venerdì 12 novembre 2010

GAY SESSUALMENTE REPRESSI

Questo post mira a puntualizzare i meccanismi tipici della repressione della omosessualità.
L’orientamento sessuale non è una scelta ma un dato di fatto, non è qui il caso di chiedersi quali ne siano le cause, quello che qui interessa è che l’orientamento sessuale non ha nulla a che vedere con le scelte di un individuo, etero, gay o bisex si è o non si è ma di certo non sceglie di esserlo o di non esserlo.
Nell’affrontare le questioni connesse con l’orientamento sessuale si passa dalla inconsapevolezza alla coscienza di essere gay e quindi all’accettazione dell’essere gay, se non intervengono fattori esterni di disturbo il passaggio è graduale e non traumatico e può avvenire con modalità temporali estremamente variabili. Ci sono ragazzi che a 14 anni hanno già pienamente accettato la loro omosessualità e ci sono uomini adulti che non riescono ad accettarla nemmeno a 50 anni e vedremo tra poco perché.
I fattori che possono condizionare il processo verso la consapevolezza e l’accettazione sono molti e molto variabili in rapporto all’età e alla condizione individuale, tutti però rallentano o impediscono l’accettazione della omosessualità e sono quindi dei fattori di repressione della sessualità spontanea.
Prima della pubertà è improprio parlare di omosessualità, il termine assume un significato specifico solo dopo la pubertà quando un ragazzo comincia a sperimentare la sessualità fisica e scopre la masturbazione. È qui che intervengono le prime forme di repressione della sessualità, sia di quella etero che di quella gay, sulla base di sensi di colpa legati alla masturbazione. Sono gli anni in cui un ragazzo considera la masturbazione qualcosa di privatissimo e di proibito e cerca di ritagliarsi degli spazi di privacy che gli consentano una esplorazione sessuale non messa a rischio da elementi di disturbo. La coscienza religiosa e l’educazione moralistica, che vede nella sessualità qualcosa di morboso, possono reprimere la sessualità sul nascere e legarla stabilmente ai sensi di colpa. Questi meccanismi valgono per tutti i ragazzi, etero e gay, ma mentre, intorno agli 11/13 anni, per i ragazzi etero il gruppo dei pari tende a presentare la sessualità etero, e in particolare la masturbazione in chiave etero, come una trasgressione in qualche modo necessaria per diventare grandi, e questo fenomeno allevia la capacità repressiva dei meccanismi su base religiosa e familiare e conferma i ragazzi in un senso di appartenenza al gruppo, proprio sulla base si una sessualità come quella degli altri ragazzi, per i ragazzi gay il gruppo dei pari agisce in senso inverso perché la sessualità gay è pesantemente bollata con epiteti di vario tipo. Un ragazzo gay non si riconosce nelle esperienze sessuali dei suoi compagni e si rende conto che mentre loro posso parlare delle proprie esperienze e vantarsene per essere ritenuti grandi, per lui questa possibilità è esclusa a priori. Sono questi i terribili anni della scuola media, probabilmente quelli più sgradevoli per un ragazzo gay che deve rendersi conto che la sua sessualità non solo è diversa da quella degli altri ragazzi ma è considerata degradante e sporca. Questo fatto produce spesso forme di radicale repressione non della sessualità gay dei ragazzi più giovani, ma esclusivamente delle sue manifestazioni visibili. Un ragazzo 14enne non corteggerebbe comunque in modo esplicito un suo compagno perché la reazione sociale lo condiziona in questo, ma la sessualità gay della masturbazione resta e non viene in genere assolutamente condizionata dagli atteggiamenti sociali. Vorrei sottolineare che nella stragrande maggioranza dei casi nemmeno la repressione su base religiosa riesce ad indurre sensi di colpa nei ragazzi più giovani di fonte al loro essere gay. I ragazzi che vanno in chiesa si confessano di essersi masturbati, non di essersi masturbati con fantasie gay, cioè sentono come colpa l’atto e non la fantasia che lo determina. Molti ragazzi sono talmente lontani, in termini spontanei, dal considerare l’omosessualità di per sé una colpa che quando si rendono conto che la chiesa condanna l’omosessualità restano perplessi. In buona sostanza intendo dire che l’omosessualità scoperta attraverso la masturbazione subito dopo pubertà risente di condizionamenti che ne frenano le manifestazioni esterne ma che non riescono comunque a colpevolizzarla agli occhi dei ragazzi.
Fin qui ci siamo occupati di ragazzi che hanno vissuto la loro infanzia e la loro preadolescenza senza traumi e senza carenze affettive. Il discorso si complica certamente quando i ragazzi crescono in situazioni stressanti o sono sottoposti a traumi (assistere a scene di violenza, subire violenza fisica da parte di familiari, essere coinvolti inconsapevolmente in attività sessuali da parte di adulti). Su queste situazioni, come su quelle dei ragazzi che manifestano forme significative di ansia o toni marcatamente depressivi già in età adolescenziale o che presentano disturbi caratterizzati da idee ricorrenti dalle quali non sembra possibile liberarsi, bisognerebbe allargare molto il discorso. Il periodo che va dagli 11 ai 14 anni è in realtà delicatissimo, si pongono le basi emotive e psicologiche della sessualità ed è bene che questo accada in un clima sereno, senza tensioni emotive e con degli esempi di rapporti affettivi familiari che possano essere punti di riferimento.
Ma lasciando da parte queste situazioni decisamente più complesse e chiediamoci perché i meccanismi repressivi della sessualità gay agiscono in modo più pesante sui ragazzi più grandi e sugli adulti che non sui ragazzi più giovani. Per dare una risposta a questa domanda dobbiamo tenere presente che un ragazzo giovanissimo va strutturando la propria sessualità e la costruisce senza bisogno di demolire nulla, per un ragazzo grande e per un adulto, che hanno già una sessualità strutturata, lasciare libero lo sviluppo della propria sessualità gay può richiedere un processo di destrutturazione della propria identità sessuale precedente, cioè della precedente coscienza di una diversa identità sessuale. In altri termini un ragazzo grande o un adulto per accettare la propria identità sessuale gay deve demolire il concetto che ha di sé come etero per poterlo sostituire con una diversa percezione di sé come gay e tutto questo incontra notevoli resistenze.
In genere ad andare incontro alle forme di più forte repressione della omosessualità non sono i ragazzi che si sono sentiti gay fin dall’inizio ma quelli che dopo essersi formati una coscienza di sé come etero si trovano nelle condizioni di dover mettere in crisi buona parte della struttura della loro personalità. In sostanza i veri meccanismi di repressione della omosessualità intervengono a tutela di una sessualità già strutturata in un altro modo. La domanda che sorge spontanea è però perché un gay possa finire per strutturare una sessualità etero, cioè per avere di se stesso un’immagine come di un sé etero? Qui il meccanismo non è repressivo e deriva in sostanza da un insieme di errori interpretativi nei quali si cade o si è indotti a cadere per il fatto che siamo immersi in una società che sottolinea i segnali di tipo etero e trascura del tutto quelli di tipo gay.
Faccio un solo esempio prendendo in considerazione due situazioni simmetriche, nella prima un ragazzo che si ritiene gay avverte pulsioni etero mentre nella seconda un ragazzo che si ritiene etero avverte pulsioni gay. Vedremo che se un errore di interpretazione ci può essere in entrambi i casi, la repressione sessuale opera solo nel secondo, ossia per il ragazzo che si è sempre ritenuto etero e che prova pulsioni gay.
Un ragazzo gay, cioè un ragazzo che ha una sessualità masturbatoria gay, che si trovi in una situazione sessuale coinvolgente con una ragazza, va in erezione, può provare desiderio sessuale per quella ragazza, può arrivare anche ad avere con lei un rapporto sessuale, anche coinvolgente. Sulla base del modello interpretativo legato al “comportamento” sessuale scatta la deduzione: “posso fare sesso con una ragazza in modo gratificante, quindi sono etero!” Questo ragionamento appare tra l’altro confortante perché svincola il ragazzo dalle complicazioni che l’essere gay gli comporterebbe ed è rassicurante in termini di accettazione sociale. Nel sottovalutare la masturbazione gay a favore della sessualità di coppia etero per identificare il proprio orientamento sessuale non opera alcuna forma di repressione.
Se consideriamo invece un ragazzo che si è ritenuto sempre etero, cioè con una masturbazione e con una sessualità di coppia costantemente etero, e ipotizziamo che questo ragazzo cominci a provare attrazione sessuale per un altro ragazzo al punto di masturbarsi pensando a quel ragazzo o addirittura di avere rapporti sessuali con lui, non arriveremo altrettanto automaticamente alla deduzione: “sono sessualmente attratto da un ragazzo, quindi sono gay!” perché in questo caso la deduzione sarebbe destabilizzante, e per accettarla bisognerebbe destrutturare la visione di sé come etero per sostituirla con una visione di sé come gay. Sono queste le situazioni tipiche in cui scatta la repressione della sessualità gay. Il ragazzo che si crede etero smette di frequentare il ragazzo che gli desta delle reazioni sessuali perché in questo modo il rischio di destabilizzare la propria sessualità diminuisce, ma siccome questo in genere non basta, smette addirittura forzatamente di masturbarsi perché la sua masturbazione sarebbe in chiave gay, cosa che metterebbe in crisi la sua identità sessuale etero.
Vorrei sottolineare un elemento fondamentale: la repressione della sessualità gay ha due aspetti complementari, il primo si concretizza nell’evitare ogni occasione di eccitamento sessuale in chiave gay e il secondo si manifesta in una intensificata attività sessuale etero a livello di coppia, spesso questo secondo meccanismo porta a reazioni nevrotiche perché non si tratta di rapporti sessuali desiderati per ragioni legate all’affettività ma di meccanismi di conferma della propria identità sessuale. In alcuni casi la repressione della sessualità gay porta a decisioni irrevocabili come il matrimonio, che è considerato in questi casi come medicina della omosessualità, cosa priva di senso sotto qualunque punto di vista. L’omosessualità, per quanto repressa, finisce comunque prima o poi per tornare a galla.
Aggiungo un’altra cosa importante. A spingere forzatamente verso l’eterosessualità i ragazzi gay che reprimono la loro omosessualità a vantaggio di un possibile rapporto di coppia etero e al limite del matrimonio sono spesso le loro ragazze che non hanno la più pallida idea di che cosa sia realmente l’omosessualità e che si sentono dispostissime ad indurre, o a cercare di indurre i loro ragazzi ad una eterosessualità esclusiva sulla base di criteri di seduzione femminile. Queste cose, all’inizio, sembrano anche avere successo perché l’eliminazione della sessualità gay è compensata da una sessualità etero più intensa e per di più socialmente accettata e incoraggiata che dà la sensazione di essere realmente etero. Ma alla lunga il meccanismo si logora e spesso le stesse ragazze che hanno incoraggiato i loro ragazzi gay al matrimonio si ritrovano in posizioni di contrasto radicale con i loro mariti di cui non possono in nessun modo accettare l’omosessualità. Una donna etero sposa un uomo gay perché pensa che non sia gay o che non lo sia più, perché identifica l’orientamento sessuale del ragazzo con i comportamenti sessuali che vede e non con i desideri sessuali che non vede, quando si accorge che il marito è realmente gay e che in una situazione matrimoniale si sente a disagio se la prende col marito considerandolo un traditore del matrimonio, ma il realtà, se il ragazzo ha detto come stavano le cose alla ragazza prima del matrimonio e i sue sono arrivati alla decisione di sposarsi lo stesso, spesso la responsabilità è dei familiari e di personaggi di vario tipo che non sapendo nulla di omosessualità si presentano come consiglieri affidabili in una materia tanto delicata.
Una considerazione conclusiva. Dalla repressione della omosessualità legata ai meccanismi che abbiamo descritto sopra si esce solo se l’ambiente è favorevole e se un gay ha il coraggio di dirsi la verità, cosa che non è mai scontata. Ci sono persone che preferiscono reprimersi o forse che non hanno di fatto nessuna scelta. In ogni caso non è possibile sostituirsi ad un gay represso e cercare di indurlo ad uscire dalla repressione sessuale sulla base del nostro modo di vedere le cose, uscire dalla repressione sessuale autoimposta non è affatto facile e non è neppure detto che la cosa produca comunque un risultato positivo se mancano le condizioni necessarie.
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