mercoledì 30 gennaio 2013

GAY E MASTURBAZIONE TRA PECCATO E NORMALITA’

Questo post è dedicato ad un confronto tra le posizioni della Chiesa Cattolica concernenti la masturbazione e la realtà del fenomeno, come esso appare ad un’analisi non pregiudiziale.
La definizione di masturbazione data dal Catechismo della Chiesa cattolica (Parte 3^, Sezione 2^, Capitolo 2°, art. 6, n. 2352)come “eccitazione volontaria degli organi genitali, al fine di trarne un piacere venereo (”veneream volupratem”)“, per l’uso dell’aggettivo venereo, ormai desueto nel linguaggio comune e perfino nella terminologia medica dove l’espressione “malattie veneree” è stata sostituita dalla più corretta espressione “malattie sessualmente trasmesse”, è debitrice di Tommaso d’Aquino che, nella quaestio della Summa Theologica  dedicata alla lussuria (Summa Thelogica II^IIae, q.153), usa frequentemente espressioni che si riferiscono al “piacere venereo (ἀφροδισιαστικός)” come ad esempio delectationes venereae”“voluptates venereas”“actus venereus”“usus  venereorum”.
Il Catechismo si limita ad un mero richiamo alla Dichiarazione “Persona humana” della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede della fine del 1975, che però tratta l’argomento in modo assai più articolato.
Il punto n. 9 della Dichiarazione Persona Humana, concernente la masturbazione, è uno degli esempi più tipici della dimensione dogmatica tipicamente autoreferenziale della morale cattolica.
La dichiarazione Persona humana affronta l’argomento “masturbazione” ricordando che “Spesso, oggi, si mette in dubbio o si nega espressamente la dottrina tradizionale cattolica, secondo la quale la masturbazione costituisce un grave disordine morale. La psicologia e la sociologia, si dice, dimostrano che, soprattutto tra gli adolescenti, essa è un fenomeno normale dell’evoluzione della sessualità.” Ma a queste teorie psicologiche o sociologiche la Chiesa oppone solo la propria autorità affermando che “secondo qualcuno”, che la Chiesa considera certamente in errore, nella masturbazione  “non ci sarebbe colpa reale e grave, se non nella misura in cui il soggetto cedesse deliberatamente ad un’auto-soddisfazione chiusa in se stessa («ipsazione»), perché in tal caso l’atto sarebbe radicalmente contrario a quella comunione amorosa tra persone di diverso sesso, che secondo certuni sarebbe quel che principalmente si cerca nell’uso della facoltà sessuale.” Al di là del fatto che il testo parla espressamente di “persone di diverso sesso”, si introduce una distinzione, nell’ambito della masturbazione tra masturbazione “eterosessuale” affettiva e “ipsazione”. Il termine “ipsazione” (dal latino “ipse” = io stesso) era stato coniato da Magnus Hirschfeld ed era usato nel questionario psico-biologico che doveva essere compilato da pazienti dell’Istituto di Scienze Sessuali di Berlino fondato dalla stesso Hirschfeld nel 1919.
La domanda n.35 del questionario era la seguente: “Vi lasciate mai andare all’ipsazione, ovvero alla soddisfazione raggiunta per mezzo dell’onanismo? Quando avete cominciato a masturbarvi? Come mai avete contratto tale abitudine? Vi siete stati spinti da persone della vostra età o di età differente, da persone del vostro medesimo sesso o di sesso differente? Fino a quale età, con quali intervalli e rappresentazioni mentali e in che modo vi siete masturbati? Se siete una donna, per mezzo di carezze esterne o tramite l’introduzione nel vostro corpo di oggetti estranei? Avete mai lottato contro tale tendenza? Se sì, con quali mezzi (voti, preghiere, ecc.).
Il Documento Persona humana usa il termine ipsazione (oggi assai poco usato dai sessuologi) per indicare una “auto-soddisfazione chiusa in se stessa” che sarebbe la ragione della immoralità di questo “solo” tipo di masturbazione. Come è ovvio la Dichiarazione non considera nessun argomento di carattere psico-sessuale e si limita a giudicare moralmente irrilevante la distinzione tra masturbazione “eterosessuale” affettiva, che implica una dimensione almeno proiettiva di coppia, e ipsazione cioè masturbazione non affettiva, ammesso e non concesso che esista un linea di demarcazione tra le due cose, come se il problema della legittimazione morale della masturbazione si riducesse a questo. Il Documento sottolinea che la masturbazione è comunque e sempre condannata dalla Chiesa per costante tradizione e che qualunque sia la motivazione che induce taluni all’indulgenza verso la masturbazione affettiva: “Questa opinione è contraria alla dottrina e alla pratica pastorale della chiesa cattolica. Quale che sia il valore di certi argomenti d’ordine biologico o filosofico, di cui talvolta si sono serviti i teologi, di fatto sia il magistero della chiesa – nella linea di una tradizione costante -, sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato”.
Il Documento specifica poi le motivazioni di questo giudizio: “La ragione principale è che, qualunque ne sia il motivo, l’uso deliberato della facoltà sessuale, al di fuori dei rapporti coniugali normali, contraddice essenzialmente la sua finalità. A tale uso manca, infatti, la relazione sessuale richiesta dall’ordine morale, quella che realizza, «in un contesto di vero amore, l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana». Soltanto a questa relazione regolare dev’essere riservato ogni esercizio deliberato sulla sessualità.” Qualunque sia il valore degli argomenti in contrario, la condanna trova quindi la sua motivazione indefettibile nel magistero e nella tradizione che legittima l’uso della facoltà sessuale esclusivamente nei “rapporti coniugali normali”.
Molto interessante è la valutazione del significato delle indagini sociologiche sul tema della masturbazione, così come prospettato dal documento Vaticano:  “Le inchieste sociologiche possono indicare la frequenza questo disordine secondo i luoghi, la popolazione o le circostanze prese in considerazione; si rilevano così dei fatti. Ma i fatti non costituiscono un criterio che permette di giudicare del valore morale degli atti umani.”.
La Congregazione non fa che parafrasare un documento di papa Paolo VI «Se le inchieste sociologiche ci sono utili per meglio conoscere la mentalità dell’ambiente, le preoccupazioni e le necessità di coloro ai quali annunciamo la parola di Dio, come pure le resistenze che le oppone l’umana ragione nell’età moderna, con l’idea largamente diffusa che non esisterebbe, fuori della scienza, alcuna forma legittima di sapere, le conclusioni di tali inchieste non potrebbero costituire di per se stesse un criterio determinante di verità» (Paolo VI, Esort. apost. Quinque iam anni, 8.12.1970).”
La Congregazione si spinge alla individuazione delle cause della frequenza della masturbazione e così si esprime:
La frequenza del fenomeno in questione è, certo, da mettere in rapporto con l’innata debolezza dell’uomo in conseguenza del peccato originale, ma anche con la perdita del senso di Dio, la depravazione dei costumi, generata dalla commercializzazione del vizio, la sfrenata licenza di tanti spettacoli e di pubblicazioni, come anche con l’oblio del pudore, custode della castità.”
Quindi il documento cita la “psicologia moderna” anche se non è ben chiaro a che cosa si riferisca in concreto:
La psicologia moderna offre, in materia di masturbazione, parecchi dati validi e utili, per formulare un giudizio più equo sulla responsabilità morale e per orientare l’azione pastorale. Essa aiuta a vedere come l’immaturità dell’adolescenza, che può talvolta prolungarsi oltre questa età, lo squilibrio psichico, o l’abitudine contratta possano influire sul comportamento, attenuando il carattere deliberato dell’atto, e far sì che, soggettivamente, non ci sia sempre colpa grave. Tuttavia, in generale, l’assenza di grave responsabilità non deve essere presunta; ciò significherebbe misconoscere la capacità morale delle persone.”
Ne consegue che si tratta comunque di colpa sempre grave oggettivamente ma non sempre soggettivamente e che la psicologia moderna aiuta nel discernere caso da caso. Evidentemente la psicologia moderna è considerata legittima solo in quanto strumentale e conciliabile con la morale cattolica. La Congregazione fornisce poi altri criteri che vanno oltre la “psicologia moderna”:
Nel ministero pastorale, per formarsi un giudizio adeguato nei casi concreti, sarà preso in considerazione, nella sua totalità, il comportamento abituale delle persone, non soltanto per ciò che riguarda la pratica della carità e della giustizia, ma anche circa la preoccupazione di osservare il precetto particolare della castità. Si vedrà, specialmente, se si fa ricorso ai mezzi necessari, naturali e soprannaturali, che l’ascesi cristiana, nella sua esperienza di sempre, raccomanda per dominare le passioni e far progredire la virtù.”
Lasciano ora da parte i pregiudizi morali e prendendo in considerazione i fatti.
Che la masturbazione sia una realtà che riguarda tendenzialmente tutti i ragazzi in età adolescenziale è un fatto risaputo e confermato da tutti i sondaggi seri effettuati in questo campo. La masturbazione in età adolescenziale è un fatto fondamentale che porta gradualmente alla coscienza del proprio orientamento sessuale, determina gli archetipi sessuali, ossia i tipi fisici delle persone che inducono una chiara reazione sessuale e i comportamenti sessuali che saranno ritenuti più eccitanti nel corso dell’intera vita, crea e stabilizza l’associazione tra fantasie masturbatorie e reazioni fisiologiche di erezione e eiaculazione.
Indurre sensi di colpa legati alla masturbazione negli adolescenti tramite pregiudizi di carattere morale significa interferire pesantemente e negativamente sia nella maturazione della loro sessualità che nella formazione del loro senso morale, inducendoli a reazioni nevrotiche di rifiuto del tutto innaturale della masturbazione, alla considerazione della masturbazione come un vizio di cui bisogna cercare in ogni modo di liberarsi e alla formazione di una morale basata sulla repressione anziché sulla liberà.
È un dato di fatto che la masturbazione accompagna normalmente la vita adulta, anche in presenza di una attività sessuale di coppia (sia etero che omosessuale) e che anzi la masturbazione rappresenta in ogni caso l’espressione più libera della sessualità e meno condizionata dalle attese del partner o di altre persone.
È evidente che, per i gay che non vivono in una stabile relazione di coppia, la masturbazione è l’unica forma di sessualità che è possibile vivere senza rischi e quindi reprimere la masturbazione in queste situazioni significa negare del tutto la sessualità di un individuo, cosa che è assolutamente innaturale oltre che immorale.
La masturbazione è la via normale attraverso la quale gli uomini gay o bisessuali sposati, che hanno represso la loro sessualità, divengono pienamente consapevoli della loro condizione ed è anche, in molti casi, per loro, l’unico modo per vivere la loro vera sessualità o la loro componente omosessuale, se sono bisessuali, senza mettere in crisi la famiglia.
Il peso dei tabù introdotti dalla morale cattolica e più in generale del pensiero religioso nel corso dei secoli sui comportamenti sessuali e in primo luogo sulla masturbazione fa sì che ancora oggi molti ragazzi se ne sentano pesantemente condizionati e stentino a considerarla una componente normale della sessualità.
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martedì 29 gennaio 2013

GAY TRA RELATIVISMO E PREGIUDIZIO


Il 18 Aprile del 2005, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, nella Omelia per la Missa pro eligendo romano pontifice che precedeva l’apertura del conclave dal quale egli sarebbe stato eletto papa il giorno seguente, così affermava: “Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.” Con questa frase si inaugura idealmente il pontificato di Benedetto XVI nel segno del contrasto al relativismo. A detta del futuro pontefice il relativismo consiste nel “lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina” e nel “lasciare come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. 

Le posizioni del papa sui diritti dei gay sono ben note. Mi limito a citare un articolo in Inglese, pubblicato sul blog Gay Project il 18 gennaio 2013 http://gayproject2.wordpress.com/2013/01/18/pope-and-discrimination-of-gays/

Non entro nel merito delle affermazioni del papa. Vorrei limitarmi a citare e a sviluppare una leggenda indiana riferita da Max Scheler nella prima parte di “Formalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori”, un’opera estremamente interessante, pubblicata ormai 100 anni fa, nel 1913, che mirava a chiarire che cosa è il relativismo trattando molto seriamente la questione. L’opera è in tedesco, ma le ascendenze culturali protestanti ed ebraiche, forse più degli stessi contenuti dell’opera, non la rendono molto gradita in ambiente cattolico.

Max Scheler cita una leggenda indiana che mi permetto di ampliare perché ha un notevole valore esemplificativo. 

Molti anni fa, in India, ad un gruppo di “saggi” ciechi fu permesso di avvicinarsi ad un elefante e fu detto loro che si trattava di un elefante, ciascuno ne toccò una parte, poi fu chiesto loro che cosa fosse un elefante: uno disse che era un oggetto duro come il marmo, perché aveva toccato solo una zanna, un altro disse che era come un grossissimo serpente capace di avvolgersi a spire, perché ne aveva toccato solo la proboscide e un altro disse che era una grossa zampa. Fuori di metafora è ovvio che ciascuno dei “saggi” ciechi si rese conto che il suo punto di visita era relativo e comprese che per capire meglio che cosa è un elefante bisogna conoscere e capire che cosa gli altri avessero dedotto dal loro punto vi vista. I veri saggi capiscono che il relativismo non si supera con l’affermazione apodittica di un punto di vista ma con una visione collaborativa che arricchisce tutti e permette una conoscenza migliore della realtà e almeno un relativo superamento del relativismo iniziale. Fin qui Max Scheler e direi che è già una metafora illuminante.

Poniamo ora che tra quei saggi ciechi ce ne fosse uno che avesse avuto modo di stare molto tempo accanto ad altri elefanti, quello certo ne avrebbe avuto una conoscenza assai migliore, certamente anch’essa relativa, ma assai meno relativa di quella di coloro che avevano potuto accostare un elefante solo per un minuto, e quei saggi, per capire che cosa è realmente un elefante, sarebbero stati certamente ad ascoltare chi aveva più esperienza tra loro in fatto di elefanti.

Come è ovvio se quegli stessi ciechi fossero stati poi condotti accanto ad una tartaruga e nessuno di essi avesse mai avuto contatto con altre tartarughe, nessuno di essi avrebbe potuto contribuire a priori più e meglio di altri a capire che cosa è una tartaruga.

Come non verrebbe certo in mente a me, che non so andare a cavallo, di spiegare ad un cavaliere esperto quali siano le posizioni più “naturali” per stare in sella, perché parlare di ciò che non si conosce significa solo manifestare la propria ignoranza su quell’argomento, così chi non è gay e non vive l’essere gay dall’interno, dovrebbe rendersi conto di avere un concetto dell’essere gay paragonabile con l’idea di elefante che può avere un cieco che abbia accostato un elefante solo per pochi secondi.

La mia non è l’apologia del relativismo e rinvio a Max Sheler chiunque voglia entrare seriamente in queste cose. 

Le posizioni fortemente assertive e dogmatiche sono avvalorate non dalla loro maggiore affidabilità derivata dalla maggiore esperienza o dalla maggiore razionalità ma solo da un principio di autorità. I concetti di “legge di Dio” o di “secondo natura” sono pure presunzioni, cioè sono degli atti fede, rispettabili per se stessi ma in nessun caso possono essere la base di visioni che possono comportante la svalutazione di altri punti di vista, o peggio la restrizione della libertà altrui. Questo sarebbe come tentare di imporre la visione secondo la quale l’elefante è una enorme zanna perché uno dei ciechi, particolarmente influente, ha toccato solo la zanna (ammesso che l’abbia toccata). Se quei ciechi cedessero all’autorità di uno solo tra loro, non sarebbero saggi perché rifiuterebbero l’idea di collaborare per una migliore conoscenza delle cose che non è conciliabile con l’idea che qualcuno abbia ragione per definizione. Questo non è come dice il papa “la dittatura del relativismo” ma un principio elementare di buon senso per il quale la libertà non è compatibile con nessuna dittatura ideologica.

I gay conoscono la realtà della loro vita eppure devono vedere ogni giorno imposti con la forza violenta delle legge, come sta accadendo in Russia, o con l’abuso del nome di Dio, come fanno la chiesa cattolica e la chiesa ortodossa, i punti di vista di chi non sa neppure di che cosa sta parlando. 

Non è il relativismo, inteso riduttivamente alla maniera del papa, la base della democrazia che deve fondare gli Stati ma un principio di rispetto reciproco e di collaborazione per acquisire tutti maggiori livelli di consapevolezza, fermo restando che ciascuno è libero di giudicare come crede ma se alla base del giudizio non c’è una conoscenza reale degli argomenti ma un mero pregiudizio, nessuno può pretendere in nome di quel pregiudizio di limitare la libertà o il diritto altrui.
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sabato 26 gennaio 2013

SENTIMENTI GAY TRA AMICIZIA E AMORE


Ciao Project,
non so se ti ricordi di me, 25 anni allora, adesso 26, ti do un elemento concreto, avevamo parlato anche della scherma, ti avevo scritto diversi mesi fa in preda a un grosso senso di depressione e di paura, soprattutto di paura anche perché mi stavo cacciando in un brutto pasticcio e tu me lo facesti capire, praticamente abbiamo parlato fino alla mattina.
Beh, ci tengo a dirti che le cose sono cambiate e che la doccia fredda di quella sera mi ha fatto bene. Ho abbandonato del tutto i locali e i siti di incontri, non è stato facile perché anche se quell’ambiente mi deprimeva era per me in sostanza l’unica valvola di sfogo ed effettivamente stavo entrando in una fase di dipendenza. Ho ricominciato a frequentare i miei amici di vecchia data, tutti etero ma bravi ragazzi. Mi sono laureato e ho anche trovato un lavoretto, purtroppo con contratto a termine ma in qualche modo lavoro. Ho dovuto inventarmi una fantomatica ragazza in un’altra città per tenere lontane le attenzioni delle mie colleghe di lavoro e soprattutto i pettegolezzi, ma tutto questo non è molto importante.
Ti scrivo per parlarti di un’altra storia che mi ha proprio cambiato la vita. Tu sai che io abito in paese a circa 30 chilometri dalla mia città. All’poca dovevo ancora fare gli ultimi esami e la tesi perché mi ero rimesso a studiare e volevo finire il più presto possibile. Avevo appuntamento col mio relatore all’università per le nove, quindi dovevo uscire di casa per le 7.30. Esco, prendo la macchina perché è brutto tempo (ottobre), poco fuori di uno dei tre paesi che devo attraversare per arrivare in città comincia a piovere forte, vedo uno al bordo della strada che è senza ombrello e che cerca un passaggio, mi fermo e lo faccio salire. Era incappucciato e a stento lo avevo intravisto. Sale in macchina tutto bagnato e mi bagna tutto il sedile, non si scusa, mi chiede subito se vado in città, non ci presentiamo nemmeno, mi sembra parecchio trasandato, barba di qualche giorno, capelli lunghi, incolti, unghie non molto accattivanti, ecc. ecc.. Facciamo la strada in silenzio (circa 20 minuti). Si fa lasciare in centro, sotto un portico ma non dice nulla. Io vado all’università e la cosa finisce lì. Circa una settimana dopo ricapita più o meno esattamente la stessa cosa, questa volta diluvia e ci fermiamo per qualche minuto ad aspettare che passi lo sgrullone ma senza quasi dire una parola. Mi limito a dirgli che in pratica faccio la strada dal paese alla città tutti i giorni alla stessa ora. Nemmeno mi risponde. Poi la pioggia diminuisce e lui scende, ma quando passo l’indomani è allo stesso posto ma non fa l’autostop, ho l’impressione netta che stia lì ad aspettare me. Per arrivare ad un minimo di discorso sensato ci abbiamo messo più di un mese ma poi è successo. Siamo rimasti in macchina a parlare per mezz’ora. Lui ha 28 anni, lo chiamerò Paolo, abita in un paese a 10 km da casa mia, un paese piccolissimo, non lavora perché adesso il lavoro proprio non si trova, ma ha lavorato in passato. Il dialogo con lui è molto difficile, tende a vedere le cose in modo negativo, poi a un certo punto chiude la conversazione, mi ringrazia un modo rapidissimo e se ne va. Nei giorni successivi lo trovo sempre nello stesso posto e alla stessa ora. E qui c’è la storia della domenica. Ovviamente io la domenica non vado in città, ma una domenica è capitato che ci dovessi andare e lui era lì al solito posto, anche se faceva un freddo cane. Questa volta abbiamo parlato un po’ di più, gli ho chiesto che cosa va a fare in città ogni giorno, mi ha risposto che passa la giornata in un grande centro commerciale perché almeno ci fa caldo. Quindi andava in città ogni giorno anche prima di incontrarmi e questo mi ha fatto pensare che magari da me volesse solo un passaggio in macchina, ma c’è l’autobus della linea extraurbana che passa proprio all’ora in cui arrivo io e spesso me lo trovo davanti, ma lui non lo prende, forse prima lo prendeva ma ora non lo prende e aspetta me. Non è particolarmente un bel ragazzo e non mi interessava da quel punto di vista anche se avrei voluto capire perché quel ragazzo mi aspettava la mattina (anche la domenica) per fare venti minuti di strada con me.
Project, non ti aspettare epiloghi clamorosi di questa storia, almeno esternamente non è successo niente, di lui non so quasi nulla, lui non parla e io non faccio domande, ma esco tutti i giorni per andare in città (anche la domenica) perché così posso passare con lui venti minuti, è paradossale, lo so. Da me non accetta nemmeno la proposta di andare a fare colazione insieme. L’unico cambiamento che ho visto è un minimo di sorriso (un bel sorriso, il sorriso di uno che non è abituato a sorridere). Le ho pensate tutte, da quelle più tragiche fino alle cose più stupide ma Paolo non è superficiale. Io penso che lui mi stia studiando, che stia cercando di capire fino a che punto ci tengo a lui, probabilmente solo come amico, ma la parola amico non è riduttiva. Non so se è gay, non so nemmeno se lo vorrei, è tutto così incredibilmente indefinito eppure è qualcosa che mi intriga profondamente. In un certo senso mi aspetto qualcosa da questo ragazzo, almeno che questa amicizia vada avanti così, che non si perda, perché per me, piano piano, è diventata una cosa importante. È stato proprio il fatto di pensare continuamente a Paolo che mi ha consentito di riprendere una vita emotiva vera. Tra andare in un locale gay e incontrare gente che da te vuole una cosa sola e pensare continuamente a Paolo per cercare di capire qualcosa in più, c’è una differenza enorme, io ho l’impressione che qualcosa si sia creato anche se ho paura che tirare fuori il discorso in modo esplicito possa di fatto fare crollare tutto. Tra noi adesso c’è qualche accenno di sorriso e qualche rara parola molto significativa e sofferta, io ho l’impressione che un senso ci sia e che ci sia anche un dialogo criptato e che sia comunque una cosa seria, non so esattamente di che cosa si possa trattare ma Paolo è ormai parte della mia vita e che la mia vita ha trovato un senso lo avverto in modo molto chiaro. Penso che mi sto affezionando a questo ragazzo, dico affezionando, non innamorando, e che in fondo non mi importa nulla se è gay oppure no, è come se sentissi di essere importante per lui al di là delle parole, non conta perché sono importante ma mi accorgo di essere importante, non di essere solo una tessera qualunque del mosaico come mi succedeva con altri ragazzi, ma di contare come persona. Mi accorgo che quello che dico viene ascoltato e ricordato e che le parole che lui mi dice, anche se sono rare, sono state pensate a lungo perché sono dedicate a me. Se una mattina non lo trovassi al suo posto alla solita ora ci rimarrei male ma non è mai successo e io faccio in modo di non mancare mai a quell’appuntamento e poi c’è quel sorriso. Potrebbe anche essere solo un ragazzo depresso che ha bisogno di un po’ attenzioni ma anche se fosse così a me andrebbe benissimo lo stesso. So che anche i nostri silenzi hanno un senso e che c’è il piacere di stare insieme venti minuti al giorno. Per me sono i venti minuti che danno il tono alla giornata.
Project, non ti nascondo che ho molti dubbi e soprattutto che non so come comportarmi perché vivo in una sorta di attesa estenuante che accada qualcosa che non accade mai e io ho paura di fare il primo passo. Eppure non siamo ragazzini, ormai queste esitazioni avremmo dovuto metterle da parte. Non saprei nemmeno se provo una spinta sessuale per questo ragazzo, certamente per altri ragazzi ho provato coinvolgimenti sessuali molto più forti. Lui mi interessa sotto altri aspetti, più complessi e meno semplici da capire.
Project, mi ricordo che, quando abbiamo parlato, tu cercavi di sottolineare che le cose importanti nascono da sé quando meno te le aspetti e seguono una loro logica che non ha niente a che vedere con modelli che uno si può essere creato nella sua testa. Io non ho progetti su questo ragazzo, mi interessa come persona, vorrei solo vederlo sorridere, magari anche con una ragazza. Lui a me sta dando molto e spero di poter fare altrettanto per lui. Project, sto riscoprendo che cosa vuol dire voler bene a qualcuno ed è una cosa che mi fa stare bene.
Con affetto.
Stefano
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sabato 12 gennaio 2013

CASSAZIONE E AFFIDAMENTO A COPPIE OMOSESSUALI - sentenza 601/2013


La prima sezione civile della Corte suprema di Cassazione ha depositato in data 11 gennaio 2013 la sentenza n. 601, per la cui diffusione in forma pubblica ha ordinato, a termini di legge, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. La sentenza integrale si può leggere quiSENTENZA CASSAZIONE 601/2013 (sottolineo la correttezza de “Il Sole 24 ore” nel riportare il documento in forma integrale in modo che non ne sia possibile alcuna manipolazione o distorsione).
Analizziamo i fatti (come emergono dalla sentenza della Cassazione).

GIUDIZIO DI APPELLO

La Corte di Appello di Brescia respinge l’appello proposto dal ricorrente contro il decreto del Tribunale per i minorenni, che aveva affidato in modo esclusivo il figlio naturale del ricorrente alla madre, dando ai servizi sociali competenti il compito di regolare i rapporti del minore col padre “in un ambiente neutro e inizialmente protetto, e con facoltà di ampliamento delle loro modalità e durata sino a giungere ad incontri liberi in caso di evoluzione favorevole della situazione.”

La Corte d’appello ritiene “

- che il motivo di gravame con cui l’appellante insisteva per l’affidamento condiviso non avendo il Tribunale valutato il contesto familiare in cui vive il minore e le ripercussioni sul piano educativo e della crescita derivanti dal fatto che la madre, ex tossicodipendente, aveva una relazione sentimentale e conviveva con una ex educatrice della comunità di recupero in cui era stata ospitata, era inammissibile per genericità, non essendo specificato quali fossero le ripercussioni negative per il bambino; 

- che il rifiuto dell’affidamento condiviso e l’affidamento esclusivo del figlio alla madre erano giustificabili in considerazione dell’interesse del minore, il quale aveva assistito ad un episodio di violenza agita dal padre ai danni della convivente della madre, che aveva provocato in lui un sentimento di rabbia nei confronti del genitore, irrilevante essendo che la violenza non avesse avuto ad oggetto la madre, bensì la sua convivente, la quale era pur sempre, proprio in quanto tale, una persona familiare del bambino, mentre la dedotta difficoltà dell’appellante di accettare, data la sua origine e formazione culturale, il contesto familiare in cui suo figlio cresceva e veniva educato, non poteva alleviare la gravità della sua condotta, considerata appunto la reazione che aveva provocato nel bambino; e del resto non era neppure contestato che l’appellante si fosse allontanato dal figlio da circa dieci mesi, sottraendosi anche agli incontri protetti ed assumendo, quindi, un comportamento non improntato a volontà di recupero delle funzioni genitoriali e poco coerente con la sua richiesta di affidamento condiviso e di frequentazione libera del bambino.”

GIUDIZIO IN CASSAZIONE

Il padre del bambino propone ricorso per cassazione adducendo tre motivi. 

Il primo motivo riguarda la delega del Tribunale per i minorenni ai Servizi sociali circa le modalità degli incontri tra il padre e il figlio. Si tratta in sostanza di questioni di possibile illegittimità procedurale sui quali non ci soffermiamo.

Con secondo motivo si denuncia:

a) La contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata; 
b) L’insufficienza della medesima motivazione quanto al diniego dell’affidamento condiviso, che per legge costituisce la regola, onde la Corte d’appello avrebbe dovuto motivate b1) la ritenuta idoneità della madre all’affidamento esclusivo. “a fonte del mancato espletamento dell’indagine chiesta al Sevizio Sociale … diretta a verificare se il nucleo familiare della madre, composto da due donne, tra di loro legate da relazione omosessuale, fosse idoneo, sotto il profilo educativo, ad assicurare l’equilibrato sviluppo del minore” in relazione al diritto “ad essere educato nell’ambito di una famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio”, nonché b2) alla ostatività all’affidamento congiunto del comportamento del padre. Ma anche questi motivi sono sostanzialmente procedurali e non ci soffermeremo su di essi. 

Col terzo motivo si entra in questioni di diritto sostanziale e si ribadisce che il ricorrente aveva lamentato, in sede di appello, che il Tribunale non aveva approfondito, come richiesto dal servizio sociale, se la famiglia in cui è inserito il minore, composta da due donne legate da una relazione omosessuale, fosse idonea, dotto il profilo educativo a garantire l’equilibrato sviluppo del bambino, “in relazione ai diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, di cui all’art. 29 della Costituzione, alla equiparazione dei figli nati fuori dal matrimonio con i figli legittimi di cui all’art. 30 della Costituzione e al diritto fondamentale del minore di essere educato secondo i principi educativi e religiosi di entrambi i genitori. Fatto questo che non poteva prescindere dal contesto religioso e culturale del padre, di religione musulmana.”

La Corte di Cassazione ha ritenuto “il motivo inammissibile perché il ricorrente si limita a fornire una sintesi del motivo di gravame in questione dalla quale, invero, non risulta alcuna specificazione delle ripercussioni negative, sul piano educativo e della crescita del bambino, dell’ambiente familiare in cui questi viveva presso la madre: specificazione la cui mancanza era stata appunto stigmatizzata dai giudici di appello. Né il ricorrente spiega altrimenti perché sarebbe errata la statuizione di quei giudici di inammissibilità della censura per genericità, essendo a sua volta generico e non concludente anche l’accenno ai principi costituzionali di cui sopra.

Alla base della doglianza del ricorrente non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pre-giudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che dunque correttamente la Corte d’appello ha preteso fosse specificamente argomentata.” 

La sentenza sopra citata definisce un chiaro orientamento giurisprudenziale che tende ad allineare, anche se in via interpretativa, il diritto italiano agli orientamenti ormai consolidati in sede europea. In buona sostanza il fatto che uno dei genitori abbia una relazione omosessuale non è considerato “di per sé” ostativo all’affidamento esclusivo dei figli. Il fatto che un bambino possa avere problemi di crescita per il fatto di vivere nell’ambito di una famiglia costruita intorno ad una coppia omosessuale è considerato dalla corte mero pre-giudizio e come tale argomento senza rilevanza giuridica.

Questa sentenza, pronunciata su conforme parere della Procura Generale, è un enorme passo avanti verso un Diritto che non si basi su meri pre-giudizi ma c’è da ritenere che, proprio perché siamo in campagna elettorale, darà luogo a una serie infinita di prese di posizione e di polemiche. Intendo dire che siamo ancora lontanissimi dai livelli cui l’Europa ha chiesto ripetutamente all’Italia di adeguarsi.
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