giovedì 4 luglio 2013

LA PAURA DI ESSERE GAY

Gran parte dei condizionamenti più profondi sono del tutto inconsci, sono, cioè, dei limiti e dei preconcetti che vengono interiorizzati come scala di valori e come condizione di omologazione in ambiente familiare e sociale. Per essere accettati bisogna essere conformi ai modelli accettati. Quei modelli vengono mitizzati  e assimilati del tutto acriticamente proprio perché trasmessi con dolcezza da persone che a quei modelli danno il massimo credito. L’omofobia può assumere l’aspetto aggressivo dell’emarginazione violenta ma molto spesso si manifesta in modo subdolo e inconsapevole attraverso la trasmissione di modelli ai quali si attribuisce una specie di valore sacro, come se fossero la condicio sine qua non della felicità. I genitori in genere si sforzano di garantire il meglio ai loro figli, ma il meglio secondo i loro criteri. Per un genitore, rendersi conto che quei modelli possono non solo essere non adatti per un figlio ma possono costituire addirittura una trappola è quasi impossibile. Agiscono nella presunzione di fare bene e proprio per questo non hanno colpe, anche se hanno una responsabilità oggettiva. Chiunque più o meno consapevolmente trasmette dei valori dovrebbe avere la capacità di relativizzarli di presentarli come delle possibilità  e non come delle opzioni senza alternative. L’affetto tra genitori e figli non deve essere in nessun modo condizionato a nessuna forma di conformità rispetto a questo o quel tipo di modello. So benissimo che si tratta di cosa molto difficile e forse, per chi ha figli, staccarsi dal proprio modello e pensare che un figlio può essere un ottimo figlio anche senza rispettare alcuni di quei modelli che sono stati fondamentali per i genitori è particolarmente difficile.
La mitizzazione della vita familiare tipo mulino bianco, a parte il fatto che è una rappresentazione lontanissima dalla realtà della vita delle coppie etero, crea il modello al quale, consciamente o meno, si chiede al figlio di conformarsi. Nei comportamenti sociali questa omologazione si realizza, ma la sessualità non ha una base culturale, non si è etero perché si è educati ad essere etero e non si è gay perché si è educati ad essere gay. La sessualità non è riducibile tramite l’educazione, la sessualità sfugge alla omologazione conformistica. O meglio, i comportamenti sociali, apparentemente connessi alla sessualità, rispondono ai condizionamenti culturali, si tratta in fondo di comportamenti sociali  che possono, come in genere accade,  trovare una corrispondenza nella sessualità spontanea di un ragazzo, che diventa un valore socialmente condiviso e uno strumento di integrazione sociale, ma possono anche rimanere dei puri comportamenti sociali del tutto staccati dalla sessualità spontanea. Avere una ragazza, in termini sociali non comporta necessariamente il fatto di essere innamorato di quella ragazza, cioè di provare per quella ragazza un coinvolgimento sessuale e affettivo profondo. È qui che per un ragazzo gay si segna per la prima volta il distacco tra il comportamento sociale assimilato e la sessualità spontanea. Un ragazzo gay, anche quando dice di non accettarsi, è in fondo completamente consapevole di essere gay, lo è almeno a livello sessuale, e dire “almeno” non è riduttivo ma significa che lo è ai livelli fondamentali.
La prima discrasia tra modelli interiorizzati e sessualità spontanea si manifesta attraverso la masturbazione e qui la differenza tra l’esperienza adolescenziale di un ragazzo etero e quella di un ragazzo gay è notevole. Un ragazzo etero, attraverso la masturbazione, e aggiungo attraverso la pornografia, smitizza il modello di coppia etero che aveva interiorizzato ma nello stesso tempo si rende conto che i suoi compagni vivono esperienze analoghe e che la sessualità, per lui, anche se non è più quella dei modelli astratti di famiglia tipo mulino bianco, è comunque una realtà che crea coesione sociale. Un ragazzo etero che cresce si rende conto che la masturbazione e la pornografia “in chiave etero” sono esperienze condivise e socialmente accettate. Per un gay le cose vanno diversamente. Un adolescente gay che scopre la masturbazione e la pornografia gay si rende conto abbastanza presto che il mondo dei suoi compagni è diverso dal suo e a questa consapevolezza si aggiunge spesso quella derivante dal costatare come l’omosessualità sia considerata un disvalore. Un adolescente gay non ha in genere accanto nessuno con cui confrontarsi in modo serio. Parlare coi genitori di queste cose significa trovarsi di fronte a reazioni preoccupate, angosciate,  spesso condizionate da visoni del tutto distorte della omosessualità. Parlarne con gli amici significa esporsi alla gogna in quanto gay, parlarne con un insegnate o con un prete significa, quando va bene, aggiungere ai propri condizionamenti anche i pregiudizi altrui. Per un ragazzo gay, salvo rarissime eccezioni, la scelta è solo quella del rinvio del problema e della svalutazione della masturbazione come elemento indicativo, prevale l’idea che sia solo un momento, che in fondo la masturbazione è un vizio che è possibile togliersi con un po’ di buona volontà o che, semplicemente, con l’andare degli anni questa “omosessualità adolescenziale” lascerà il campo alla eterosessualità adulta.
Per quanto la cosa sia paradossale, la sessualità autentica, quella spontanea che emerge nella masturbazione, viene sepolta da un insieme di false certezze che servono solo a conservare una possibile conformità coi modelli assimilati. Tanti ragazzi arrivano a sublimare la loro sessualità nello studio reprimendo la masturbazione e arrivano perfino ad avere una ragazza, ma non solo, se ne sentono innamorati e sono profondamente incoraggiati dal fatto che quando stanno con la ragazza vanno in erezione e “in qualche modo” si sentono coinvolti, anche se in effetti, la masturbazione continua a realizzarsi solo con fantasie gay.
Pian piano però subentrano anche altri elementi di natura propriamente affettiva orientati verso i ragazzi e il ragazzo gay si rende conto che, anche se per lui, almeno in teoria, è possibile una vita etero, non è in realtà quello che va effettivamente cercando. A questo punto c’è il rischio di vedere crollare tutto il castello di carte costruito in precedenza e la cosa fa paura perché è ormai radicata l’abitudine a vedere l’omosessualità come un fantasma che ci può distruggere, In sostanza non si fanno i conti con la realtà, ma ancora una volta con le mitizzazioni: gay = pericoloso, contro natura, deviante, patologico, ecc. ecc..
Ci possono essere persone che non escono di casa perché sono terrorizzate dai fantasmi, ma i fantasmi “oggettivamente” non esistono, esiste solo la paura dei fantasmi. Lo stesso vale per l’omosessualità, esiste la paura di essere gay, ma il fatto di essere gay, affrontato razionalmente con un minimo di buon senso, non ha nulla di terribile o di pauroso. I gay non sono una confraternita segreta o una lobby, come si suole dire adesso in certi contesti, ma sono circa l’8% della popolazione e sono persone come tutte le altre. Chi conosce il mondo gay da vicino sa benissimo che i gay sono persone come tutte le altre, che vivono la loro normalità e che oggi hanno anche la possibilità di realizzarsi nella vita non solo a livello professionale ma anche a livello affettivo. Oggi le coppie gay non sono una cosa rara, ce ne sono tante, non sono visibili, salvo eccezioni, ma ci sono eccome.
È fondamentale rendersi conto che le paure connesse alla omosessualità sono oggettivamente inconsistenti, è possibile che in certi contesti per un gay o per una coppia gay la vita sia difficile ma è possibile cambiare ambiente e soprattutto, quando si è in due, le possibilità aumentano notevolmente. Per un ragazzo gay è fondamentale aprire gli occhi sulla realtà, avere amici gay e rendersi conto di come vivono, solo in questo modo le paure irrazionali possono essere messe da parte e l’omosessualità può essere vista con una consapevolezza veramente adulta.
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