poteva pesare negativamente sui bilanci della famiglia del marito.
Chiaramente, in queste situazioni, la rottura del matrimonio, visto oggettivamente come una vera e propria trappola, nella quale si era entrati per totale inesperienza e sulla base delle pressioni familiari, poteva trovare un’alternativa tollerabile nel fatto di avere un’amante.
Cercarsi un’amante, anch’essa di alto livello sociale, avrebbe comportato la possibilità che si ricreassero rapporti di dipendenza sostanzialmente analoghi a quelli già provati nel matrimonio e per di più i legami sarebbero stati difficilmente dissimulabili in ragione del fatto che moglie e amante provenivano dallo stesso ambiente, molto più facile sarebbe stato trovarsi un’amante di basso livello sociale, la cui fedeltà sarebbe stata garantita dal suo stesso bisogno di denaro, anche qui ritorna la logica del comprare l’amore, ma non si tratta brutalmente di prostituzione ma di qualcosa di molto più complesso in cui intervenivano anche sentimenti nobili, come la tendenza a proteggere la ragazza povera e ad emanciparla dai rischi della vera prostituzione, ben più brutale. Le storie d’amore di questo tipo sono comuni alla fine del ’700 e nel primo ’800 e hanno alimentato tanta letteratura.
Se l’uomo eterosessuale di alta società incontrava una ragazza povera ma fedele e oggettivamente innamorata di lui, il rapporto poteva diventare stabile e anche molto gratificante, fermo restando che non avrebbe mai potuto trasformarsi in matrimonio a causa della enorme differenza di livello sociale. La storia di Cenerentola rappresenta, in forma molto nobilitata, un rapporto d’amore tra una ragazza povera e il suo amante nobile e ricco. Va sottolineato che i rapporti degli uomini etero con le loro amanti avevano anche una componente di potere non trascurabile, la differenza di classe sociale aveva un ruolo fondamentale ed era la base di una struttura del rapporto del tutto dissimmetrica: la ragazza era totalmente dipendente dall’amante non solo a livello economico ma anche a livello culturale, era in genere analfabeta, mentre il suo amante era un uomo che aveva ricevuto un’educazione raffinata e che frequentava gli ambienti dell’alta società. All’epoca, la condizione della donna, ai livelli sociali bassi, era di netta subordinazione e, in genere, una ragazza povera che si vedeva corteggiata da un ricco signore, ben si guardava dal reclamare una parità di fatto impossibile. Su queste basi i rapporti tra un eterosessuale ricco e la sua amante potevano durare per anni ed essere sostanzialmente gratificanti per entrambi.
Accadeva però anche che talvolta le fughe dal matrimonio verso amori con altre donne di classe sociale bassa fossero tutt’altro che gratificanti per la venalità della ragazza, per la sua infedeltà e, più raramente, per la sua riluttanza ad accettare un rapporto che comunque l’avrebbe lasciata in una condizione di sottomissione.
In situazioni del genere, un uomo eterosessuale ricco finiva per mescolare al risentimento verso la moglie anche un risentimento più generale verso l’universo femminile, percepito come dominatore e venale a tutti i livelli e si sentiva per un verso dominato dalla moglie e per l’altro condizionato e quasi ricattato dall’amante. In questi casi, e non raramente, capitava che ricchi uomini eterosessuali sviluppassero simpatie importanti non verso ragazze ma verso ragazzi di condizione sociale più bassa: stallieri, domestici, ma anche contadini e operai economicamente indipendenti.
La prostituzione omosessuale esisteva anche allora, ma era molto più limitata di quella eterosessuale; gli uomini “eterosessuali” che fuggivano dal mondo femminile, in genere, non si rivolgevano alla prostituzione maschile ma tendevano a costruire con alcuni ragazzi dei rapporti stabili, analoghi a quelli che, in condizioni più favorevoli, avrebbero costruito con delle ragazze povere.
I rischi per il partner di livello sociale più alto, in questo tipo di rapporti, consistevano essenzialmente nella possibilità di ricatto da parte del partner di livello sociale più basso, mentre i rischi per il partner di livello sociale più basso consistevano nella possibilità di trovarsi di fronte ad un volgare rapporto di prostituzione travestito da rapporto amichevole-amoroso di lunga durata.
Nel “Maurice” di Forster, il ricco borghese Maurice tende a manifestare il suo rispetto profondo per il guardiacaccia Scudder, non solo non rimarca mai la differenza sociale che lo separa da Scudder, come farebbe un ragazzo etero ricco che cerca una relazione etero-gay, ma tende fin dal primo momento a costruire il suo rapporto con Scudder su un piano di autentica parità, che è indice di un vero rapporto gay-gay. Maurice manifesta però inizialmente gli stessi timori del ricatto che avrebbe un ricco borghese eterosessuale in cerca di un rapporto etero-gay.
Per far capire a Scudder che si è innamorato di lui come un vero gay, Maurice deve mostrare a Scudder il suo profondo interesse affettivo, al di là dell’interesse meramente sessuale. Quando Maurice teme che Scudder stia per emigrare non si limita a salutarlo, dandogli magari il ben servito con una somma di denaro, come avrebbe fatto un ricco borghese implicato in un rapporto etero-gay, convinto che una volta andato via Scudder non sarebbe stato difficile trovare un sostituto; Maurice è autenticamente sconvolto dall’idea di perdere Scudder che ai suoi occhi non è sostituibile, e lo cerca con ansia, finché poi non lo ritrova per non lasciarlo mai più.
Sottolineo una cosa fondamentale: dal punto di vista dell’uomo ricco eterosessuale che costruisce un rapporto extra-matrimoniale, un rapporto eterosessuale e uno omosessuale sono cose nettamente diverse, nel rapporto eterosessuale l’uomo eterosessuale trovava una gratificazione che poteva essere profondissima, accompagnata da un senso di libertà totale e di reciprocità affettiva oltre che sessuale, in altre parole, un uomo omosessuale poteva innamorarsi veramente della ragazza povera, mentre non sarebbe mai accaduto lo stesso in una storia con un ragazzo, che sarebbe stato visto sempre e comunque come il “sostituto di una donna”.
Chiarito il punto di vista dell’uomo ricco etero nel rapporto etero-gay, cerchiamo di capire chi erano i ragazzi ai quali questi uomini si rivolgevano. Innanzitutto non erano prostituti capaci di andare indifferentemente per denaro sia con uomini che con donne, erano, nella maggior parte dei casi, ragazzi omosessuali, cioè ragazzi che si innamoravano sia affettivamente che sessualmente di ragazzi o di uomini e che sognavano una relazione stabile.
Sottolineo che negli ambienti sociali più bassi, la prostituzione maschile era in qualche modo accettata e giustificata sulla base di una necessità economica, mentre l’omosessualità era di fatto tacitamente tollerata ma non era socialmente accettata. La convivenza di due uomini era un fatto ritenuto inaccettabile, proprio perché l’omosessualità non era mai considerata come una condizione di vita normale e possibile. In simili circostanze, i ragazzi omosessuali erano estremamente sensibili a qualunque segnale, proveniente da altri ragazzi, che avesse lasciato trasparire qualche elemento di omosessualità. I segni di disponibilità dimostrati da alcuni uomini di classe sociale alta, stanchi del loro matrimonio e del mondo femminile in genere, facevano ritenere ai ragazzi gay di livello sciale più basso di aver finalmente trovato un ragazzo omosessuale innamorato di loro e quindi sollecitava la loro disponibilità.
È in questo clima che si sviluppavano le cosiddette relazioni etero-gay, da un lato un etero ricco in un momento di ribellione verso il mondo femminile che cercava il “sostituto di una ragazza” per sfogare la sua sessualità ed esercitare il suo senso di dominio, e dall’altro un ragazzo gay povero che sognava di trovare un altro gay col quale creare un rapporto stabile.
Questi rapporti, i cosiddetti rapporti etero-gay erano totalmente modellati sulla sessualità etero e prevedevano che il ruolo virile fosse appannaggio esclusivo del maschio dominante, cioè del maschio etero. Per ruolo virile si intende il ruolo di colui che è attivo nella penetrazione anale e che presta il proprio sesso alle attenzioni dell’altro nel rapporto orale. Ovviamente al gay spettavano i ruoli complementari femminili.
I rapporti etero-gay sono stati una realtà frequente fino agli anni 60 e oltre del 1900. Nei rapporti etero-gay i ruoli sono fissi: il maschio etero è attivo e il gay è passivo. Ma aggiungo un’altra osservazione, in questa concezione della sessualità il rapporto sessuale è finalizzato alla penetrazione anale che appare come l’elemento più importante e conclusivo del rapporto, il resto è visto soltanto come una preparazione. È proprio per questo che, ancora oggi, si usa parlare di “rapporto omosessuale completo” per indicare un rapporto che comprende anche la penetrazione anale, ma si tratta di un modo di dire derivato dal mondo etero.
Di norma, come abbiamo visto, il maschio dominante in una relazione etero-gay non era dominante solo dal punto di vista sessuale ma anche dal punto di vista sociale, il che sottolineava la radicale dissimmetria del rapporto, spesso vissuto da tutte e due le parti come un rapporto di dominio/sottomissione. Questi aspetti di potere legittimavano ancora di più agli occhi dei maschi etero dominanti il rapporto sessuale con un gay.
Va tenuto presente che quando i maschi borghesi eterosessuali si sposavano per ragioni esclusivamente patrimoniali e di casta con donne non scelte da loro e vivevano quindi una sessualità matrimoniale frustrante, i rapporti con le prostitute consentivano loro di dimenticare le loro frustrazioni e di sfogare il loro desiderio di dominio, talvolta, più che di sesso. Il senso di superiorità e di dominio si manifestava oltre che attraverso pratiche sessuali particolari, attraverso il denaro. Lasciare del denaro sul comodino “pour vos beaux yeux!”, come si diceva allora, era un modo fortissimo di marcare la differenza sociale e quindi il non coinvolgimento col partner. Meccanismi dello stesso genere si ritrovano anche nei rapporti etero-gay in cui normalmente il maschio dominante compensava il gay per il suo ruolo passivo con denaro o con altri regali, rimarcando così il ruolo di subordinazione del gay.
Nascita della pornografia 
Si ritiene comunemente che la pornografia sia sempre esistita e se ne sia sempre fatto larghissimo uso, come accade oggi, ma le cose stanno in modo completamente diverso. Alla fine dell’800 Wilhelm von Gloeden, realizzò a Taormina una enorme quantità di foto, ritenute da molti foto pornografiche, si trattava in realtà di foto di nudo, quasi sempre maschile, anche se ci sono nudi femminili, ma c’erano anche paesaggi, foto di pastori e di contadini. Il nudo maschile era rappresentato sempre in una cornice mitologica greca e non esiste nessuna foto di von Gloeden che rappresenti rapporti sessuali o situazioni fortemente connotate in senso sessuale. Le foto di von Gloeden erano certamente ricercate dagli omosessuali, ma erano materiale raro e prezioso, diffuso sempre attraverso canali riservatissimi. Famose furono anche le foto di nudo maschile realizzate a Roma da Wilhelm von Plüschow, anch’esse diffuse riservatamente tra gli omosessuali di alto livello sociale, come testimonia un frammento di una lettera di John Addington Symonds a Charles Edward: Sayle:[1]
“Se siete interessato a studi veramente artistici di nudi, fatti per la maggior parte all’aria aperta, andate a trovare il mio amico G. Plüschow, Via Sardegna 34. Ne ha realizzato un’immensa collezione che sarà felice di mostrarvi. Sinceramente vostro. J A Symonds”
Chiamare pornografia le foto di Gloeden o di Plüschow è comunque una forzatura e in ogni caso la diffusione di quelle foto fu minima. In passato, fino agli inizi degli anni ’70 del ’900, la diffusione di foto pornografiche, etero o gay, era considerata oltraggio al pudore ed era perseguita per legge, le foto erano costose e assolutamente non facili da trovare, ed erano dirette soprattutto a borghesi eterosessuali che vivevano a livello di trasgressione rapporti etero-gay con ragazzi gay di estrazione popolare. In una realtà di questo genere la cosiddetta pornografia gay era di fatto rivolta ai maschi etero e tendeva ad enfatizzare i modelli di comportamento sessuale del rapporto etero-gay. In questo modo, fino agli inizi degli anni ’70 del ’900 si accreditò il tipico modello etero-gay come modello del rapporto omosessuale. Quel modello, l’unico sponsorizzato dalla pornografia clandestina e per questo l’unico “ufficiale”, finì per affermarsi e per essere considerato dagli stessi gay come il loro modello di comportamento sessuale.
A partire dalla fine degli anni ’60 del ’900, con la liberazione sessuale ’68, i gay cominciarono ad avere un minimo di visibilità e, in alcuni casi almeno, come nei collettivi universitari, ebbero la possibilità di confrontarsi tra loro e di riconoscersi, cosa prima del tutto impossibile. Fu solo nei primi anni ’70 che i gay cominciarono ad abbandonare i vecchi rapporti etero-gay, in cui erano inevitabilmente destinati al ruolo passivo, per vivere finalmente dei rapporti gay-gay. Fino all’inizio egli anni ’70 moltissimi gay vivevano rapporti di amicizia amorosa unidirezionale, spesso neppure dichiarata, verso ragazzi etero che si consideravano esclusivamente loro amici, ovviamente senza rapporti sessuali. I rapporti sessuali, cioè esclusivamente sessuali, continuavano ad essere appannaggio dei rapporti etero-gay. In una prima fase, attualmente non del tutto conclusa, il modello etero-gay, imposto dalla pornografia, ha continuato a dominare la scena importando nel rapporto gay-gay il binomio attivo-passivo. In questo caso però anche il ruolo attivo era ricoperto da un gay.
Va ricordato che fino all’inizio degli anni ’70, non esistevano né pubblicazioni destinate ai gay né pornografia gay. La prima rivista omosessuale in Italia, “Fuori!”, comparve nel 1971, e la tiratura delle riviste omosessuali fu comunque molto bassa perché la diffusione in libreria o in edicola scoraggiava gli acquirenti.
Per capire come e quando la pornografia, in Italia, arriva alla grande distribuzione, bisogna tenere conto che la rivista “Le Ore”, nata nel 1953 come rivista di attualità cinematografica, distribuita fino al 1967, dal 1971 divenne una rivista erotica soft, con organi genitali maschili coperti e senza foto esplicite di rapporti sessuali. Nel corso degli anni ’70 la legislazione italiana sul buon costume si fece molto più elastica e nel 1977 “Le Ore” diventò una rivista hard. Dai primi anni ’80 le riviste porno saranno gradualmente soppiantate dalle videocassette. La prima rivista porno gay, “Gay Italia”, cominciò le pubblicazioni nel 1983. “Babilonia” la più nota rivista mensile italiana gay, con foto di nudo ma mai di cattivo gusto, e con articoli di interesse per i gay, iniziò le pubblicazioni del 1982 e proseguì fino al 2009.
Rapporti gay-gay 
Nei rapporti gay-gay cominciò ad apparire una novità che marcava una forte differenza rispetto al rapporto etero-gay: nel rapporto gay-gay, pur sussistendo ancora le categorie di attivo e passivo, i ruoli non erano fissi, o almeno non lo erano in modo rigido, anche se la penetrazione anale continuava ad essere considerata la vera finalità del rapporto.
In anni recenti, fine secolo XX e inizio del XXI, dopo l’avvento di internet, per molti gay la possibilità di venire a contatto con altri gay è divenuta una realtà e questo ha favorito un dialogo e un confronto tra gay e ha lentamente ma inesorabilmente eroso la solidità del modello di sessualità tra gay ereditato dal vecchio modello etero-gay.
Nei colloqui in chat con ragazzi gay di età diverse si avverte che, man mano che ci si sposta verso classi di età più giovane, la sessualità gay-gay è intesa e vissuta in modo sempre meno legato ai vecchi modelli.
Aggiungo un’ulteriore osservazione: la sessualità sul modello etero-gay resiste soprattutto tra ragazzi che sono stati fortemente condizionati dalla pornografia e che non hanno avuto modo di confrontare la propria sessualità con quella di altri ragazzi gay, mentre per i ragazzi che hanno avuto una educazione sessuale più libera e hanno potuto parlare della loro sessualità con altri ragazzi, la vita sessuale reale è di fatto pressoché totalmente staccata dal modello etero-gay e si orienta tendenzialmente verso un modello di sessualità gay-gay basato sul principio di parità.
Cercherò ora di delineare come intendono la sessualità molti gay giovani, diciamo al di sotto dei 30 anni. Per un gay, la penetrazione anale è in assoluto il comportamento sessuale più a rischio per la trasmissione del virus HIV. Questo fatto, associato a ragioni di carattere igienico generale, spinge i gay più giovani a non considerare la penetrazione anale un comportamento sessuale desiderabile.
Osservo per inciso che nelle fantasie masturbatorie di tutti i ragazzi gay rientra l’idea di masturbare il compagno e di praticargli sesso orale o di farsi praticare sesso orale da lui, mentre le fantasie riguardanti la penetrazione sono decisamente meno comuni. La sessualità dei ragazzi gay più giovani (parlo soprattutto di ragazzi non dichiarati e meno legati al mondo dei locali gay) tende quindi ad essere una sessualità che prescinde dalla penetrazione, che anzi è percepita spesso come realtà importata dal mondo etero e non spontaneamente gay. Nei casi in cui la penetrazione è praticata, i ruoli non sono comunque fissi o non lo sono in modo assoluto, segno questo, nonostante la permanenza della penetrazione, di una parità o di una tendenziale parità all’interno della coppia.
Detto questo, e con tutte le riserve del caso, provo a sintetizzare il senso della parità all’interno di un rapporto gay-gay. Una coppia etero è caratterizzata dalla complementarità dei ruoli sessuali che sono anatomicamente e biologicamente definiti, sono ruoli che caratterizzano in modo sostanziale quel tipo di rapporto. Eterosessualità significa amare il diverso da sé. Una coppia gay è caratterizzata dalla identità dei ruoli dei due partner. Un ragazzo gay si innamora di un altro ragazzo non perché lo considera il sostituto di una donna ma proprio perché è un ragazzo, cioè per la sua identità maschile. L’interesse di un ragazzo gay verso il pene del suo compagno è particolarmente forte e il senso di identità e quasi di fusione personale che si prova nel contatto sessuale è legato al fatto che ciascuno dei due conosce perfettamente le risposte fisiologiche dell’altro, perché si tratta di due ragazzi. Date queste premesse è facile capire che un rapporto basato sul concetto di parità è tendenzialmente incompatibile con l’assunzione di ruoli sessuali ed è assolutamente incompatibile con l’assunzione di ruoli sessuali fissi.
La sessualità delle coppie gay giovani tende a non essere più una imitazione della pornografia ma a realizzarsi attraverso comportamenti sessuali diluiti che consistono di diversi elementi legati soprattutto alla intimità fisica non immediatamente sessuale e alle cosiddette coccole:
1) Abitudine alla reciproca nudità, stare nudi insieme, abbracciarsi nudo contro nudo e rimanere abbracciati per diversi minuti.
2) Accarezzarsi, baciarsi, scambiarsi tenerezze.
3) Toccarsi intimamente reciprocamente, senza finalità sessuali immediate.
4) Rinviare la fase dell’orgasmo.
5) Parlare molto mentre si sta abbracciati.
6) Prolungare le affettuosità anche nella fase post-orgasmica, addormentandosi uno nelle braccia dell’altro.
Come si comprende, questo modello di sessualità gay-gay non ha ormai più nulla a che vedere con i modelli ereditati dalla pornografia. In parte, la pornografia più recente sta cercando di adeguarsi ai nuovi modelli di sessualità emergenti, che tuttavia non sono compatibili con i classici standard dei film porno. Nonostante questi tentativi di adattamento, la pornografia nel senso classico del termine sta lentamente perdendo terreno tra i gay a tutto vantaggio della spontaneità dei comportamenti sessuali. Mi rendo conto che la descrizione che ho dato della sessualità di coppia delle giovani coppie gay, in particolare formate da ragazzi non dichiarati, potrà apparire dogmatica e pretenziosa, parlare di un “principio di parità” nella sessualità gay di coppia potrebbe sembrare un tentativo di introdurre surrettiziamente regole del tutto prive di senso.
Mi è stato ricordato più volte che nei rapporti di coppia tutto può capitare e dipende da ciò che si desidera e dalle persone che si conoscono, in questo senso, quanto più ci si libera da categorie e schemi tanto più si è vicini alla realtà. Su questo non posso che concordare, ma devo sottolineare che il “principio di parità” non è un’invenzione di chi ha steso queste pagine ma è la sintesi di quanto è emerso da centinaia di mail e da centinaia di ore di colloquio nel corso di diversi anni. Ovviamente le rilevazioni hanno certamente un valore limitato a quanto riscontrato dal punto di osservazione di Progetto Gay e non sono necessariamente generalizzabili, ma hanno comunque una base oggettiva molto seria.
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[1] Lettera 1969 – John Addington Symonds, Letters, Wayne State University Press, 1969, vol. III. – If you care for extremely artistic studies from the nude, done mostly in the open air, go & see my friend G. Plüschow 34 Via Sardegna. He has made an immense collection which he will be delighted to show you. Very truly yours. J A Symonds
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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post, aperta sul Forum di Progetto Gay: http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=23&t=5672