lunedì 11 giugno 2012
PROBLEMA GAY
Questo post contiene alcune riflessioni sul concetto di “problema” associato all’essere gay.
Il termine problema è ripreso dal greco πρoβλημα -ατος, derivato da προβαλλω letteralmente «mettere avanti, proporre».
Le accezioni sono sostanzialmente due, la prima legata all’ambito scientifico e l’altra più tipica dell’uso comune:
1. Ogni quesito di cui si richieda ad altri o a sé stessi la soluzione, partendo di solito da elementi noti
2.
Qualsiasi situazione, caso, fatto che, nell’ambito della vita pubblica o
privata, presenti difficoltà, ostacoli, dubbi, inconvenienti più o meno
gravi da affrontare e da risolvere.
Nella
prima accezione un problema postula l’esistenza di una soluzione e
implica un procedimento per la ricerca della o delle soluzioni. Nella
seconda accezione il termina problema diventa sinonimo di difficoltà e
di disagio. L’attenzione si sposta dalla ricerca della soluzione alla
difficoltà incontrata e la ricerca di una possibile soluzione scivola
sullo sfondo, quando non è addirittura dato per scontato che non esista
alcuna soluzione.
Vediamo come il termine viene usato in collegamento con l’omosessualità, attraverso alcune citazioni.
«Le
persone omosessuali adulte nel ruolo di educatori costituiscono per i
ragazzi loro affidati un problema educativo. Il capo è il modello per i
suoi ragazzi e sappiamo che gran parte dell'effetto educativo, dipende
dalla esemplarità anche inconscia che proviene dall'adulto» afferma
padre Francesco Compagnoni, assistente ecclesiastico nazionale del
Movimento adulti scout cattolici italiani, e docente di teologia morale
nelle facoltà di Teologia e di Scienze sociali della Pontificia
Università San Tommaso di Roma.
Ma
l’idea di considerare l’omosessualità un problema si trova in atti ben
più importanti come la lettera ai vescovi delle chiesa cattolica
“Homosexualitatis problema” della Congregazione per la Dottrina della
Fede del 1° ottobre 1986 firmata da Joseph Ratzinger di cui consiglio la
lettura integrale a chi vuole conoscere le posizioni ufficiali della
chiesa in proposito, dove si legge:
“1.
Il problema dell'omosessualità e del giudizio etico sugli atti
omosessuali è divenuto sempre più oggetto di pubblico dibattito, anche
in ambienti cattolici. In questa discussione vengono spesso proposte
argomentazioni ed espresse posizioni non conformi con l'insegnamento
della Chiesa Cattolica, destando una giusta preoccupazione in tutti
coloro che sono impegnati nel ministero pastorale. Di conseguenza questa
Congregazione ha ritenuto il problema così grave e diffuso da
giustificare la presente Lettera sulla cura pastorale delle persone
omosessuali, indirizzata a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica.”
Congregazione per la Dottrina della Fede, Homosexualitatis problema, (testo ufficiale, a firma Josep Ratzinger, 1 ottobre 1986). Testo in Italiano.
In
nessun documento della Santa Sede si fa riferimento al “problema” della
omofobia. Anche se, con molto esitanti forme di tolleranza da parte
della gerarchia, si cominciano a manifestare momenti di preghiera,
talvolta ecumenica, per le vittime ella omofobia.
La
situazione concreta di una persona o di una istituzione si può
ricostruire in modo piuttosto chiaro esaminando tutto ciò che
costituisce e tutto ciò che non costituisce un problema per quella
persona o per quella istituzione. Il ragionamento vale certamente anche
per i singoli. Ci sono gay per i quali il fatto di essere gay
costituisce un problema che in prima istanza dovrebbe essere risolto, se
possibile, cambiando il proprio orientamento sessuale e in seconda
istanza dovrebbe essere superato tramite un forzato conformismo con le
richieste sociali, ci sono d’altra parte gay per i quali essere gay
costituisce la normalità della vita e non comporta alcun problema, il
problema se mai è nell’omofobia che è ancora diffusa nella società ed è
uno degli indicatori di sottosviluppo.
Riprendo
un’espressione di padre Compagnoni: “Il capo è il modello per i suoi
ragazzi e sappiamo che gran parte dell'effetto educativo, dipende dalla
esemplarità anche inconscia che proviene dall'adulto”, se il capo è
omofobo l’omofobia rischia di essere interiorizzata, i livelli di
autonomia di giudizio scadono e l’omosessualità, da problema legato
all’ignoranza e al pregiudizio sociale, diventa un problema individuale
da risolvere tramite l’auto-repressione.
Indurre
all’auto-repressione è da sempre uno dei metodi più efficaci di
controllo delle coscienze. Richiamo l’attenzione sul fatto che il
termine auto-repressione è un ossimoro, non si tratta certamente di
scelte autonome e libere ma di scelte indotte e sostanzialmente forzate.
Una scelta non è autonoma solo quando manca l’imposizione violenta ma
anche quando la scelta, apparentemente libera, è indotta attraverso un
condizionamento della coscienza. Riposto un brano di S. Alfonso Maria de
Liguori (1696-1787) “Confessore diretto per le confessioni della gente
di campagna”CAPO XXI. PUNTO II. Come debba portarsi il confessore con
diverse sorti di penitenti. § III. Come debba portarsi il confessore
co' fanciulli, e colle zitelle.
"20.
Co' fanciulli bisogna usare tutta la carità, quando vengono a
confessarsi. Primieramente bisogna interrogarli, se … [omissis], se han
commessa qualche disonestà. Ma in ciò sia molto cautelato il confessore.
Dimandi a principio al fanciullo, se ha dette male parole, o ha avuti
pensieri brutti. Dimandi poi, se ha burlato con altri figliuoli, o
figliuole; e se quelle burle sono state di nascosto con toccarsi colle
mani. Indi (rispondendo il fanciullo di sì) dimandi, se han fatte cose
brutte, o male parole: così chiamano i figliuoli i congressi turpi. E
benché il fanciullo dica di no, giova fargli interrogazioni suggestive,
per vedere se nega per rossore, v. gr. [v gr. = per esempio]È bene
quante volte hai fatte queste cose brutte? dieci, quindici volte? Di più
dimandi a' fanciulli, con chi dormono, se con fratelli o sorelle, e se
con essi in letto si son toccati burlando colle mani. Se mai il
fanciullo dorme nel letto de' suoi genitori, vada scorgendo il
confessore con prudenza, se ha fatto qualche peccato, aspiciendo aut
audiendo genitores coeuntes [vedendo o sentendo i genitori avere
rapporti sessuali]. [omissis].
21.
Circa poi l'assoluzione da darsi a questi fanciulli, vi bisogna molta
prudenza. Nel caso ch'essi sono recidivi nei peccati gravi, e si scorge,
che hanno già il bastante intendimento in comprendere l'offesa fatta a
Dio, e l'inferno meritato, debbono allora trattarsi come gli adulti;
onde, se non danno segni straordinari di dolore, dee lor differirsi
l'assoluzione, finché si vedano emendati, e ben disposti."
Altrove
(Capitolo VII - Come debba comportarsi il confessore con persone di
diversi generi § I - Come debba portarsi co' fanciulli, giovani e
signorine) il concetto è ribadito.
“Se
han commessa qualche oscenità. Ma in ciò il confessore sia molto
cautelato nelle dimande. Cominci interrogando con raggiri e parole
generali, e prima se han dette male parole, se han fatte burle con altri
figliuoli e figliuole e se quelle burle le han fatte di nascosto. Indi
dimandi se han fatte cose brutte o male parole (così chiamano i
fanciulli i fatti osceni). Molte volte, sebbene essi neghino, giova il
far loro dimande suggestive: E bene, quante volte l'hai fatte queste
cose? dieci, quindici volte? Dimandi loro con chi dormano, e se nel
letto hanno burlato colle mani. Alle signorine, se han fatto all'amore, e
se ci son stati mali pensieri, parole o atti. E dalle risposte
s'inoltri alle dimande; sed abstineat ab exquirendo a puellis vel a
pueris an adfuerit seminis effusio [Ma si astenga dal domandare alle
fanciulle ed ai fanciulli se c'è stata emissione di seme]. In somma con
questi è meglio che si manchi nell'integrità materiale della confessione
che si faccia loro apprendere quel che non sanno, o che si pongano in
curiosità di saperlo”.
Con
tecniche del tutto analoghe a queste si induce ancora oggi nei ragazzi
omosessuali l’idea che ci sia un problema da risolvere. Vizio da
superare, malattia da curare, peccato da evitare, sono in fondo
espressioni equivalenti usate in epoche diverse. Ma la prima
responsabilità dell’indurre i ragazzi omosessuali a vedere un problema
nella loro omosessualità non è nemmeno direttamente della chiesa ma
della famiglia, che forse, essa stessa profondamente condizionata, non
fa che trasmettere i condizionamenti che ha ricevuto. Un condizionamento
anti-omosessuale, cioè un condizionamento che miri a colpevolizzare
l’omosessualità a e vederla come un problema, in genere viene assorbito
senza alcun filtro da persone che non sono omosessuali, perché si tratta
di una questione, per loro, esclusivamente teorica che non genera stati
di ansia o di tensione, ma quando quel condizionamento ricade su
ragazzi che sono omosessuali provoca disagio e talvolta stati di vera
sofferenza psichica profonda. La non accettazione familiare, assunta
come inevitabile, sta alla base del fatto che moltissimi omosessuali non
si dichiarano mai in famiglia.
Vedere
l’omosessualità come un problema comporta che si mettano in atto dei
tentativi di risolvere quel problema, ma si dovrebbe meglio dire quel
falso problema. Ripeto spesso che la paura dei fantasmi può indurre a
chiudersi e a prendere decisioni sconsiderate anche se i fantasmi non
esistono affatto.
Spesso
le famiglie che considerano l’omosessualità un problema, e che inducono
nei figli questa stessa idea, si sentono incapaci di affrontare
autonomamente il problema perché risolvere il problema per loro non
consiste nel prendere atto che non si tratta di un problema ma
nell’indurre il figlio alla eterosessualità. In questi casi
l’omosessualità viene medicalizzata ed entra in campo lo psicologo
clinico o lo psichiatra e si può arrivare ad ipotizzare una ricerca
farmacologica di soluzioni. Che ci possano essere ragazzi gay che
possono avere bisogno o addirittura necessità dell’interventi di
specialisti per affrontare altri problemi è cosa ovvia ma
l’omosessualità di per sé non richiede nessun intervento specialistico.
Di fatto, parecchie volte, l’intervento specialistico ha una utilità
anche se non è di per sé necessario, perché è un surrogato di relazioni
affettive importanti che possono mancare. Ma, in condizioni normali,
cioè in ambienti liberi almeno relativamente, le amicizie, e in
particolare le amicizie serie con altri ragazzi, gay e etero, possono
sostituire pienamente l’intervento di uno psicologo. La amicizie, e in
particolare le amicizie gay, servono proprio ad allontanare la paura dei
fantasmi, a prendere atto di una realtà che è diversissima da come
viene rappresentata, cioè aiutano a rendersi conto che il problema non
esiste, che non c’è nessuna soluzione da cercare e che bisogna sentirsi
liberi di vivere la propria vita.
Senza omofobia, che è figlia dell’ignoranza e che è il vero problema, non ci sarebbe nemmeno il falso problema dell’essere gay.
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