martedì 13 settembre 2011
LA NORMALITÀ DELLA VITA DEI RAGAZZI GAY
I
gay si trovano spesso a dover fare i conti con l’ignoranza e il
pregiudizio nei loro confronti. Ignoranza e pregiudizio costituiscono un
binomio strettamente connesso fatto di non sapere e di credere di
sapere. Poche persone etero hanno un’idea realistica di che cosa
significhi l’essere gay, confondono l’omosessualità con l’effeminatezza e
le attribuiscono una serie di caratteristiche che nulla hanno a che
vedere con la realtà, la questione è, per loro, puramente accademica o
tocca al massimo qualche loro conoscente, sapere non è quindi per loro
nemmeno necessario, le risposte che si trovano nel cinema, nella cronaca
e in televisione vengono recepite acriticamente e vanno a costituire la
base del pregiudizio, cioè del giudicare una realtà senza conoscerla.
Va tenuto presente che perfino la comunità scientifica ha considerato
per moltissimi anni l’omosessualità una patologia, oggi le cose sono
formalmente cambiate ma è innegabile che il pregiudizio resta comunque
fortemente radicato anche nella comunità scientifica, che è fatta di
uomini e di donne che, pure occupandosi di scienza, hanno, come tutti,
il loro bagaglio più o meno pesante di pregiudizi. Mi astengo
deliberatamente da qualunque riferimento a persone o fatti specifici. Ma
ci sono anche grandi istituzioni come la Chiesa Cattolica, che
contribuiscono a sottolineare la dimensione patologica della
omosessualità con espressioni nettissime che si trovano in documenti
ufficiali, che la definiscono come “grave depravazione”, “funesta
conseguenza di un rifiuto di Dio”,“mancanza di evoluzione sessuale
normale”, “costituzione patologica”, “comportamento intrinsecamente
cattivo dal punto di vista morale”. Anche qui mi astengo dal commentare
perché queste espressioni si commentano da sole, mi vorrei invece
soffermare sul fatto che, in questo caso, la scusante dell’ignoranza non
regge e si tratta di affermazioni volute in modo determinato e
consapevole, anche contro il punto di vista ufficiale della comunità
scientifica. Si tratta, in fondo, di una scelta oscurantista, cioè di un
rifiuto a priori di aprire gli occhi sulla realtà, anche questa è una
forma di ignoranza ma di ignoranza consapevole innalzata al rango di
valore. Quali sono le conseguenze di tutto questo? Purtroppo le vedo
ogni giorno. Ragazzi cresciuti in famiglie in cui il pregiudizio è
diventato una assunzione di principio finiscono per interiorizzare il
pregiudizio sulla omosessualità, sono portati a svalutare tutti i fatti e
i comportamenti che sono segno di orientamento omosessuale e tendono
invece a sopravvalutare qualunque elemento possa loro sembrare un segno
di orientamento etero. In questo modo l’adolescenza si trascorre tra
dubbi, paure e tentativi di farsi coinvolgere comunque in storie etero
che non soddisfano, tutto questo accentuato dal fatto che non è
possibile nessuna forma di dialogo minimamente serio con i genitori su
questi temi, che la scuola non fa che rafforzare i pregiudizi e che
manca del tutto qualunque forma di educazione sessuale che prenda in
considerazione anche l’omosessualità. Il risultato di tutto questo è una
serie infinita di sensi di colpa legati al fatto di vivere
l’omosessualità come vizio, attraverso la pornografia e la
masturbazione, come patologia e come devianza contro la quale non si
riesce a fare nulla che in qualche modo risulti efficace. È il
meccanismo tipico dell’auto-repressione, del “non voglio essere gay”,
delle scelte razionali che tentano di frenare l’istintività, della lotta
con se stessi, degli esperimenti sessuali per cercare di avvalorare
l’idea di essere etero ma, purtroppo, dato che in queste condizioni è di
fatto impossibile vivere una omosessualità affettiva innamorandosi di
un ragazzo, la visione distorta della omosessualità si radica al punto
che diventa difficilissimo viverla come normalità e la si vive solo come
trasgressione sessuale. Da qui in poi le possibili strade sono due:
mettere in piedi una dubbia storia etero e arrivare fino al matrimonio
sperando (in modo del tutto irrealistico) che un matrimonio senza amore o
con una dimensione affettiva priva di una corrispettiva dimensione
sessuale, significhi superare di fatto l’omosessualità, oppure fingere
con gli altri e spesso anche con se stessi di non avere incontrato la
donna giusta. Al livello privatissimo dalla pornografia si passa ai
siti di incontri e alle chat erotiche con tutti i rischi per la salute
che possono comportare, si pensa di potere, anzi di dovere, darsi da
fare per vivere una sessualità gay che di fatto ha perso del tutto la
dimensione affettiva. In sostanza una educazione basata sul pregiudizio
trasforma l’omosessualità, che per se stessa potrebbe essere vissuta
come perfetta normalità, in un vissuto nevrotico che può comportare
stati di sofferenza psichica profonda.
Il
punto di svolta sta nell’arrivare a capire che l’omosessualità è una
forma di normalità, che essere gay non vuol dire affatto essere
condannati a non realizzarsi, che essere gay non ha nulla a che vedere
con i modelli che la gente crede gay ma è un modo di amare, che
l’omosessualità comporta dimensioni affettive profonde, che crea legami
umani che possono essere serissimi e possono durare tutta la vita, in
sostanza che essere gay è una condizione che deve essere riempita di
umanità, deve essere valorizzata, deve essere capita e accettata come un
valore fondamentale che caratterizza una persona e la rende quello che
è. Non è certo l’unico valore di un individuo ma è uno dei valori che lo
contraddistinguono in modo più profondo. Essere gay non significa fare
sesso con un ragazzo ma “innamorarsi” di un ragazzo, vedere in quel
ragazzo il proprio completamento umano, sentirne la prossimità affettiva
come essenziale.
La
normalità della vita dei ragazzi gay si rivela soprattutto nei rapporti
di amicizia che ci sono eccome e sono cose nello stesso tempo semplici e
belle. Parlo qui di amicizia vera che consiste nel creare una fiducia
reciproca che favorisca il confronto senza pregiudizi, che dia la
possibilità di parlare apertamente di sé a chi è in grado di capire fino
in fondo e ha vissuto o sta vivendo esperienze molto simili. L’amicizia
tra ragazzi gay non è, come la gente spesso pensa, un primo approccio
per arrivare a un contatto sessuale ma ha un valore grandissimo che
permette di rompere il muro della solitudine e dell’isolamento e di
creare un rapporto autentico. Se tanti ragazzi gay invece di andare in
cerca del loro ragazzo ideale comprendessero il valore del coltivare
amicizie serie, molto probabilmente starebbero molto meglio con se
stessi e sarebbero capaci di affrontare con maggiore tranquillità le
prove cui sono chiamati sul terreno sociale e familiare. L’amicizia dà
il senso dell’accettazione, crea un ambiente comunicativo sereno e
gradevole e non ha fini strumentali. Non si cerca di avere amici per
nessun altro scopo che non sia la gradevolezza dell’amicizia stessa.
Condividendo parte del proprio tempo con i propri amici gay ci si rende
conto della realtà della loro vita, della normalità della loro vita e,
direi, anche del loro disagio, quando c’è una forma di disagio.
Il
mondo gay visibile presenta spesso ai ragazzi dei modelli facili di
realizzazione di sé, in cui si tende a sostituire alla costruzione di
rapporti di amicizia vera a due, dei rapporti basati su una appartenenza
di gruppo che si sostanzia di riti collettivi e di conformità di
comportamenti. Una cosa bisognerebbe non dimenticare mai e cioè che per
vivere bene qualunque cosa, e in particolare la sessualità, ci vuole un
impegno morale di fondo, non si tratta di un gioco o di un diversivo, ma
dei livelli più profondi della vita individuale. La moralità
dell’essere gay non è un principio astratto ma una forma di impegno
individuale verso se stessi e verso gli altri. Su questa base è
possibile costruire rapporti affettivi solidi, questa dovrebbe essere la
normalità dell’essere gay. La capacità di resistenza dei gay sta
proprio nel non lasciare che ciò che nasce come una forma d’amore si
trasformi agli occhi degli stessi gay in qualcosa di patologico o in un
vizio per effetto del pregiudizio sociale interiorizzato. Troppi ragazzi
gay sono ancora convinti che, in fondo, la loro sessualità sia solo un
problema del quale vorrebbero fare a meno, se potessero, troppi ragazzi
sono ancora convinti che l’intrinseca bontà morale di qualcosa si
identifichi con l’approvazione sociale o con l’approvazione della
famiglia. Per un ragazzo gay il primo passo verso la conquista di una
autentica serenità interiore consiste nel superare del tutto la
concezione della omosessualità come vizio o come patologia e nel
restituirle la sua dignità originaria di modo di amare. È ovvio che per
chi considera l’omosessualità come un vizio o come una condizione
patologica da reprimere sarà impossibile viverla come un valore, cioè
per quelle persone l’omosessualità resterà causa di sofferenza e i
tentativi di vivere comunque una vita etero non faranno che accentuare
il senso di sofferenza che non viene dalla omosessualità ma dal
tentativo di reprimerla. È proprio su questi meccanismi che può incidere
il fatto di avere amici gay e di prendere atto della normalità della
loro vita. Se identifichi l’essere gay con un insieme di comportamenti
nei quali non ti riconosci, per te, ovviamente, l’essere gay costituirà
sempre un problema, se invece comincerai a renderti conto che la realtà
del mondo gay, cioè la vita della stragrande maggioranza dei ragazzi
gay, ha moltissimi aspetti in comune con la tua vita, allora comincerai a
sentire l’essere gay come una condizione di vita normale e comincerai a
vivere la tua affettività e la tua sessualità come un valore e non come
un vizio. Vedo ogni giorno quanto senso abbia nella vita dei ragazzi
gay il sentirsi finalmente meno soli, il potersi confrontare in modo
serio con persone in grado di capire e penso realmente che per un gay
avere veri amici gay sia un elemento essenziale. È ovvio che anche
questo richiede un impegno ma i livelli di gratificazione affettiva che
ne possono derivare sono notevolissimi.
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