sabato 5 settembre 2015

E. CARPENTER: "IL SESSO INTERMEDIO" SECONDA PARTE

III
L’AFFETTO OMOGENICO
Nelle sue varie forme, per quanto noi le conosciamo, l’Amore sembra sempre avere un profondo significato e anche una più pratica importanza per noi piccoli mortali. In una forma, come semplice amore sessuale semi-cosciente che circola attraverso la creazione negli animali più semplici e nelle piante, esso appare come una specie di base organica per l’unità di tutte le creature; in un’altra forma, come amore di una madre per il suo bambino – che può anche essere definito passione – sembra promettere che si dedicherà alla cura e alla vigilanza della razza futura; in un’altra forma ancora, come matrimonio tra un uomo e una donna, diventa il vero fondamento della società mana. E così possiamo credere a stento che nella sua forma omogenica, della quale qui ci stiamo occupando, non abbia anche un profondo significato e un’utilità e una funzione sociale che ci saranno sempre più chiare man mano che le approfondiremo.
A qualcuno forse parrà un po’ strano collocare l’ultima forma di affetto che abbiamo menzionato ad un livello di importanza pari alle altre e queste persone possono essere portare a negare all’amore omogenico, (1) quello omosessuale, quel carattere intenso, penetrante e a tratti prepotente che gli darebbe il rango di grande passione umana. Ma in realtà questo punto di vista, se lo prendiamo attentamente in considerazione, nasce dalla mancanza di conoscenza dei fatti reali; e non sarà inopportuno qui, nel modo più breve possibile, prima di passare ad altre considerazioni, esaminare quello che la storia del mondo, la letteratura e l’arte hanno da dirci sotto questo aspetto. Certamente, se affrontare un pericolo e sopportare un dolore e una fatica per il bene dell’amato, se il sacrificio, l’incrollabile devozione e l’unione per tutta la vita costituiscono prove della realtà e dell’intensità (e diciamo anche della sanità) di questo sentimento, allora queste prove sono state date in innumerevoli casi di questo affetto, non solo come esistente tra uomini ma anche tra donne, fin dall’inizio del mondo. Le memorie dell’amore cavalleresco, le gesta dei cavalieri per il bene delle loro dame, le storie di Ero e Leandro, ecc., possono essere facilmente paragonate, se non sorpassate dalle storie dei commilitoni e tirannicidi Greci – di Cratino e Aristodemo che si offrirono insieme in sacrificio volontario per la purificazione di Atene; di Caritone e Melanippo,(2) che tentarono di assassinare Falaride, tiranno di Agrigento; o di Cleomaco che in modo simile, in una battaglia tra Calcidesi ed Eretri, essendo entrato in battaglia contro gli Eretri, “chiese al giovane che amava, che si trovava lì vicino, se sarebbe stato a guardare la battaglia; e quando quello gli rispose di sì, e affettuosamente baciò Cleomaco e gli mise in testa l’elmo, Cleomaco con gioia orgogliosa si piazzò davanti ai più valorosi dei Tessali e andò all’assalto della cavalleria nemica con una tale impetuosità che li gettò nello scompiglio e li sbaragliò;  e fuggendo quindi la cavalleria eretria, i Calcidesi ottennero una splendida vittoria.”(3) Gli annali di tutte le nazioni contengono memorie simili, anche  se probabilmente in nessuna l’ideale di questo amore è stato così entusiastico ed eroico come tra i Greci post-omerici. È ben noto che tra gli isolani della Polinesia, una popolazione per la gran parte molto gentile e affettuosa, che ha probabilmente ereditato le tradizioni di una cultura più antica, rispetto a quella che essi possiedono oggi, è (o era) in voga la più romantica amicizia maschile. Dice Herman Melville in “Omoo” (capitolo 39), “Il modo veramente curioso con cui tutti i Polinesiani sono abituati a fare amicizie affettuose necessita di una spiegazione … Negli annali dell’isola (Tahiti) ci sono esempi di amicizie stravaganti, non superati dalla storia di Damone e Pitias che è in realtà molto più meravigliosa, perché nonostante la devozione alla quale  arrivavano, in certi casi anche fino al sacrificio della vita, erano colpiti a prima vista da qualche straniero proveniente da un’altra isola.” Queste unioni erano così profondamente riconosciute che Melville spiega (in “Typee”, cap. 18) che se due uomini di tribù o di isole ostili si promettevano fedeltà reciproca, allora ciascuno dei due poteva passare per il territorio nemico senza paura di essere infastidito o ferito, e la natura passionale di questo affetto è indicata dal seguente brano di “Omoo” (un altro libro di Melville): “Anche se poco portati alla gelosia nelle ordinarie questioni d’amore, i Taitiani non tollerano rivali nell’amicizia.”
Anche tra le razze selvagge, un bel po’ più giù di queste nella scala dell’evoluzione e che sono normalmente accusate di essere governate nelle loro questioni d’amore solo dai desideri più animali, troviamo un sentimento genuino di cameratismo che comincia ad affermarsi, come tra i Balonda(4) e altre tribù africane, dove regolari cerimonie di fidanzamento tra compagni hanno luogo, attraverso la trasfusione di alcune gocce di sangue nelle ciotole per bere l’uno dell’altro, attraverso lo scambio dei nomi(5) e il dono reciproco dei loro possedimenti più preziosi; ma sfortunatamente, a causa dell’ottusità dell’opinione pubblica europea su questo argomento, queste  e altre usanze simili sono state assai poco investigate e non hanno ricevuto assolutamente l’attenzione che meritavano.
Quando passiamo alle espressioni poetiche e letterarie delle nazioni più civilizzate su questo argomento, non possiamo che essere colpiti dal grado e dalle intensità delle emozioni espresse, dalla bella trenodia di Davide sul suo amico il cui amore sorpassava l’amore delle donne, per passare poi al vasto panorama dell’Iliade omerica del quale l’eroica amicizia di Achille e del suo caro Patroclo costituisce realmente il tema fondamentale, fino ai lavori della grande età greca, le splendide odi di Pindaro brucianti di chiaro fuoco di passione, le alte elegie di Teognide, piene di saggi precetti per il suo amato Cirno, le dolci bucoliche di Teocrito, le appassionate liriche di Saffo o i più sensuali rapimenti di Anacreonte. Alcuni dei drammi di Eschilo e Sofocle, come i “Mirmodini” del primo e gli “Amanti di Achille” del secondo, sembrano avere avuto proprio questo argomento per loro nucleo centrale;(6) e molti dei dialoghi di Platone, veri poemi in prosa, erano certamente ispirati da questo tema.
Poi, venendo alla letteratura dell’età romana, il cui spirito materialistico poteva solo a fatica afferrare la più fine ispirazione dell’amore omogenico e che in autori come Catullo e Marziale poteva al massimo dare espressione al suo lato più grossolano, troviamo solo in Virgilio un esempio nobile e notevole. La sua seconda Ecloga porta i segni di una genuina passione, e secondo alcuni,(7) Virgilio stesso, lì, sotto il nome di Alessi, rende immortale il suo proprio amore per il giovane Alessandro. E non è nemmeno possibile tralasciare su questo argomento la grande massa della letteratura persiana e i poeti Sadi, Hafiz, Jami, e molti altri, i cui nomi e le cui opere sono per ogni tempo e i cui meravigliosi canti d’amore (“Amaro e dolce è il bacio di separazione sulle labbra di un amico”) sono per la gran parte, se non per la massima parte, indirizzati a quelli del loro stesso sesso.(8)
Del periodo medievale in Europa abbiamo ovviamente solo pochi documenti. Verso la sua parte a noi più vicina troviamo l’interessante storia di Amis e Amile (tredicesimo secolo), riesumata dal sig. W. Pater dalla Biblioteca Elzeviriana(9) Anche se c’è l’evidenza storica della prevalenza della passione omogenica, di questo periodo possiamo dire che il suo ideale era certamente più quello dell’amore cavalleresco che quello dell’amore dei compagni. Ma col Rinascimento italiano e col periodo elisabettiano in Inghilterra, l’amore dei compagni torna ancora una volta in evidenza in un’esplosione di espressione poetica(10) che forse ha la sua massima manifestazione nei magnifici sonetti di Michelangelo e di Shakespeare: di Michelangelo, la cui pura bellezza di espressione innalza l’entusiasmo nelle regioni più alte, come diretta percezione del divino in forma mortale,(11) e di Shakespeare, le cui parole appassionate e la spiritualità della cui amicizia amorosa, hanno costituito per parecchio tempo una perplessità per i commentatori più retrivi. Da qui, attraverso scrittori minori (non trascurando Winckelmann(12) in Germania) passiamo a tempi abbastanza moderni, nei quali, nonostante il fatto che la passione è stata molto mal compresa e male interpretata, due nomi emergono, quelli di Tennyson, il cui “In Memoriam” costituisce probabilmente l’opera migliore, e di Walt Whitman, l’entusiasmo della cui poesia sul cameratismo si può solo mettere a confronto con la devozione del suo lavoro per i suoi fratelli feriti nella guerra civile americana.
Si noterà che qui noi abbiamo, interessati al tema, alcuni dei nomi veramente più grandi della letteratura; e che le loro espressioni su questo argomento, uguagliano, se non sorpassano, in bellezza, intensità e umanità di sentimento, tutto quello che è stato scritto in lode dell’altro amore più comunemente riconosciuto.
E quando nuovamente ci rivolgiamo ai monumenti dell’Arte, e paragoniamo il modo il cui la percezione dell’amore e della bellezza umana si è espressa nel ritrarre la forma maschile e quella femminile, ritroviamo esattamente la stessa cosa. Una visione completa della statuaria greca mostra in alto grado la passione maschile per la bellezza.  Eppure, anche se le statue di uomini e di giovani (scolpite da scultori maschi) sono più notevoli, probabilmente molto più notevoli, sia per il numero che per la cura dell’esecuzione rispetto alle statue di figure femminili, è significativo che, come J. A. Symonds dice nella sua “Vita di Michelangelo”, in tutto l’insieme di statue raffiguranti uomini ce ne sono a stento due o tre che hanno nell’espressione qualcosa di licenzioso, cosa che non è invece così rara nelle statue che raffigurano donne. Conoscendo come noi la conosciamo la forza della passione fisica maschile nella vita dei Greci, questo solo fatto ci dice molto sul senso di proporzione che deve aver caratterizzato questa passione a qualsiasi livello nell’età più produttiva della loro Arte.
Nel caso di Michelangelo abbiamo un artista che col pennello e col cesello ha ritratto letteralmente migliaia di figure umane, ma con questa peculiarità, che mentre molte delle sue figure maschili sono ovviamente soffuse di sentimento romantico e ispirate da quel sentimento, accade lo stesso a stento per una delle sue figure femminili, questa ultima è essenzialmente rappresentativa della donna nel suo ruolo di madre o di sofferente o di profetessa o di poetessa o in età avanzata, o in qualsiasi aspetto di forza o di tenerezza, salvo quello che si associa in modo speciale con l’amore romantico. La purezza e la dignità delle figure maschili di Michelangelo sono incontestabili e portano una testimonianza decisiva di quella nobiltà di sentimento in lui che noi abbiamo già visto illustrata nei suoi sonetti.(13)
Questo breve cenno può bastare per dare al lettore un’idea del ruolo e della posizione che riveste nel mondo il particolare sentimento di cui stiamo discutendo; né mancherà di fare une certa impressione – in rapporto agli autori citati – il senso di dignità e di solidità del sentimento, a qualunque livello, quando è gestito da alcuni dei più grandi uomini del mondo. E allo stesso tempo sarebbe un’ostentazione  ignorare il fatto che, proprio accanto a questa visione dell’argomento c’è stata un’altra corrente di opinione che ha portato la gente – specialmente nei tempi più moderni, in Europa – a considerare l’affettività del tipo in questione con molto sospetto e disfavore.(14) E può essere necessario qui dire poche parole su quest’ultimo punto di vista.
L’origine di questo punto di vista non deve essere cercata molto lontano. Coloro che non hanno essi stessi un dono particolare verso questo tipo di amicizia – che non sono all’interno del cerchio di essa, per così dire, e non capiscono e non apprezzano il suo carattere profondamente emotivo e romantico, hanno ciò non di meno sentito di una certa corruzione e di eccessi; perché queste ultime cose balzano al livello della cronaca. Hanno sentito della dissolutezza di Nerone o di Tiberio; hanno notato gli scandali dei Tribunali di Polizia, forse hanno avuto qualche esperienza degli abusi che si possono trovare nelle scuole pubbliche o nelle caserme; ed essi (naturalmente) ne deducono che queste cose, questi eccessi e queste forme di sensualità sono il vero motivo degli affetti camerateschi e la ragione per la quale essi esistono; e quindi essi non riconoscono alcun tipo di legame più profondo ed intimo. A questa gente le intimità fisiche di qualsiasi tipo (a qualsiasi livello, tra maschi) sembrano inescusabili. Non c’è alcuna distinzione, nelle loro menti, tra la più semplice e la più ingenua espressione di sentimento e il più grave abuso dei diritti umani e della decenza; non c’è alcuna distinzione tra un genuino attaccamento affettivo e la mera curiosità carnale. Loro vedono certi mali che capitano o che sono capitati e credono, del tutto candidamente, che qualsiasi misura sia giustificabile per evitare che cose simili accadano di nuovo. Ma essi non vedono l’interiore sentimento d’amore che, quando esiste, richiede legittimamente una qualche espressione. Questa gente, infatti, non avendo in sé la chiave per comprendere la situazione reale, frettolosamente dà per scontato che l’affettività omogenica non abbia altro motivo che, o sia semplicemente un velo e una copertura per la sensualità – e quindi la vedono con sospetto e la condannano.
Così sorge la curiosa discrepanza di punti di vista della gente su questo importante argomento – una discrepanza che dipende dal punto di vista dal quale essi ci si avvicinano.
Da una parte abbiamo anatemi ed esecrazioni, dall’altra abbiamo l’alto entusiasmo di un uomo come Platone – uno dei leader del pensiero del mondo di tutti i tempi – che pone, per esempio, nella bocca di Fedro (nel “Simposio”) un brano come questo:(15) “Io non conosco nessun dono più grande, per un giovane uomo che comincia la vita, che un amante virtuoso o, per l’amante, di quel giovane amato. Perché il principio che dovrebbe essere la guida degli uomini che vogliono vivere nobilmente – quel principio, io dico, né i parenti, né l’onore, né la ricchezza, né alcun altro motivo è capace di inculcarlo così bene come fa l’amore. Di che cosa sto parlando? Del senso dell’onore e del disonore, senza il quale né gli individui né gli stati fanno mai nulla di buono o di grade … Quale amante non preferirebbe essere visto da tutta l’umanità piuttosto che da suo amato, quando abbandona il suo posto o quando getta via le sue armi? Sarebbe pronto a morire mille volte piuttosto che sopportare una cosa simile. O chi abbandonerebbe il suo amato o gli verrebbe meno nell’ora  del pericolo? Il peggiore codardo diventerebbe un eroe ispirato, al livello dei più coraggiosi, se si trovasse in una situazione simile; l’amore lo ispirerebbe. Quel che, come dice Omero, il dio insuffla nell’animo degli eroi, l’amore della propria natura lo ispira nell’amante.“ O ancora nel Fedro, Platone fa dire a Socrate:(16) “In modo simile, i seguaci di Apollo e di qualunque altro dio, seguendo la via del loro dio, cercano un amore che consiste nell’essere come il loro dio, e quando lo hanno trovato, essi stessi imitano il loro dio e spingono il loro amato a fare lo stesso e lo conducono all’armonia con la forma e con le strade del dio, tanto quanto possono: perché essi non hanno sentimenti di invidia o di gelosia nei confronti del loro amato, ma essi fanno il loro massimo per creare in lui il massimo gradimento di loro stessi e del dio che essi onorano.  Così è cosa giusta e beata per l’amato, quando è coinvolto, il desiderio di un amante ispirato e l’iniziazione da parte di quello, io dico, ai misteri del vero amore se il loro proposito si realizza.”
Dopo queste sottolineature preliminari, possiamo passare oltre, a considerare alcune recenti indagini scientifiche della materia che stiamo trattando. Negli ultimi tempi – cioè più o meno durante gli ultimi trent’anni – Un gruppo di capaci uomini di scienza, soprattutto in Germania, in Francia e in Italia, ha fatto studi specifici in materia più o meno imparziali. Tra questi si può citare il Dott. Albert Moll di Berlino; R. von Krafft-Ebing, una delle massime autorità mediche di Vienna, il cui libro sulla “Psicopatia sessuale” è giunto alla decima edizione; il Dott. Paul Moreau (“Delle aberrazioni del senso genesico”); Cesare Lombroso, l’autore di molti lavori di Antropologia; M. A. Raffalovich (“Uranismo e Unisessualità”); Auguste Forel (“La questione sessuale”); Mantegazza; K. H. Ulrichs; e ultimo ma certo non il minore, il Dott. Havelock Ellis, il secondo volume del suo grande lavoro sulla psicologia del sesso è dedicato all’argomento della “Inversione sessuale.”(17)
Da queste investigazioni è emerso che troppo spesso in passato si è dato all’argomento un aspetto molto alterato. Mentre all’inizio si diede troppo facilmente per scontato che questi fenomeni fossero di carattere patologico e che l’inclinazione del sentimento amoroso verso uno dello stesso sesso fosse sempre associata con la degenerazione o con la malattia, è veramente considerevole il fatto che passo dopo passo, attraverso l’accumulazione di informazioni affidabili, questi presupporti sono stati abbandonati. Il punto di vista è cambiato; e il cambiamento è stato molto marcato soprattutto negli autori più recenti come A. Moll e Havelock-Ellis.
Non è possibile qui dare alcun rendiconto dettagliato dei lavori di questi vari autori, delle loro teorie e dell’immenso numero di casi interessanti e di osservazioni che essi hanno presentato. Ma alcune delle conclusioni generali che derivano dalle loro ricerche possono essere puntualizzate. Innanzitutto i loro lavori hanno stabilito il fatto, noto fino ad oggi solo agli individui singoli, che l’inversione sessuale – che è l’inclinazione del desiderio verso uno dello stesso sesso – è in un gran numero di casi più o meno istintiva e congenita, mentalmente e fisicamente, strettamente collegata alle vere radici della vita individuale e praticamente non sradicabile.  Agli uomini e alle donne affetti da una inclinazione omosessuale innata, Ulrichs ha dato il nome di Urning(18) perché quasi universalmente accettato dagli scienziati.  Nel mio saggio precedente ho dato alcuni dettagli in riferimento agli “Urning”, ma bisognerebbe dire che non è mai abbastanza sottolineata la distinzione tra questi “amanti nati” del loro stesso sesso e quella classe di persone con la quale sono così spesso confusi, che per mera curiosità carnale o stravaganza di desiderio o per mancanza di opportunità di una soddisfazione più normale (come nelle scuole e nelle caserme) adottano alcune pratiche omosessuali. È proprio questo ultimo gruppo che è diventato nettamente più visibile all’occhio del pubblico e che eccita, abbastanza naturalmente, la pubblica riprovazione. Nel loro caso l’attrazione è sentita da loro stessi e da tutti gli interessati, come meramente sensuale e morbosa. Nel caso degli altri, comunque, il sentimento è, come abbiamo detto, così profondamente radicato e unito con la vita mentale ed emotiva che la persona interessata ha difficoltà ad immaginarsi in una situazione diversa da quella nella quale si trova, e almeno ai suoi occhi il suo amore appare sano e naturale, e anzi proprio una parte necessaria della sua stessa individualità.
In secondo luogo è diventato chiaro che il numero di individui affetti da “inversione sessuale” ad un livello maggiore o minore, è molto grande – molto più grande di quanto comunemente si crede che sia. È comunque molto difficile, se non addirittura impossibile, arrivare a cifre attendibili sull’argomento,(19) per la semplice ragione che le proporzioni variano in modo molto notevole tra i differenti popoli e anche in diversi settori della società  e in differenti località, e perché ovviamente ci sono tutti i gradi possibili di inversione sessuale con cui fare i conti, da quelli in cui l’istinto è quasi esclusivamente diretto verso il medesimo sesso, all’altro estremo in cui l’istinto sessuale è ordinariamente rivolto al sesso opposto ma è anche capace di inversione verso il proprio occasionalmente e in condizioni eccezionali – questa ultima condizione è probabilmente molto diffusa in alcuni popoli, se non è addirittura universale.
In terzo luogo attraverso il raffronto e la comparazione di un gran numero di casi e di “confessioni”, è stato riscontrato piuttosto chiaramente che gli individui affetti da inversione in grado notevole, dopotutto, non differiscono dal resto del mondo maschile o di quello femminile in nessun altro particolare fisico o mentale che possa essere chiaramente identificato.(20) Nessuna associazione congenita con qualche particolare conformazione o malformazione fisica è stata ancora scoperta; e nemmeno con qualche particolare malattia del corpo o della mente. Non sembra neppure che le persone di questa categoria siano usualmente di tipo grossolano o particolarmente basso, se mai piuttosto il contrario – sono spesso di natura raffinata e sensibile e includono, come Krafft-Ebing sottolinea (“Psicopatia sessuale”, settima edizione, pag. 227) un gran numero di persone “altamente dotate  nelle belle arti, specialmente nella musica e nella poesia”; e come dice Mantegazza(21) molte persone di notevole distinzione letteraria e sociale. È vero che Ktafft-Ebing insiste sul fatto che queste persone (tra gli uomini) sono generalmente sessualmente ben dotate ma egli si affretta a dire che il loro amore emotivo è anche “entusiastico ed esaltante”(22) e che mentre il contatto fisico è desiderato, il particolare atto che volgarmente si attribuisce loro è in molti casi ripugnate per loro.(23)
La sola caratteristica definita che gli autori di articoli scientifici affermano di aver identificato è una marcata tendenza allo sviluppo di ansia sull’argomento, non raramente associata con malattie nervose; ma – come avrò tra poco occasione di mostrare – c’è motivo di credere che la validità anche di questa caratteristica sia stata esagerata.
Se prendiamo il caso generale degli uomini con una marcata preferenza esclusiva per persone del loro stesso sesso, Krafft-Ebing dice (“P.S.”, p. 256): “La vita sessuale degli Omosessuali è mutatis mutandis esattamente la stessa nel normale amore sessuale. … L’Urning ama, deifica il suo amato esattamente come l’uomo che corteggia le donne fa con la sua amata. Per lui è capace del più grande sacrificio, prova i tormenti dell’amore infelice e non corrisposto, dell’infedeltà da parte del suo amato, della gelosia e così via. La sua attenzione è legata fortemente  solo alla figura maschile. … La visione delle grazie femminili per lui è indifferente, se non ripugnante.” Quindi Krafft-Ebing prosegue dicendo che molti uomini di questo tipo, nonostante la loro reale ripugnanza al rapporto sessuale con la donna, alla fine si sposano – o per ragioni etiche, come qualche volta accade, o per considerazioni di tipo sociale. Tuttavia sono veramente notevoli e anche patetici – per illustrare la profondità e la tenacia dell’istinto omogenico(24) – i racconti che lo stesso Krafft-Ebing fa di questi casi; perché in molti di essi la vera amicizia e il rispetto all’interno della coppia sposata non riusciva comunque a superare il disgusto da parte di uno dei due partner per il rapporto sessuale con l’altro, o a prevenire l’esperienza di un vero stress fisico  dopo un tale rapporto, o a controllare il flusso continuo dell’affettività verso una persona esterna alla coppia e dello stesso sesso; e così involontariamente, per così dire, alla fine questa inclinazione restava comunque causa di sofferenza.
Io ho detto che all’inizio si dava per scontato che l’emotività omogenica fosse patologica in sé e probabilmente sempre associata con particolari malattie, o fisiche o mentali, ma che il progredire della ricerca è stato utile per dissipare via via sempre di più questo modo di vedere le cose; e che è notevole che i più recenti tra gli autori autenticamente scientifici siano i meno disposti a sottolineare la teoria della patologicità in sé. È pur vero che Krafft-Ebing inclina a credere che ci sia generalmente qualche nevrosi o degenerazione dei centri nervosi, o una tendenza ereditaria in questa direzione, associata con l’istinto; vedi la pagina 190 (settima edizione), e anche la pagina 227, dove ne parla, però piuttosto vagamente, oppure “una tendenza ereditaria neuropatica o psicopatica”, neuro (psycho) pathische Belastung. Ma su questo punto si può fare l’obiezione ovvia che ci sono poche persone nella vita moderna, o addirittura che non ce ne sono, che si possano definire totalmente libere da una simile Belastung!  E possiamo ben dubitare che i Dori Greci o gli isolani della Polinesia, o i montanari Albanesi, o una delle altre razze considerevolmente forti tra le quali questa tendenza si è sviluppata fossero particolarmente preoccupati dalla degenerazione nervosa!
Quanto a Moll, anche se parla dell’istinto come patologico (sentendosi magari obbligato a fare così), è molto significativo il fatto che abbandoni il terreno dell’associazione dell’istinto con altri sintomi patologici – dato che questa associazione, dice, non è sempre rilevabile; volentieri si sofferma sul dictum secondo il quale il mero venir meno dell’istinto sessuale di propagare la specie e di per sé patologico – un dictum che a sua volta deriva dal pregiudizio degli scienziati che il generare sia il solo oggetto dell’amore,(25) e che se portato alle sue conseguenze, coinvolgerebbe il buon dottore in terribili paradossi, come per esempio che ogni ape operaia sia un individuo patologico.
Finalmente troviamo che Havelock Ellis, uno dei più recenti autori di peso su questo argomento, al capitolo VI del suo “Inversione sessuale”, combatte l’idea che questo temperamento sia necessariamente patologico e suggerisce che la tendenza dovrebbe piuttosto essere considerata un’anomalia che una malattia. Dice (Seconda edizione, p. 186.)(26) “Così, nell’inversione sessuale abbiamo quello che si potrebbe giustamente chiamare uno “sport” della variabilità, una di quelle aberrazioni organiche che possiamo vedere nella natura vivente nelle piante e negli animali.”(27)
Rispetto alla teoria delle degenerazione nervosa, anche se si può concedere che l’inversione sessuale sia non raramente connessa con un temperamento particolarmente nervoso, bisogna ricordarsi che associarlo occasionalmente con turbe o malattie nervose e tutta un’altra cosa; dato che questi disturbi dovrebbero piuttosto essere considerati come risultati piuttosto che come cause dell’inversione. Ovviamente è difficile per chi sta al di fuori e non ha un’esperienza personale in materia, immaginare il grande sforzo di tensione nervosa nel quale queste persone crescono da quando sono bambini a quando sono uomini – o da quando sono bambine a quando sono donne – dato che essi trovano i loro più profondi e più forti istinti completamente banditi dalla società che li circonda; dato che prima di capire chiaramente la tendenza della loro natura scoprono di essere come tagliati fuori dalla simpatia e dalla comprensione di coloro che sono a loro più vicini; e dato che sanno che non potranno mai esprimere i loro sentimenti affettuosi più teneri senza esporsi alla possibile accusa per azioni stigmatizzate come crimini odiosi.(28) Il fatto che un simile sforzo, agendo su individuo forse già di temperamento nervoso, potrebbe tendere a causare prostrazione nervosa o anche disturbi mentali è chiaramente ovvio; e se si trova che questi disturbi sono più comuni tra gli amanti omogenici che tra la gente comune, abbiamo in queste cause sociali una sufficiente spiegazione del fatto.
E poi, anche in questa connessione non si deve mai dimenticare che il ricercatore medico-scientifico è complessivamente vincolato ad incontrare solo dei casi che sono di carattere patologico piuttosto che individui che sono sani nelle loro manifestazioni, perché in realtà sono i malati quelli ai quali si dedica. E dato che il campo della sua ricerca è normalmente una grande città moderna, c’è poco da meravigliarsi se la malattia colora le sue conclusioni. Nel caso del Dott. Moll, che ha condotto le sue ricerche in gran parte sotto la guida della polizia di Berlino (la cui conoscenza sarebbe ovviamente limitata agli aspetti meno soddisfacenti dell’amore omogenico) l’unica cosa di cui ci si può meravigliare è che il suo giudizio sia così marcatamente favorevole, come di fatto è. Come scrive Krafft-Ebing nella sua prefazione, “È triste privilegio della Medicina e specialmente della Psichiatria, guardare sempre dall’altro lato della vita, alla debolezza e alla miseria umana.”
Tenendo conto dunque della direzione in cui la scienza si è costantemente mossa in questa materia, non è difficile rendersi conto che l’epiteto “patologico”, tra non molto sarà abbandonato come descrittivo delle tendenza omogenica – cioè del sentimento generale d’amore verso una persona dello stesso sesso. Che ci siano eccessi di passione – casi, come nell’ordinario amore sessuale, in cui il mero desiderio fisico diventa una mania – lo possiamo ammettere tranquillamente; ma come non sarebbe corretto giudicare della purezza del matrimonio dalle evidenze delle Corti del divorzio, così sarebbe mostruoso valutare la verità e la bellezza dell’affetto in questione attraverso quegli esempi che sono forse più evidenti al pubblico moderno; e dopo tutte queste deduzioni ci resta la gran parte dei casi nei quali la manifestazione dell’istinto ha completamente il carattere della normalità e della piena salute, tanto da costituire questa tendenza come una distinta varietà della passione sessuale. La questione ovviamente non è se l’istinto sia capace di manifestazioni patologiche o stravaganti – perché questo si può provare facilmente di qualsiasi istinto – ma se è capace di una manifestazione non patologica e sana. E questo, noi crediamo, lo ha abbondantemente dimostrato da sé.
Comunque il lavoro che la Scienza ha fatto praticamente è stato quello di distruggere la tendenza dogmatica della vecchia opinione corrente dalla quale essa stessa era partita e di lasciare tutto l’argomento libero da una gran massa di fraintendimenti e molto più aperto di prima. Se da una parte i suoi risultati sono stati soprattutto di carattere negativo e se la scienza stessa ammette di non comprendere l’esatto ruolo e le basi di questa affettività, dall’altro lato, dato che riconosce le influenze nettamente benefiche di un’intima relazione d’amore del tipo usuale per coloro che vi sono coinvolti, riconosce anche che ci siano alcune persone per le quali queste reazioni necessarie possono derivare unicamente da uno del loro stesso sesso.
“L’amore ricambiato”, dice Moll (p.125), “esercita un’utile influenza sull’Urning. La sua condizione mentale e fisica migliora, e aumenta la sua capacità di lavoro – esattamente come accade nel caso di un ragazzo normale  con il suo amore”. E più avanti (p.173) in una lettera di un uomo di questo tipo si trovano queste parole: “La passione, suppongo, è così potente, proprio perché si cerca tutto nell’uomo amato – Amore, amicizia, ideale e soddisfazione dei sensi. … Al momento io soffro l’agonia di una passione profonda non corrisposta, che come un incubo mi ha risvegliato dal sonno. E sono consapevole di una sofferenza fisica  nella regione cardiaca.” In queste situazioni l’amore, espresso in qualche modo anche fisicamente, per un’altra persona dello stesso sesso, può benissimo essere una necessità e una condizione di una vita sana e attiva, esattamente come nei casi più ordinari accade per l’amore di una persona del sesso opposto.
Se poi l’elemento fisico che è qualche volta presente nell’amore del quale stiamo parlando è una difficoltà o un ostacolo, bisogna ammettere che è una difficoltà che la Natura ci pone di fronte e che non può essere eliminata con il semplice anatema o con l’esecrazione. L’unica teoria – da K. H. Ulrichs ad Havelock Ellis – che non ha ceduto il campo in questa materia, è che nei casi congeniti di inversione sessuale c’è una mescolanza di elementi maschili e femminili nella stessa persona; in modo che, per esempio, nello stesso embrione, le regioni emotive e nervose possono svilupparsi su una linea femminile mentre il corpo visibile e le sue funzioni posso determinare esse stesse un individuo nettamente maschile o vice versa. Questo sviluppo incrociato può avvenire ovviamente in molti modi, e quindi può forse spiegare le notevoli varietà del temperamento uraniano; ma in tutti questi casi, per quanto strani possano essere i problemi che ne derivano, questi problemi sono prodotti dalla Natura stessa e difficilmente possono essere messi fuori dalla porta dall’individuo che letteralmente deve portare la sua croce. Per questi individui diventano naturali delle espressioni del sentimento che ad altri sembrano fuori luogo e superflue; e non solo naturali ma necessarie e inevitabili.  Proibire a queste persone qualsiasi espressione della loro emotività, alla fine, non fa che portarle ad esplodere con maggiore violenza; e si può suggerire che il nostro codice inglese di buone maniere, proibendo i minimi cenni di affettività tra i giovani e gli uomini agisce esattamente in senso opposto rispetto alle sue intenzioni, e spinge più in basso le intimità verso canali meno aperti e meno reprensibili.
Circa questo elemento fisico bisogna ricordare che dato che l’amore omogenico – sia tra uomo e uomo che tra donna e donna – può, secondo la natura del caso, non trovare mai sul lato fisico un’espressione così libera e completa come nel caso dell’amore ordinario,  esso deve tendere anche più dell’amore ordinario a svilupparsi lungo canali emotivi e a trovare il suo sfogo in simpatie della vita sociale e in rapporti con i compagni. Se si studia con attenzione l’espressione  delle statue greche (vedi pag. 9 supra) e la lezione della letteratura greca si vede chiaramente che l’ideale della vita greca era molto continente: l’uomo allenato, l’atleta, l’uomo temperante e controllato, anche casto, al fine di migliorare le sue prestazioni. Fu intorno a questo concetto che i Greci infiammarono le loro migliori emozioni. E così era per i loro amori: indulgere in cose basse e licenziose non era in linea con tutto ciò. Possono anche non aver sempre tenuto fede al loro ideale, ma quell’ideale c’era. E io sono portato a credere che l’istinto omogenico (per le ragioni che ho detto prima), nel lungo periodo, tenderebbe esso stesso ad orientarsi in questa direzione. E concorda con questa idea il fatto che questa passione, nel passato, (come precisato da J. Addington Symonds nel suo saggio sugli “Ideali danteschi e platonici d’amore”)(29), ha in realtà ispirato una tale quantità di eroismo e di romanticismo, paragonabile solo agli amori della cavalleria, che ovviamente, per il loro carattere speciale, erano soggetti ad analoghe trasformazioni.
In tutti questi argomenti l’opinione popolare è stata probabilmente largamente influenzata dall’idea arbitraria che la funzione dell’amore sia limitata all’allevamento dei bambini e che ogni tipo di amore non coinvolto nella propagazione della razza debba necessariamente essere di carattere dubbio. E nel rafforzare  questo modo di vedere le cose non c’è dubbio che la tradizione ebraica e quella cristiana abbiano esercitato un’influenza potente – a partire, come è quasi certo, da tempi molto antichi quando la moltiplicazione della tribù era uno dei primi doveri dei suoi membri e una delle prime necessità della vita associata.(30) Ma oggi che le necessità hanno preso una strada completamente diversa sembra ragionevole supporre che una simile rivoluzione possa manifestarsi anche nei modi di pensare della gente circa il ruolo e il significato dell’amore non finalizzato all’allevamento di bambini.
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Fin qui credo di aver detto abbastanza per dimostrare che anche se in rapporto all’affettività omogenica molte cose restano oscure, e anche se essa può avere le sue specifiche insidie e le sue tentazioni, che rendono necessario tenere sotto controllo l’eccessiva larghezza sotto il profilo fisico; comunque nei suoi aspetti etici e sociali l’affettività omogenica è gravida di significati e ha ricevuto varie volte nella storia un’abbondante giustificazione. Non sembra certo impossibile supporre  che come l’amore ordinario ha la funzione speciale di propagare la razza così l’altro amore abbia la sua speciale funzione nel campo sociale ed eroico e nella generazione – non di figli fisicamente – ma di quei figli relativamente alla loro mente, nel generare le concezioni filosofiche e le idee che trasformano le nostre vite e la vita stessa della società. J. Addingron Symonds nel suo pamphlet pubblicato privatamente  “Un problema di etica greca” (ora pubblicato in traduzione tedesca)(31) si sforza di ricostruire, così come essa si realizzò, la genesi dell’amore cameratesco tra i Dori nei primi tempi della Grecia. E così “Senza un numero sufficiente di donne, senza le cose sacre di una vita domestica stabile, ispirati dalle memorie di Achille e venerando il loro antenato Eracle, i guerrieri dori avevano la speciale opportunità di innalzare il cameratismo al rango di entusiasmo. Gli incidenti dell’emigrazione in una terra straniera – i pericoli del mare, gli attraversamenti dei fiumi e delle montagne, gli assalti alle fortezze e alle città, gli approdi sulle spiagge ostili, le veglie notturne accanto ai fari illuminati, le spedizioni alla ricerca di cibo, i servizi di picchetto di fronte al nemico vigile – coinvolgevano avventure capaci di riversare un lustro romantico sull’amicizia: queste circostanze coinvolgendo le virtù della simpatia per il debole, la tenerezza per il bello e la protezione verso il giovane, insieme con le qualità corrispondenti di gratitudine, devozione e ammirevole attaccamento nell’agire possono aver contribuito a cementale le unioni tra uomo e uomo in modo non meno fermo di come accade nel matrimonio. Un saggio comandante avrebbe confidato proprio su questi rapporti per dare forza al suo battaglione e per tenere viva la fiamma dell’impresa e dell’audacia.” L’autore procede poi suggerendo che anche se nelle relazioni del tipo di quelle indicate, l’elemento fisico aveva probabilmente un certo ruolo, comunque a quel tempo non sovrastava l’elemento emotivo e spirituale, e non conduceva alla corruzione e all’effeminatezza dell’età più tarda.
A Sparta l’amante era chiamato Eispnêlos, l’ispiratore, e il giovane amato Aïtes, l’acoltatore. Questo solo fatto metterebbe in evidenza gli aspetti in parte educativi in cui il cameratismo fu concepito; e centinaia di brani della letteratura classica potrebbero essere citati per provare quanto profondamente esso fosse entrato nella mentalità greca e che questo amore fosse la culla della cavalleria sociale e della vita eroica. E infine sembra essere stata dottrina favorita di Platone l’idea che la relazione, se condotta in modo adeguato, porti allo svelamento della vera filosofia nella mente e alla divina visione della “mania” e al ricordo del riaccendersi all’interno dell’anima di tutte le forme della bellezza celeste. Parla anche di questo tipo di amore come capace di produrre una “nascita nella bellezza”(32) nell’anima dell’amante. L’immagine dell’amato, passando nella mente dell’amante e risalendo attraverso i suoi più profondi recessi raggiunge e unisce se stessa alle forme essenziali della divina bellezza lì nascoste per lungo tempo – le forme originali di tutta la creazione – e richiamandole alla vita eccita una specie di discesa generativa di pensieri e di impulsi nobili, che da quel momento in poi modificano tutto l’insieme dei pensieri e della vita di colui che è così coinvolto.
Se c’è una qualche verità – anche uno o due soli granelli – in queste riflessioni, è facile vedere che l’amore del quale stiamo specificamente trattando è un elemento molto importante nella società e che il trascurarlo o il reprimerlo o la sua diffusa errata interpretazione possono essere causa di considerevoli rischi o danni per il benessere comune. È facile vedere che mentre da un lato il matrimonio è di un’importanza fondamentale per lo Stato perché fornisce l’officina, per così dire, per la riproduzione e la crescita dei figli, l’altra forma di unione è quasi altrettanto indispensabile per fornire le basi di attività sociali di altro genere. Ciascuno di noi è cosciente che senza uno stretto legame affettivo di qualche tipo la sua vita non sarebbe completa, le sue potenzialità sarebbero azzoppate e le sue energie sarebbero spese in modo inadeguato. Non c’è comunque da aspettarsi (anche se ovviamente può accadere) che gli uomini o le donne che si sono dedicati gli uni alle altre e vice versa e alla vita di famiglia possano abbandonare la cura dei loro figli e il lavoro che devono fare a casa al fine di svolgere doveri sociali di un carattere molto più remoto e meno ovvio, anche se forse più arduo. E nemmeno ci si dovrebbe aspettare che un uomo con una mano sola, senza l’aiuto di un compagno nell’ora della difficoltà, o senza l’amore di lui o di lei nell’ora del bisogno possa sentirsi adeguato a queste più larghe attività. Se – per riferirmi ancora una volta alla storia classica – l’amore di Armodio fosse stato per una moglie e per i figli a casa, probabilmente non si sarebbe curato di uccidere il tiranno, e ben difficilmente un fatto simile sarebbe stato compito suo. E d’altra parte, se ciascuno dei due amici non avesse avuto l’amore del suo compagno a sostenerlo, i due ben difficilmente avrebbero avuto il coraggio di compiere quell’impresa audace e degna di memoria eterna. Così è difficile credere che qualsiasi cosa possa fornire la forza e liberare le energie richieste per le attività sociali e mentali più necessarie, altrettanto bene come l’unione cameratesca, che già lascia i due amanti liberi dalle responsabilità e dagli impedimenti della vita familiare.
Perché, se assassinare i tiranni non è certo oggi il principale dovere morale, abbiamo tra noi individui con teste di  Idra, almeno altrettanto numerosi dei tiranni di un tempo e più difficili da gestire e che richiedono un coraggio non piccolo a chi li deve affrontare. Ma al di là dell’estirpazione del male abbiamo molto lavoro concreto che aspetta d’essere fatto nella paziente costruzione che dura tutta la vita di nuove forme della società, nuovi ordini di pensiero, nuove istituzioni dell’umana solidarietà – cose tutte che nella loro genesi devono fare i conti con l’opposizione, col ridicolo, con l’odio e anche con la violenza. Queste lotte – anche se di tipo diverso da quelle dei montanari Dori descritte sopra – avranno bisogno di uguale ardimento e di uguale coraggio e avranno bisogno di un cameratismo altrettanto vero e valente. E si potrebbe realmente dubitare che la più alta vita eroica e spirituale di una nazione possa essere realmente possibile senza un riconoscimento nelle sue istituzioni di questa affettività, che aggiunga una nuova gamma e una nuova portata alle possibilità dell’amore.(33)
 Walt Whitman,  l’iniziatore, posiamo quasi dirlo, di un mondo nuovo di ideali democratici e di letteratura, e – come uno dei nostri migliori critici ha sottolineato – il più greco, nello spirito e nell’azione, degli scrittori moderni, insiste continuamente su questa funzione sociale “dell’intenso e amoroso cameratismo, personale e dell’appassionato attaccamento dell’uomo all’uomo.” “Io voglio produrre,“ dice, “la migliore razza sulla quale il sole abbia mai brillato, io voglio creare spazi divini e magnetici. … Io voglio creare città insperabili con le braccia ciascuna al collo dell’altra, attraverso l’amore dei compagni.” E ancora in “Prospettive democratiche”, ” È allo sviluppo, all’identificazione, alla generale prevalenza di questo fervido cameratismo (l’amore adesivo, che come minimo compete  con l’amore degli amanti che fino a qui ha dominato la letteratura immaginativa, se non va addirittura oltre), che io guardo per controbilanciare e compensare la materialistica e volgare democrazia americana e per la sua spiritualizzazione. … Io dico che la democrazia comporta questo cameratismo amoroso, come proprio inevitabile gemello e propria controparte, senza il quale sarebbe incompleta, vana e incapace di perpetuarsi.”
Ma Whitman non avrebbe potuto parlare, come fece, con una qualche autorità su questo argomento, se non fosse stato perfettamente consapevole del fatto che nelle masse del popolo questa affettività era già viva e operante – anche se certamente in una forma in qualche modo repressa e inconscia – e se non avesse avuto lui stesso ampia conoscenza dei suoi effetti e della sua influenza in lui e in altri intorno a lui. Come tutti i grandi artisti non poteva se non dare forma e luce a ciò che già esisteva fioco e rudimentale nel cuore del popolo. Per quelli che si sono immersi al di sotto della superficie in questa direzione dovrebbe essere abbastanza familiare l’idea che la passione omogenica è largamente ramificata attraverso la società moderna e che nelle masse del popolo, come attraverso le classi, anche al di sotto della stolida superficie  e delle riserve delle buone maniere britanniche, i messaggi circolano e si formano rapporti durevoli, che non differiscono in nessun modo evidente da quelle corrispondenze che persone di sesso opposto intessono tra loro in circostanze simili; ma fino ad ora mentre questo tipo di relazione è arrivata alla conoscenza del pubblico nelle sue forme più grossolane e nei suoi abusi, attraverso i rapporti della polizia ecc., le sue manifestazioni più sane e spirituali – anche se sono realmente una forza motrice nel corpo politico – sono rimaste sconosciute.
In questi giorni, quando le questioni sociali si profilano così largamente davanti a noi, appena c’è bisogno di sottolineare l’importanza di un legame che attraverso la pulsione più appassionata e duratura può riunire insieme membri di classi diverse, e (come spesso appare) non meno fortemente perché sono membri di classi diverse. Un solo momento di riflessione ci può convincere che un tale cameratismo può, come dice Whitman, avere “rapporti profondissimi con la politica generale”. Ed è anche da notare che, in questa profondissima relazione con la politica, il movimento delle donne verso la loro liberazione ed emancipazione, che si sta diffondendo in tutto il mondo civilizzato, è stato accompagnato da un marcato sviluppo della passione omogenica nel sesso femminile. Si può dire che una certa forzatura nelle relazioni tra i sessi opposti che è venuta fuori a causa della coscienza via via crescente tra le donne di essere state oppresse e trattate in modo ingiusto dagli uomini e di un desiderio via via crescente di non consegnarsi sbilanciatamente al matrimonio, che questa forzatura ha fatto in modo di spingere il mondo femminile a stringersi più strettamente in sé e a cementare alleanze al proprio interno. Ma, qualunque sia la causa, è quasi certo che queste alleanze cameratesche – e di tipo abbastanza devoto – stanno diventando sempre più comuni, e specialmente, forse, tra le classi più colte delle donne, che sono impegnate nella grande causa della liberazione del loro sesso; e nemmeno è difficile vedere l’importanza  di queste alleanze in lotte di questo genere. Negli Stati Uniti, dove la battaglia per l’indipendenza delle donne è ugualmente combattuta la tendenza citata è fortemente marcata.
Bisogna dire qui poche parole sull’aspetto legale di questa importante questione. Bisogna sottolineare che lo stato attuale della legge, sia in Germania che in Inghilterra, derivando, come deriva in realtà, parzialmente da alcuni degli errori di valutazione che ho citato sopra, e parzialmente dalla pura mancanza di volontà dei legislatori di discutere la questione – è realmente impraticabile. Mentre la legge cerca giustamente di prevenire atti di violenza o di pubblico scandalo, si può ben comprendere che va ben al di fuori del su terreno quando tenta di regolare le relazioni private e volontarie di persone adulte tra loro. L’affetto omogenico è una forza sociale considerevole e in alcuni casi un elemento necessario di nobile carattere umano. Tuttavia le legge del 1885 in questi casi considera quasi ogni familiarità come una possibile base per una incriminazione penale. Non c’è dubbio che la legge abbia trovato il suo sostrato sostanziale in precedenti statuti sullo stesso argomento – avendo a che fare con una norma piuttosto grossolana; ma nel condannare così pesantemente anche la minima familiarità tra persone di sesso maschile(34) noi pensiamo che sia andata troppo lontano. Ha tentato di imporre una censura sulla vita morale privata (prescindendo completamente dai suoi riflessi sociali) e questo non è competenza della legge e se fosse sua competenza, essa non potrebbe comunque realizzarlo:(35) essa ha aperto la porta ben più largamente di prima ad un male e ad un crimine vero e ben più serio, quello del ricatto, e ha gettato una cortina di tenebre sopra le espressioni più semplici e più ordinarie  di un attaccamento che può, come abbiamo visto, avere un grande valore nella vita nazionale.
Che l’amore omosessuale, come quello eterosessuale possa condurre a pubblici abusi della libertà e della decenza, che esso richieda un forte autocontrollo, e che su questo argomento siano necessari un grande insegnamento e una grande istruzione, noi, ovviamente, non lo neghiamo. Ma proprio come nel caso di persone di sesso opposto la legge si limita nel complesso al mantenimento dell’ordine pubblico, alla protezione del debole dalla violenza e dall’aggressione,(36) e dei giovani per la loro inesperienza, nello stesso modo noi pensiamo debba accadere anche nel caso si tratti di persone dello stesso sesso. L’insegnamento molto necessario e la vera moralità in argomento devono essere trasmesse –  perché possono solo essere trasmesse – attraverso un allargamento di una adeguata educazione e di idee giuste, e non attraverso la goffa mazza ferrata del libro delle leggi.(37)
 Avendo quindi in qualche modo mostrato l’importanza dell’attaccamento omogenico o cameratesco, nella vita nazionale, sembrerebbe giunto il momento, ora, che i popoli moderni possano riconoscerlo nelle loro istituzioni e possano cercare almeno nell’opinione pubblica dei loro paesi e nei sistemi educativi di far comprendere di che si tratta e di dagli uno spazio adeguato. Gli innegabili mali che esistono rispetto ad esso, per esempio nelle nostre scuole pubbliche così come nella nostra vita pubblica, devono la loro esistenza per la gran parte al fatto che tutto l’argomento, per così dire, è lasciato nella volgarità, nell’oscurità e nel nascondimento. Nessuno offre un indizio di cose migliori e nemmeno indica una strada per uscire dalla giungla; e attraverso questo autentico mancato riconoscimento la passione è pervertita nei canali meno soddisfacenti. Ogni forma d’amore, si potrebbe dire, deve assumersi le sue responsabilità, altrimenti è responsabile della sua degenerazione e del suo dissiparsi in mero sentimentalismo o in sensualità. Il normale matrimonio tra un uomo e una donna conduce alla fondazione di un gruppo familiare, di una famiglia: l’amore tra genitori e figli comporta doveri e attenzioni da entrambe le parti. L’affettività omogenica, quando resta non riconosciuta, facilmente perde qualcosa delle sue migliori qualità e diventa una cosa effimera o corrotta. Come abbiamo già detto e come puntualizzerò nel capitolo successivo, questa affettività può, quando si presenta tra uno più giovane e uno più vecchio, dimostrare di essere un’immensa forza educativa; mentre tra coetanei può volgersi ad usi sociali ed eroici, cosa che a stento si può chiedere o ci si può aspettare dal matrimonio ordinario. Sembrerebbe ormai giunto il tempo, io credo, che la pubblica opinione riconosca questi fatti e possa così dare a questa forma di affettività la sanzione e la dignità che deriva dal pubblico riconoscimento, così come una forma definita e dei precisi confini che deriverebbero dall’esistenza di un ideale accettato o di uno standard in questa materia. Si parla spesso di quanto sia necessaria per la moralità del matrimonio ordinario una qualche forma di riconoscimento pubblico della relazione, e di qualche standard accettato di condotta all’interno di essa. Non potrebbe forse, magari in grado minore, valere qualcosa di simile (come suggerito nel capitolo successivo) per l’affettività omogenica? Essa ha avuto il suo ruolo come istituzione riconosciuta e salvaguardata nelle società più antiche e più primitive e sembra abbastanza probabile che un simile ruolo le possa essere riconosciuto nelle società del futuro.
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(1)    “Omosessuale”, generalmente usato nei lavori scientifici, è ovviamente una parola bastarda. “Omogenico”  è stato suggerito perché derivante da due radici entrambe greche, cioè “omos”, lo stesso, e “genos”, sesso.
(2)    Ateneo XIII, 78.
(3)    Vedi: Plutarco. “Eroticus”, XVII.
(4)    Vedi: “Storia naturale dell’uomo” di J. G. Wood, volume “Africa”, pag. 419.
(5)    Vedi anche: “Spedizione allo Zambesi” di Livingstone, 1865, pag. 148.
(6)    Anche se queste due ultime opere, salvo che per qualche citazione, sono andate perdute.
(7)    Mantegazza e Lombroso. Vedi: Albert Moll “Conträre Sexual-empfindung”, seconda edizione, pag. 36.
(8)    Quantunque questo fatto, nelle traduzioni, sia spesso, con una pia frode, travestito.
(9)    W. Pater, “Renaissance”, pp. 8-16.
(10) Tra gli scrittori di prosa di questo periodo, Montaigne, il cui modo di trattare l’argomento è entusiastico e non equivoco, non dovrebbe essere trascurato. Vedi Hazlitt, “Montaigne”, cap. XXVII.
(11) Mi scuso di citare qui il sonetto n. 54 di Michelangelo, nella traduzione di J. A. Symonds:
Veggio nel tuo bel viso, signor mio,
quel che narrar mal puossi in questa vita:
l’anima, della carne ancor vestita,
con esso è già più volte ascesa a Dio.
   E se ‘vulgo malvagio, isciocco e rio,
di quel che sente, altrui segna e addita,
non è l’intensa voglia men gradita,
l’amor, la fede e l’onesto desio.
   A quel pietoso fonte, onde siàn tutti,
s’assembra ogni beltà che qua si vede
più c’altra cosa alle persone accorte;
   né altro saggio abbiàn né altri frutti
del cielo in terra; e chi v’ama con fede
trascende a Dio e fa dolce la morte.
I lavori di von Scheffler, seguiti di J. A. Symonds, hanno ora, in modo quasi definitivo stabilito il pio imbroglio del nipote e il fatto che le poesie d’amore di Michelangelo anziano, fossero, per la gran parte, dedicate ad amici maschi.
(12) Vedi un testo interessante in W. Pater, “Renaissance”.
(13) Per una collezione più completa di esempi di questa amicizia-amore nella storia del mondo, vedi “Ioläus , un’Antologia”, di E. Carpenter. E anche “Liebling-minne und Freudesliebe in der Welt-literatur” di Elisar von Kopffer (Adolf Brand, Beriln, 1900).
(14) Come nel caso, per esempio di “In Memoriam” di Tennyson, per il quale il poeta fu sonoramente valutato negativamente dal Times, al tempo della sua pubblicazione.
(15) Jovett, “Plato”, seconda edizione, vol. II, pag. 30.
(16) Jovett, vol. II, pag. 130.
(17) Avrei dovuto citare anche alcuni autori recenti, come il Dott. Magnus Hirschfeld e il Dott. von Römer, il cui lavoro, anche se dichiaratamente favorevole al movimento Urning, è comunque scientifico in alto grado e nettamente affidabile.
(18) Da Uranos – Vedi, per la derivazione la pag. 20 supra [dell’edizione originale di questo libro] e anche il discorso di Pausania nel “Simposio” di Platone.
(19) Si veda per delle stime l’Appendice, pagine 126-128 [dell’edizione originale].
(20) Anche se è indubbia una generale tendenza verso la femminilità nell’Urning maschio e verso la mascolinità nella femmina.
(21) “Gli amori degli uomini”.
(22) “Psicopatia sessuale”, settima edizione, pag. 227.
(23) Ibidem, pagine 229 e 258. Vedi Appendice [dell’edizione originale], p. 152.
(24) “Quanto siano profonde le radici dell’inversione sessuale lo si può dedurre dal fatto che il sogno di piacere dell’Urning maschio ha a che vedere solo con maschi e quello delle donne Urning solo con le donne” – Krafft-Ebing, “P.S.”, settima edizione, pag. 228.
(25) “La maggiore età dell’amore”.
(26) Editore: F. A. Davis, Philadelphia, 1901.
(27) Otto Weininger va ancora oltre e considera quel temperamento come una forma intermedia naturale  (“Sesso e carattere”, cap. IV). Vedi anche Appendice infra, pag. 161.
(28) “Anche se davanti alla mia coscienza non posso rimproverarmi, e anche se devo certamente rigettare il giudizio del mondo su di noi,  ciò nonostante soffro molto. In realtà non ho ferito nessuno e ho considerato il mio amore, nella sua più nobile espressione, altrettanto santo quanto quello degli uomini normalmente disposti, ma sotto l’infelice fato che non ci consente né sofferenza né riconoscimento. Io soffro spesso più di quanto la mia vita possa sopportare.” Estratto da una lettera citata da Krafft-Ebing.
(29) Vedi “Nella tonalità del blu” di J. A. Symonds (1893).
(30) Vedi Appendice, pagine 154 e 155.
(31) Vedi “Das Konträre Geschlechts-gefühl” di Havelock Ellis  e J. A. Symonds.
(32) “Simposio”, discorso di Socrate.
(33) È interessante in rapporto a ciò notare l’estremo fervore, quasi il romanticismo del legame che spesso unisce amanti dello stesso sesso per molti anni in una tenerezza di trattamento che non viene meno e nella considerazione reciproca, uguale a quella che si nota nei matrimoni più riusciti. L’amore di molti uomini di questo tipo, dice Moll (p. 111), “sviluppato in gioventù, dura talvolta per tutta la vita. So di tali uomini che non avevano visto il loro primo amore per anni, anche decenni,  e che appena lo hanno incontrato di nuovo hanno dimostrato l’antico fuoco della loro passione iniziale. In altri casi, una stretta intimità amorosa dura incontaminata per molti anni.”
(34) Omettendo in modo del tutto improprio qualsiasi menzione delle donne.
(35) Il Dott. Moll sostiene (Seconda edizione, pag. 314-315) che se le familiarità tra persone dello stesso sesso vengono condannate come cose immorali, anche l’auto-abuso [la masturbazione] a maggior ragione dovrebbe essere ugualmente condannato.
(36) Anche se ci sono dubbi sul fatto che le leggi sul matrimonio facciano proprio questo.
(37) In Francia dall’adozione del Codice Napoleone, l’inversione sessuale è tollerata con le stesse restrizioni della sessualità normale, e secondo Carlier, ex-capo della polizia francese, Parigi non è più depravata in questa materia di Londra. Anche l’Italia nel 1889 ha adottato i principi del Codice Napoleone su questo argomento. Per considerazioni più approfondire rispetto alla legge, vedi Appendice, pagine 156-157.
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