lunedì 31 dicembre 2007

COME NASCE UN AMORE GAY – terza e ultima parte

- L’altra volta avevamo finito dopo il pomeriggio passato in macchina quando lui m’aveva dato l’appuntamento all’università... Insomma, tanto avete capito Chicco che tipo è... io me ne vado l’indomani all’università ... insomma vabbe’ io m’aspettavo che si sciogliesse proprio bene, cioè, non dico tanto, però un po’ di complicità me l’aspettavo, io onestamente desideravo molto di più... pensavo: Chicco si scioglie e poi me lo posso godere come si deve. Oh! Niente di assurdo eh! Io al Chicco gli voglio bene... ma una cosa tenera, vabbe’, lo sapevo che erano cose impossibili, però, sai, la fantasia ogni tanto ci tornava e poi mi chiedevo se si sarebbe masturbato pensando a me, mi dicevo: ma no! Però poi il cervello sempre lì tornava! Si vergognava tanto, sì... però alla fine non è che ci vuole molto e io mi immaginavo che mentre lo facevo io lo faceva anche lui e poi al limite che lo facevamo insieme... per me essere innamorato di Federico era così... cioè come fai... ti innamori di un ragazzo e non lo pensi in termini di sesso? ... No! Non è possibile! ... Vabbe’ adesso queste erano tutte fantasie mie... da lui, dato il tipo, non sapevo che aspettarmi – Chicco è inutile che mi fai segno di stare zitto e che diventi rosso... se gliela dobbiamo dire gliela dobbiamo dire come sta – Vabbe’ ... Lo aspetto all’uscita della lezione e mi schiva, io lo seguo scodinzolando e lui manco mi guarda... io insisto e gli metto una mano sulla spalla e mi guarda come se mi volesse fulminare, io ritiro la mano... ma non lo mollo esce e va al parcheggio, ha la macchina, mi fa segno di salire e mi attacca uno dei suoi sproloqui, dice che è stato tutto un errore, che ci ha pensato bene, che non mi vuole fare soffrire perché lui tanto non riesce mai a innamorarsi di nessuno, mi chiede scusa cento volte e mi dice che la nostra storia non ha futuro. Apparentemente sembra deciso, io sono imbarazzato. Gli dico: dammi un motivo serio, uno solo! Non sa che dire, ripete che non se la sente ma nel discorso ogni tanto si lascia andare a dei flash sulla sua vita e non sembrano cose casuali e sfuggite per distrazione, sono cose volute e spesso raccontate con un visibile imbarazzo, cioè il discorso che cerca di fare è serio e lui ci si impegna in modo fortissimo. Mentre parla io lo guardo fisso e lui invece fissa lo sguardo nel vuoto davanti a sé. Mi dice che i suoi sono molto religiosi e che per lui sentirsi in pace con la propria coscienza è fondamentale, poi mi attacca tutta una solfa sul fatto che lui le posizioni della chiesa sui gay le conosce benissimo “e le accetta!” ... Sì hai capito bene: le accetta! ... così ha detto!... Io mi dicevo: “Ma che dice questo? Ma io lo strozzo!” Ma lui il discorsetto se l’era preparato tutto e me lo stava sciorinando bello bello... proprio tipo pappa fatta... Oh... a me Chicco mi piaceva e pure parecchio... ma quando uno ti fa una tirata del genere lo molli! Mica puoi diventare matto appresso a lui... Io che dovevo fare, due più due fa quattro e gli dico che mi dispiace di tutto quello che è successo e apro lo sportello per scendere. Si gira verso di me e mi fa: “No! Ti prego! Ti prego! Non te ne andare!” Ho richiuso lo sportello e gli ho detto: “Senti Federico... ma sei tu che mi stai dicendo che me ne devo andare!” Mi dice che non è vero, che non vuole che io me ne vada ma non vuole nemmeno che una bella amicizia come la nostra possa essere rovinata da “altre cose”... Altre cose?! ... In quel momento m’ha fatto rabbia ma m’ha fatto pure pena, vedevo che si tratteneva in un modo spaventoso, quasi si violentava per auto-controllarsi, stavamo al parcheggio dell’università, era mattina e c’era gente, ma io ho avuto la precisa sensazione che se fossimo stati soli e l’avessi baciato lui si sarebbe abbandonato completamente... ma non si poteva fare. Non sapevo che fare... l’ho fatto parlare... ma ha detto una marea di stupidaggini tali che alla fine non ce l’ho fatta più e gli ho detto. “Federico, ma tu della vita non hai capito proprio un cavolo!” E lui m’ha guardato, occhi rossi, lacrimuccia, e m’ha detto: “Penso che tu abbia ragione... io vorrei vivere come te... ma non ci riesco, proprio non ci riesco.” Abbiamo mandato in malora tutte le lezioni della mattina e pure quelle del pomeriggio e ce ne siamo andati fuori città, due panini e una cosa da bere e poi sempre a parlare e abbiamo parlato pure di sesso, m’ha detto che il giorno prima s’era masturbato di nuovo pensando a me e che poi non si era sentito in colpa. Perché per lui, dopo, ti “devi” sentire in colpa! Io gli ho detto che m’ero masturbato pure io immaginando che lo facessimo nello stesso momento e gli ho detto che avevo fantasticato sul fatto che l’avremmo potuto fare insieme e mi ha risposto che era un pensiero bellissimo e che la sera stessa si sarebbe masturbato pensando a me e sognando di farlo con me. Io una cosa del genere da Federico non me la sarei sognata manco dopo vent’anni di matrimonio gay! Io ero sconvolto... la mattina mi dice che c’ha gli scrupoli di coscienza e il pomeriggio mi fa discorsi del genere. Mi dico: “Che faccio? Ci provo?” Alla fine gli prendo la mano, prima lascia fare ma non partecipa, poi mi stringe la mano, l’accarezza. La mia mano è secca e calda, la sua è fredda e umida, quasi insensibilmente cerco di sentirgli il posto: è molto frequente, è ansioso, ansiosissimo. Penso di fare bene e gli dico: “Fede, dai, adesso ti riaccompagno a casa”, mi guarda sconvolto: “Ma perché? Che ho fatto? ... io adesso mi sto lasciando andare ma mi costa moltissimo... stiamo qua, ti prego... non mi riportare a casa... voglio stare con te... Ti prego Sandro, non mi congelare così! Se ce n’è bisogno insisti con me, io non sono abituato a queste cose ma le voglio, ti giuro che le voglio e non voglio rovinare tutto... non voglio rovinare tutto... abbracciami, ti prego, abbracciami! Perché non lo fai? Perché non capisci che ne ho bisogno?” Ci siamo seduti sul sedile di dietro e l’ho abbracciato strettissimo, di baciarlo non mi è passato nemmeno per l’anticamera del cervello. Io lo stringevo e il mio Chicco tremava, tremava e batteva i denti, non diceva una parola. Io ero scioccato, avevo avuto le mie avventure ma non avevo mai visto nessuno che avesse un bisogno fisico di essere abbracciato me violento come quello di Federico. Era stressatissimo. Gli ho accarezzato e capelli ma non l’ho baciato. Dopo qualche minuto l’ho guardato negli occhi e gli ho detto: “Chicco... Ti voglio bene!” Mi ha detto: “Adesso se vuoi possiamo andare”. Siamo passati sui sedili anteriori e ho guidato io fino a casa sua, mi ha detto che aveva temuto che io lo rifiutassi e che mi voleva bene perché io avevo capito che aveva bisogno di tempo. Gli ho detto: “Solo per questo?” e mi ha risposto: “Per questo ancora di più!” Ogni tanto mentre guidavo gli passavo la mano tra i capelli e lui mi diceva: “Dai, dai... non fare così...” ma lo diceva con una voce dolcissima... Lungo la strada gli avrò chiesto mille volte come stava e lui diceva: “Bene! Sandro, bene!” Poi ho azzardato un discorso più difficile, gli ho detto: “Chicco ti devo dire una cosa... mi imbarazza molto ma te la devo dire... quando ci siamo abbracciati io ti ho desiderato... cioè sono andato proprio in erezione fortissima, pensavo che non sarei riuscito a trattenermi.” Mi ha detto: “Sì, l’ho notato...”. Gli faccio la domanda esplicita: “Ti dà fastidio?”. Mi risponde: “No... è successo pure a me...”... Chicco, ma tu non dici niente?
- E’ che devo dire? Hai già detto tutto tu... io però c’ho una paura... che se questa storia finisce in internet io ci passo proprio per deficiente totale... comunque mi piacerebbe sentire come la pigliano quelli che la leggono, tanto dovrebbero essere tutti gay... ammazza! Che figuraccia!... vabbe’ che questa chi la legge... questa non la legge nessuno!

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