venerdì 28 dicembre 2007
COME NASCE UN AMORE GAY
Federico, io lo chiamo Chicco, mannaggia quante me ne ha fatte... però gli voglio un bene folle... io, vabbe’... insomma, prima ero un po’ scapestarello, diciamo scafato, cioè l’imbarazzo non sapevo nemmeno che cosa fosse, avevo avuto storie più o meno serie con 4 o cinque ragazzi, in tre anni, forse troppe storie... diciamo che io ero piuttosto disinibito... sì... cioè i ragazzi mi sono sempre piaciuti e pure tantissimo, sono teneri, non lo so, stare vicino a loro mi dà tantissimo... beh... non è solo una cosa filosofica... insomma un bel ragazzo è bello e ti fa pure un cero effetto, cioè lo desideri proprio, io lo dico fuori dai denti, mica mi vergogno, un ragazzo mi piace perché mi stimola sessualmente... se no... può avere pure il cervello di Einstein ma a me non dice nulla... io non sono di quelli che restano affascinati al livello mentale, per me deve scattare proprio la reazione fisica... dai che hai capito... vabbe’... il guaio è che a me questa cosa mi capita spesso, cioè non dico proprio con tutti i ragazzi che conosco... però mi capita eccome... e allora... vabbe’, che c’è? Oh... è così... quando mi capita io non è che mi faccio troppi problemi... ci provo... un po’ paura di essere sputtanato ce l’ho ma non è mai successo e poi io il radar gay ce l’ho e fino adesso c’ho beccato... Io ho campato così, diciamo dai 16/17 anni fino ai 22, il primo contatto sessuale vero... vabbe’ sempre una cosa relativa, ma di sesso in termini espliciti con un altro ragazzo ce l’ho avuto a 19 anni... non era male ma non era nemmeno tutta questa cos travolgente... e allora uno in genere si deprime oppure si sta un po’ calmo... ma tu mi ci vedi a me? ... Io ho detto: “Questo è così... ma io me ne trovo uno meglio!”... e poi, uno dopo l’altro... beh! Che ridi? ... Non fare il cretino... oh... succede... vabbe’ due anni fa ho conosciuto Federico all’università... lui aveva 21 anni, stava nel corso mio, un anno dopo di me. Io gli esami li ho sempre fatti... però non c’ho mai avuto la fissa del primo della classe, cioè a lezione ci vado... ma se per caso mi trovo un ragazzo caruccio me ne vado in giro con lui e a lezione non ci vado proprio... oh! Mica mi pigliano gli scrupoli... un’ora di lezione e pure due le posso perdere, ma un ragazzo caruccio non me lo voglio perdere proprio... Vabbè... io lo vedo, ma manco m’ha fatto tutto questo grande effetto, caruccio è caruccio, ma ci sta pure di meglio, almeno, così, fisicamente, dico... Io allora a ragazzi stavo un po’ a secco... e mi sono detto: “Io ci provo!”... Mi avvicino, lo saluto... non so che pensare, il mio radar è disorientato... ho detto... “Ma non è che qui mi imbarco con etero?” ... Mi serviva qualche elemento in più. Chicco parlava solo di esami, niente ragazze... sai... è già molto... però la tramvata la puoi sempre prendere... allora ho detto: lasciamo perdere... lui non mi dava corda... insomma se un ragazzo ci sta, anche solo a chiacchierare lo capisci... ma lui era da manuale e mi faceva venire certi nervi! Parlava come un libro stampato e io ho detto: “Ma vaff... tu e tutta la spocchietta che c’hai! Io me ne trovo un altro!”... Così ho detto eh... però, sai, una cosa è dire e una cosa è quello che ti succede dentro... Sono andato a lezione e ho continuato a pensare a Chicco, io allora manco sapevo come si chiamasse... poi avevo due ore di pausa, in genere me ne vado in biblioteca perché è il posto ideale per guardarsi i ragazzi più carucci, ti metti lì con un libro davanti a fai finta di leggere... vabbe’, stavolta in biblioteca a fare il gaywatching non ci sono andato e mi sono messo a cercare Chicco in giro per l’università, non potevo entrare nelle aule dove c’era lezione ma io lo stavo cercando e mi sono detto: “Caro Sandro, ma tu ti stai rimbecillendo del tutto! ... Tu che corri appresso a un ragazzo che sì e no se t’ha guardato in faccia!”... oh... era così! Vebbe’ insomma, lo trovo nella biblioteca piccola del secondo piano... mi vado a sedere vicino a lui... perché io qualche volta sono proprio un disgraziato... ma mica si scompone... niente! Nemmeno un segno minimo, mi saluta, mi fa cenno di stare zitto perché lì non si può parlare... allora gli scrivo su un foglio: “A che ora vai vita? Così facciamo due chiacchiere”. Mi risponde “Adesso devo studiare perché ho un esame tra 20 giorni, ma grazie della proposta”. Una risposta ambigua e più provocante allo stesso tempo... io facevo finta di leggere e poi ogni tanto lo guardavo ma lui non mi guardava mai, pensava solo al libro... Lo guardo una volta, due e tre e poi mi rompo. Eh no! Io non posso perdere tempo appresso a questo! Mi sento un cretino, mi alzo per andarmene, gli faccio ciao con la mano, risponde allo steso modo, mi guarda e mi strizza l’occhio... Ma l’animaccia sua! Mi strizza l’occhio... non mi saluta come ci si saluta tra colleghi, mi strizza l’occhio... Io ormai l’avevo salutato. Me ne vado. Oh! Non riuscivo a togliermelo dalla testa... I giorni successivi l’ho visto sempre in biblioteca a studiare... io entravo, lo salutavo, lui mi strizzava l’occhio, poi un giorno mi fa segno con le mani – 10, come a dire che agli esami ci mancavano dieci giorni, poi abbiamo fatto il conto alla rovescia giorno per giorno. Sono andato a sentirlo agli esami ed era una cosa mostruosa, io delle cose che sapeva lui non ne sapevo nemmeno la metà. Ero arrivato quando lui stava già sotto e pensavo che si fosse fatto accompagnare da qualcuno ma non era così. Si è preso il suo 30 e lode (cose che io me le sogno!) come se niente fosse, poi si è avvicinato a me... e mi ha detto: “Eccomi...” Siamo usciti, mi ha invitato a fare colazione con lui. Parlava poco, era formale, io non sapevo che fare, un po’ mi sentivo a disagio, non tradiva nessuna emozione. Non sapevo proprio diavolo fare. Gli ho detto che era simpatico e che ero contento che l’esame gli fosse andato bene... il dialogo era lentissimo, al limite del’impossibile. Dopo due ore abbiamo preso la metro ma lui andava molto più lontano di me. Ero turbato e parecchio. Insomma il giorno appresso lo rivedo e passiamo due ore insieme, due ore strane ma non due ore perse, lui non se ne andava e io nemmeno, anche se non si parlava di nulla... insomma, siamo andati avanti così per qualche girono, oramai il fatto di vedersi e di parlare un po’ era diventato una cosa ovvia. Io mi sono detto: “Se non mi butto io qui finiamo impantanati”. Così un giorno, dopo un po’ di convenevoli generici, gli dico che dovevo dirgli una cosa importante e che volevo un po’ di riservatezza, ce ne andiamo fuori dall’università e gli dico: “Senti... io te lo devo dire, io sono gay”. Lui non si scompone, mi dice che lo aveva capito e che la cosa per lui non è un problema, ma la riposta che volevo da lui non era quella... e allora gli faccio la domanda diretta: “Ma tu sei gay?”... Mi dice solo “Sì” e non aggiunge una parola, non si scompone per niente nemmeno nel dirlo... allora insisto: “E se mi fossi innamorato di te?”... e lui comincia tutto un discorso stranissimo, mi dice che non è innamorato di me, poi mi chiede che cosa vuol dire innamorato... e io non so che dire... continuiamo a parlare... poi mi dice che si vede che io gli voglio bene ma lui pensa di non volermene, mi dice che all’amore non ci crede. Mi faccio coraggio e gli dico che io lo desidero proprio a livello sessuale, nel dirlo temo la sua reazione... mi risponde che anche lui mi desidera ma questo con l’amore non c’entra niente e che quello che prova lui non è amore ma solo egoismo, perché in fondo di me come persona non gliene importa nulla... mi dice che non farà mai l’amore con me perché non vuole giocare coi sentimenti... è turbato, molto turbato... gli propongo di fare un giro in macchina, accetta... Andiamo fuori città, non so che fare, non parla. Faccio un gesto azzardato, gli prendo la mano, il primo contatto fisico con Chicco. Io che ne avevo fatte di tutti i colori con lui mi sentivo imbarazzato, turbato... lui aspetta qualche secondo, evidentemente non sa che fare, non ritira la mano, non la ritrae ma non stringe la mia... passano decine si secondi da incubo, poi finalmente mi stringe la mano e la stringe fortissimo quasi a farmi male... poi si mette a piangere e dice che a volermi bene veramente non ci riuscirà mai. Prendo un fazzolettino, gli asciugo le lacrime mi fa un mezzo sorriso... lo sento vicinissimo ma non ho il coraggio di baciarlo. Restiamo in silenzio in macchina per moltissimo tempo senza guardarci in faccia, mano nella mano. Ogni tanto mi stringe più forte. Poi mi dice: “Riaccompagnami a casa, adesso sto bene, ma non ti voglio illudere”. Io sollevo la sua mano e la bacio, lui lascia fare, ormai il momento magico sembra finito, rimetto in moto e lo porto sotto casa. Mi saluta dandomi una carezza lievissima sulla mano, non aveva mai fatto una cosa simile... poi mi dice. “Con me devi avere molta pazienza... ti prego non mi abbandonare...” Lui è sceso, io pure, non se lo aspettava, l’ho abbracciato strettissimo e l’ho sollevato da terra, gli ho fatto proprio fare un giro di 360° senza toccare terra, poi l’ho baciato. Piangeva! La nostra storia è cominciata così!
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