martedì 20 agosto 2013

ZANARDELLI E LA LAICITA’ DELLO STATO

Girando per i blog e per I forum gay ho trovato molto frequentemente, in questi giorni, post dedicati alla interpretazioni di frasi di apparente apertura del papa verso i gay. Ho cercato di spiegare attraverso una documentazione seria come stiano realmente le cose (GESUITI E GAY http://progettogayforum.altervista.org/viewtopic.php?f=73&t=3692), sento però l’esigenza di dire con chiarezza che, anche se quello che il papa dice, non dice o sembra dire o non dire condiziona profondamente la vita politica di questo paese per ragioni che, credo, abbiano ben poco a che vedere con la morale, in ogni caso la posizione della chiesa, fosse anche apertissima alla realtà gay, avrebbe comunque oggettivamente per la grande maggioranza dei gay ben poco peso. Il riconoscimento o meno della dignità e della moralità dei gay non è prerogativa di nessuno, meno che mai del papa. La politica dovrebbe avere il coraggio di essere profondamente laica, ossia di non essere subordinata a nessun giudizio esterno e di mettere finalmente da parte gli opportunismi tattici per cominciare a capire che la libertà è un valore irrinunciabile. In buona sostanza la libertà delle persone, nei limiti in cui non danneggia altre persone – parliamo di danni reali, non di mere presunzioni – deve essere un valore assoluto che non può essere subordinato ad alcuna categoria morale a priori. Tutti sono liberi di seguire la loro morale a patto che non pretendano di imporla agli altri, sia che ciò avvenga per motivi religiosi, politici o morali o per qualsiasi altro motivo.
Mi è gradito ricordare qui un personaggio politico d’altri tempi dal quale si dovrebbe prendere esempio, parlo di Giuseppe Zanardelli, un laico nel senso forte del termine, un massone (come Garibaldi e come Carduccci) certo non gradito alla chiesa, di cui non si conosce la vita amorosa ma che quando lo si interpellava sul punto amava definirsi “lo sposo della libertà”. A Zanardelli si deve il primo codice penale dell’Italia unita. Un codice in cui l’omosessualità non compare né come delitto né come aggravante di altri delitti. Così Zanardelli si esprime nella Relazione sul primo Codice penale per il Regno d’Italia [1887], Titolo VIII “Delitti contro il buon costume e l’ordine delle famiglie”: “Nel determinare i fatti da comprendersi nel presente Titolo, il Progetto attuale, in conformità ai precedenti, si ispira a questo concetto fondamentale che, se occorre da un lato reprimere severamente i fatti dai quali può derivare alle famiglie un danno evidente ed apprezzabile o che sono contrarii alla pubblica decenza, d’altra parte occorre altresì che il legislatore non invada il campo della morale. In conseguenza, le sanzioni penali del Progetto non colpiscono tutti indistintamente i fatti che offendono il buon costume e l’ordine delle famiglie, ma quelli soltanto che si estrinsecano coi caratteri della violenza, dell’ingiuria, della frode o dello scandalo, la repressione dei quali è più vivamente reclamata nell’interesse sociale. Quindi non sono incriminate le azioni che non hanno quei caratteri, e l’indagine delle quali farebbe trascendere oltre i suoi giusti confini l’opera legislativa.”
Alla personale iniziativa di Zanardelli e al suo strenuo impegno si deve l’eliminazione della pena di morte del codice penale. Il Codice Zanardelli legittima lo sciopero, che per la prima volta non è di per sé oggetto di sanzione penale in nessun caso.
Il Codice Penale Zanardelli http://archive.org/stream/ilcodicepenalep01crivgoog#page/n13/mode/2up proprio perché caratterizzato da una sostanziale laicità, accanto alla tutela dei culti religiosi e dei ministri di culto, prevede anche la punibilità degli abusi commessi dai ministri di culto in tre articoli 182-183-184 che costituiscono il Capo V “Degli abusi dei ministri dei culti nell’esercizio delle proprie funzioni”
Art. 182 – Il ministro di un culto, che, nell’esercizio delle sue funzioni, pubblicamene biasima o vilipende le istituzioni, le leggi dello Stato o gli atti dell’Autorità è punito con la detenzione sino ad un anno e con la mula sino a lire mille.
Art. 183 – Il ministro di un culto, che, prevalendosi della sua qualità, eccita al dispregio delle istituzioni, delle leggi o delle disposizioni dell’Autorità, ovvero all’inosservanza delle leggi, delle disposizioni dell’Autorità o dei doveri inerenti ad un pubblico ufficio, è punito con la detenzione da tre mesi a due anni, con la multa da lire cinquecento a tremila e con l’interdizione perpetua o temporanea dal beneficio ecclesiastico. Se il fatto sia commesso pubblicamente, la detenzione può estendersi sino a tre anni.
Alle stesse pene soggiace il ministro di un culto, che, prevalendosi della sua qualità, costringe o induce alcuno ad atti o dichiarazioni contrarie alle leggi, o in pregiudizio dei diritti in virtù di esse acquistati.
Art. 184 – Quando il ministro di un culto, prevalendosi della sua qualità, commette un delitto diverso da quelli preveduti negli articoli precedenti, la pena stabilita per il delitto commesso è aumentata da un sesto ad un terzo, salvo che la qualità di ministro di un culto sia già considerata dalla legge.
Gli articoli 182-183-184 del Codice Penale Zanardelli mirano a fare in modo che la chiesa non diventi una specie di contro-potere all’interno dello stato. Lo stesso Ratzinger invita i cattolici all’obiezione di coscienza ritenendo implicitamente che essa sia comunque lecita anche nei confronti del riconoscimento dei diritti dei gay. Un esempio ancora più incisivo dell’obbiezione di coscienza si è avuto nell’applicazione della legge sull’aborto, in questo caso la presenza di soli medici anti-abortisti in una struttura pubblica era in grado di paralizzare di fatto l’applicazione della legge.
L’art.183 del Codice Zanardelli punirebbe l’istigazione a non riconoscere di fatto i diritti che la legge riconoscesse agli omosessuali e frenerebbe l’abuso dell’obiezione di coscienza al fine della limitazione di fatto i diritti riconosciuti dalla legge. Le leggi oggi in vigore hanno purtroppo perso da anni la caratteristica della laicità.
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