mi rivolgo qui soltanto a voi, non al pubblico di quelli che non vogliono o che non possono capire, quante volte, in altri tempi, ho io stesso predicato contro l’dea di costruire un mondo solo gay, una specie di ghetto, se vogliamo, di prigione o di fortezza dove ci si possa richiudere al riparo dal mondo esterno. E’ vero, tra i gay c’è una identità debole e ogni tentativo di costruire un po’ di dialogo urta contro difficoltà enormi, contro diffidenze, contro meccanismi più o meno coscienti di rifiuto, ma io credo che i gay, tutti i gay, abbiano in comune almeno la difficoltà di vita. L’attività del blog nella mia giornata è marginale, in effetti passo almeno 10 ore al giorno, ma sono arrivato fino a 20, in chat. Parlo sempre con ragazzi gay, i quarantenni sono rarissimi, i trentenni sono pochi, la maggior parte dei ragazzi che incontro sono tra i 20 e i 30 anni. Con questi ragazzi si formano rapporti importanti e il dialogo è estremamente serio. Da queste chat sto imparando tantissimo, sto veramente aprendo gli occhi. Qualcuno dice che esiste un vittimismo gay, chi lo dice, probabilmente, non capisce quello che dice. In questi ragazzi, in tutti, chi più chi meno, io vedo gli effetti del condizionamento psicologico al quale sono sottoposti ed è un condizionamento pesantissimo. Ieri pomeriggio ho parlato con un ragazzo al quale voglio veramente bene, perché lo sento anche psicologicamente molto vicino. Era felice, da un po’ di tempo ormai ha visto il suo sogno d’amore realizzarsi, ha incontrato un ragazzo che gli vuole bene ed è letteralmente rinato. Ebbene, mi diceva di avere il terrore di tornare a casa, non ci voleva tornare più. Quando un rapporto d’amore vero si realizza e può, in prospettiva, cambiare la vita di due ragazzi, per loro finiscono le attese e comincia una durissima lotta per la sopravvivenza. I due ragazzi dei quali ho parlato lavorano entrambi, ma non possono pensare di vivere insieme, i rapporti con le famiglie andrebbero in crisi e l’emarginazione sociale la proverebbero sulla loro pelle. Io mi sono chiesto: ma perché questi due ragazzi devono sentire la loro felicità cosi pesantemente condizionata? E in nome di che cosa? Che cosa stanno facendo di male? Che danno stanno portando alla società? Questo è solo un esempio. La maggioranza dei ragazzi non è neppure in questa condizione, che è già una condizione molto privilegiata in cui un rapporto affettivo serio esiste veramente. La maggioranza dei ragazzi si trova in una situazione di totale solitudine affettiva, sono ragazzi che hanno fame d’affetto nel senso più profondo del termine ma sono condannati alla solitudine perché i gay non hanno visibilità, perché vicino a loro ci sono tantissimi altri ragazzi che vivono esattamente le stesse cose, ma, come loro, vivono nascosti, per paura delle reazioni delle famiglie e della società. Ma perché un ragazzo gay deve essere condannato a scegliere tra l’amore dei suoi familiari e quello del suo ragazzo? In nome di quale principio? E la solitudine sostanziale porta a commettere errori anche gravi nel tentativo di uscirne e, ciò che è paggio, diventa spessissimo una condizione cronica. I ragazzi giovani hanno delle prospettive concrete perché hanno il tempo dalla loro, quelli più grandi il tempo se lo sono visto scivolare tra le mani giorno per giorno in una serie infinita di rinvii vissuti con speranza sempre più debole. Questi ragazzi, quando si avvicinano ai 28/30 anni cominciano a rendersi conto del destino reale che li aspetta che è quello di persone che non si realizzeranno mai, si rendono conto che i loro desideri non diventeranno mai realtà e che gli anni passeranno uno dopo l’altro per condurli a un destino di solitudine anche nella vecchiaia. Eppure io conosco tanti di questi ragazzi e so che persone sono, so che per loro l’amore è una parola altissima, so che sarebbero capaci di qualunque cosa per il loro ragazzo... ma quel ragazzo non c’è, e per molti di loro non ci sarà mai. La speranza in termini di una qualche concretezza esiste solo per i ragazzi più giovani, ma anche questo è vero in modo molto relativo. Perché quella possibilità è solo potenziale. I lettori di questi blog sono centinaia, ma i ragazzi che sono arrivati a conoscersi e a parlare in chat tra loro sono pochissimi. E i trentenni, salvo poche eccezioni, si sono tutti arresi, quelli oltre i 40 non li vedi nemmeno, ormai per loro la parola gay è solo causa di malinconia e l’idea di una realizzazione affettiva è persa per sempre. E tutto questo in nome di che cosa? Questi sono gli esiti reali della cosiddetta morale. Secondo tanta gente è morale distruggere la vita di tantissime persone, è morale porre degli ostacoli alla felicità altri, è morale condannare dei ragazzi a una solitudine senza esito. Questa è la logica della discriminazione, la logica delle valutazioni a priori, l’esito del più radicale oscurantismo intellettuale e morale! Quanto bisogno si sente di una moralità vera! Chi ha orecchio per intendere intenda!
venerdì 4 gennaio 2008
I GAY E IL COSTO DELLA FALSA MORALE
Cari Amici,
mi rivolgo qui soltanto a voi, non al pubblico di quelli che non vogliono o che non possono capire, quante volte, in altri tempi, ho io stesso predicato contro l’dea di costruire un mondo solo gay, una specie di ghetto, se vogliamo, di prigione o di fortezza dove ci si possa richiudere al riparo dal mondo esterno. E’ vero, tra i gay c’è una identità debole e ogni tentativo di costruire un po’ di dialogo urta contro difficoltà enormi, contro diffidenze, contro meccanismi più o meno coscienti di rifiuto, ma io credo che i gay, tutti i gay, abbiano in comune almeno la difficoltà di vita. L’attività del blog nella mia giornata è marginale, in effetti passo almeno 10 ore al giorno, ma sono arrivato fino a 20, in chat. Parlo sempre con ragazzi gay, i quarantenni sono rarissimi, i trentenni sono pochi, la maggior parte dei ragazzi che incontro sono tra i 20 e i 30 anni. Con questi ragazzi si formano rapporti importanti e il dialogo è estremamente serio. Da queste chat sto imparando tantissimo, sto veramente aprendo gli occhi. Qualcuno dice che esiste un vittimismo gay, chi lo dice, probabilmente, non capisce quello che dice. In questi ragazzi, in tutti, chi più chi meno, io vedo gli effetti del condizionamento psicologico al quale sono sottoposti ed è un condizionamento pesantissimo. Ieri pomeriggio ho parlato con un ragazzo al quale voglio veramente bene, perché lo sento anche psicologicamente molto vicino. Era felice, da un po’ di tempo ormai ha visto il suo sogno d’amore realizzarsi, ha incontrato un ragazzo che gli vuole bene ed è letteralmente rinato. Ebbene, mi diceva di avere il terrore di tornare a casa, non ci voleva tornare più. Quando un rapporto d’amore vero si realizza e può, in prospettiva, cambiare la vita di due ragazzi, per loro finiscono le attese e comincia una durissima lotta per la sopravvivenza. I due ragazzi dei quali ho parlato lavorano entrambi, ma non possono pensare di vivere insieme, i rapporti con le famiglie andrebbero in crisi e l’emarginazione sociale la proverebbero sulla loro pelle. Io mi sono chiesto: ma perché questi due ragazzi devono sentire la loro felicità cosi pesantemente condizionata? E in nome di che cosa? Che cosa stanno facendo di male? Che danno stanno portando alla società? Questo è solo un esempio. La maggioranza dei ragazzi non è neppure in questa condizione, che è già una condizione molto privilegiata in cui un rapporto affettivo serio esiste veramente. La maggioranza dei ragazzi si trova in una situazione di totale solitudine affettiva, sono ragazzi che hanno fame d’affetto nel senso più profondo del termine ma sono condannati alla solitudine perché i gay non hanno visibilità, perché vicino a loro ci sono tantissimi altri ragazzi che vivono esattamente le stesse cose, ma, come loro, vivono nascosti, per paura delle reazioni delle famiglie e della società. Ma perché un ragazzo gay deve essere condannato a scegliere tra l’amore dei suoi familiari e quello del suo ragazzo? In nome di quale principio? E la solitudine sostanziale porta a commettere errori anche gravi nel tentativo di uscirne e, ciò che è paggio, diventa spessissimo una condizione cronica. I ragazzi giovani hanno delle prospettive concrete perché hanno il tempo dalla loro, quelli più grandi il tempo se lo sono visto scivolare tra le mani giorno per giorno in una serie infinita di rinvii vissuti con speranza sempre più debole. Questi ragazzi, quando si avvicinano ai 28/30 anni cominciano a rendersi conto del destino reale che li aspetta che è quello di persone che non si realizzeranno mai, si rendono conto che i loro desideri non diventeranno mai realtà e che gli anni passeranno uno dopo l’altro per condurli a un destino di solitudine anche nella vecchiaia. Eppure io conosco tanti di questi ragazzi e so che persone sono, so che per loro l’amore è una parola altissima, so che sarebbero capaci di qualunque cosa per il loro ragazzo... ma quel ragazzo non c’è, e per molti di loro non ci sarà mai. La speranza in termini di una qualche concretezza esiste solo per i ragazzi più giovani, ma anche questo è vero in modo molto relativo. Perché quella possibilità è solo potenziale. I lettori di questi blog sono centinaia, ma i ragazzi che sono arrivati a conoscersi e a parlare in chat tra loro sono pochissimi. E i trentenni, salvo poche eccezioni, si sono tutti arresi, quelli oltre i 40 non li vedi nemmeno, ormai per loro la parola gay è solo causa di malinconia e l’idea di una realizzazione affettiva è persa per sempre. E tutto questo in nome di che cosa? Questi sono gli esiti reali della cosiddetta morale. Secondo tanta gente è morale distruggere la vita di tantissime persone, è morale porre degli ostacoli alla felicità altri, è morale condannare dei ragazzi a una solitudine senza esito. Questa è la logica della discriminazione, la logica delle valutazioni a priori, l’esito del più radicale oscurantismo intellettuale e morale! Quanto bisogno si sente di una moralità vera! Chi ha orecchio per intendere intenda!
mi rivolgo qui soltanto a voi, non al pubblico di quelli che non vogliono o che non possono capire, quante volte, in altri tempi, ho io stesso predicato contro l’dea di costruire un mondo solo gay, una specie di ghetto, se vogliamo, di prigione o di fortezza dove ci si possa richiudere al riparo dal mondo esterno. E’ vero, tra i gay c’è una identità debole e ogni tentativo di costruire un po’ di dialogo urta contro difficoltà enormi, contro diffidenze, contro meccanismi più o meno coscienti di rifiuto, ma io credo che i gay, tutti i gay, abbiano in comune almeno la difficoltà di vita. L’attività del blog nella mia giornata è marginale, in effetti passo almeno 10 ore al giorno, ma sono arrivato fino a 20, in chat. Parlo sempre con ragazzi gay, i quarantenni sono rarissimi, i trentenni sono pochi, la maggior parte dei ragazzi che incontro sono tra i 20 e i 30 anni. Con questi ragazzi si formano rapporti importanti e il dialogo è estremamente serio. Da queste chat sto imparando tantissimo, sto veramente aprendo gli occhi. Qualcuno dice che esiste un vittimismo gay, chi lo dice, probabilmente, non capisce quello che dice. In questi ragazzi, in tutti, chi più chi meno, io vedo gli effetti del condizionamento psicologico al quale sono sottoposti ed è un condizionamento pesantissimo. Ieri pomeriggio ho parlato con un ragazzo al quale voglio veramente bene, perché lo sento anche psicologicamente molto vicino. Era felice, da un po’ di tempo ormai ha visto il suo sogno d’amore realizzarsi, ha incontrato un ragazzo che gli vuole bene ed è letteralmente rinato. Ebbene, mi diceva di avere il terrore di tornare a casa, non ci voleva tornare più. Quando un rapporto d’amore vero si realizza e può, in prospettiva, cambiare la vita di due ragazzi, per loro finiscono le attese e comincia una durissima lotta per la sopravvivenza. I due ragazzi dei quali ho parlato lavorano entrambi, ma non possono pensare di vivere insieme, i rapporti con le famiglie andrebbero in crisi e l’emarginazione sociale la proverebbero sulla loro pelle. Io mi sono chiesto: ma perché questi due ragazzi devono sentire la loro felicità cosi pesantemente condizionata? E in nome di che cosa? Che cosa stanno facendo di male? Che danno stanno portando alla società? Questo è solo un esempio. La maggioranza dei ragazzi non è neppure in questa condizione, che è già una condizione molto privilegiata in cui un rapporto affettivo serio esiste veramente. La maggioranza dei ragazzi si trova in una situazione di totale solitudine affettiva, sono ragazzi che hanno fame d’affetto nel senso più profondo del termine ma sono condannati alla solitudine perché i gay non hanno visibilità, perché vicino a loro ci sono tantissimi altri ragazzi che vivono esattamente le stesse cose, ma, come loro, vivono nascosti, per paura delle reazioni delle famiglie e della società. Ma perché un ragazzo gay deve essere condannato a scegliere tra l’amore dei suoi familiari e quello del suo ragazzo? In nome di quale principio? E la solitudine sostanziale porta a commettere errori anche gravi nel tentativo di uscirne e, ciò che è paggio, diventa spessissimo una condizione cronica. I ragazzi giovani hanno delle prospettive concrete perché hanno il tempo dalla loro, quelli più grandi il tempo se lo sono visto scivolare tra le mani giorno per giorno in una serie infinita di rinvii vissuti con speranza sempre più debole. Questi ragazzi, quando si avvicinano ai 28/30 anni cominciano a rendersi conto del destino reale che li aspetta che è quello di persone che non si realizzeranno mai, si rendono conto che i loro desideri non diventeranno mai realtà e che gli anni passeranno uno dopo l’altro per condurli a un destino di solitudine anche nella vecchiaia. Eppure io conosco tanti di questi ragazzi e so che persone sono, so che per loro l’amore è una parola altissima, so che sarebbero capaci di qualunque cosa per il loro ragazzo... ma quel ragazzo non c’è, e per molti di loro non ci sarà mai. La speranza in termini di una qualche concretezza esiste solo per i ragazzi più giovani, ma anche questo è vero in modo molto relativo. Perché quella possibilità è solo potenziale. I lettori di questi blog sono centinaia, ma i ragazzi che sono arrivati a conoscersi e a parlare in chat tra loro sono pochissimi. E i trentenni, salvo poche eccezioni, si sono tutti arresi, quelli oltre i 40 non li vedi nemmeno, ormai per loro la parola gay è solo causa di malinconia e l’idea di una realizzazione affettiva è persa per sempre. E tutto questo in nome di che cosa? Questi sono gli esiti reali della cosiddetta morale. Secondo tanta gente è morale distruggere la vita di tantissime persone, è morale porre degli ostacoli alla felicità altri, è morale condannare dei ragazzi a una solitudine senza esito. Questa è la logica della discriminazione, la logica delle valutazioni a priori, l’esito del più radicale oscurantismo intellettuale e morale! Quanto bisogno si sente di una moralità vera! Chi ha orecchio per intendere intenda!
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