sabato 23 gennaio 2016

OMOSESSUALITA’, CRIMINE E MALATTIA MENTALE

STORIE DI OMOSESSUALI TRA 800 E 900 – parte dodicesima
Prosegue la pubblicazione delle Storie annesse da Havelock Ellis al suo trattato sull’inversione sessuale. La Storia n. 26 affronta un tema critico, ossia il rapporto omosessualità-crimine-malattia mentale. Si tratta di una storia dai risvolti fortemente drammatici in cui il protagonista, che presenta una forma di delirio paranoico, è angosciato dall’idea dell’omosessualità e non riconosce la sostanza del suo vero problema che lo porta a progettare e a tentare di realizzare un omicidio-suicidio, sparando quattro colpi di revolver al partner che gli aveva detto che, quando fosse giunta l’ora, sarebbe stato bello per loro morire insieme. Ovviamente l’idea romantica di morire insieme era per il partner solo una gentile espressione affettuosa verso il suo compagno e non rappresentava affatto la concreta volontà di morire insieme, meno che mai a breve scadenza, ma per il protagonista la scelta di morite insieme era invece una prospettiva concreta, romantica e nobilitante, alla quale dare seguito quanto pima. Il partner si era accorto che qualcosa non andava nei comportamenti del protagonista e lo aveva allontanato, provocandogli anche la perdita del lavoro. Il protagonista tuttavia non lo accusa mai di questo e scarica la colpa del suo licenziamento sul direttore delle poste che avrebbe ordito una congiura contro di lui. Il tono drammatico della vicenda è sottolineato dl fatto che il protagonista ha problemi di malformazioni genitali e probabilmente turbe ormonali e va incontro, per risolvere questi problemi, ad una castrazione chirurgica che non fa che peggiorare la situazione.
La storia è una testimonianza molto forte di quanto l’omosessualità possa essere vista come “il problema” e possa creare grave sofferenza anche quando ci sono gravi disturbi mentali che andrebbero diagnosticati e seguiti con la massima attenzione. Va sottolineato che il protagonista, che su molti contenuti non perde la sua lucidità, riconosce alla base del suo tentato omicidio-suicidio non la passione per il suo partner, ma la castrazione chirurgica con tutte le conseguenze che essa aveva prodotto.
Vi invito a leggere la storia con la massima attenzione, perché è un documento assolutamente unico.
STORIA 26
Il 28 marzo 1894, a mezzogiorno, in mezzo alla strada, a Chicago, Guy T. Olmstead sparò con un revolver ad un portalettere di nome William L. Clifford. Venne da dietro e deliberatamente sparò quattro colpi, il primo entrò nei lombi di Clifford, gli altri tre penetrarono nella parte posteriore della sua testa, in modo che l’uomo cadde e fu considerato ferito a morte. Olmstead tentò di fuggire, mentre una folla si precipitava su di lui con il solito grido di “Linciatelo!” poi brandì il revolver esclamando: “Non mi prenderete mai vivo!” e quando un agente di polizia lo disarmò, disse all’agente: “Non mi prendere la mia pistola, lasciami finire quello che devo fare.” Questo era evidentemente un’allusione, come si vedrà nel seguito, all’’intenzione di suicidarsi. Entrò però rapidamente nel cellulare della polizia, per sfuggire alla folla minacciosa.
Olmstead, che aveva 30 anni, era nato vicino a Danville, Illinois, città nella quale aveva vissuto per molti anni. Entrambi i genitori erano nati in Illinois. Suo padre, una ventina di anni prima, sparò e quasi uccise un ricco mercante di carbone, indotto a commettere il reato, si dice, da un’organizzazione segreta di un centinaio di eminenti cittadini a cui la vittima si era resa odiosa facendo causa contro di loro per motivi banali. La vittima impazzì, ma il criminale non fu mai punito e morì pochi anni dopo, all’età di 44 anni. Quest’uomo aveva un altro figlio che era considerato particolare.
Guy Olmstead cominciò a mostrare segni di perversione sessuale all’età di 12 anni. Fu sedotto (siamo portati a credere) da un uomo che occupava la stessa camera da letto. La storia precedente di Olmstead non è chiara dai dati di cui disponiamo. Sembra che abbia iniziato la sua carriera come insegnante nel Connecticut e che lì abbia sposato la figlia di un ricco contadino; ma poi si “innamorò” del cugino di lei, che egli descrive come un giovane molto bello. Ciò portò alla separazione dalla moglie, e lui se ne andò verso l’West.
Non è mai stato considerato perfettamente sano e dall’ottobre 1886 al maggio 1889 è stato nel Manicomio di Kankakee. Dalla documentazione, la sua malattia risulta della durata di tre anni, causata da cattive condizioni di salute generale; sono anche riportate: ereditarietà dubbia, abitudini buone, occupazione come insegnante. La sua condizione è stata diagnosticata come paranoia. Al momento del ricovero era irritabile, alternava eccitazione e depressione. Tornò a casa in buone condizioni.
In questo periodo (e di nuovo quando sarà esaminato in seguito) le condizioni fisiche di Olmstead sono descritte come, nel complesso, come normali e discrete. Altezza: 5 piedi e 8 pollici; peso: 159 libbre; percezioni normali; genitali anormalmente piccoli, con un pene rudimentale. La sua testa è asimmetrica, ed è piena nella zona occipitale, un po’ infossata al bregma, la fronte è bassa. Il suo indice cefalico è 78. Il pelo è color sabbia, e normale in quantità sopra la testa, il viso e il corpo. I suoi occhi sono grigi, piccoli e infossati; gli zigomi sono normali. Il naso è grande e molto sottile. C’è un arresto dello sviluppo della mascella superiore. Le orecchie sono eccessivamente sviluppate e malformate. Il viso è molto marcato, la fessura nasolabiale è profondamente incisa, e ci sono rughe orizzontali ben marcate sulla fronte, così che egli dimostra almeno dieci anni di più della sua età effettiva. La mascella superiore è parzialmente a forma di V, quella inferiore è ben sviluppata. I denti, le loro radici e il processo alveolare sono normali. I seni sono pieni. Il corpo è generalmente ben sviluppato; le mani e i piedi sono grandi.
Non conosciamo la storia di Olmstead per il periodo di alcuni anni dopo lasciò Kankakee. Nel mese di ottobre 1892, si parla di lui come portalettere a Chicago. Durante l’estate seguente sviluppò una passione per William Clifford, un collega portalettere della sua stessa età, che era stato anche lui precedentemente un insegnante, ed era considerato uno degli uomini più affidabili ed efficienti nel servizio. Per un certo tempo Clifford sembra aver condiviso questa passione, o essersi sottomesso ad essa, ma ben prestò pose fine a questa relazione e invitò pressantemente il suo amico a sottoporsi a cure mediche, offrendosi di pagare lui stesso le spese. Olmstead continuò a scrivere lettere dal contenuto più appassionato a Clifford, e lo seguì quasi costantemente finché la vita di quest’ultimo non divenne insopportabile. Nel mese di dicembre 1893, Clifford consegnò le lettere nelle mani del direttore delle poste e ad Olmstead fu chiesto di dimettersi subito. Olmstead fece ricorso alla Commissione del Servizio Civile a Washington lamentando di essere stato licenziato senza giusta causa e richiese anche la reintegrazione, ma senza successo.
Nel frattempo, a quanto pare su consiglio di amici, andò in ospedale, e alla metà di febbraio 1894, gli furono asportati i testicoli. Non disponiamo di nessun rapporto dell’ospedale. L’effetto della rimozione dei testicoli fu tutt’altro che favorevole e Olmstead cominciò a soffrire di melanconia isterica. Poco dopo si recò di nuovo in ospedale. Il 19 marzo scrisse al dottor Talbot dall’Ospedale della Misericordia, di Chicago: “Sono tornato a Chicago la notte dello scorso Mercoledì, ma mi sentivo così infelice che ho deciso di entrare di nuovo in ospedale, e così sono andato all’ospedale della Misericordia, che è molto buono rispetto a come sono gli ospedali. Ma potrei anche andare all’inferno per quanto riguarda la speranza di una mia guarire. Sono un caso assolutamente incorreggibile, del tutto incurabile e assolutamente ingestibile. A casa ho pensato per un momento che ero guarito, ma mi sbagliavo, e dopo aver visto Clifford giovedì scorso sono stato molto peggio di prima per quanto riguarda la mia passione per lui. Il cielo solo sa quanto ho lavorato duro per cecare di fare di me una creatura decente, ma la mia bassezza è incontrollabile, e potrei anche arrendermi e morire. Mi chiedo se i medici sapevano che dopo l’evirazione era possibile per un uomo avere erezioni, masturbarsi, e avere la stessa passione di prima. Mi vergogno di me stesso, mi odio, ma non ci posso fare nulla. Ho amici tra la brava gente, suono il pianoforte, amo la musica, i libri, e tutto ciò che c’è bello e nobilitante; tuttavia queste cose non mi possono nobilitare, perché questo carico di innata abiezione mi trascina verso il basso e mi impedisce il perfetto godimento di qualsiasi cosa. I medici sono gli unici che capiscono e conoscono la mia impotenza davanti a questo mostro. Io penso e lavoro finché il mio cervello gira, e posso a stento trattenermi dal gridare miei problemi.” Questa lettera è stata scritta pochi giorni prima della commissione del reato.
Quando fu trasportato alla stazione di polizia, Olmstead scoppiò in pianto dirotto gridando amaramente: “Oh! Will, Will, vieni da me! Perché non mi uccidete e mi non lasciate andare da lui?” (In quel momento supponeva di aver ucciso Clifford.) Gli fu trovata addosso la una lettera, come segue: “Ospedale della Misericordia, 27 marzo. A colui che si interessa di leggere: Temendo che le mie motivazioni per uccidere Clifford e me stesso possano essere fraintese, scrivo questo per spiegare la causa di questo omicidio-suicidio. La scorsa estate Clifford e io cominciammo un’amicizia che si sviluppò in amore.” Aggiungeva poi i dettagli dell’amicizia e continuava: “Dopo aver suonato una rapsodia di Liszt per Clifford più e più volte, lui mi disse che, quando il nostro tempo di morire fosse arrivato, sperava che saremmo morti insieme, ascoltando una musica così gloriosa. Ora per noi il tempo di morire è arrivato, ma la morte non sarà accompagnata dalla musica. L’amore di Clifford si è, ahimè, trasformato in odio mortale. Per qualche ragione Clifford improvvisamente ha interrotto i nostri rapporti e la nostra amicizia.” Nella sua cella si comportava in maniera selvaggiamente eccitata, e fece diversi tentativi di suicidio; così che doveva essere strettamente sorvegliato. Poche settimane più tardi, scrisse al dottor Talbot: “Cook County Gaol, 23 aprile. Mi sento come se l’avessi trascurata non scrivendole in tutto questo tempo, anche se può non interessarle affatto avere mie notizie, dato che non ho mai fatto altro che approfittare della sua gentilezza. Ma per favore mi renda giustizia nel pensare che non mi sarei mai aspettato tutti questi problemi, quando pensavo che Will e io saremmo stati nelle nostre tombe e in pace già molto prima di tutto questo. Ma i miei piani fallirono miseramente. Il povero Will non era morto, e io ero stato catturato prima che potessi spararmi. Penso che Will davvero si sarebbe sparato (e sento anche che altri lo penseranno) quando tutta la storia è venuta fuori in tribunale. Non riesco a capire la sorpresa e l’indignazione che il mio atto sembra generare, dato che era perfettamente giusto e naturale che Will e io dovessimo morire insieme, e questo non riguardava nessun altro. Sappia che io credo che il povero ragazzo comunque si ucciderà, perché lo scorso novembre, quando nel mio dolore e nella mia rabbia dissi ai suoi parenti del nostro matrimonio lui era così spaventato, ferito e arrabbiato che voleva che ci uccidessimo tutti e due. Ho accettato volentieri questa proposta di suicidarsi, ma lui ha fatto macchina indietro dopo un giorno o due. Sono contento ora che Will sia vivo, e sono contento che io sia vivo, anche con la prospettiva di anni di reclusione davanti a me, anni che io sopporterò allegramente per il suo bene. Eppure negli ultimi dieci mesi la sua influenza mi ha dominato così completamente, corpo e anima, che se io avessi agito bene, lui avrebbe dovuto avere il merito delle mie buone azioni, e se avessi agito male, avrebbe dovuto essere incolpato lui per quel male, perché io non sono stato assolutamente me stesso, ma solo una parte di lui, e felice di fondere la mia individualità nella sua.”
Olmstead fu processato a porte chiuse nel mese di luglio. Non emersero elementi nuovi. Fu condannato al Manicomio criminale. Poco dopo, mentre era ancora nel carcere a Chicago, scrisse al dottor Talbot: “Dato che lei si è interessato al mio caso da un punto di vista scientifico, c’è ancora qualcosa che voglio dirle di me, ma che ho evitato, perché mi vergognavo di ammettere certi fatti e certe caratteristiche della mia deplorevole debolezza. Tra i pochi pervertiti sessuali che ho conosciuto ho notato che tutti hanno l’abitudine di chiudere spesso la bocca con il labbro inferiore sporgente oltre il superiore. [Di solito a causa dell’arresto dello sviluppo mascella superiore.] Ho notato questa particolarità nel signor Clifford prima che diventassimo intimi, e spesso ho colto me stesso nel medesimo atteggiamento. Prima dell’operazione i miei testicoli potevano gonfiarsi, diventare dolenti e farmi del male e, anche dopo, le cose sembravano andare nella stessa maniera, proprio come un uomo che a volte si lamenta che gli fa male la sua gamba amputata. Dopo l’operazione, poi, i miei seni potevano gonfiarsi e diventare duri, dolenti e arrossati intorno ai capezzoli. Dal momento dell’operazione non c’è mai stato un giorno in cui sono stato libero da dolori acuti, lancinanti, dal basso addome allo scroto, che erano peggiori alla base del pene. Ora che il mio destino è deciso, devo dire che davvero la mia passione per il signor Clifford è in declino, ma non so se questo miglioramento è permanente o no. Non ho assolutamente nessuna passione per gli altri uomini e ora ho cominciato a sperare di poter ancora sopravvivere al mio desiderio di Clifford, o almeno di controllarlo. Io non ho ancora detto nulla di questo miglioramento delle mie condizioni, perché volevo che la gente continuasse a pensare ancora che ero pazzo, in modo che sarei stato sicuro di evitare di essere mandato al penitenziario. So che ero pazzo nel momento in cui ho cercato di uccidere sia Clifford che me stesso, e sento che non mi merito una punizione così terribile come essere mandato in una prigione di Stato. Tuttavia, penso che siano state l’operazione e la mia successiva malattia che hanno causato la mia follia, piuttosto che la passione per Clifford. Mi piacerebbe molto sapere se lei considera davvero la perversione sessuale una follia.”
Una volta dimesso dal Manicomio criminale, Olmstead tornò a Chicago e rivendicò i suoi testicoli dal direttore delle poste della città, da lui accusato di far parte di una congiura organizzata contro di lui. Affermò che il direttore delle poste era uno dei principali agenti di un complotto contro di lui, risalente a prima della castrazione. Fu poi inviato al Manicomio Cook. Sembra probabile che una condizione di paranoia fosse ormai saldamente radicata.
I casi seguenti sono tutti di bisessuali: attrazione che si fa sentire verso entrambi i sessi, di solito in grado predominante verso il maschile.
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