“La storia di quest'uomo è molto significativa perché è importante sottolineare come, per noi ragazzi, è molto più semplice incontrare e avere contatti con altri ragazzi gay.
Santo Internet, santi locali, si potrebbe dire. E' vero, non si può negare che allora c'era un altro modo di vivere, non esistevano mezzi di comunicazione così dedicati... Diciamo però che c'era più semplicità e le cose erano viste molto di più sotto l'aspetto emozionale che sessuale.
Oggi per incontrare un ragazzo ci vuole poco: ci sono le community dove, un po' come al supermercato, sfogli i profili e vedi il tipo che più ti piace. Poi ci si scambia il contatto e ci si dà appuntamento. Da lì, se sono rose...
Una volta non si pensava al coming out. Questo oggi a me fa pensare quanto quest'ultimo sia per noi necessario. Lo è davvero?
Ci sono pro e contro in proposito... Oggi siamo molto informatizzati, la vita caotica ci permette di creare diversivi molto artificiosi per nascondere la nostra gaiezza agli occhi dei nostri genitori... C'è un timore di essere scoperti pari a quello di allora. Ma c'è anche la consapevolezza che essere gay non significa essere malati, deviati, pervertiti o quant'altro l'opinione comune divulga e ha divulgato nel tempo.
E quindi questo "coming out", questo "uscire allo scoperto", è come una affermazione che prima di tutto facciamo noi stessi: "io dopotutto sono normale, ne meno, ne più degli altri"
Una affermazione che non dovrebbe contenere toni di protesta, rivendicazioni di piazza, sfilate di "orgoglio". Perché secondo me, dopotutto, devo dimostrare prima a me stesso l'orgoglio che provo di me, relazionandomi col resto del mondo nel rispetto del prossimo e nell'onestà.
Tutti e anche noi meritiamo rispetto. Ma il coming out è questione di rispetto per se stessi innanzitutto. Non è necessario, si può pensare... Forse...
Alcuni hanno affermato che è più una questione di comodo. E molte volte è vero: è comodo far sapere che sono gay, almeno non mi faccio problemi a vedermi con il mio ragazzo e magari dormirci assieme.
Questione di chiarezza: per me il coming out è strumento di chiarezza e sincerità, ma diretta non al mondo intero. Diretta alla famiglia. Non mi serve che lo sappia tutto il mondo che sono gay... Mi serve che lo sappiano i miei genitori che, essendo nel mio caso stati abbastanza presenti, dovrebbero conoscermi bene. In sostanza per loro sarebbe una conferma. Una conferma in segno di correttezza e chiarezza. Giusto per non mentire a chi ci ha dato la vita e ci ha cresciuto e, anche se a volte non lo dimostra (o a noi non sembra dimostrarlo), ci vuole bene.”
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