venerdì 26 dicembre 2008

ESPERIENZE GAY

Ciao Project,
sono un ragazzo di 22 anni e ti voglio raccontare la mia storia, poi, se ti va, vorrei scambiare due parole con te (il mio contatto msn è omissis).

Da bambino ero il classico bravo bambino. Mio padre e soprattutto mia madre mi facevano fare quello che volevano a forza di elogi e di mezze facce di biasimo. Se facevo quello che volevano loro: abbracci e baci e coccole a non finire, secondo me anche troppe; se invece facevo di testa mia arrivavano i rimproveri: “ma perché non lo hai detto alla mamma?” “vuoi fare sempre tutto di testa tua, il papà e la mamma ci sono per questo!” Ero, e non me ne accorgevo, un burattino nelle loro mani. Forse a quell’età e normale e una cosa del genere capita a tutti ma per me quello stadio è durato troppi anni. Gli altri ragazzi a 11/12 anni cercano la loro autonomia, io cercavo soltanto l’approvazione dei miei. Lo stesso era per la parrocchia. C’era un prete anziano che era un po’ una guida dei ragazzi, per me era un oracolo, facevo qualunque cosa per sentire il suo “Bravo, bravo!” Stessa cosa a scuola coi professori (ho fatto le medie in una scuola di preti). A scuola ero bravo ma non capivo praticamente nulla di quello che studiavo, quando vedevo che qualcuno la pensava in modo diverso dalla mia professoressa pensavo che quello fosse un ignorante totale o proprio un cretino. Insomma è andata così fino a 13 anni. Non capivo nulla, non avevo una mia autonomia nemmeno minima ma ero contento così. Fino a 13 anni pensavo solo che il sesso fosse una cosa sporca che facevano i ragazzi depravati che non avevano voglia di studiare e che si sarebbero trovati malissimo nella vita perché non facevano quello che dicevano i genitori. Poco dopo aver compiuto i 13 anni ho scoperto per caso la masturbazione. Era una cosa che mi piaceva, all’inizio mi sono preoccupato perché era una cosa nuova, ma poi era una cosa gradevole e non ne avevo nessuna conseguenza negativa. L’idea che la masturbazione avesse a che fare col sesso non mi sfiorava neppure, i modelli di sessualità che avevo allora erano quelli un po’ a tinte fosche che sentivo dai miei che non approfondivano mai ma bollavano tutto quello che riguardava il sesso dicendo “è gente che ha il cervello bacato!” Insomma mi era anche venuto in mente di dire a mia madre del fatto che mi masturbavo, proprio perché pensavo che col sesso non c’entrasse nulla e per fortuna non l’ho fatto. Così non l’ho mai detto al prete in confessione né a nessun altro ma non per evitare di dirlo ma perché mi sembrava una cosa ovvia. Per tutto il resto continuavo ad essere il classico bravo bambino che ubbidisce ai genitori, va in chiesa, ecc. ecc. Il chiesa poi recitavo spontaneamente la parte del mistico. Avevo così bene assimilato il modo di fare del prete che pensavo perfino che avrei potuto fare il prete. Ero un perfetto fedele, il parroco mi elogiava sempre e mi sentivo fiero di me, quella non era una recita, io non ero consapevole di recitare un ruolo non mio al quale mi ero solo perfettamente adattato. In fondo, così, tutto andava bene e non mi ponevo alcun interrogativo. È andata avanti così fino a 14 anni. Sono andato in primo superiore, in una scuola statale, poco dopo aver compiuto 14 anni, e lì mi sono accorto di essere completamente fuori dal mondo. Non capivo niente dei discorsi a sfondo sessuale dei miei compagni, fingevo solo di capire per non fare la figura del cretino. Poi, piano piano, col tempo, più interpretando i gesti che facevano che le parole che dicevano ho cominciato a capire qualcosa, due cose in realtà: che quello che facevo tutti i giorni era la masturbazione e che quindi si trattava proprio di quell’attività sessuale che avevo sentito condannare dal parroco, e poi mi sono reso conto per la prima volta che i miei compagni si masturbavano pensando alle ragazze che a me non facevano né caldo né freddo e per di più i miei compagni usavano per quelli che avevano fantasie come le mie delle forme di disprezzo radicale, bollandoli con epiteti che allora capivo per la prima volta che cosa potessero dire e soprattutto capivo che erano indirizzati verso quelli come me. Che cosa potevo fare? Non era un problema legato alla mia classe o alla mia scuola, mi rendevo conto che in un’altra classe o in un’altra scuola sarebbe stato esattamente lo stesso. E poi non si poteva certo cambiare scuola. Avrei dovuto prendere atto della realtà e dirmi: io sono gay! E ne avrei dovuto tirare tutte le conseguenze, comprendendo che l’essere gay, nel mio caso, poteva essere conciliato con la pace familiare solo a costo di una totale finzione destinata a durare tutta la vita, lo stesso discorso più o meno per la religione. Ma io allora non sapevo nulla né dei miei né della chiesa e pensavo che alla fine una conciliazione fosse possibile. Ero così abituato a ricevere l’incoraggiamento dei miei e del parroco che non riuscivo a farne a meno anche se avevo capito che da gay avrei potuto ottenere quelle cose solo fingendo. Ma invece di andare per la via dritta ho preso quella traversa cercando di conciliare l’inconciliabile. Invece di accettare un gioco di ipocrisie esplicite verso l’esterno ho preferito essere ipocrita con me stesso e fingere di mantenere un rapporto vero con i miei e con la chiesa. Mi proponevo di dirlo ai miei, poi al dunque facevo discorsi vaghi, di malessere, di schifo del mondo e simili ma non arrivavo mai a sputare il rospo. Poi è successa una cosa che ha un po’ modificato i rapporti con i miei genitori, cioè mi ha fatto cambiare il punto di vista che avevo su di loro. Nel doppiofondo di un cassetto ho trovato un pacco di preservativi, adesso sapevo che cosa erano. I miei mi sono sembrati del tutto ipocriti, ma perché non hanno mai parlato con me in modo onesto? Ma non lo hanno fatto e i rapporti con loro sono diventati ancora più ambigui. Col prete, in confessione, a dire come stavano le cose ci sono riuscito (almeno c’era il segreto confessionale) ma lui mi diceva che se la cosa fosse andata avanti senza controllo lo avrei dovuto dire ai miei che mi avrebbero potuto aiutare. In pratica i miei tentativi o finti tentativi di risolvere il problema sono andati avanti fino a che non ho compiuto 18 anni. Tramite internet avevo conosciuto un ragazzo gay più grande di me di due anni (chiamiamolo Marco) e con lui avevo parlato tantissimo. Marco è un bravissimo ragazzo. Un paio di volte ci siamo incontrati ma abbiamo solo parlato, lui voleva farmi capire un sacco di cose ma io all’epoca pensavo che me le dicesse solo perché voleva portarmi a letto con lui. Ci eravamo incontrati su un sito serissimo e non gay ma allora avevo ancora paura che i gay saltassero addosso ai ragazzi. Insomma, Marco mi ha messo un po’ in crisi, era il primo ragazzo gay che conoscevo ed era in effetti diversissimo da come pensavo che fossero i gay. La prima volta che siamo usciti pensavo che ci avrebbe provato con me, un po’ cercavo di rifiutare l’idea ma lo desideravo moltissimo. Siamo stati a parlare per ore ma io mi divertivo a rispondergli ribattendo i suoi argomenti con cose che adesso mi sembrano di una stupidità incredibile ma allora mi sembravano molto intelligenti. Alla fine della serata ero disorientato un po’ dalle cose che mi aveva detto e un po’ dal fatto che con me non ci aveva provato. La domenica successiva siamo andati insieme al mare, io mi sono messo il costume sotto perché pensavo che avremmo fatto il bagno e pensavo pure che sarebbe stata la volta buona per la mia prima esperienza sessuale e invece niente, non ha nemmeno pensato a fare il bagno, è rimasto in jeans e abbiamo solo parlato. Ero innervosito, alla fine della serata gli ho detto: “Ma perché oggi non ci hai provato con me? Ma sei gay o no?” Mi ha guardato con una faccia interrogativa come per chiedermi se ero impazzito, poi ha scosso il capo e mi ha detto: “Scusami, mi sa che non ci capiamo proprio.” Per tutto il viaggio di ritorno l’ho tempestato di domande che adesso capisco quanto fossero stupide, e lui non ha risposto. Mi ha lasciato sotto casa in modo molto freddo. L’indomani l’ho richiamato mille volte finché mi ha risposto. È stato anche a parlare con me ma sentivo che ormai le cose non erano più come prima. Sul momento l’ho odiato, pensavo che volesse fare il sostenuto con me, che mi volesse far pesare alcune cose stupide che gli avevo detto, tra l’altro sono stato anche cretino a cercare di usare con lui un atteggiamento che mirava a fare colpo sul piano sessuale, il risultato è stato esattamente l’opposto. Mi ha detto che non si sentiva di andare avanti e che la sua visione dell’essere gay era del tutto diversa dalla mia e che cercare di costruire qualcosa partendo da punti di vista lontanissimi sarebbe stato uno sforzo inutile. L’ho richiamato un paio di volte ma poi mi ha detto che non aveva proprio niente da dirmi. Adesso, dopo tre anni e mezzo, ho capito che cosa voleva dire. Io non posso rimproverargli niente. Se n’è andato e basta e io sono rimasto solo. Almeno per un anno ho cercato di distruggere la sua memoria e di svalutarlo in tutti i modi possibili dicendomi che era un ipocrita, poi mi sono buttato sulle chat ma sempre dicendomi che io lì non cercavo sesso ma volevo solo capire di che cosa si trattava. Quando entravo in una chat ci entravo in teoria come un esploratore che entra in un terreno sconosciuto, ma alla base c’era sicuramente la fissa del sesso, io volevo provare, ormai volevo provare a ogni costo, ho messo pure nel profilo delle foto esplicite, in teoria per vedere le reazioni della gente ma in sostanza per attirare bei ragazzi. I primi tempi ci andavo cauto, avevo letto tante cose sull’aids e non volevo correre rischi, però la tentazione era tanta. Alla fine ho combinato un appuntamento con uno di 32 anni. All’inizio lui era ben disposto e mi corteggiava, anche troppo veramente, mi voleva portare a casa sua ma non ci sono andato. Ci siamo salutati dopo due ore di disagio reciproco, alla fine mi ha detto: “Ma tu perché mi hai cercato?” Gli ho detto “Per parlare un po’.” Mi ha guardato con una faccia ironica e ha detto solo “Ah!” e se n’è andato. Il secondo che ho conosciuto aveva 26 anni, ben vestito, ma di una maleducazione unica, su quattro parole tre erano parolacce. Con lui ho avuto paura perché sono salito stupidamente sulla sua macchina ed è partito a razzo e mi ha portato in un paese fuori città in un posto dove non ero mai stato. Pensavo proprio che potesse finire male, forse sono solo le mie fantasie assurde ma ho avuto paura che mi potesse violentare. E mentre andavamo ho pensato a come defilarmi. Quando sono sceso dalla macchina non l’ho seguito e me ne sono scappato e lui mi ha inseguito prendendomi a parolacce terribili, quando ha visto che correva gente ha urlato che ero un ladro e qualcuno sei è messo a inseguirmi, mi sono buttato per i campi, mi hanno perso di vista e hanno desistito. Era pure sera, era buio e faceva un freddo terribile, ma mi sono messo a camminare lungo la provinciale, sentivo i cani che abbaiavano e avevo proprio paura, poi ho visto passare un treno e ho capito più o meno dove mi trovavo, ci ho messo quasi un’ora ad arrivare alla stazione e ho aspettato due ore il treno successivo. Insomma sono tornato a casa dopo mezzanotte tutto sporco di fango e i miei mi hanno fatto mille domande. Il mio computer ha la password e loro non potevano sapere nulla di me. Ho detto che ero andato a fare un giro fuori città e che ero scivolato nel fango ma non ci hanno creduto e i rapporti sono diventati tesissimi. Vengo alla conclusione. Tre settimane fa ho rivisto Marco, l’ho supplicato di ascoltarmi, lui mi ha detto che adesso aveva un ragazzo ma gli ho risposto che la cosa mi stava benissimo ma che avevo solo un bisogno disperato di parlare con uno serio che mi potesse ascoltare e lui si è fermato a parlare con me, mi ha ascoltato molto attentamente e mi ha pure sorriso, poi lo ha chiamato il suo ragazzo e si vedeva che Marco era felice (Come avrei voluto stare al posto del ragazzo!) Nei giorni seguenti ci siamo rivisti. Tre giorni fa mi ha presentato il suo ragazzo che ha 25 anni e siamo andati in tre a prendere una pizza. Il ragazzo di Marco è molto dolce, anche con me, mi tratta bene, mi sembra quasi incredibile. In altri tempi stare insieme con due ragazzi gay che stanno in coppia non lo avrei sopportato, adesso mi sembra una cosa bellissima. Ho due amici gay, due amici veri, non ero mai stato meglio di così. Sto imparando tante cose da loro e mi rendo conto che non avevo capito proprio niente. Sono loro che mi hanno parlato di progetto gay. Se è un forum che piace a loro non può essere una cosa stupida. In pratica l’ho letto un po’ solo la vigilia di natale. Le cose che leggo adesso le capisco ma anche solo un mese fa mi sarebbero sembrate stupide, devo solo ringraziare Marco e il suo ragazzo che mi stanno piano piano aprendo gli occhi. Insomma, penso che valga la pena di parlare un po’ con te!
Se volete, potete partecipare alla discussione di questa testimonianza aperta sul Forum di Progetto Gay:

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