martedì 26 febbraio 2008

DIARIO GAY

Lo chiamo, cerco di parlarci, nemmeno mi risponde, provo a chiedergli se ce l’ha fatta ad andare avanti, non mi risponde... vuol dire che siamo da capo. Mi sento distrutto. Basta! Non ce la faccio più... tanto è una partita persa... ma che ti posso dire... qualunque cosa ti dico tanto non cambia niente, ti dovrei controllare 24 ore su 24, te lo dovrei impedire fisicamente... Non ne posso più di assistere al disastro e di fare finta che non è vero... ormai non sei più nemmeno gay, ormai non sei più niente e nemmeno per me sei più niente, quando parlo fingo perché lo so come andrà a finire. Provarci? ... ma a fare che? A farti ragionare? Ma è impossibile... ormai tu in testa hai una cosa sola e non lo capisci nemmeno... poi mi dici che mi vuoi bene e pensi di avere risolto tutto così, che mi metto l’anima in pace e che va bene così... ma se mi vuoi bene veramente smettila con quella c.... di roba! E invece no, tu fai solo chiacchiere ma da lì non schiodi... mi dici cose tenere... ma che me le dici a fare? Non le voglio più sentire... sono stupidaggini! ... io lo vedo come stai, maledizione, lo vedo... e non posso fare niente. Ieri sera eri proprio fuori, tra noi c’era un muro di dieci metri, dicevi: “sono stanco... non mi tira...” ma tu non ci stavi proprio, in tutto il pomeriggio avrai detto cento parole e ripetendo sempre le stesse cose senza senso. Non ce la faccio ad assistere a scene simili, mi fanno troppo male. Un anno fa eri il mio idolo, adesso sto con te solo perché mi fai pena... e poi a che serve? Dimmelo! A che serve? Più tempo passa più penso che non riuscirò a tirarti fuori... ma perché, Dio mio, perché? Poteva essere tutto così bello e poi si è rovinato tutto, io lo sentivo che si stava andando alla rovina, tu dicevi sempre di no, ma io lo sapevo che sarebbe finita così... gli amici nuovi... macché amici... quelli ti hanno ammazzato e hanno ammazzato anche me. Ma tu capisci, due ragazzi come noi che si sono trovati e che si sono voluti bene, ma che cosa potevamo sperare di più... e funzionava bene tutto, c....! Funzionava bene tutto... e poi un anno dopo siamo ridotti così. Che devo fare? Non lo so... Che devo fare? Io mollo tutto e vengo da te, non ci riesco a stare qui, non ci riesco a pensare che tu puoi crepare e io posso stare solo ad aspettare.

Eri uno zombi, con gli occhi acquosi, completamente fuso. Una casa in abbandono totale, muffa e puzza terribile. Non stavi nemmeno sul letto ma proprio buttato per terra, con la barba lunga, con le unghie nere. T’ho rimesso sul letto e mi sono messo a pulire la casa, tu nemmeno te ne sei accorto. Ho raccolto due sacchi enormi di immondizia, ho fatto i piatti, ho pulito il bagno che era uno schifo incredibile. Ci ho messo tre ore ed è una casa di una stanza sola. La biancheria era tutta sporca le lenzuola macchiate di sangue, le ho messe in lavatrice... ho tolto la polvere, ho lavato i pavimenti ma tu eri sempre completamente andato. Ho fatto un tè bello pesante e te l’ho portato, ne hai bevuto un po’ poi hai dato uno trattone e te ne sei buttato addosso metà, ti ho fatto alzare per forza e ti ho fatto bere la tazza di tè che avevo preparato per me... non ti reggevi in piedi... puzzavi proprio, uno come te che si faceva la doccia due volte al girono, ti ho portato nel bagno, ti ho spogliato e ti ho fatto mettere seduto sul fondo del box della doccia, poi mi sono spogliato anch’io... eri ridotto ad essere inguardabile, pelle e ossa... distrutto... ti ho lavato come si fa con un bambino, poi ti ho rivestito con le uniche cose pulite che ho trovato in casa, dei jeans vecchissimi e una magliettina bianca. Eri un po’ meno stordito, ti ho fatto sedere sullo sgabello in bagno, ti ho tagliato le unghie delle mani e dei piedi, ti ho lavato di nuovo le mani con lo spazzolino, ti ho tagliato i capelli con le forbici, ti ho fatto la barba, eri un po’ più guardabile ma eri secco da fare paura, siamo tornati in camera. Ti ho chiesto: “Dov’è?”, tu mi hai detto: “No, ti prego, no...”. Mi sono messo a cercare alla disperata, dopo tutto in una casa di una stanza non è difficilissimo cercare... tu eri certo che non l’avrei trovata... poi mi è venuto in testa che una scarpa non stava vicino all’altra ma stava nel bagno, sono andato a riprenderla quella scarpa... ed era lì. Sei diventato feroce, come non ti avevo mai visto, un ragazzo dolce come te trasformato in una furia, una furia ridotta quasi a uno scheletro ma una furia... ma non ce la potevi fare, non ti reggevi in piedi e hai cominciato a piangere alla disperata, ma io ho buttato tutto nel cesso, poi sono tornato da te. Piangevi disperato. Ho provato ad abbracciarti, mi hai respinto... non lo avevi mai fatto prima... in quei momenti mi hai odiato, lo so. In casa non c’era niente da mangiare ma non potevo lasciarti in quello stato per andare a comprare qualcosa... dovevamo andarci insieme, tu non volevi farti vedere così, ma io non potevo lasciarti a casa, poi ti sei deciso e siamo usciti. Il sole di dava fastidio, avevi mal di testa. Siamo arrivati dal fornaio abbiamo preso il minimo indispensabile... a casa ho preparato due spaghetti, ne avrai mangiati sì e no 30 grammi... però hai bevuto un po’ di succo di frutta, col passare delle ore eri meno stordito, dicevi ancora cose un po’ sconnesse ma meno di prima. Una tazza di te, verso le quattro, l’hai bevuta per intero e hai mangiato anche quattro biscotti, poi hai detto che eri stanco e sei andato a buttarti sul letto, ma io ti ho fatto mettere a letto come si deve. Ho fatto una seconda lavatrice, ti ho lavato le camicie, le mutande, le magliette, i calzini e ho appeso tutto sul balcone ad asciugare. Ho preparato un po’ di cena. Hai dormito fino alle nove e mezza. Mi ero steso vicino a te ti guardavo, quando ti sei svegliato ti sei girato verso di me e mi hai detto: “Grazie Cucciolo!” e io mi sono messo a piangere come un cretino.
Lo so che non è finita e che sarà durissima, però adesso ho di nuovo la sensazione che ci sei. Lo so che non devo illudermi ma un primo passo l’abbiamo fatto e per me è moltissimo, è un passo verso la vita!

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