martedì 4 settembre 2007

GAY E GRANDI FRATELLI

GAY E GRANDI FRATELLI
Lo so che in genere quelli che leggono questi blog sono molto più giovani di me, io ormai non lo sono più, ma credo che posa essere interessante pure per loro, magari in modo molto condensato, sapere come si trova un gay di quarantatre anni in carriera in una multinazionale. Io non so che modelli avere voi del mondo del lavoro, se avete in mente i modelli dei lavori statali o pubblici in genere, vi dico subito che non c’entrano niente. Io sto in una grande azienda internazionale dove come dicono adesso si premia la qualità. La qualità del servizio si misura dal numero di assenze (a va bene), dalla disponibilità a fare quello che ti chiedono, cose come andare all’estero quando meno te lo aspetti e simili (e va bene anche questo), dalla produttività (numero di ore lavorare oltre l’orario d’obbligo. Io non sono proprio un pezzo grossissimo ma non sono nemmeno l’ultima ruota del carro e mi pagano molto bene, in sostanza ho il livello economico di un piccolo dirigente che in situazioni come le mie potrebbe essere un sogno per la maggior parte delle persone. Insomma guadagno molto bene, ma dovrei fare 36 ore di lavoro minimo, in realtà ne faccio più di 50 alla settimana, perché se non faccio così il mio compenso crolla per diminuita produttività, ma anche questo, al limite è accettabile. Quello che non mi piace è il fatto che l’azienda vuole andare molto oltre, vuole selezionale il personale per gli in carichi più importanti sottoponendo le persone ad una osservazione che comprende anche il privato. Mi spiego meglio: loro cercano dei leader di gruppo e così ci mandano insieme in vacanza gratis per due o tre settimane in posti costosissimi con lo psicologo e con un grosso dirigente, per valutare le nostre attitudini e qui scattano dei meccanismi incredibili perché queste cose coinvolgono pure le famiglie. Qualche volta si va in questi training stage con la famiglia, altre volte ti mettono alla prova per vedere per quanto tempo sei disposto a rinunciare alla famiglia in nome dell’azienda. Una specie di grande fratello che ti condiziona in tutto e per tutto. Se stai a queste regole che implicano dei giochi psicologici vergognosi fai carriera più facilmente. Io ho perso una importante promozione perché non sono andato al training per due volte di seguito e i miei capi hanno detto che un vero leader deve essere sempre disposto a socializzare e io non lo avevo fatto. Le prime volte ci sono andato e ho fatto carriera più facilmente, ma a costo di uno sforzo psicologico di adattamento veramente distruttivo da altri punti di vista. Lì tutti si studiano e tutti fingono ma per me era una cosa odiosa, perché dovevo fingere anche comportamenti etero e questo proprio non lo sopportavo. Io non amo andare in vacanza con i miei colleghi e non ci andrei mai spontaneamente, sono molto professionale e non parlo mai di me sul lavoro, ma lì, stando insieme 24 ore su 24 e per di più sotto osservazione, il gioco diventava insostenibile. Per un paio di volte ce l’ho fatta, poi ho detto basta. Tanto di quattrini ne guadagno anche troppi per quello che mi serve. Ho una casa mia e una casa grande, con la stanzetta e il bagno separato per la badante. Non è un paradosso, sto pensando al futuro. Io da vecchio finirò con una badante perché sono figlio unico e non ho più nessuno. Non sopporto che in nome del lavoro si debba rinunciare alla propria vita privata, io non appartengo alla mia azienda, non mi sono mai venduto l’anima e non me la venderò mai, naturalmente questi ragionamenti li posso scrivere solo qui ma lì posso solo recitare. Questo è uno sfogo, per dire a me stesso che non sono cretino del tutto anche se l’idea di fare carriera l’ho messa da parte, perchè in genere tutti i miei collegi mi dicono che sono un cretino perché non faccio come loro. Spero solo (si fa per dire solo!) di trovare un uomo che mi voglia bene, non me ne importa nulla se è ricco o bello, ma mi deve volere bene ma, con la vita che faccio io, non c’è molto spazio per pensare ai sentimenti, nemmeno a livello sublimato. Mi chiedo spesso se sto buttando via la mia vita e in nome di che cosa e penso che alla fine le frustrazioni finiranno per prevalere perché già adesso sto andando in crisi in modo tremendo. Ciao! Ugo.

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