26-12-90. Ci rivedremo domani, in questi giorni mi è mancato e l'ho pensato spesso, sempre in modo molto positivo, domani gli farò un regalo, speriamo che la prenda bene. Vorrei stare per un po' dalla sua parte per capire che cosa si può provare nei suoi panni... certe volte penso che i miei malumori siano fuori posto e che in fondo devo cercare di capire di più che cosa vuol dire veramente stare dalla sua parte, in effetti se fossi più diretto sarebbe meglio, ma anche le mie paure sono un segno di interessamento ... speriamo che domani stia bene, sia sereno, non sono in grado di sperare altro e non c'è nulla di più sensato da sperare. Mi manca veramente, anche se sogno un dialogo più profondo... forse non più profondo ma più coinvolgente ... e forse nemmeno questo ... semplicemente un dialogo più... non so nemmeno come dire ... Quello che conta è che domani è 27 e ci rivedremo ... quanto a me farò di tutto per essere all'altezza della situazione per essere prudente ma anche per fargli capire comunque che gli voglio bene senza condizioni, vorrei che tutto questo servisse anche a lui ma non lo posso sapere.
27-12-1990. Non è venuto né si è sentito, forse è al paese con i suoi, io sono solo, in realtà non sono particolarmente dispiaciuto, se deve accadere è meglio che accada quanto prima, potrò dedicare il tempo a studiare, a correre dietro fantasie più costruttive evitando di credere di contare qualche cosa al di là di quello che dicono le apparenze, in sostanza non sono depresso, non credo che sia poi sbagliato che le cose finiscano così, mi dispiace, ma in fondo non ha nemmeno senso costruire mentalmente tutta una realtà senza fondamento quando non c'è nessun motivo per potersi aspettare che la fantasia si concretizzi con il passare del tempo e si trasformi in qualche cosa di reciproco e di non marginale, domani andrò all'università e mi metterò a studiare per concentrarmi su qualche cosa di concreto evitando i vuoti e le malinconie, quando mi rendo conto che l'impossibile è veramente impossibile allora cerco di ritornare all'ovvio che ovviamente ha un senso meno metafisico ma certe volte è consolante. Il fatto è che non ci si può fare assolutamente niente, come in tutte le cose veramente importanti non c'è mai nulla da fare, le cose possono solo seguire il loro corso, certo nei primi tempi sarà difficile da accettare ... e poi spero che non ci siano ritorni, perché il rischio di farsi coinvolgere è grande, se deve finire così è meglio che sia una cosa definitiva e immediata così si cerca di ricostruire la struttura di un ordine legato alla solitudine ... La solitudine è uno spettro ma se deve essere così è bene riabituarsi a conviverci anche nella vita di tutti i giorni. Principio da meditare in questi giorni: "tenere i piedi per terra, valutare le cose per quello che sono, capire che il suo mondo è diverso e che in fondo per lui è meglio che sia così"... e pensare che prima mi illudevo che con un gay sarebbe stato tutto facilissimo! Bisogna riprendere la vita di un tempo, il lavoro, lo studio, un atteggiamento più distaccato rispetto alle persone, riacquistare la prudenza, quella terribile prudenza che mi ha fatto vivere male per anni, sarebbe molto bello potersi buttare a capofitto in un mondo di affetti veri ma è proprio impossibile, e poi mi sembra perfino ovvio che debba essere così, non mi ribello di fronte a questa idea, è la vecchia idea sempre vincente dell'essere fuori, del non entrarci mai per nulla, nemmeno con i gay, l'idea del mondo separato, ma del mio personale ristrettissimo mondo separato. Certo che tutto questo non mi piace ma non solo è così perché è così, ma è addirittura meglio, quanto meno dal punto di vista della razionalità. Che cosa sono le regole, le mie come quelle degli altri, ne vuoi uscire ma poi ti rendi conto che quelle regole per quanto apparentemente assurde, un significato profondo di difesa ce l'hanno. Mi sembrava che con lui ci fossero tutti i presupposti... perfino un interesse sessuale reciproco ... e c’era... Basta! Devo riportare ordine in un mondo personale che è in un momento di grande confusione ... ma poi non riesco a capire perché debba essere solo un ricordo, non è giusto perché per me ha un senso... devo cercare di capire che da altri punti di vista non ha senso o che il senso se c'è è così lontano e contorto che cercare di capirlo è più un danno che un beneficio, è tutta questione di prospettiva, tutte le cose sembrano grandi quando ci si sta veramente dentro, da lontano tutto si rimpicciolisce, da molto lontano gli oggetti visibili e vicini sono totalmente altri, è un principio molto semplice eppure impossibile da capire, si evita di applicarlo alla propria fantasia o alla propria affettività che sarebbe invece il campo di applicazione più ovvio e più diretto. Adesso ho necessità di fare qualche cosa di concreto, non ce la faccio più a continuare ad elucubrare è necessario mettere la testa sotto l'acqua fredda... . eppure sto sperando di ricevere almeno una telefonata questaqueste sono le assurdità della razionalità e della vita affettiva: continua contraddizione. E' passata l'intera serata, ho ricevuto altre telefonate ma non quella, certo mi sarebbe piaciuto, ma non è andata così. Alla malinconia devo pensarci di meno. In questo Natale avrei voluto sentire due persone: lui, che non ho sentito e una donna, l'unica donna con la quale ho conservato un rapporto serio, strano e saltuario quanto si vuole, ma vero, e non ho sentito nemmeno lei, che tante volte riesce a capirmi e che mi parla forse in modo simile a come io posso fare con lui, è stato un Natale piuttosto vuoto. Ma non voglio disperare e mi sento in fondo sereno e direi addirittura entusiasta della vita, verrà anche il tempo per riprendere i contatti, non si sa come o quando ma quando al fondo c'è la volontà di non essere dimenticati non si può perdere la speranza.
Ad ormai molto tempo da queste ultime parole rifletto sul fatto che oggi 25-1-91 devo constatare che i nostri rapporti non si sono affatto interrotti ma mantengono, assurdamente, il loro solito andamento, per quanto mi riguarda sono un po' geloso, più dei suoi amici che di quel ragazzo del quale mi parla spesso... del suo ragazzo? Un mio rivale? No... ridicolo! Gli amici insidiano più da vicino il mio ruolo, svolgono una funzione in un certo senso più vicina alla mia vera, mentre io preferirei mantenere un ruolo inimitabile anche se marginale, certo che poi, con quel ragazzo il suo atteggiamento è nella sostanza così prudente che tra loro non si creano veri e propri rapporti stabili, pare quasi che in quelle cose sia preso soprattutto a parole da una grande frenesia di recuperare il tempo perduto, da una volontà di non lasciare nulla di intentato, ma poi il coinvolgimento si ferma di fronte alle impossibilità oggettive o soprattutto di fronte alla cadute nel nulla delle sua aspettative che sono sempre molto esigenti. Ma nonostante tutto un po’ sono geloso. Nel dire che sono geloso intendo sottolineare che comunque la paura di perderlo c'è, ed è la paura che si nasconde al fondo di ogni altra paura, oggi abbiamo parlato al telefono di quel suo amico del quale, nonostante quello che dice, o meglio non dice, probabilmente deve essersi innamorato almeno un po', il suo amico sente sua presenza come un insieme di obblighi... assurdo! Lui dice che l’amico è intelligente, che ci si parla bene ma che non gli va di sottostare a ricatti morali e al gioco del ti amo, mi ami. Nel commentare queste cose è stato di una intelligenza e di una profondità fulminante, io dicevo la mia, ma quello che diceva lui era più profondo, certo al discorso del suo amico deve averci ripensato parecchio, date anche le innegabili implicazioni affettive, ma le conclusioni erano terribilmente intelligenti, e questo è uno dei motivi che mi spingono a non perderlo per nessuna ragione, le cose che dice mi fanno riflettere, sono quasi sempre in linea con quello che penso io, ma vanno oltre, cioè io rivedo in lui il mio stesso pensiero ma più acuto, basato su altre esperienze ma con alla base lo stesso tipo di valutazioni, lo sto a sentire come sentirei un altro me stesso con una esperienza diversa dalla mia ma soprattutto più ampia della mia, è un dialogo dal quale imparo tante cose e che per me è affascinante, ho pensato che di ricatti morali da parte sua non ne ho mai ricevuti e mi sembrano assolutamente inconcepibili, ormai è totalmente al di sopra di queste cose, il suo vero punto debole è più che altro la tendenza alla malinconia, a una malinconia adulta tra il sorridere e il piangere che ricerca al fondo soprattutto un contatto emotivo, mi piacerebbe passare con lui tutto il mio tempo, quando non c'è non vedo l'ora di rivederlo e quando c'è mi sento al sicuro in un paradiso totalmente umano che non cambierei con nulla al mondo, la nota fondamentale che ho colto in modo molto significativo oggi è la sua intelligenza, l'intelligenza di una persona alla quale potresti affidarti totalmente con la certezza di non rimanere deluso. L'altro giorno in macchina dopo molta incertezza gli ho detto che giovedì ero molto giù di umore e che la sua telefonata nella quale in fondo abbiamo parlato solo della guerra mi ha fatto stare bene e che non mi sono sentito più solo, mi ha risposto "ma tu mi dici sempre cose belle..." e io mi sono sentito dentro una felicità indescrivibile, ero confuso e non sapevo che dire, la storia della telefonata l'avevo tenuta nascosta per giorni pensando che dirla sarebbe stata una cosa inopportuna e ho sentito come un senso di liberazione vedendo che, come in fondo ero certo che accadesse, lui capiva perfettamente quello che intendevo dire e mi rispondeva con affetto.
Oggi 26-1-91, sabato il suo amico di cui sono un po’ geloso torna dalla Spagna dove è rimasto un certo periodo con altri amici suoi, io non avevo programmi per il pomeriggio, ma solo una certa volontà di risentirlo e quasi una certa aspettativa, alle sei meno un quarto mi ha telefonato dalla stazione dove era andato ad aspettare il suo amico e mi ha chiesto se mi andava di vederlo alla stazione, sembra assurdo! ... ci sono andato più o meno correndo, mi ha detto che la mattina aveva sentito il suo amico al telefono e che crede che in realtà sia piuttosto interessato a lui, ma lui era indeciso, senza un coinvolgimento profondo e non sapeva se mettersi in questa avventura oppure no e il discorso non era fatto di parole ... era veramente piuttosto preoccupato o meglio perplesso avrebbe voluto potere prevedere le sue proprie reazioni a lungo termine, poneva come migliore delle ipotesi un "possiamo provare e vedere come va", tutte queste reazioni sono le sue reazioni caratteristiche fatte di incertezza di dubbi di continue indecisioni che lo fanno stare male e lo allontanano da cose più immediate e più concrete come lo studio, il lavoro e simili. Dice spesso che non si vuole impegnare e molte volte ho cercato di capire che cosa questo possa significare, probabilmente ha paura di rapporti stretti e stabili, paura di non poter scappare quando comincia a sentirsi legato a cose che gli pesano, può darsi che abbia ereditato queste insicurezza da un ambiente familiare nel quale i genitori non sono andati sostanzialmente d'accordo, più spesso sono portato a pensare che la vera categoria che non conosce è quella della stabilità, preferisce sognare, fantasticare di un ragazzo ideale che riesca a capirlo fino in fondo ma certo che di fronte alla realtà di fatto scappa ogni volta che gli capita una occasione concreta mentre rimane spesso a fantasticare e a giocare con i ricordi di ragazzi che non erano in realtà raggiungibili o che non ha conosciuto a fondo. Oggi era veramente teso, del fatto che mi ha telefonato sono stato contento ma avrei voluto vederlo più sorridente e con meno pensieri per la testa, quando parla di un ragazzo con entusiasmo sono io il primo a incoraggiarlo perché si vede che la persona gli interessa veramente e il fatto di essere incoraggiato sulla strada che vuole intraprendere gli fa piacere, però è difficile incoraggiarlo in una direzione nella quale lui stesso manifesta delle preoccupazioni di fondo, è per questo che sono stato piuttosto zitto anche quando mi chiedeva "tu che pensi?". Il fatto stesso di stargli vicino per un quarto d'ora alla stazione ha rimesso in moto il mio cervello e non riesco a togliermelo dalla mente, mi sento fiero del fatto che si ricorda di me che mi considera un amico vero e non censura i suoi discorsi quando ci sono io, del suo amico che è tornato oggi sono un po' geloso ma non è una cosa intelligente perché credo che lui abbia bisogno di amici per innamorarsene almeno a metà, persone che vivono in modo molto simile al suo e che sanno stargli vicino anche da altri punti di vista, in fondo può trovare altre note della vita affettiva e questo non può che fargli bene. Non posso dimenticare la sua immagine, è una cosa meravigliosa pensare che nella sua vita conto qualche cosa, e quello che mi impressiona è che questo è vero, non è un gioco della mia fantasia, è proprio una realtà che mi permette di vivere a un altro livello. Oggi domenica 27 per tutta la giornata non ho fatto che continuare a pensare al quarto d'ora passato alla stazione ieri sera e al pomeriggio di lunedì che spero di passare con lui, mi fermo a fantasticare di poter vivere vicino a lui ogni giorno, di sentire la sua voce che mi ha sempre tanto emozionato e rifletto sulle impossibilità di tutto questo, e non riesco a capirne il perché, eppure non ci sarebbe niente di assurdo... in ogni caso l'impossibilità mi sembra insuperabile ma la fantasia esiste lo stesso perché continuo a pensarci in continuazione, certe volte credo che la gelosia non si possa eliminare e che credere di averla superata non sia altro che l'accettazione di una realtà di fatto e non un sentimento genuino, tanto più che voler desiderare il suo bene indipendentemente da me mi pare un esercizio molto teorico di altruismo, è vero che per lui mi farei fare a pezzi ma vorrei almeno che se ne accorgesse, anche quello servirebbe a fare colpo e a sollecitare una sua risposta affettiva. Come sono fragili gli equilibri umani, cerchi una forma di autocoinvolgimento, costruisci una dottrina teorica del tuo stesso modo di reagire e poi ti accorgi che al di là di tutto l'intellettualismo c'è solo la semplice volontà di non perdere il proprio oggetto d'amore, non è tanto l'idea di rimanere solo che mi spaventa quanto quella di perderlo perché da lui ho avuto la risposta in assoluto più convincente di tutta la mia vita, il non volerlo perdere, che in fondo è un atto egoistico, mi porta perfino ad accettare una posizione marginale perché un comportamento meno prudente comporterebbe di fatto la possibilità di perderlo se non la certezza. Chissà poi perché ci si innamora.. io credo che sia il frutto di una domanda che trova una qualche risposta, in un certo senso che sia il frutto di una corrispondenza di una reciproca attenzione, non importa che i registri siano diversi, anche tra gay i registri sono diversi, la risposta che conta non è legata a nessuna cosa e a nessun avvenimento individuabile ma a una persona precisa nella quale si intuisce o si spera di trovare la medesima attenzione, lo so che non è possibile definire che cosa sia l'amore ma è proprio quello l'unica cosa che conta, è un desiderio di stare con, di stare vicino a, di ascoltare, di essere ricercati, di potere dare delle prove di sé e del proprio affetto in modo che questo si dimostri come essenziale, quando poi le risposte ci sono... allora dovrebbe essere il paradiso.
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