ho letto la tua lettera, inserita come commento al post “fine di un amore gay” e, dico onestamente, la lettura mi ha fatto un certo effetto perché si sente che quello che scrivi lo vivi anche emotivamente in molto forte. Se, come dici, la tua relazione è andata in crisi dopo 18 anni, c’è da ritenere che tu abbia più o meno 40 anni, comunque non sei certo giovanissimo. La storia di cui hai parlato è dominata dalla presenza invadente della famiglia del tuo compagno, presenza che però lui sembra non aver considerato invadente. Quando ci si innamora di un ragazzo si sogna sempre che quel ragazzo non abbia una vita affettiva precedente e non abbia forti legami familiari in modo che possa essere nostro nel vero senso della parola, cioè possa essere lui il completamento del nostro personale mondo affettivo, ma in realtà questa ipotesi, comunque lontanissima dalla realtà, nasconde due pericoli molto gravi, innanzitutto l’idea di completare il proprio mondo effettivo usando in modo più o meno strumentale un’altra persona, quindi la proiezione nella persona di cui ci si innamora di tutti i nostri sogni. La due cose sono complementari. Le storie d’amore vere, e la tua, per essere durata 18 anni, non può essere stata una banalità, dimostrano chiaramente che ci si innamora di un altro, che è diverso da noi, che ha la sua storia, i suoi affetti, i suoi bisogni, che non sono complementari ai nostri. Spesso alla consapevolezza di questo fatto si arriva in breve tempo, si interpreta affrettatamente la cosa in termini distruttivi e si archivia rapidamente la relazione. Altre volte alla consapevolezza che l’altro è realmente un altro, che ha un suo mondo, per ampia parte indipendente dal nostro, si arriva dopo molti anni e dopo una serie di alti e bassi stressante. In questo secondo caso però c’è una storia comune e, in genere, non si arriva alla risoluzione del rapporto per due distinte ragioni: innanzitutto perché per rimanere insieme 18 anni ci devono pur essere delle ragioni serie e poi perché le persone non più giovani che sono abituate a vivere in coppia, vedono la fine del rapporto di coppia come un salto nel vuoto al quale molto difficilmente potrà seguire in concreto la possibilità di costruire un nuovo rapporto di coppia con un’altra persona, quantomeno per le difficoltà di tipo psicologico collegate alla elaborazione del “lutto” connesso con la relazione precedente. Parliamoci chiaro e mettiamo da parte tutte le mitologie (non solo gay) l’amore eterno è un’ipotesi che può verificarsi ma certo non è cosa frequentissima. I rapporti affettivi si modificano nel tempo e a distanza di vent’anni possono non avere più nulla di quello che erano all’inizio. L’introduzione di un eventuale “matrimonio gay” porterebbe inevitabilmente alla conseguente introduzione del divorzio gay. Ci tengo a sottolineare, soprattutto per i ragazzi gay che leggono questi blog, che i gay che non vivono in coppia sono portati a credere che la vita di coppia sia la soluzione di tutti i problemi, che cancelli di botto la solitudine, che crei un’intesa perfetta, una specie di paradiso terrestre gay, in realtà, come ben sanno i gay che vivono in coppia, le coppie gay hanno in pratica gli stessi problemi di convivenza delle coppie eterosessuali, se poi si tratta di coppie gay che vivono alla luce del sole, allora i problemi sono ancora più simili a quelli della coppie etero, si tratta del classico problema dei rapporti con i suoceri e con i cognati, dei classici problemi di chi debba prendere le decisioni comuni rilevanti a livello economico e così via. Queste cose talvolta esorbitano dal livello gestibile della normale amministrazione e diventano veri e propri problemi, come nel tuo caso, Tore. Preso atto di tutto questo, se ami veramente il tuo compagno non hai scelta, a questo punto sembra perfettamente appropriata una citazione di James Baldwin “... qui non c’è niente da scegliere ma tutto da accettare.” Capisco benissimo come puoi sentirti quando il tuo compagno ti dice che ti vuole ma solo come amico, ma tu scrivi “lui mi dice che mi ama come sempre, ma non vuole me e nessun altro” e dalla ultime cose che hai scritto sembra di capire che un rapporto di tenerezza tra voi esiste ancora. Se è così e se gli vuoi bene veramente, non puoi che accettarlo com’è, con le sue contraddizioni e le sue difficoltà. Se una storia d’amore cambia nel corso degli anni non c’è molto da fare, puoi restargli vicino, puoi manifestargli il tuo affetto ma non puoi sostituirti a lui che è comunque libero di amarti a suo modo. Credo che se tu lo abbandonassi del tutto ci starebbe molto male. Quando una storia va avanti per anni e al momento della crisi mantiene un aspetto di tenerezza come quello di cui tu parli, non si presenta affatto come una storia finita. Certe volte la tenerezza, l’ascolto, la disponibilità affettuosa lavorano nel profondo, forse non possono riaccendere una passione che non esiste più ma possono giovare a non creare traumi affettivi profondi. Se tu facessi una scelta drastica e interrompessi definitivamente i rapporti lui, lui vivrebbe la cosa malissimo e, in effetti, non mi sembra proprio che sia questa la tua opzione di fondo. Tu lo ami e si vede, ma se lo ami non puoi che accettarlo com’è.
martedì 11 dicembre 2007
CIAO TORE
Ciao Tore,
ho letto la tua lettera, inserita come commento al post “fine di un amore gay” e, dico onestamente, la lettura mi ha fatto un certo effetto perché si sente che quello che scrivi lo vivi anche emotivamente in molto forte. Se, come dici, la tua relazione è andata in crisi dopo 18 anni, c’è da ritenere che tu abbia più o meno 40 anni, comunque non sei certo giovanissimo. La storia di cui hai parlato è dominata dalla presenza invadente della famiglia del tuo compagno, presenza che però lui sembra non aver considerato invadente. Quando ci si innamora di un ragazzo si sogna sempre che quel ragazzo non abbia una vita affettiva precedente e non abbia forti legami familiari in modo che possa essere nostro nel vero senso della parola, cioè possa essere lui il completamento del nostro personale mondo affettivo, ma in realtà questa ipotesi, comunque lontanissima dalla realtà, nasconde due pericoli molto gravi, innanzitutto l’idea di completare il proprio mondo effettivo usando in modo più o meno strumentale un’altra persona, quindi la proiezione nella persona di cui ci si innamora di tutti i nostri sogni. La due cose sono complementari. Le storie d’amore vere, e la tua, per essere durata 18 anni, non può essere stata una banalità, dimostrano chiaramente che ci si innamora di un altro, che è diverso da noi, che ha la sua storia, i suoi affetti, i suoi bisogni, che non sono complementari ai nostri. Spesso alla consapevolezza di questo fatto si arriva in breve tempo, si interpreta affrettatamente la cosa in termini distruttivi e si archivia rapidamente la relazione. Altre volte alla consapevolezza che l’altro è realmente un altro, che ha un suo mondo, per ampia parte indipendente dal nostro, si arriva dopo molti anni e dopo una serie di alti e bassi stressante. In questo secondo caso però c’è una storia comune e, in genere, non si arriva alla risoluzione del rapporto per due distinte ragioni: innanzitutto perché per rimanere insieme 18 anni ci devono pur essere delle ragioni serie e poi perché le persone non più giovani che sono abituate a vivere in coppia, vedono la fine del rapporto di coppia come un salto nel vuoto al quale molto difficilmente potrà seguire in concreto la possibilità di costruire un nuovo rapporto di coppia con un’altra persona, quantomeno per le difficoltà di tipo psicologico collegate alla elaborazione del “lutto” connesso con la relazione precedente. Parliamoci chiaro e mettiamo da parte tutte le mitologie (non solo gay) l’amore eterno è un’ipotesi che può verificarsi ma certo non è cosa frequentissima. I rapporti affettivi si modificano nel tempo e a distanza di vent’anni possono non avere più nulla di quello che erano all’inizio. L’introduzione di un eventuale “matrimonio gay” porterebbe inevitabilmente alla conseguente introduzione del divorzio gay. Ci tengo a sottolineare, soprattutto per i ragazzi gay che leggono questi blog, che i gay che non vivono in coppia sono portati a credere che la vita di coppia sia la soluzione di tutti i problemi, che cancelli di botto la solitudine, che crei un’intesa perfetta, una specie di paradiso terrestre gay, in realtà, come ben sanno i gay che vivono in coppia, le coppie gay hanno in pratica gli stessi problemi di convivenza delle coppie eterosessuali, se poi si tratta di coppie gay che vivono alla luce del sole, allora i problemi sono ancora più simili a quelli della coppie etero, si tratta del classico problema dei rapporti con i suoceri e con i cognati, dei classici problemi di chi debba prendere le decisioni comuni rilevanti a livello economico e così via. Queste cose talvolta esorbitano dal livello gestibile della normale amministrazione e diventano veri e propri problemi, come nel tuo caso, Tore. Preso atto di tutto questo, se ami veramente il tuo compagno non hai scelta, a questo punto sembra perfettamente appropriata una citazione di James Baldwin “... qui non c’è niente da scegliere ma tutto da accettare.” Capisco benissimo come puoi sentirti quando il tuo compagno ti dice che ti vuole ma solo come amico, ma tu scrivi “lui mi dice che mi ama come sempre, ma non vuole me e nessun altro” e dalla ultime cose che hai scritto sembra di capire che un rapporto di tenerezza tra voi esiste ancora. Se è così e se gli vuoi bene veramente, non puoi che accettarlo com’è, con le sue contraddizioni e le sue difficoltà. Se una storia d’amore cambia nel corso degli anni non c’è molto da fare, puoi restargli vicino, puoi manifestargli il tuo affetto ma non puoi sostituirti a lui che è comunque libero di amarti a suo modo. Credo che se tu lo abbandonassi del tutto ci starebbe molto male. Quando una storia va avanti per anni e al momento della crisi mantiene un aspetto di tenerezza come quello di cui tu parli, non si presenta affatto come una storia finita. Certe volte la tenerezza, l’ascolto, la disponibilità affettuosa lavorano nel profondo, forse non possono riaccendere una passione che non esiste più ma possono giovare a non creare traumi affettivi profondi. Se tu facessi una scelta drastica e interrompessi definitivamente i rapporti lui, lui vivrebbe la cosa malissimo e, in effetti, non mi sembra proprio che sia questa la tua opzione di fondo. Tu lo ami e si vede, ma se lo ami non puoi che accettarlo com’è.
ho letto la tua lettera, inserita come commento al post “fine di un amore gay” e, dico onestamente, la lettura mi ha fatto un certo effetto perché si sente che quello che scrivi lo vivi anche emotivamente in molto forte. Se, come dici, la tua relazione è andata in crisi dopo 18 anni, c’è da ritenere che tu abbia più o meno 40 anni, comunque non sei certo giovanissimo. La storia di cui hai parlato è dominata dalla presenza invadente della famiglia del tuo compagno, presenza che però lui sembra non aver considerato invadente. Quando ci si innamora di un ragazzo si sogna sempre che quel ragazzo non abbia una vita affettiva precedente e non abbia forti legami familiari in modo che possa essere nostro nel vero senso della parola, cioè possa essere lui il completamento del nostro personale mondo affettivo, ma in realtà questa ipotesi, comunque lontanissima dalla realtà, nasconde due pericoli molto gravi, innanzitutto l’idea di completare il proprio mondo effettivo usando in modo più o meno strumentale un’altra persona, quindi la proiezione nella persona di cui ci si innamora di tutti i nostri sogni. La due cose sono complementari. Le storie d’amore vere, e la tua, per essere durata 18 anni, non può essere stata una banalità, dimostrano chiaramente che ci si innamora di un altro, che è diverso da noi, che ha la sua storia, i suoi affetti, i suoi bisogni, che non sono complementari ai nostri. Spesso alla consapevolezza di questo fatto si arriva in breve tempo, si interpreta affrettatamente la cosa in termini distruttivi e si archivia rapidamente la relazione. Altre volte alla consapevolezza che l’altro è realmente un altro, che ha un suo mondo, per ampia parte indipendente dal nostro, si arriva dopo molti anni e dopo una serie di alti e bassi stressante. In questo secondo caso però c’è una storia comune e, in genere, non si arriva alla risoluzione del rapporto per due distinte ragioni: innanzitutto perché per rimanere insieme 18 anni ci devono pur essere delle ragioni serie e poi perché le persone non più giovani che sono abituate a vivere in coppia, vedono la fine del rapporto di coppia come un salto nel vuoto al quale molto difficilmente potrà seguire in concreto la possibilità di costruire un nuovo rapporto di coppia con un’altra persona, quantomeno per le difficoltà di tipo psicologico collegate alla elaborazione del “lutto” connesso con la relazione precedente. Parliamoci chiaro e mettiamo da parte tutte le mitologie (non solo gay) l’amore eterno è un’ipotesi che può verificarsi ma certo non è cosa frequentissima. I rapporti affettivi si modificano nel tempo e a distanza di vent’anni possono non avere più nulla di quello che erano all’inizio. L’introduzione di un eventuale “matrimonio gay” porterebbe inevitabilmente alla conseguente introduzione del divorzio gay. Ci tengo a sottolineare, soprattutto per i ragazzi gay che leggono questi blog, che i gay che non vivono in coppia sono portati a credere che la vita di coppia sia la soluzione di tutti i problemi, che cancelli di botto la solitudine, che crei un’intesa perfetta, una specie di paradiso terrestre gay, in realtà, come ben sanno i gay che vivono in coppia, le coppie gay hanno in pratica gli stessi problemi di convivenza delle coppie eterosessuali, se poi si tratta di coppie gay che vivono alla luce del sole, allora i problemi sono ancora più simili a quelli della coppie etero, si tratta del classico problema dei rapporti con i suoceri e con i cognati, dei classici problemi di chi debba prendere le decisioni comuni rilevanti a livello economico e così via. Queste cose talvolta esorbitano dal livello gestibile della normale amministrazione e diventano veri e propri problemi, come nel tuo caso, Tore. Preso atto di tutto questo, se ami veramente il tuo compagno non hai scelta, a questo punto sembra perfettamente appropriata una citazione di James Baldwin “... qui non c’è niente da scegliere ma tutto da accettare.” Capisco benissimo come puoi sentirti quando il tuo compagno ti dice che ti vuole ma solo come amico, ma tu scrivi “lui mi dice che mi ama come sempre, ma non vuole me e nessun altro” e dalla ultime cose che hai scritto sembra di capire che un rapporto di tenerezza tra voi esiste ancora. Se è così e se gli vuoi bene veramente, non puoi che accettarlo com’è, con le sue contraddizioni e le sue difficoltà. Se una storia d’amore cambia nel corso degli anni non c’è molto da fare, puoi restargli vicino, puoi manifestargli il tuo affetto ma non puoi sostituirti a lui che è comunque libero di amarti a suo modo. Credo che se tu lo abbandonassi del tutto ci starebbe molto male. Quando una storia va avanti per anni e al momento della crisi mantiene un aspetto di tenerezza come quello di cui tu parli, non si presenta affatto come una storia finita. Certe volte la tenerezza, l’ascolto, la disponibilità affettuosa lavorano nel profondo, forse non possono riaccendere una passione che non esiste più ma possono giovare a non creare traumi affettivi profondi. Se tu facessi una scelta drastica e interrompessi definitivamente i rapporti lui, lui vivrebbe la cosa malissimo e, in effetti, non mi sembra proprio che sia questa la tua opzione di fondo. Tu lo ami e si vede, ma se lo ami non puoi che accettarlo com’è.
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