domenica 2 settembre 2007

QUESTI LEONI 5

QUESTI LEONI 5
ROMANZO GAY 1986
CAPITOLO 5
(I CAPITOLI SUCCESSIVI SARANNO PUBBLICATI IN QUESTO BLOG TRA POCO)
- Pronto.
- Ciao.
- Come va?
- Va bene, va bene.
- Mh! Si sente.
- E tu?
- Eh! Beh, va bene!
- Che stavi facendo?
- Niente, cambiavo i canali del televisore.
- Tu lo conosci García Lorca?
- Sì, molto bene.
- E perché?
- Lo sento molto mio, molto vicino, le cose che dice mi sembrano vere, non Vere, vere per me... ma perché me lo chiedi?
- Perché ho comprato il libro.
- E come mai?
- Così.
- E che effetto ti ha fatto?
- Ho pensato a te, ti ci ritrovo un po’ ... volevo sapere che cosa te ne sembrava... senti, ce l’hai il libro?
- Sì.
- Prendilo.
- Aspetta una attimo... ecco!
Angelo leggeva, parlava... Marco ascoltava, poneva degli interrogativi molto diretti ai quali Angelo rispondeva sempre in modo vago, Marco non insisteva, il tempo passava minuto dopo minuto, Marco non provava alcun senso di disagio, era sereno e si lasciava andare di tanto in tanto a parlare un po’ di sè.
- ... Senti, io sto bene, e questo è vero, però, sai, è quello stare bene che è stare come si può, non male, però non bene veramente... cioè, credo che capiti a tutti, però ho l’impressione che tiro avanti, vado avanti senza sapere dove, mi sento lontano dai bei sogni... non lo so, come ti posso dire... mi pare che il tempo lo spreco, in fondo se uno facesse anche solo qualche cosa per il prossimo starebbe meglio, ma io mi sento svogliato.
- ... Ma tu lo sai che cosa vuoi veramente?
- Mah! Un po’ lo so ma un po’ no, certe volte mi pare che di tutti i bei sogni di qualche anno fa non ci resta più niente... la realtà! NO? E poi che cosa mi succederà non lo so, succederà quello che deve succedere... basta!
- Tu lo sai benissimo che non è così semplice.
- Senti, io in fondo adesso sto bene, mi sento piuttosto sereno, poi può darsi pure che cambi tutto, però io mi sforzo di stare sereno... così...
- Mah!
- Mah! Che cosa?
- Niente, mi viene in mente che sarebbe bello se si riuscisse a parlare liberamente, cioè, se riuscissi a parlare liberamente, perché ho l’impressione che tu lo fai.
- Tu no?
- Non è facile... anzi.
- Ma guarda che pure io sono un mistificatore...
- Bah! Non è lo stesso...
- Senti... tu tutti questi giorni che hai fatto?
-Niente, lavorato, studiato un po’...
- Perché non hai telefonato?
- Questa me l’aspettavo... però lo potevi fare pure tu.
- Ma io oggi l’ho fatto e mi sa che tu non l’avresti fatto.
- No.
- E perché?
- Eh! Ci risiamo... io pensavo che ti saresti rifatto vivo e che, se lo avessi fatto io, avrei scelto il momento inopportuno... senti, adesso rispondimi tu... se ti avessi chiamato io qualche giorno fa che avresti fatto? Però rispondi quello che pensi veramente.
- Forse avrei fatto una telefonata breve.
- Cioè?
- Non lo so ... forse sarebbe stata una telefonata come questa, però non me la sarei aspettata una telefonata tua ... non hai mai telefonato.
- E’ vero e non è per caso.
- Dai, spiega.
- E’ difficile.
- Prova!
- Dai, lasciamo perdere.
- E se oggi non avessi chiamato io tu oggi non avresti chiamato più definitivamente?
- Penso di no.
- Come ti dimentichi presto!
- Non è questo.
- Lo so, era una battuta, pure io pensavo che non ti avrei richiamato però poi mi è venuta l’idea di telefonare e l’ho fatto.
- E i sono contentissimo.
- E allora perché non avrei dovuto essere contento se ti fossi fatto vivo per primo tu?
- Tu vuoi sapere sempre tutto.
La madre rimproverò Marco di stare troppo al telefono, erano passate due ore, Marco fece finta di nulla e continuò a parlare, Angelo si sentì importante. Dopo circa mezz’ora di conversazione la madre di Marco tornò insistentemente alla carica, non sapeva con chi stesse parlando il figlio, Marco doveva chiudere, ma ebbe un’altra idea.
- Senti adesso devo proprio chiudere... pecche non mi richiami tu? Il numero lo sai.
- Sì lo so.
- Hai capito! Il numero di casa lo sa e non telefona mai!
- Ma su...
- Va be’, allora ciao!
- Ciao!
Quando Marco chiuse il telefono Angelo provò un istante di entusiasmo, rifece il numero di Marco.
- Ciao! Quanto tempo...
- Beh, da che non è molto...
- Ma tu adesso stai seduto, stai comodo?
- Io sto sul letto e tu?
- Pure io, mi stiracchio un po’... così ... ecco, mi si addormenta un po’ la gamba destra... Ah!
- Che c’è?
- Niente... i dolori...
- E’ la vecchiaia!
- Ah! Con questa vecchiaia... a che pensi?
- Adesso penso solo che sto bene così.
- Pure io.
- ...
- Beh! che c’è?
- Niente... Ah, l’hai letto il libro di Pavese?
- No... ti dispiace?
- No...
- Però penso che lo leggerò e poi adesso mi sento colto eh ... noi filosofi... parlo come il Papa... ah, la sai quella dei marziani?
- No!
- Allora una mattina la radio dice: attenzione, i marziani sono sbarcati sulla terra, hanno aspetto umano, possono essere di due categorie, ce ne sono di piccoli e vestiti di bianco e di quelli che portano una tuta da lavoro e guidano mezzi spaziali in tutto simili ai camion terrestri. Attenzione, sono pericolosissimi, parlano molto lentamente, dovete parlare con loro in italiano ma molto lentamente, se non capiscono diventano furiosi. Fate attenzione. Il camionista Maurizio aveva sentito la radio, poi lungo la strada aveva visto un ometto piccolo vestito di bianco... allora l’ho trovato!: - Ciao - io - sono - Maurizio - e - faccio - il - camionista - tu - chi - sei? - Io - sono - Fabrizio - faccio - l’infermiere - e - c’ho - la - diarrea...
- Aaaah!... Pazzesca!
- Me l’hanno raccontata a scuola, vedi che si fa a scuola invece di studiare...
- Sai a che sto pensando?
- A che stai pesando?
- Chissà se tra qualche anno sarai ancora così?
- Perché no? E poi così come?
- Come adesso, con la stessa capacità di vivere, di partecipare, insomma senza schemi rigidi per la testa...
- Ma guarda che io non sono così, anzi! Cioè, non solo penso che farò un’esistenza banale o grigia addirittura, non lo so, ma è tutto da venire, adesso non mi interessa, adesso mi posso pure permettere di perdere un po’ di tempo, e poi non ho grandi cose che vorrei fare... non me ne importa proprio niente, cioè, il futuro mi sembra molto lontano... e poi non mi piace parlare del futuro.
- Scusa, non mi devo impicciare.
- Non è questo, è che non ho le idee chiare e non mi va di chiarirle, capisci, non è che non ne voglio parlare con te, è che non mi va proprio di pensarci, adesso devo pensare alla scuola, al militare, all’università, queste sono le cose che penso adesso... cioè, preferisco pensare queste cose.
- Allora adesso dico un po’ delle solite cose da grillo parlante, però non mi spiaccicare la muro.
- Dai!
- Stai studiando?
- Sì, oddio, senza ammazzarmi, lo so che è importante studiare... però per me non è una cosa che conta poi tanto, magari mi piace leggere, ma studiare meno.
- E leggere che cosa?
- Mah, neanche leggere, spizzicare, andare in giro per librerie e poi neanche... non è vero, anche leggere mi interessa poco.
- E Lorca allora?
- Mah! Quella è un’altra cosa, è un bel libro, mi è piaciuto... come era quel pezzo che dicevi tu prima?
- “La nostalgia terribile di una vita perduta,
il fatale sentimento di essere nati tardi,
o l’illusione inquieta di un domani impossibile
con l’inquietudine vicino, del colore della carne...”
- Forse non mi rendo conto del tutto di quello che significa, però è bella.
- Mah!
- ... Che pensi?
- Troppe cose!
- Cioè?
- Niente, penso solo che mi piacerebbe essere libero...
- Ma per te che cosa significa?
- Significa avere una dignità legata a quello che sei e non a quello che fai... significa potere combattere per quello che tu senti veramente e magari pure avere la speranza di vivere per qualche cosa...
- Ma tu adesso vivi per qualche cosa?
- Adesso sì, con tutte le limitazioni possibili e tante paure, però credo di sì... cioè, non lo so, non ne ho nemmeno la sicurezza, può darsi pure che adesso è peggio di prima... io non lo poso sapere.
- Ma adesso per che cosa vivi?
- Eh! No! Ecco, il limite è proprio questo... e se telo chiedessi io che cosa risponderesti?
- Per me stesso.
- Forse è la riposta migliore, ma non credo sia quella vera.
- Non lo so... anche per il futuro, per la gente... mi sembra che anche se un po’ così, un po’ strane, di cose buone intorno ce ne ho ancora... la famiglia, anche il fatto solo di vivere onestamente, di restare uno pulito, uno che c’ha una coscienza, che magari resta morto di fame però c’ha una dignità.
- E’ bello che tu riesca a pesare così, ci puoi trovare una serenità. Io ho la mia dignità ma mi sta stretta, mi piacerebbe averne un’altra vera, legata a me come persona, non come apparenza, sarebbe una dignità più onesta per me, solo che non potrebbe esistere. Vedi i sogni dove vanno a finire! Anche quando parlo con te non ho una dignità mia e vera, è tutto teatro e mi piacerebbe che non fosse così.
- Forse è vero, ma c’è commedia e commedia... anzi c’hai un coraggio notevole e poi è vero che reciti, ma non sei falso... non lo so... non fai paura. Ma poi questi discorsi li abbiamo già fatti.
- Lo so.
- Io credo solo che non ci sia altro da dire, cioè, capiscimi, che dire altro non è necessario, va bene lo stesso... e poi basta con questi discorsi... cioè, scusa, non è questo, non mi voglio chiedere troppe cose... perché penso che pure tu te ne chiederai tante su di me e non mi piace parlare di queste cose, mi capisci?
- Penso di sì.
- Senti, ti vengo a trovare domani alle tre.
- Benissimo
- Però mi devi promettere una cosa.
- Che cosa?
- Che non farai discorsi come questi.
- Promesso... ma perché no?
- Basta! Adesso vai a dormire che è tardissimo e, mi raccomando, non ti masturbare prima di addormentarti.
- Eh!?
- Non posso scherzare?
- Ci mancherebbe!
- Non lo dovevo dire?
- Basta! E’ meglio che mi sto zitto.
- No, dai, parla.
- E’ che proprio non posso.
- Ma ci sei rimasto male? Dì la verità però.
- No, è che anche questo contribuisce a creare il mito di Marco... sei grande! Io la faccia di dire una cosa come questa non ce l’avrei mai avuta.
- Ma guarda che è la prima volta che mi capita.
- Mh...
- Ma poi lo so che tu queste cose non le fai...
- Ma mi devi proprio mettere in imbarazzo...
- Dai, dai, adesso devi rispondere, le fai o no? Non tergiversare.
- Sì, sì... eccome. Ma guarda un po’ in che discorsi bisogna andare a finire.
- Almeno da questo punto di vista sei dei comuni mortali.
- E, be’, insomma, forse non è proprio così.
- E com’è?
- Senti, ma perché non parli tu?
- Perché non mi sento sicuro completamente. ma adesso basta, è tardissimo, ci vediamo domani.
- Va bene.
- Buonanotte... Lo sai che non ti ho mai chiamato per nome?
- Lo so.
- Tu invece lo fai, qualche volta... va be’, per adesso ciao.
- Buona notte... tra parentesi, sono veramente contento.
- Zitto!... Ciao!
- Ciao.

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