sabato 26 settembre 2009

ESSERE GAY E SENTIRSI BENE CON SE STESSI

Dedico questo post ad un tema che in questi ultimi giorni mi è capitato di affrontare più volte con ragazzi di età molto diversa ed è il tema dello stare bene con se stessi.

Quando non si sta bene con se stessi si prova un senso di inadeguatezza, di incapacità di far fronte ai problemi della vita ordinaria in modo efficace o una specie di progressivo disinteresse verso settori molto importanti della vita sociale ma anche della vita affettiva e sessuale.

Esistono alcuni elementi sintomatici dello stare male con se stessi, alcuni di questi elementi non hanno a prima vista nulla che vedere con la sessualità, altri invece sono esplicitamente di tipo affettivo/sessuale. Provo ad elencarne alcuni, sulla base di quello che emerge nelle chat:

1) Elementi legati alla propria fisicità non sessuale: “sono troppo grasso” espressione che si sente frequentemente; “sono troppo magro” espressione molto più rara; “sono flaccido, non ho muscoli”; “sono troppo basso”; “sono troppo alto”; “sono troppo peloso”; “sono proprio glabro”. Queste espressioni, che indicano di per sé solo la percezione di una inadeguatezza diventano sintomi di star male con se stessi quando assumono un carattere di idea fissa che interferisce in modo sensibile con la vita ordinaria. Quando ciò accade la percezione dell’inadeguatezza porta ad una più o meno coscientemente esasperata ricerca di soluzioni a quello che comincia a presentarsi come “un problema” e talvolta come “il problema”. Spesso i ragazzi che si definiscono troppo grassi o troppo flaccidi non lo sono affatto e la percezione dell’inadeguatezza è del tutto irrealistica, è il caso di ragazzi esilissimi che si sentono troppo grassi e si mettono a dieta ferrea e dei ragazzi che pur avendo un fisico scolpito dall’attività addirittura quotidiana in palestra, ricorrono agli anabolizzanti per aumentare la massa muscolare. Questi elementi indicano stati di disagio di una certa entità. La dimensione del disagio nella percezione dell’inadeguatezza si manifesta oltre che nella esasperazione di presunti problemi, nella ricerca di soluzioni che possono essere molto più pericolose dei mali cui dovrebbero porre rimedio.

2) Elementi legati alla propria fisicità sessuale. Un numero non piccolo di ragazzi gay finisce per mettere da parte l’idea di vivere una sessualità di coppia per motivi legati al senso di inadeguatezza della propria fisicità sessuale. Anche in queste situazioni, come nelle precedenti, la percezione della inadeguatezza può essere assolutamente non realistica e la ricerca di soluzioni a presunti problemi può creare inconvenienti anche seri e spesso, quando un ragazzo pensa che la soluzione al presunto problema non ci sia o sia irrealizzabile, la risposta è la rinuncia alla sessualità fisica. Questa rinuncia non è esplicita ma si manifesta attraverso continui rinvii oppure quando la situazione non è più rinviabile, attraverso il moltiplicarsi di esitazioni e di riserve che arrivano ad esasperare l’altro partner che non è a conoscenza della vera causa di quelle esitazioni e di quelle riserve. Talvolta la rinuncia alla sessualità comporta perfino il rifiuto della masturbazione, il cui esercizio, specialmente se condotto con riferimento alle immagini dedotte della pornografia, diventa causa importante di frustrazione sessuale. Non è raro il caso in cui i ragazzi finiscono inconsciamente per nascondere anche a se stessi la vera motivazione del senso di inadeguatezza e per coprirla con altre motivazioni in cui il riferimento alla fisicità sessuale è del tutto rimosso. Sul problema delle dimensioni del pene è fiorito un florido mercato di pseudo-rimedi di carattere medico e chirurgico che promettono soluzioni sicure del problema con prezzi che oscillano conformemente alla categoria sociale oggetto dei messaggi promozionali. Per stare bene con se stessi è necessario accettare la propria fisicità sessuale e cominciare a capire che la sessualità di coppia non è l’imitazione di un video porno ed ha una dimensione essenzialmente affettiva piuttosto che prestazionale.

3) Elementi di natura psicologica di tipo pessimistico e depressivo, che si manifestano in espressioni del tipo: “gli altri alla mia età hanno già realizzato tutto”, “tanto non combinerò mai niente”, “tanto so che prima o poi mollerò tutto”. Spesso gli elementi di natura psicologica che spingono allo scoraggiamento e alla visione di sé come “elemento debole” si incrociano con elementi di reale o presunta inadeguatezza fisica. L’idea del disimpegno o dell’inutilità dell’impegno occupa in molti casi la mente dei ragazzi che si sentono psicologicamente inadeguati, le scelte diventano problematiche e l’irresolutezza finisce per prevalere. Questi ragazzi in genere non entrano in storie d’amore proprio perché, per loro, prendere una decisione impegnativa è difficile ma si innamorano in modo serio e sostanzialmente unilaterale di ragazzi “impossibili” ossia quasi sempre di ragazzi etero o di ragazzi gay che non li corrispondono, con i quali una relazione di coppia risulta di fatto impossibile.

4) Elementi di natura psicologica tendenti a coinvolgere altri nella soluzione dei propri problemi, che si manifestano con espressioni del tipo: “però se conoscessi un ragazzo penso che le cose sarebbero molto diverse”, “con un ragazzo vicino non avrei paura di nulla”e simili. Vedo spesso ragazzi indecisi, dotati di scarsa autostima e facili allo scoraggiamento, mettersi alla spasmodica ricerca di un compagno, o di una compagnia, per cercare di trovare una risposta ai propri problemi. Si tratta di ragazzi che in genere da questa ricerca finiscono per ottenere ulteriori frustrazioni legate al fatto che in ragione della loro insicurezza, prestano scarsa attenzione alla scelta del proprio compagno e sono disposti a dare troppo rapidamente fiducia al primo ragazzo che mostri loro una qualche forma di disponibilità, con questi ragazzi cercano di creare rapporti molto stretti, che sono visti dall’altra parte come asfissianti e per ciò stesso non graditi. Un ragazzo insicuro che tende a coinvolgere altri nella soluzione dei suoi problemi, ha bisogno di continue rassicurazioni, le chiede, le pretende, reagisce male quando non le trova, tende, inconsciamente, a costringere il suo compagno ad ascoltarlo per ore, lo tempesta di sms e di mail pretendendo continue conferme e non offrendone alcuna. Una caratteristica di queste situazioni è il discorso unidirezionale, il ragazzo insicuro parla e il suo compagno deve ascoltare, se ciò non accade il ragazzo insicuro si sente vittima e lo dimostra in modo molto chiaro, nel tentativo di richiamare l’attenzione del suo compagno. Meccanismo, questo, che esaspera la situazione.

Mi capita spesso, nel parlare in chat con ragazzi che non hanno mai vissuto la realtà della vita di coppia, di osservare come per loro la vita di coppia sia una forma si simbiosi totale in cui tutto è e deve essere comune: si devono avere gli stessi amici, si deve andare sempre insieme agli stessi posti, e così via. Ma tutto questo ripropone il modello di coppia come subordinazione dell’altro, come un portare l’altro nel nostro mondo e tenerlo in una condizione di sostanziale dipendenza attraverso una serie di ricatti affettivi. In meccanismo è semplice ed è analogo a quello che si manifesta nel rapporto tra un bambino e il genitore: il bambino vuole una determinata cosa, il genitore dice di no, allora il bambino piange e il genitore dice di sì per non vederlo piangere, in bambino è gratificato più che per aver raggiunto quello che desiderava, per essersi reso conto di avere un potere sul genitore. Questi meccanismi però sono naturali solo quando agiscono tra soggetti che non si trovano su un piano di parità, e tra due ragazzi gay che dovrebbero volersi vene su ben altre basi, sono sostanzialmente il segno di una forte asimmetria e di una sofferenza di coppia.

Spesso chi non sta bene con se stesso ritiene che la sua spontaneità debba essere in qualche modo sostituta con comportamenti più adeguati o addirittura che i discorsi spontanei debbano essere sostituiti da discorsi che sembrano essere teoricamente più adeguati. Mi capita talvolta in chat di incontrare ragazzi che si sforzano di dire solo cose che a loro parere diano di loro un’immagine positiva e li facciano apparire come bravi ragazzi. L’elemento più tipico è la sublimazione della sessualità e la sua totale rimozione dal discorso. Con questo sistema si crea un dialogo che ha il sapore evidente della mancanza di spontaneità. Quando si riesce a superare il muro della sublimazione e i ragazzi riescono a parlare in modo libero della sessualità tendono a sottolineare la dimensione strana se non patologica di certi loro comportamenti, come la masturbazione e le fantasie sessuali sui loro amici, come se queste cose fossero il segno evidente della loro inadeguatezza. Dopo un discorso finalmente serio, frutto di una sincerità faticosa, noto lo stupore dei ragazzi che si aspettano chissà quali discorsi e si sentono solo dire: “Ok, ma dov’è il problema?” In sostanza questi ragazzi hanno una percezione del loro essere gay come cosa strana e della loro sessualità come cosa unica e assai lontana dalla sessualità altrui, e in particolare dalla sessualità degli altri ragazzi gay, che però loro non conoscono se non attraverso rappresentazioni decisamente poco realistiche.

Molte volte parlare serenamente della sessualità aiuta a ridimensionare e a vedere le cose in termini più oggettivi e fa capire che la sessualità è una dimensione ordinaria della vita di tutti e che essere gay significa essenzialmente innamorarsi di un ragazzo invece che di una ragazza.
Un’attenzione particolare in questa sede va dedicata al disagio derivante dall’idea stessa di essere o di poter essere gay. Mi è capitato più di qualche volta di essere contattato da ragazzi etero che avevano dubbi circa il loro orientamento sessuale, non cioè da ragazzi gay che avevano problemi di accettazione. Per alcuni di questi ragazzi parlare con me ha avuto realmente il senso di chiarirsi le idee per superare i dubbi. Con alcuni di questi ragazzi si sono mantenuti buoni rapporti anche a distanza di tempo. Per altri ragazzi etero, invece, superare i dubbi era molto più difficile. Pur avendo essi una sessualità che oggettivamente non aveva assolutamente nulla che si potesse considerare gay, questi ragazzi non riuscivano a tranquillizzarsi e mi contattavano più volte perché per loro l’idea di poter essere gay era un contenuto tendenzialmente ossessivo che, anche se oggettivamente del tutto infondato, turbava profondamente la loro sessualità. Un esempio per tutti, quello di un ragazzo etero che non ha mai avuto fantasie matsurbatorie gay, ma che non riesce a masturbarsi in modo soddisfacente pensando a una ragazza perché interviene l’idea di poter essere forse un gay che non si accetta, idea che rovina la sua vita sessuale, ma tutto questo in ragazzi che non hanno mai avuto interessi né affettivi né sessuali orientati verso altri ragazzi. Casi del genere, che si presentono come problemi di orientamento sessuale, di fatto, non hanno nulla a che vedere con la sessualità ma sono legati a stati di disagio legati spesso ai rapporti familiari, alla vita affettiva non sessuale, ai rapporti di lavoro, all’insicurezza economica e a molti altri fattori.

Anche per i ragazzi gay, cioè per i ragazzi con fantasie masturbatorie esclusivamente gay, il fatto di essere gay più costituire una fonte di disagio, anche grave. L’identità sessuale gay può essere inconsapevolmente respinta o, talvolta, diventa oggetto di consapevole e determinata auto-repressione. In questi casi la masturrbazione in chiave gay è vissuta con sensi di colpa anche profondi, come un cedimento al male o come uno scivolamento in una dimensione patologica e l’ipotesi di una corrispondenza affettive e sessuale con un altro ragazzo è allontanata in modo sistematico evitando a priori tutte le occasioni in cui potrebbe crearsi un minimo di intimità (viaggi con altri ragazzi, dormire a casa di amici). È il caso del “non voglio essere gay!” Queste situazioni di disagio sono segno di una dipendenza dal giudizio altrui e della necessità di essere accettati all’interno di un gruppo (famiglia, amici) alla quale si finisce per sacrificare anche la propria sessualità. La pressione della ricerca di omologazione può essere così forte di spingere un ragazzo a fare scelte cosiddette “secondo natura” (sessualità etero e matrimonio) che sono radicalmente “contro natura” per un gay. Spesso, specialmente per ragazzi non giovanissimi, si creano situazioni di disagio quando l’accettazione arriva dopo i 25 o i 30 anni (e anche ben oltre). I ragazzi che si trovano in queste situazioni sono in parecchi casi ossessionati dall’idea di riguadagnare il tempo perduto e vivono tardivamente le esperienze affettive e sessuali tipiche dell’adolescenza. In tali circostanze i primi contatti con la sessualità di coppia possono creare imbarazzi e condizionamenti non piccoli, perché i modelli “a priori” di sessualità gay interferiscono anche pesantemente con la ricerca della sessualità specifica di coppia. È il cosiddetto imbarazzo sessuale che viene dall’inesperienza. Ci sono ragazzi grandi che vanno in crisi per la mancata erezione in situazioni in cui “in teoria” ci dovrebbe essere, o perché hanno difficoltà nel raggiungere l’orgasmo anche nella masturbazione individuale praticata alla presenza del proprio compagno, quando invece l’orgasmo nella masturbazione privata lo raggiungono benissimo. In questi casi il vero timore è che l’imbarazzo e l’inesperienza possano condizionare o addirittura distruggere dei rapporti affettivi serissimi.

La sessualità non va d’accordo con l’ansia e parlare di sessualità aiuta a diminuire l’ansia legata alla sessualità.

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