Se posso dire una cosa, nella sezione “storie gay vere” ho trovato una storia che mi è piaciuta molto e si intitola “gay amici”. I protagonisti non sono anziani anziani ma non sono nemmeno ragazzi, sono gente di quasi 60 anni... però la storia non sta nella sezione “gay anziani”. Capisco che è difficile classificare queste cose, perché magari in una storia come quella ci sono protagonisti anziani, c’è il coming out e ci sono tante altre cose, ma volevo dire alle persone che leggono questo blog/forum che se vanno a cercare in altre sezioni possono trovare anche cose che magari trattano di gay anziani. Io ho già lasciato qualche commento sul blog di Progetto Gay tempo fa e Project sa chi sono.
Anziano sono (61 anni) si vivo pure solo. Di gay, in pratica, io ho solo la fantasia. La vita l’ho passata a sognare il ragazzo ideale, quello che si doveva innamorare di me, ma quel ragazzo non è mai esistito e in sostanza io ho imparato piano piano a fare i conti con la solitudine. Sono nato nel 1947, subito dopo la guerra. Quando ero ragazzino, negli anno ’50 a casa mia si tirava la cinghia, lavorava solo mio padre, la casa era piccola. In due stanze eravamo in sei, mio padre e mia madre, e una stanza era la loro, mia nonna e mio nonno, e l’altra stanza era la loro, poi c’eravamo io e mia sorella, mia sorella domina nell’ingresso su una poltrona letto e io in cucina sopra una branda.
Soldi non ce n’erano proprio, il cappotto si rivoltava e se andavo a giocare a pallone e mi rovinavo le scarpe dopo dovevo andare in giro con le scarpe rotte. A casa mia tutto era ridotto all’essenziale. Nonno e nonna badavano a me e a mia sorella. Papà andava a lavorare e a forza di straordinari stava a lavorare fino alla sera alle sette e mamma stava sempre alla macchina da cucire sempre a lavorare per qualche signora che le dava qualche lavoretto di sartoria. Nonno aveva una pensioncina. La vita era dura, si mangiava tanto pane, che allora costava molto meno di adesso, frutta pochissima, molte patate, molti pomodori, che ci facevano da frutta, non si buttava via niente.
Nel ‘58 sono andato alla scuola media. I ragazzi di oggi la considerano una cosa banale, ma allora non era così, quando sono entrato io nella scuola media non c’era ancora la scuola media unica come adesso, che è entrata qualche anno dopo, adesso non mi ricordo quando, ma quando ho studiato io non c’era ancora, allora si sceglieva tra la scuola media, che poi ti poteva portare al ginnasio e al liceo, e l’avviamento professionale per quelli che dopo dovevano andare a lavorare, mi ricordo che i miei sono stati tanto tempo a discutere se mandarmi alla madia o all’avviamento ma ala fine hanno deciso di mandarmi alla media, me l’hanno presentata come una scuola difficile dove si va per studiare. Abbiamo fatto quattro mesi di economie strettissime per arrivare a trovare i soldi per comprare i libri e dei vestiti adatti per mandarmi a scuola. Mi sentivo una responsabilità enorme addosso: attento a come parli! Porta rispetto ai professori! Scriviti tutto quello che dicono! Nonno mi aveva foderato libri e quaderni che non si dovevano rovinare. Mi sentivo grande e pure tanto spaventato. Il latino dalla prima media, all’inizio non avevo capito niente e poi m’hanno mandato dal parroco che m’ha dato qualche lezione e mi sono rimesso subito in carreggiata..
Alla prima media sono stato promosso con fatica ma sono stato promosso, in seconda sono stato promosso con meno difficoltà, in terza gli altri erano già sviluppati e io no... ma non ci facevo nemmeno troppo caso, abbiamo fatto gli esami e sono stato promosso con quasi sette di media ed era una cosa difficile. Poi c’è stato il problema della scelta tra il classico e lo scientifico, io in matematica andavo bene in latino invece me la cavavo a stento e poi c’era il fatto che il classico era la scuola dei ricchi e noi non lo eravamo proprio. La scelta è stata automatica: scientifico.
In prima eravamo 40! Tutti professori vecchi. Di qualcuno avevo proprio il terrore. Avevo una professoressa di Francese (allora si studiava il Francese)... quando la vedevo mi pigliava proprio il panico. Sono arrivato alla fine e mi hanno mandato a settembre in Latino, Francese e Matematica... eh, pure in Matematica! I miei pensavano che mi avrebbero bocciato e avevano poche speranze. Mi sono messo a studiare alla disperata e ho passato gli esami anche se per il rotto della cuffia. C’era un ragazzo che mi piaceva quando ero in prima ma non ero molto consapevole del senso della cosa.
In seconda eravamo solo 25, 15 erano stati bocciati, allora era normale. In seconda sono cominciate per me le preoccupazioni legate al sesso. I compagni miei parlavano di ragazze (non c’erano classi miste e i discorsi sul sesso erano proprio mitici), non solo ma si portavano a scuola i giornaletti pornografici. Il prete di religione aveva fatto tutta una predica sul fatto che quelle era la via dei ragazzi perditi, di quelli che nella vita non avrebbero concluso proprio niente, ma i giornaletti giravano, a me non li facevano vedere perché non ero scafato, ma i giornaletti giravano.
Una volta ne ho visto uno... una donna nuda coi seni e le parti intime coperte con dei pentolini... insomma il nudo integrale non lo vedevi nemmeno sui giornaletti pornografici, almeno su quelli che arrivavano ai ragazzi di 15 anni. Insomma quando ho visto la ragazza dei pentolini, il ragazzo che me l’ha fatta vedere sembrava un esaltato... e ce l’aveva grosso (Project, se vuoi questo particolare lo puoi togliere) perché io ormai a guardare a certe cose c’avevo fatto l’occhio, ma a me dei pentolini e di quello che ci stava sotto non m’importava proprio niente, non è che mi facesse schifo, ma era proprio indifferente, mentre a vedere che tipo di reazioni c’aveva quel ragazzo mentre si guardava i pentolini non ero affatto indifferente. Praticamente a 15 anni ho avuto per la prima volta la sensazione chiara che la mia sessualità non fosse come quella degli altri, ma allora non ci stava Progetto Gay. Se ti veniva un dubbio per la testa te lo dovevi tenere, i miei compagni i dubbi sulle ragazze se li chiarivano l’uno con l’altro, ma io con loro non potevo parlare certo delle cose che passavano per la testa a me.
Il ragazzo dei pentolini mi piaceva parecchio e cominciavo farci le mie fantasie, allora io nemmeno capivo in pieno che se pensava ai pentolini non poteva certo pensare a me, però tutte le mie fantasie, e non solo, erano dedicate a quel ragazzo. Ma a casa mia anche masturbarsi era un’avventura, lo potevo fare solo in bagno in modo rapidissimo. Tutte queste restrizioni non le pativo nemmeno, per me erano cose assolutamente naturali, io non avevo nemmeno il concetto di privacy.
In terzo scientifico le cose per me sono cambiate radicalmente, la mia classe è stata ridotta a 18 ragazzi e siamo stati fusi con un’altra classe e siamo diventati 31. La scuola al triennio era più impegnativa ma mi piaceva pure di più, e poi tra i ragazzi nuovi ce n’era uno che mi piaceva moltissimo, si chiama Marcello ed era veramente un gran bel ragazzo, e poi aveva un sorriso che mi incantava. Le mie fantasie sono passare dal ragazzo dei pentolini a Marcello, me lo mangiavo con gli occhi, cercavo di indovinare come potesse essere nudo ma lavoravo solo di fantasia.
Quell’anno la mia classe ha fatto un viaggio a Venezia e ci sono andato anche io. In camera stavo con Marcello e con altri due. Marcello era dolcissimo, gli altri due erano due rozzi unici. L’ho visto solo una volta in mutande e solo per un attimo ma su quella immagine ci ho viaggiato di fantasia per mesi. Con Marcello, in gita, ho anche parlato molto, mi piaceva da matti la sua voce, era sexy, mi piacevano le sue esitazioni e poi mi eccitava proprio lo stargli vicino.
La gita è finita, il coraggio di dire a Marcello quello che provavo non l’ho avuto ed è stato un bene perché dopo qualche mese s’è innamorato perso di un ragazza amica di sua cugina. Io mi sono detto: “Attento! ... non ti mettere nei guai...” Dopo Marcello fino alla maturità non ho conosciuto altri ragazzi che mi paressero veramente degni della mia attenzione. Mi sarebbe piaciuto andare a fare un po’ di sport anche perché avrei avuto un po’ di contatti con i ragazzi, ma allora soldi non ce n’erano e ne ho dovuto fare a meno.
All’università sono andato a ingegneria. C’erano due ragazzi bellissimi che mi piacevano molto, ho provato ad avvicinarmi a loro ma ho avuto la netta impressione che quei due ragazzi stessero insieme e non gradissero affatto la mia presenza, onestamente credo che se avessero saputo che ero gay mi avrebbero accettato, ma loro con ogni probabilità mi prendevano per etero e avevano paura che mi impicciassi troppo dei fatti loro... io ho capito l’antifona e me ne sono stato per i fatti miei. Bei ragazzi ce n’erano tanti, anzi tantissimi ma c’avevano la ragazza e io mi sentivo proprio come un pesce fuor d’acqua.
Mi sono laureato nel ’73, un po’ in ritardo, non ho trovato subito lavoro e ho cominciato a insegnare meccanica negli istituti tecnici. Avevo circa dieci anni più dei miei alunni ma li sentivo molto di un’altra generazione. Solo con qualcuno si creava un minimo di feeling ma poi in me prevalevano due sentimenti: l’idea che con quei ragazzi non avevo nulla a che fare e l’idea che era comunque troppo rischioso parlare di cose troppo personali.
La pausa dell’insegnamento è durata solo un anno. A novembre del ’74 ho cominciato finalmente a fare l’ingegnere. Mi sono perdutamente innamorato di un perito meccanico eterosessuale che lavorava con me, lui mi adorava e anche io... ma era etero e io lo sapevo benissimo, però c’era, era vero, era un affetto reale, non una fantasia. Ho conosciuto anche la ragazza. Insomma è durata più di tre anni ed è stata proprio una bella storia.
Poi mi hanno mandato a La Spezia in un grosso cantiere di meccanica navale, ormai avevo più di 30 anni, ero lanciato in carriera, i miei capi mi apprezzavano molto, guadagnavo molto bene. I nonni non c’erano più, mia sorella s’era sposata e i miei adesso stavano larghi dentro casa... io ero solo, mi dedicavo solo al lavoro. Nella mia posizione ormai avevo contato solo con gente di alto livello e, francamente, di quelle persone nessuna aveva per me un significato al di fuori del lavoro. Una volta mi hanno coinvolto in una cena di lavoro con ragazze molto disponibili come intrattenitrici e sono stato terribilmente a disagio...
Poi sono arrivato a 40 anni, poi a 50 e affetti veri, cioè affetti miei, niente! Ho cominciato a usare internet anche per cercare sesso e non solo per lavoro. Non vi racconto le mie esperienze... in pratica mi sentivo terribilmente per un verso eccitatissimo e per l’altro imbranatissimo... ci ho provato solo due volte, in entrambi i casi con esisti al limite tra il ridicolo e il patologico. Poi ho lasciato perdere e mi sono contentato di andare in cerca di un po’ di foto, di video e di storie. Anche se sembra strano, certe cose, alla lunga stufano, tanto più uno che non più un ragazzo.
Poi a un certo punto capito sul blog Progetto Gay. Ricordo che la notte che ci sono capitato sono stato praticamente sveglio a leggere fino all’alba dell’indomani. Mi sembrava un’altra cosa, mi sentivo gratificato, mi ci ritrovavo, poi è venuto il forum, forse ancora più interessante perché con testimonianze più dirette, ormai era un’abitudine, aprivo internet e la puntata su Progetto Gay e sul forum era una cosa ovvia. Un giorno mi sono deciso e ho scritto a Project, ero imbarazzato perché mi sentivo troppo vecchio ma mi ha risposto in modo estremamente gentile e allora mi sono detto: un post lo scrivo pure io... ed è quello che avete appena letto. Io non sono più un ragazzo, ma ancora dentro mi sento un ragazzo e pensare che ci siano dei ragazzi gay che si possono confrontare in modo serio mi fa sentire felice. A me non è capitato di vivere la giovinezza nell’era di internet... quelli che ci vivono vorrei che capissero quanto sono fortunati.
Un caro saluto e tutti e specialissimo a Project! ... Lo vedi... anche noi vecchi serviamo a qualcosa!
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Se volete, potete partecipare alla discussione su questa testimonianza aperta sul Forum di Progetto Gay:
http://progettogay.forumfree.net/?t=26231178
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