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Le MTS sono causate da batteri, funghi, parassiti o virus che si trasmettono da una persona ad un’altra attraverso “i rapporti sessuali non protetti”, siano essi eterosessuali o omosessuali. Quindi fare sesso non protetto con una persona che abbia una MTS (e potrebbe anche non saperlo!) è causa di trasmissione. Le più conosciute sono la Sifilide, la Gonorrea e l’AIDS. Altre MTS molto diffuse sono le infezioni da Herpes genitale, le infezioni da papilloma virus (HPV) e le epatiti virali da HAV, HBV, HCV (epatite A, B, C). Possono essere presenti in una persona senza provocare sintomi particolari, altre provocano ulcere o perdite mucose.
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La sigla AIDS (Acquired Immune Deficiency Sindrome) significa "Sindrome da Immunodeficienza Acquisita"
Come si trasmette il virus
Il virus si trasmette attraverso:
sangue infetto (stretto e diretto contatto tra ferite aperte e sanguinanti, scambio di siringhe)
rapporti sessuali (vaginali, anali, orogenitali), con persone con Hiv, non protetti dal preservativo
da madre con Hiv a figlio durante la gravidanza, il parto oppure l’allattamento al seno
Sieropositivà all'Hiv e Aids
Essere sieropositivi all'Hiv non significa sempre essere ammalati. La sieropositività è quella condizione in cui viene riscontrata la presenza di anticorpi anti-HIV, ma non sono ancora comparse le infezioni opportunistiche come nell'AIDS.
Come non si trasmette il virus
Il virus non si trasmette attraverso: strette di mano, abbracci, vestiti, baci, saliva, morsi, graffi, tosse, lacrime, sudore, muco, urina e feci bicchieri, posate, piatti, asciugamani e lenzuola punture di insetti. Non si trasmette frequentando: palestre, piscine, docce, saune e gabinetti scuole, asilo e luoghi di lavoro, ristoranti, bar, cinema e locali pubblici, mezzi di trasporto
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Il test HIV
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Terapia
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FAQ - Telefono Verde Aids: le risposte alle domande più frequenti (fonte ISS)
Ultimo aggiornamento: 29 Novembre 2007
I test specifici per la ricerca degli anticorpi anti-HIV più diffusi sono il test Elisa e il metodo Western Blot. Il primo viene usato come test preliminare mentre il secondo come test di conferma.
Si, nella maggior parte dei Centri è possibile mantenere l’anonimato; negli altri Centri, comunque, è strettamente confidenziale. Per Legge, inoltre, (art. 5 - Legge 135 dell’08/06/90) nessuno può essere sottoposto al test HIV senza il proprio consenso ed è vietato rivelare i risultati del test a persone diverse dall'interessato o dai suoi tutori legali.
Nelle strutture pubbliche, il test è anonimo, come prevede la Legge 135 del 1990, e gratuito, come specificato dal Decreto ministeriale del 1° Febbraio 1991, che individua le malattie che danno diritto all’esenzione dal ticket. Il Ministero della Salute attiverà nel 2008, in accordo con le Regioni e Province Autonome, il sistema nazionale di sorveglianza delle diagnosi delle nuove infezioni da HIV che permetterà, tra l’altro, di fare il punto sulla corretta applicazione delle norme che garantiscono gratuità e anonimato del test da parte delle Asl. Le persone straniere, anche se prive del permesso di soggiorno, possono effettuare il test alle stesse condizioni del cittadino italiano.
Quando si è corso un rischio di contagio reale (rapporti sessuali non protetti, scambio di siringhe per i tossicodipendenti, scambio diretto di sangue infetto e trasmissione verticale da madre HIV+ a figlio), tenendo presente che devono trascorrere sei mesi (periodo finestra) dall’ultimo comportamento a rischio (tempo necessario all'organismo per sviluppare gli anticorpi specifici contro l'HIV).
Quando il test dà esito negativo ed è stato effettuato sei mesi dopo l'ultimo comportamento a rischio.
Si, se sono stati effettuati gli ulteriori test di conferma (Western Blot).
L'infezione da virus HIV si trasmette:
per via sessuale attraverso rapporti di penetrazione vaginale, anale e rapporti oro-genitali non protetti da profilattico o con uso non adeguato dello stesso
per via ematica- attraverso lo scambio di siringhe contaminate (per chi usa sostanze per via endovenosa)- attraverso un contatto diretto tra ferite cutanee, profonde, aperte e sanguinanti- attraverso un contatto diretto tra sangue infetto e mucose, anche integre, durante i rapporti sessuali
per via materno-fetale.
8. Quali liquidi biologici trasmettono il virus?
I liquidi biologici che trasmettono l'infezione da HIV sono: sperma, liquido precoitale, secrezioni vaginali, sangue, latte materno.
I rapporti anali sono a maggior rischio perché la mucosa anale è molto fragile ed in tale pratica si possono creare delle microferite che aumentano la possibilità del passaggio del virus.
Perché generalmente scambiano siringhe non sterili, contenenti sangue infetto.
Si, se nei rapporti sessuali non si usa correttamente il profilattico.
Si, se sono persone che hanno contratto l’HIV. Non esistono categorie a rischio, ma comportamenti a rischio, pertanto le prostitute con l’infezione da HIV possono trasmettere il virus se durante i rapporti sessuali non usano il profilattico. Il virus, infatti, non fa distinzione di sesso, età, religione, razza, condizioni socio-economiche. Se il cliente è sieropositivo e non usa il profilattico durante il rapporto sessuale può trasmettere l’infezione da HIV alla persona che si prostituisce.
Si, se non usano correttamente il profilattico.
I soggetti sieropositivi che continuano ad avere rapporti non protetti da profilattico, rischiano di infettare altre persone e di essere esposti ad altre malattie infettive.
I bambini possono contrarre l'infezione da virus HIV dalla madre sieropositiva durante la gravidanza, al momento del parto e durante l'allattamento. Per questo motivo, attualmente, le donne sieropositive in gravidanza assumono farmaci, partoriscono con il cesareo e evitano l’allattamento al seno. In questo modo si riduce notevolmente il rischio di contagio per il bambino.
No, in quanto lo stato di infezione può mantenersi a lungo senza alcun sintomo.
No, perché esiste una Legge (Legge 135 - art.5 dell'8/6/1990) che tutela la persona sieropositiva da discriminazioni di carattere sociale, sanitario, lavorativo etc.
No, come indica la Legge 135 - art. 5 - dell’8/6/90.
No, perché alla persona sieropositiva o malata di AIDS deve essere offerta tutta l'assistenza e la cura necessaria come per qualsiasi altra persona residente sul territorio nazionale.
Con un uso corretto del profilattico.
Si, se indossato fin dall’inizio del rapporto, per tutta la durata e non si rompe. Per un utilizzo corretto seguire le istruzioni riportate nella confezione.
Si, perché ci si può infettare anche con un solo rapporto sessuale.
E' estremamente raro, poiché dal 1986 il sangue donato viene controllato.
No, perché potrebbero essere infette e quindi contagiare altre persone.
No, perché la pelle è una protezione, un 'rivestimento', una barriera per il nostro organismo.
No, perché la condivisione di ambienti di vita non comporta alcun rischio di contagio.
No, salvo il caso in cui si abbiano lesioni e sanguinamenti delle mucose orali macroscopicamente visibili.
No, perché la saliva non trasmette questo virus.
No, le lacrime, il sudore, la saliva, l’urina, le feci, il vomito e le secrezioni nasali non trasmettono il virus HIV.
No, perché l'infezione si trasmette attraverso contatto 'diretto' con il sangue infetto. Si consiglia, però, per buona norma igienica, di usare strumenti personali indipendentemente dalla conoscenza dello stato di sieropositività.
No, perché gli strumenti vengono sterilizzati ad una temperatura elevata che non permette la sopravvivenza di questo virus.
No, perché non è possibile la trasmissione uomo/animale e viceversa. Questo virus, infatti, si può trasmettere solo da un essere umano infetto ad un altro.
No, nessun bambino si è mai contagiato nei contatti sociali con un bambino sieropositivo.
La precauzione da usare, come in tutte le situazioni di contatto con sangue di altre persone, è l’uso di guanti per effettuare la medicazione di ferite e/o tamponare emorragie.
La causa dell’infezione è un virus che dal 1986 è stato denominato Virus dell’Immunodeficienza Umana (Human Immunodeficiency Virus - HIV). Sono stati identificati due tipi principali di HIV, denominati HIV-1 e HIV-2, che sembrano avere caratteristiche patologiche e cliniche simili.
Al 31 dicembre 2005 il numero delle persone infette è stimato nell’ordine di 33 - 46 milioni (Report UNAIDS 2006).
Dal 1982 al 31 dicembre 2005 i casi di AIDS conclamato in Italia sono 56.076 (forniti dal Reparto di Epidemiologia del Dip. MIPI dell’Istituto Superiore di Sanità).
Si stimano circa 110.000 – 130.000 persone sieropositive (forniti dal Reparto di Epidemiologia del Dip. MIPI dell’Istituto Superiore di Sanità).
Oggi vengono utilizzate terapie combinate (HAART: High Aggressive Antiretroviral Therapy) che consistono nell’associazione di più farmaci e che consentono sia una migliore qualità della vita sia un prolungamento del periodo di sopravvivenza.
Attualmente la ricerca è orientata a sperimentare nuovi farmaci e vaccini.
Un vaccino è un prodotto che stimola il sistema immunitario a reagire contro un particolare microrganismo. I vaccini sono stati concepiti per la prevenzione delle malattie infettive. La somministrazione di un vaccino induce una risposta immunitaria dell’organismo che determina la protezione della persona vaccinata nei confronti di una o più malattie (nel caso dei vaccini combinati) di origine batterica o virale.I vaccini possono essere costituiti da batteri o virus interi vivi inattivati (uccisi) oppure da frammenti del microrganismo specifico. Questi vaccini, detti inattivati, stimolano la risposta anticorpale, ma non causano la malattia. Esiste un terzo tipo di vaccini prodotto con microrganismi vivi attenuati in grado di indurre una forma asintomatica della malattia e quindi la formazione degli anticorpi specifici.Una caratteristica specifica dei programmi generali di vaccinazione consiste nel fatto di non produrre solo effetti sulla persona che riceve il vaccino, ma su tutta la popolazione riducendo la circolazione dell’agente responsabile di una specifica malattia.
Un vaccino viene definito preventivo quando ha lo scopo di prevenire un’infezione o una malattia in un individuo sano.
Viene definito terapeutico un vaccino somministrato ad una persona già infetta o malata. Esso ha lo scopo di indurre o potenziare la risposta immunitaria specifica per controllare l’evoluzione di una infezione o di una malattia. Un vaccino terapeutico potenzialmente si configura come una ulteriore arma per controllare l’evoluzione di una malattia.
Trial è una parola inglese che significa “prova”. In italiano si parla di “studio clinico”. I trial clinici vengono effettuati per capire se un nuovo trattamento (somministrazione di un farmaco o vaccino) è applicabile agli esseri umani, se può essere nocivo, se ha o meno effetti collaterali, se è efficace e in quale misura lo è nel contrastare la malattia o prevenire l’infezione e quali sono i dosaggi più opportuni. Quando si sperimenta un nuovo trattamento devono essere superate tre tappe consecutive, definite convenzionalmente fasi I, II e III.Generalmente ogni nuova sostanza in procinto di essere sperimentata sull’uomo è stata prima sottoposta ad un lungo periodo di studio in laboratorio. Successivamente la sostanza viene sperimentata su animali di laboratorio (topo, ratto, coniglio, scimmia). Tale fase viene detta sperimentazione preclinica. Se gli studi effettuati sugli animali dimostrano che la sostanza non è tossica ed è efficace, viene valutata l’opportunità di avviare la fase I di sperimentazione clinica.
Si tratta di un vaccino contro l’HIV basato sull’utilizzo di una proteina del virus chiamata TAT, che è indispensabile per la replicazione virale. Una serie di motivi rendono la proteina TAT “speciale”. Il primo è che si tratta di una proteina regolatoria del virus, un motore del virus, e non di una proteina strutturale. Questo vuol dire che il vaccino sperimentato dall’Istituto Superiore di Sanità presenta un razionale, cioè un approccio totalmente differente da quello degli altri vaccini sperimentati sinora nel mondo. Questi, infatti, si sono concentrati sulle proteine esterne dell’involucro del virus, allo scopo di ottenere un’immunità sterilizzante, ossia la produzione di anticorpi che bloccano il virus prima che entri nelle cellule, creando una risposta immune contro queste proteine esterne. Il vaccino TAT, al contrario, non è in grado di bloccare l’entrata del virus, ma di bloccarne il funzionamento, di non farlo replicare. In altre parole, la risposta immune contro questa proteina dovrebbe far sì che questa proteina non funzioni più nel virus e quindi che l’infezione diventi abortiva. La funzione preventiva del vaccino TAT deriva proprio dal fatto che riesce a bloccare le prime fasi di replicazione del virus. Quando si viene infettati, infatti, il virus entra nella cellula e inizia un meccanismo di proliferazione di se stesso, per cui produce tante copie di virus che si diffondono nell’organismo. Se si riesce a bloccare questa prima fase, il virus non è più in grado di copiare se stesso. Nella sperimentazioni precliniche, condotte sulle scimmie, è successo esattamente così: il virus è entrato nella cellula (i ricercatori hanno trovato tracce di DNA provirale), ma non c’è stata replicazione, non c’è stata quindi l’evoluzione dell’infezione. Poi, con una serie di indagini nel tempo, è stato possibile osservare addirittura che negli animali non c’era più neanche traccia di virus. Questo significa che nel modello animale il vaccino è riuscito a bloccare l’infezione in fasi così precoci che l’infezione stessa non è riuscita a partire. In una seconda ipotesi, meno efficace, è possibile che il virus riesca ad iniziare un ciclo replicativo, il quale, tuttavia, può essere tenuto sotto controllo da un sistema immune che funziona. I cicli di replicazione virale diventano in questo caso molto più bassi e la malattia rimane sotto controllo. Dati condivisi della letteratura internazionale testimoniano che sono proprio le prime fasi di infezione a stabilire l’evoluzione della malattia. In altre parole, più virus replica nelle fasi di infezione acuta all’inizio, più aumentano le probabilità di procedere verso la malattia in tempi brevi. In questo caso, dunque, si è riusciti, sempre nelle scimmie, a controllare talmente bene il processo replicativo che la malattia è rimasta sotto controllo.
Questo vaccino non previene l’infezione, ma potrebbe controllare la replicazione del virus e quindi la progressione e la trasmissione della malattia.
Sì. Proprio perché questo vaccino potrebbe controllare la replicazione virale, può essere usato sia come vaccino preventivo, bloccando i primi cicli di replicazione del virus e quindi impedendo la sua diffusione all’interno dell’organismo, sia come vaccino terapeutico, bloccando la progressione della malattia in individui sieropositivi.
Sugli esseri umani non possiamo ancora dirlo, ma sugli animali ha dimostrato la sua efficacia nel modello della scimmia.
Saranno necessari alcuni anni di sperimentazione clinica per accertare che il vaccino sia sicuro ed efficace e che possa essere utilizzato per la prevenzione e la terapia dell’HIV/AIDS. Affinché il vaccino sia commercializzato, la sua efficacia dovrà essere confermata con la sperimentazione clinica di Fase III, e ciò richiederà circa 7-10 anni.
Questa prima fase di sperimentazione sull’uomo ha avuto come principale obiettivo la verifica della sicurezza del vaccino Tat, ossia l’assenza di tossicità per l’organismo umano. Il vaccino si è dimostrato sicuro e ben tollerato dai pazienti. Non si è, infatti, avuta alcuna indicazione di tossicità, né si sono verificati eventi avversi significativi, se non locali, relativi all’iniezione stessa, o lievi febbricole, molto frequenti peraltro nelle vaccinazioni. Obiettivo secondario di questa fase di sperimentazione, inoltre, era anche quello di verificare l’immunogenicità del vaccino. Una risposta immune specifica è stata riscontrata sia nei soggetti sani che in quelli sieropositivi. In particolare, nel 100% dei volontari immunizzati si è avuta una risposta umorale positiva, ossia la produzione di anticorpi specifici, sia nel protocollo preventivo che in quello terapeutico. La risposta cellulare, ossia la risposta di cellule specifiche capaci di riconoscere la proteina TAT, è stata indotta nel 93% dei volontari sani (protocollo preventivo) e nell’83% dei volontari sieropositivi (protocollo terapeutico).
La sperimentazione clinica del vaccino Tat proseguirà con la realizzazione di studi clinici di Fase II, che saranno condotti su volontari sieronegativi a rischio di infezione (vaccinazione preventiva) e su volontari sieropositivi con o senza terapia (vaccinazione terapeutica).
Si può telefonare, gratuitamente e in anonimato da qualsiasi parte d’Italia, al Servizio Telefono Verde AIDS (800 861061) dell’Istituto Superiore di Sanità. Ricercatori esperti rispondono ai quesiti posti dal lunedì al venerdì dalle ore 13.00 alle ore 18.00. Ogni anno, in occasione del 1 dicembre, Giornata Mondiale di Lotta contro l’AIDS, il servizio è attivo a partire dalle 10.00 alle 18.00.
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Se volete, potete partecipare alla discussione di questo post aperta sul Forum di Progetto Gay:
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